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Politica ed economia di guerra
- Subject: Politica ed economia di guerra
- From: glry at ngi.it
- Date: Sat, 23 Jul 2011 13:11:01 +0200
- Priority: normal
1. Gli anti-casta che tanto piacciono alla vera Casta, per svuotare definitivamente il
Parlamento, verso una democratura presidenziale di guerra permanente
2. Crisi, ma 23 miliardi per la guerra ci sono: l'Italia all'ottavo
posto al mondo per spese militari
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Gli anti-casta che tanto piacciono alla vera Casta
di Mao Valpiana *
La campagna "moralizzatrice" degli anti-casta ormai dilaga ovunque. Non solo in rete e nei
social network, ma anche sui quotidiani a grande tiratura, ed ora perfino nei telegiornali di Rai
e Mediaset. A questo punto, come vuole la proverbiale locuzione latina, mi sono chiesto: cui
prodest? ("a chi giova?").
Fino a quando a protestare contro indennità, vitalizi e privilegi dei parlamentari erano i grillini
o il popolo viola, tutto mi sembrava regolare e per certi versi coerente. Ma quando hanno
cominciato ad accodarsi i quotidiani di ogni orientamento, comprese le corazzate di
Repubblica e del Corriere (che ricevono contributi a fondo perduto dalla Legge per l´editoria,
che si sono guardati bene dall´inserire negli elenchi degli sprechi), allora ho incominciato ad
avere qualche prurito; è divenuta una vera allergia quando anche il paludatissimo TG1 ha dato
voce alla rivolta anti-casta, attaccando il bilancio della Camera come se fosse la causa
principale della voragine del debito pubblico italiano. E quindi, dopo aver messo alla gogna
non solo i parlamentari, ma anche i consiglieri regionali, provinciali, comunali, quasi che
bisognasse vergognarsi di essere stati eletti e sentirsi accusati di "vivere sulle spalle del
popolo", ecco che iniziano ad arrivare le proposte per porre rimedio a questo sperpero: abolire
le province, ridurre il numero di senatori e deputati, ridurre il numero dei consiglieri regionali,
provinciali, comunali, tagliare tutte le indennità.
L´idea che sta avanzando nel paese è che tutti coloro che ricoprono una carica elettiva fanno
parte della Casta e che la Casta è uno sperpero di denaro pubblico. Non ci vorrà molto, dopo
che tutti si saranno convinti che deputati e senatori sono troppi, a far passare l´idea che avere
due Camere è un lusso che non ci possiamo più permettere, che forse ne basterà una sola,
magari con poche decine di rappresentanti, e poi sarà un bel risparmio abolire anche quella
(...tanto nel "parlamento" si fanno solo chiacchiere...) e affidare tutto il potere al governo, che
basta e avanza!
La vera Casta (cioè i gruppi economici e finanziari - proprietari anche di quotidiani e
televisioni -che non hanno bisogno di passare dalla prova elettorale per esercitare il proprio
potere) ha tutto l´interesse a favorire lo tsunami anti-casta: meno deputati significa meno
controllo, e sarà più facile comprare i pochi rimasti che saranno emanazione diretta dei partiti
di governo e non più rappresentanti del popolo eletti nel territorio, come voleva la
Costituzione.
L´operazione, pianificata dalla P2 di Licio Gelli, di svuotare il parlamento delle sue
prerogative di rappresentanza popolare e controllo sull´esecutivo, dopo essere passata dalla
liquidazione del sistema proporzionale al presidenzialismo di fatto, si sta concludendo con la
spallata dell´anti-casta.Si riempiono le pagine di facebook e dei giornali con invettive contro
l´indennità di funzione parlamentare, e si tace (con rare eccezioni nel mondo pacifista,
nonviolento e cattolico) sulla voragine delle spese militari, dei costi per i cacciabombardieri
F35 e per le missioni di guerra in Afghanistan e Libia. Basterebbe il taglio del 10% di queste
voci per coprire l´intera manovra, ma si preferisce dissertare su quanto costano i viaggi aerei
dei parlamentari che vanno a Roma.
Evidentemente c´è una regia. I direttori dei quotidiani, da Repubblica al Corriere, da Libero al
Giornale (che hanno stipendi più alti dei parlamentari) attaccano la Casta, come se loro stessi
non ne facessero parte, e si guardano bene dallo spiegare ai lettori che vi è un´altra Casta -
quella militare - che pesa veramente sul debito pubblico; non spiegano i costi di Finmeccanica
perchè i loro editori fanno parte della stessa famiglia industriale. E´ molto più facile e
popolare giocare al tiro al piccione-parlamentare che studiare e denunciare il complesso
militare-industriale.
Se c´è un motivo serio per condannare il Parlamento è quello di aver violato la Costituzione,
che "ripudia la guerra", con il voto a favore dei bilanci militari e delle missioni belliche
all´estero. Se tutti gli anti-casta concentrassero le loro energie su questo, avremmo risolto gran
parte dei nostri problemi.
* Presidente del Movimento Nonviolento
Verona, 21 luglio 2011
Mao Valpiana
mao at nonviolenti.org
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23 miliardi per la guerra
L'Italia spende 23 miliardi per la guerra ma non lo dice
Fabio Sebastiani - Liberazione 22.7.2011
All'ottavo posto al mondo per spese militari, nel 2010 l'Italia
spende oltre 20 miliardi di euro per la difesa. Mentre la spesa
complessiva per le strutture e il personale ha subito ritocchi,
anche per "far posto" agli oneri del modello dell'esercito
professionale, quella specifica per gli armamenti si avvicina sempre
di più ad incrementi a due cifre. Luca Galassi ha fatto i conti in
tasca alla difesa dalle colonne di "PeaceReporter": a lievitare sono
i fondi destinati agli "acquisti" per i nuovi armamenti, un
incremento dell'8,4%, (mentre l'incremento complessivo è almeno un
terzo di questa percentuale) pari a quasi tre miliardi e mezzo,
ovvero 266 milioni in più rispetto al 2010. L'Italia spende mezzo
miliardo di euro all'anno per la campagna in Afghanistan, ed ha
messo in cantiere una operazione da 16 miliardi per acquistare
131 bombardieri invisibili F-35, aerei "stealth" di ultima
generazione, attrezzato per trasportare Nh-90testate nucleari
(471,8 milioni di euro l'uno). Altri 309 milioni saranno destinati
all'acquisto degli elicotteri Nh-90 della AgustaWestland, mentre la
lista della spesa militare 2011 contempla anche due sottomarini U-
212, del costo di 164,3 milioni, e di altri elicotteri Ch-47 F
Chinhook (per 137 milioni), oltre all'ammodernamento dei caccia
multiruolo Tornado (178,3 milioni). Per il caccia Eurofighter
Typhoon, il jet Aermacchi M-346 da addestramento, le modernissime
fregate Fremm e i veicoli corazzati da combattimento Freccia
verranno reperite risorse dal ministero dello Sviluppo economico,
«chiamato a contribuire con poco meno di un miliardo di euro». E'
proprio tenendo conto della "partecipazione" del ministero dello
Sviluppo economico che la spesa complessiva lievita di ben tre
miliardi. Alla luce dei vincoli finanziari, e secondo i documenti
ufficiali, il volume finanziario complessivo a disposizione del
ministero della difesa è pari a 20 miliardi e 494,6 milioni di euro,
nel 2011, a 21 miliardi e 16 milioni di euro, nel 2012, e a 21
miliardi e a 368 milioni di euro, nel 2013. Quindi, nonostante la
crescita in valore assoluto della spesa rispetto al 2010, si
registra tuttavia una diminuzione del rapporto percentuale della
spesa rispetto al Pil che passa dall'1,31 per cento del 2010
all'1,28 per cento del Pil del 2011. Non è così se si tiene conto
delle cifre che il ministero dello Sviluppo economico destina alle
imprese degli armamenti. Secondo quanto riportano Massimo Paolicelli
e Francesco Vignarca nel loro libro «Il caro armato. Spese, affari e
sprechi delle Forze Armate italiane» nel 2010 il nostro Paese ha
previsto di spendere in spese militari qualcosa come 23 miliardi di
euro. La struttura delle nostre Forze Armate, secondo quanto prevede
il cosiddetto Nuovo Modello di Difesa, è profondamente cambiata
rispetto agli anni passati. Tra le righe, scopriamo che gli arsenali
non conoscono crisi. Per non parlare poi delle vicende controverse
legate alle servitù militari e il destino degli immobili della
Difesa. A quanto ammontino i "fondi-stampella" dello Sviluppo
economico le carte ufficiali però non lo dicono: sono circa 900
milioni per il 2011, rispetto ad almeno 1.200 milioni degli anni
precedenti, secondo una stima che circola tra esperti della difesa.
Il governo non ha pubblicato un quadro trasparente di tutta la
spesa. A questi vanno aggiunti il miliardo e mezzo di tutte le
missioni. E quindi ecco spiegati i tre miliardi in più. Dal punto di
vista dell'attività produttiva in Italia, il settore è in piena
espansione: con un fatturato record da 3,7 miliardi, alla fine del
2008, come si è appreso lo scorso anno, l'Italia ha superato la
Russia, divenendo il secondo esportatore mondiale di armamenti, dopo
gli Stati Uniti. Tra i "gioielli" dell'industria militare nostrana,
il veicolo tattico multiruolo Lince e l'elicottero d'attacco A-129
Mangusta, ma far lievitare il made in Italy sono anche armamenti
meno "prestigiosi", come le bombe a grappolo messe al bando da
recenti convenzioni internazionali, non ancora ratificate nella loro
piena applicazione. Tra gli ultimi arrivi, i nuovi impianti radar
per potenziare la rete operativa dell'Aeronautica militare italiana
ed integrarla ancora di più nella catena di comando, controllo,
comunicazione ed intelligence dell'Alleanza atlantica. Dodici
sistemi Fixed Air Defence Radar (Fadr) Rat31-Dl sono stati
commissionati alla Selex Sistemi Integrati, società del gruppo
Finmeccanica, e sono in via d'installazione in altrettanti siti
dell'Ami sparsi in tutta Italia. Ad essi si aggiungeranno anche due
sistemi configurati nella versione mobile Dadr (Deployable Air
Defence Radar) che saranno consegnati entro il 2013.
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