A Siracusa il primo radar
anti-migranti prodotto in Israele
di Antonio
Mazzeo
Il traliccio alto 36 metri è stato
installato in tempi record e si attendono le ultime autorizzazioni per
accendere il potente radar che darà la caccia alle imbarcazioni dei
migranti nel mar Mediterraneo. L’ultimo strumento di vigilanza
anti-sbarchi sorge nel cuore di una delle aree più pregevoli della Sicilia
sotto il profilo ambientale,
paesaggistico ed archeologico, Capo Murro di Porco, all’interno dell’area
marina “protetta” del Plemmirio di Siracusa. Il radar è stato
acquistato dal Comando generale della Guardia di finanza utilizzando un
fondo speciale dell’Unione europea per il contrasto dei flussi migratori.
Sarà integrato nella nuova Rete di
sensori di profondità per la sorveglianza costiera che la Gdf sta attivando nel sud
Italia e in Sardegna con scarsa attenzione per l’ambiente, la salute e la
difesa dei diritti umani. Come nel caso di Siracusa, le aree dove
installare i radar ricadono all’interno di parchi e riserve naturali. E i
potenti dispositivi a microonde sono prodotti dalla Elta Systems, società
interamente controllata dal colosso industriale militare ed aerospaziale
israeliano IAI.
Il nome in codice EL/M-2226 ACSR
(Advanced Coastal Surveillance
Radar) ed il sistema è stato progettato appositamente per individuare
imbarcazioni veloci di piccole dimensioni sino ad una distanza dalla costa
di 50 chilometri. “Il radar è in grado di mantenere sottocontrollo oltre
cento bersagli contemporaneamente”, affermano i manager di Elta Systems.
“Il riconoscimento dei gommoni impiegati nell’immigrazione clandestina
avviene con l’analisi, per ogni natante avvistato, della velocità, rotta,
provenienza, dimensioni, numero di persone a bordo. Opera 24 ore al
giorno, 365 giorni all’anno, anche in condizioni climatiche
particolarmente avverse, in network con altri tipi di sensori installati
su imbarcazioni navali, aerei ed elicotteri”. Tutti i dati raccolti
verranno poi inviati al Centro di comando e controllo generale della
Guardia di finanza che darà il via alle operazioni aeree e navali di
respingimento con le modalità sperimentate in questi giorni di crisi
umanitaria nel Canale di Sicilia. Ne sanno qualcosa i 64 migranti a bordo
del peschereccio battente bandiera egiziana intercettato tra Caucana e
Capo Scalambri, a Marina di Ragusa, la notte tra il 14 e il 15 febbraio.
Secondo quanto documentato dai reporter de Il Clandestino di Modica, uno dei
militari a bordo dei mezzi della Gdf avrebbe sparato “in aria” durante
l’inseguimento dell’imbarcazione egiziana, colpendo ad un braccio un
giovane migrante di 25 anni. “Si è trattato di un evento accidentale
causato del mare forza 5”, ha spiegato il maggiore Massimiliano Pacetto
che non ha inteso chiarire come mai, in un primo momento, la vittima fosse
stata pure accusata, ingiustamente, di essere uno dei piloti del
peschereccio. Per i media niente più di un insignificante incidente
collaterale della crociata anti-sbarchi.
Sono anche le vicende antecedenti
alla costruzione del traliccio-radar nel Plemmirio che la dicono lunga sul
modus operandi delle autorità
militari. L’associazione
Plemmyrion di Siracusa che ha richiesto, inutilmente, la sospensione dei
lavori, denuncia che “gli enti preposti, con iter burocratico di
sorprendente velocità ed autorizzazioni concesse in meno di dieci giorni,
hanno consentito l’istallazione di un mostro ad altissima frequenza che
sprigiona onde elettromagnetiche, reputate pericolosissime per la salute
umana, che con un movimento di 360 gradi attraverseranno tutto il
territorio della Penisola Maddalena, di Ortigia, cuore della città
di Siracusa, della Fanusa, dell’Arenella, dell’Ognina, zone
residenziali e balneari”.
Nonostante nella zona esistesse da tempi remoti un Centro logistico della
Guardia di finanza (località Massolivieri), l’8 luglio 2010 il Comune di
Siracusa, con determina dirigenziale, autorizzava il Reparto tecnico logistico
amministrativo Sicilia della Gdf ad occupare “a titolo gratuito” un’area
di proprietà comunale di mq 88 presso la stazione di sollevamento fognario
di Capo Murro di Porco, vicino al faro di segnalazione al Plemmirio, per
installare il nuovo impianto radar. La relativa convenzione tra il
Comune e i militari veniva firmata il successivo 2 settembre e il 21
ottobre, a soli 8 giorni dalla richiesta di costruzione dell’impianto,
l’ingegnere capo del Comune informava il Comando della Gdf che per
l’intervento non erano necessari i provvedimenti autorizzativi,
riconoscendone il “carattere di opera destinata alla difesa nazionale”.
Sempre secondo i funzionari comunali, l’area rientrava già nella
disponibilità dei militari che l’avevano utilizzata per anni per
localizzarvi un’antenna radio. Solo che di quest’altro impianto militare
non c’è traccia negli archivi dell’ente locale.
Mentre
la
Commissione urbanistica veniva tenuta all’oscuro del
progetto del radar al Plemmirio, nessun rilievo veniva sollevato dal Genio
Civile di Siracusa e dalla SAI
8, consegnataria per la gestione del pubblico acquedotto.
“Quest’ultima però ha permesso alla Guardia di finanza di costruire il
manufatto in contrada Casevacche, in un luogo difforme alla convenzione
del Comune che invece faceva riferimento all’impianto di sollevamento
fognario di Capo Murro di Porco, distante 2 km”, denuncia l’associazione
Plemmyrion. “L’impianto è stato inoltre realizzato non rispettando né
l’area stabilita di 88 mq né le distanze dai confini riscontrabili sulla
pianta del progetto. In tutta la documentazione non vengono riportate, per
individuare inequivocabilmente la sua destinazione, le indicazioni
catastali di numero di mappa e particella. Quelle prodotte in alcuni
elaborati ed ad alcuni enti vengono indicate in modo approssimativo e
risultano essere di proprietà di terzi e non del Comune di
Siracusa”. Del rimescolamento di
luoghi e piantine non se n’è accorta invece la locale Soprintendenza ai
beni culturali e ambientali, che ha autorizzato l’impianto il 29 ottobre
2010 “ai fini della difesa strategica del territorio
nazionale”.
Gli ambientalisti sottolineano
invece come la scelta di posizionare il radar presso le vasche d’acqua
dell’acquedotto sia “estremamente pregiudizievole per la comunità
residenziale, in quanto l’intero abitato del Plemmirio verrebbe a
trovarsi, di fatto, fra la sorgente del fascio elettromagnetico generato
dal radar ed il mare da sorvegliare, dove presumibilmente potrebbero
essere superati i limiti d’esposizione ai campi elettromagnetici previsti
dal decreto 10 settembre 1998, n. 381”. Con l’entrata in funzione
dell’antenna si andrebbe a vanificare indiscutibilmente l’intero sviluppo
della zona. “Il PRG - aggiunge Plemmyrion - prevede la realizzazione di
una strada di collegamento tra l’acquedotto e le aree adibite a campeggio,
ma non si possono di certo realizzare strutture frequentate da turisti,
scolaresche e dove si preservano esemplari viventi della fauna e della
flora accanto a manufatti ad alto impatto
elettromagnetico”.
L’effetto visivo della torre del
radar, proprio in prossimità della linea costiera, fa a pugni con la
singolare bellezza dei luoghi. Intorno a Capo Murro di Porco sono state
individuate importanti testimonianze del passato, come la “Grotta
Pellegrina”, abitata sin dalla preistoria, o le cisterne per l’acqua
piovana probabilmente risalenti al secolo XIX. A punta della Mola esiste
una necropoli dell’età del bronzo con tracce del villaggio annesso e lungo
la costa esistono ben sei cave estrattive di età greca (le cosiddette
“latomie”) e i resti dell’antico quartiere sub-urbano del Plemmyriom. Uno
studio dell’Università degli studi di Catania, riportato nella Gazzetta
Ufficiale della Regione Siciliana del 20 febbraio 1993, ha descritto il
patrimonio naturale del Plemmirio. “La flora di questa zona è quella delle
aree rocciose a clima subtropicale arido con essenze tipiche del bacino
del Mediterraneo”, vi si legge. “Prevale la gariga a palma nana (specie
protetta), che qui è rappresentata con il palmeto più esteso della
provincia (quasi un chilometro quadrato). Nelle zone meno esposte a sud,
più umide, è possibile imbattersi in residui lembi di macchia a lentisco e
mirto”. Sono pure presenti importanti specie arbustive come il Sarcopoterium spinosum
(spinaporci) che nel territorio italiano esiste esclusivamente in piccole
aree della Sardegna e della Puglia. La Penisola della
Maddalena è un importante punto di osservazione dei passeriformi migratori
e degli uccelli marini. Tra gli animali rari si contano il discoglosso
dipinto, il biacco, la testuggine, l’istrice, la volpe e la donnola. I
fondali di Capo Murro di Porco consentono l’osservazione dei grandi pesci
pelagici come tonni, ricciole, squali e dei mammiferi marini come delfini,
balene e capodogli. Nei fondali più bassi è possibile incontrare vaste
praterie di Posidonia con giganteschi esemplari di Pinna nobilis, la conchiglia più
grande del Mediterraneo, e colonie di coralli come l’Astroides calycularis. Numerose le
grotte sommerse “ricche di vita bentonica e nectonica con coralli
solitari, spugne, briozoi, cicale di mare e nudibranchi”.
Nonostante il Plemmirio sia dal
2005 un’area marina “protetta”, il progetto d’installazione della torre e
del radar anti-migranti non è stato sottoposto a valutazione dell’incidenza, come
previsto dalla direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della
fauna selvatiche. Manca inoltre uno studio sull’impatto
elettromagnetico dell’impianto.
Eppure l’EL/M-2226 ACSR fa parte della famiglia di trasmettitori in
X-band (dagli 8 ai 12.5 GHz di frequenza), quelli che operano cioè
emettendo microonde. “L’ARPA
Sicilia, da noi interpallata, ha ribadito che non è stato fornito alcuno
studio da parte dell’amministrazione militare, anche se non dovuto,
facendo notare che manca, di fatto, una valutazione sui potenziali effetti
elettromagnetici sugli organismi vegetali ed animali e sull’ecosistema
della riserva oltre che sul personale addetto ed ai visitatori”, affermano
i responsabili del gruppo ambientalista
siracusano.
Con la
dichiarazione di guerra ai migranti non è possibile andare per il sottile
con studi e valutazioni d’incidenza; i radar sono poi un grande affare,
per chi li produce (gli israeliani) e per chi l’installa, l’AlmavivA di
Roma. A quest’ultima, il Comando generale della Guardia di finanza ha
appaltato lavori per 5.461.700 di euro in vista della nuova Rete
di cinque sensori di profondità EL/M 2226, quasi
un milione e 100 mila euro ad antenna. E questo senza l’indizione e la pubblicazione del bando
di gara nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, con la motivazione
ufficiale che “i lavori e i servizi possono essere forniti unicamente da
una determinata fornitrice, la AlmavivA SpA, che possiede le prescrizioni
di natura tecnica e i diritti esclusivi dei materiali”.
Importante contractor nel settore
delle nuove tecnologie di NATO e forze armate italiane, la società di Roma
vanta un fatturato annuo di 865 milioni di euro e manager di altissimo
livello. Presidente e azionista di maggioranza di AlmavivA è l’ingegnere
Alberto Tripi, già manager
IBM ed ex consigliere IRI, poi fondatore di COS S.p.A., società
leader nella fornitura di servizi informatici e call center. Attualmente Alberto
Tripi fa parte del consiglio direttivo di Confindustria ed è pure
presidente di InItalia, il consorzio per l’informatica costituito da
AlmavivA, Engineering ed Elsag Datamat (Finmeccanica). Amministratore
delegato del gruppo è il figlio Marco Tripi, ex dirigente della
Banca Nazionale del Lavoro; vicepresidente è invece Giuseppe Cuneo,
sino al 2004 amministratore delegato di Elsag. Un business tra
civile e militare quasi tutto in famiglia.
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