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Come non sporco i miei soldi. Le banche armate
- Subject: Come non sporco i miei soldi. Le banche armate
- From: rossana at comodinoposta.org
- Date: Mon, 07 Apr 2008 17:36:06 +0200
Beh la finanziaria di guerra l'hanno votati tutti dal PD alla sinistra arcobaleno.
06 - 04 - 2008 Come non sporco i miei soldi. Le banche armate Redazione di AltreconomiaAffari d'oro per le "banche armate". Nel 2007, gli istituti bancari che operano in Italia hanno fatto da intermediari nell'esportazione di armamenti per 1miliardo e 224milioni di euro. Tra le banche coinvolte nelle operazioni, si distaccano Unicredit (183milioni di euro, pari al 15% del giro d'affari), Deutsche Bank (173milioni; 14,2%) e Intesa San Paolo (144milioni; 11,8%). Ma scorrendo la classifica troviamo anche Citibank (84milioni; 6,9%), Bnl (63milioni; 5,2%), Abc International (58milioni; 4,7%), Cassa di Risparmio di Bologna (53milioni; 4,4%), Bnp Paribas (48milioni; 4%), Hsbc Bank (27milioni; 2,2%), Commerz bank (27milioni; 2,2%), Banca Antonveneta (26milioni; 2,1%), Banco di Sardegna (19milioni; 1,6%). L'elenco, contenuto nel Rapporto annuale del Presidente del Consiglio "in materia di esportazione, importazione e transito d'armamenti" (governo.it/presidenza/ucpma), indica quali banche, e per quali importi, hanno ricevuto autorizzazione governativa ad accreditare a un proprio cliente somme derivanti dalla vendita di armi all'estero. Non risultano invece gli istituti di credito che hanno finanziato direttamente l'industria o il commercio d'armi, né le operazioni transitate attraverso filiali estere in barba al meccanismo delle autorizzazioni previsto dalla legge 185/90. La vostra banca potrebbe dunque essere coinvolta nel traffico d'armi anche se non è inclusa nell'elenco.
Nell'industria degli armamenti l'Italia occupa un ruolo di tutto "rispetto". Il 2007 è stato un anno record: il valore delle operazioni d'esportazione, autorizzate in base alla 185/90, è cresciuto del 9,4% rispetto al 2006, raggiungendo quasi 2,4 miliardi di euro. In cima alla lista dei clienti troviamo il Pakistan, con ordini per 471milioni di euro, pari al 20% del mercato. Ma tra le destinazioni imbarazzanti ci sono anche Malaysia (119milioni), Iraq (84milioni), Arabia Saudita (65milioni) e Libia (56milioni). Soltanto il 53,3% delle operazioni ha riguardato Paesi della Nato o dell'Unione europea. Tra gli esportatori, a farla da padrone è sempre il gruppo Finmeccanica: tra le prime 5 aziende della lista figurano infatti Mbda Italia (in testa con 443milioni di euro), Fincantieri (191,6milioni), Agusta Westland (190milioni) e Oto Melara (168milioni), tutte controllate da Finmeccanica. La seconda azienda esportatrice è invece la Intermarine (245milioni), che fa capo alla Immsi di Roberto Colaninno.
Come sottolineano i rappresentanti della Rete Disarmo (disarmo.org), dall'entrata in vigore della 185/90, una legge considerata "restrittiva" a livello internazionale, oltre il 40% delle armi italiane sono comunque state vendute a Paesi che non rientrano tra le alleanze economiche e militari nostrane. La Campagna "banche armate" (www.banchearmate.it), denuncia invece il ruolo d'appoggio crescente che gli istituti di credito esteri giocano nel commercio delle armi "made in Italy". Se, a dispetto delle promesse di disimpegno del suo amministratore delegato Alessandro Profumo, Unicredit è la prima delle banche d'appoggio, la lista delle "banche armate" si arricchisce sempre più di gruppi stranieri.
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