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URANIO: 50 MORTI; CAMPANIA, SARDEGNA E PUGLIA LE REGIONI PIU' COLPITE
- Subject: URANIO: 50 MORTI; CAMPANIA, SARDEGNA E PUGLIA LE REGIONI PIU' COLPITE
- From: "Francesco Palese" <francesco_palese at fastwebnet.it>
- Date: Wed, 27 Jun 2007 18:36:51 +0200
COMUNICATO STAMPA 27 Giugno 2007 URANIO: 50 MORTI; CAMPANIA, SARDEGNA E PUGLIA LE REGIONI PIU' COLPITE I DATI DEL "LIBRO NERO". TRISTE PRIMATO PER CAGLIARI E NAPOLI Sono la Campania con 12 morti, la Sardegna con 10 e la Puglia con 6 le regioni italiane che hanno pagato il maggiorn numero di militari vittime da possibile contaminazione da uranio impoverito. E' quanto emerge dal "Libro Nero" realizzato dall'associazione delle vittime Ana-Vafaf, presieduta da Falco Accame, in collaborazione con il portale Vittimeuranio.com, ideato e curato da Francesco Palese. Una scheda del "Libro Nero" divide in base alla provenienza geografica i 50 militari deceduti suddividendoli per regione e provincia. Tra parentesi l’anno del decesso. Cinque dei dodici morti campani sono di Napoli, si tratta di Roberto Buonincontro deceduto nel 1996, Domenico Di Francia (1998), Antonio Milano (2002), Luca Sepe (2004) e Fabio Senatore (2005). Quattro sono di Salerno: Renzo Inghilleri (1993), Luca De Marco (2004), Aniello D’Alessandro (2006), Amedeo D’Inverno (2007). Tre di Caserta: Sergio D’Angelo (2003), Carmine Polito (2004), Giuseppe Bernardo (2005). Dei dieci militari deceduti in Sardegna, sei sono della provincia di Cagliari: Giuseppe Pintus (1994), Salvatore Vacca (1999), Antonio Vargiu (2001), Fabio Porru (2003), Valery Melis (2004), Gianfranco Floris (2004). Tre di Sassari: Gianni Faedda (2002), Filippo Pilia (2002), Maurizio Serra (2004). Uno di Oristano, Luciano Falsarone (2004). Sono di Lecce tre dei sei militari morti in Puglia: Andrea Antonaci (2000), Alberto Di Raimondo (2005), Giorgio Parlangeli (2007). E ancora Roberto C. (2007) di Taranto, Crescenzo D’Alicandro (1996) di Brindisi e Corrado Di Giacobbe (2001) di Foggia. Quattro i morti in Sicilia: Antonio Fotia (2002) di Palermo, Antonio Caruso (1999) di Catania, Salvatore Carbonaro (2000) di Siracusa e Paolo C. (n.d.) di Messina. Tre dei quattro morti del Lazio sono di Roma: Alvaro Marini (1997), Riccardo Grimaldi (2004) e Fabrizio Venarubea (2004). Uno di Frosinone: Eddy Pallone (2007). Tre decessi si sono registrati in Lombardia: Cesare Boscaino (2004) di Milano, Alessandro Garofolo (1993) di Mantova e Rinaldo Colombo (2000) di Varese. Due morti in Veneto: Umberto Pizzamiglio (1999) di Verona e Lorenzo Michelini (1977) di Padova. Ancora due morti in Toscana, Leonardo Manicone (2004) e Stefano Ceccarini (1999) entrambi della provincia di Grosseto. Due i soldati deceduti anche in Liguria: Emilio Di Zazzo (2004) di Genova e Valerio Campagna (2003) di Imperia. Un morto anche per l'Umbria, Stefano Melone (2001) della provincia di Orvieto. Di quattro militari infine l'Ana-Vafaf non conosce l'esatta provenienza geografica, sono i casi di Giuseppe Benetti (1998), Luigi D’Alessio (2000), Pasquale Cinelli (2000) e Mario Ricordi (2000). "Bisogna considerare - ha sottolineato Falco Accame - che i casi da esaminare sono presumibilmente in numero maggiore rispetto a quelli di cui dispone l’Ana-Vafaf. Per questo occorre che vengano resi disponibili dal Ministero della Difesa i documenti caratteristici dei singoli con le relative destinazioni e le cartelle cliniche ove possibile". "E’ da tener presente - ha continuato - che si tratta di dati “grossolani” per l’ impossibilità di recepire, per la maggioranza dei casi, informazioni più precise. I dati vanno quindi presi come una semplice indicazione che non può servire come base per uno studio statistico scientificamente basato e ancor meno per uno studio epidemiologico. E ciò anche, ovviamente, per l’estrema limitatezza numerica dei dati stessi". URANIO: 50 MORTI; TUMORI, LEUCEMIE E LINFOMI LE CAUSE DEI DECESSI I DATI DEL "LIBRO NERO". BALCANI E POLIGONI TEATRI PROVENIENZA, MA ANCHE SOMALIA E GUERRA GOLFO 19 casi di patologie tumorali, delle quali 6 non definite, 5 casi di tumore celebrale (una forma patologica che finora non era emersa come rilevante) 2 tumori ai polmoni, 2 allo stomaco, uno alla laringe, al pancreas, al cavo orale e ai reni. Sono invece 11 i casi di leucemia di vario tipo, 8 casi di linfoma di Hodgkin, 4 casi di melanomi, 4 casi di linfomi non meglio precisati, 3 casi di linfomi non Hodgkin. Sono le cause della morte dei 50 militari italiani vittime del "presunto Killer" uranio ai quali è stato dedicato il "Libro Nero" dell'Ana-Vafaf, realizzato in collaborazione con il nuovo portale di denuncia Vittimeuranio.com. "Un’altra indicazione - secondo Falco Accame - finora non emersa con questa evidenza è quella che riguarda gli 11 casi di tumore che si sono verificati nei nostri poligoni, quindi in Italia e non all’estero né in missione. Da notare che nei poligoni, purtroppo, una larga parte dei nostri militari ha raccolto a mani nude proiettili e residuati bellici nelle operazioni di pulizia del terreno". Secondo il dossier dell'associazione che tutela le vittime "alla situazione nei poligoni fanno fronte i 12 casi attribuibili, con le necessarie riserve, a militari che hanno operato in Bosnia e ai 30 complessivi attribuibili alla permanenza nei Balcani. Rispetto a indagini condotte nel passato emergono 2 casi di morte attribuibili alla permanenza nel teatro della Guerra del Golfo del 91 e 5 casi attribuibili alla permanenza in Somalia nel 93". "Va ricordato - ha evideniziato Accame - che la Commissione Mandelli ha preso in considerazione solo casi di tumore verificatisi in Bosnia e Kosovo e non casi di malformazioni alla nascita (il Libro Nero ne menziona due). Va tenuto presente che, specie per coloro che hanno operato in più teatri, è praticamente impossibile attribuire la patologia alla presenza in un teatro piuttosto che in un altro. Può anche essersi verificato che l’insorgere delle patologie sia stato determinato da vari step successivi." "La grandissima maggioranza del personale deceduto - ha lamentato l'ex presidente della Commissione Difesa - non ha potuto disporre di protezioni come quelle che invece erano state applicate rigorosamente dagli Usa già dall’ottobre del 93 in occasione della missione Restore Hope in Somalia. Bisogna inoltre tener presente che se non si può affermare con certezza che il killer sia l’uranio impoverito allo stesso tempo non si può escludere con la stessa certezza che non lo sia (naturalmente possono esserci delle concause)". "Occorre infine ricordare - ha concluso - che se il personale militare e civile che è stato destinato ad operare in zone contaminate può proteggersi con adeguate misure, questo non è possibile per le popolazioni che vivono in quelle zone, per cui si impongono azioni volte a promuovere l’abolizione delle armi all’uranio impoverito". <http://www.vittimeuranio.com> Cordialità Francesco Palese <http://www.vittimeuranio.com>www.vittimeuranio.com
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