relazione di disarmiamoli al convegno di venezia



Un patto di mutuo soccorso contro la guerra
Facciamo sì che la lotta di
Vicenza non si concluda come la Comune di
Parigi
di Sergio Cararo *
Rete nazionale DISARMIAMOLI!
La realtà, qualche volta ci complica le
cose ma altre volte dobbiamo
ammettere che ce le semplifica. La
discussione che c’è stata finora,
con il tentativo di definire una
nuova forma di rappresentanza della
politica e dei movimenti e di
replicare alla accuse di antipolitica
che alcuni dirigenti della
sinistra di governo hanno rovesciato contro
il movimento, trova una
sintesi molto semplice nella realtà che stiamo
vivendo ed in cui siamo
immersi.
Già qualcuno prima di me ha rammentato la nota definizione di
Von
Clausewitz sulla guerra come prosecuzione della politica. Oggi –
anche
alla luce dei discorsi e delle analisi che abbiamo sentito in
questi
mesi in Parlamento e nei luoghi della “politica” sulle missioni
militari - possiamo affermare che nella fase che stiamo vivendo è “la
politica che è diventata la prosecuzione della guerra con altri
mezzi”,
confessando apertamente di avere gli stessi obiettivi che
altri (gli
USA ad esempio) pensano di raggiungere con la guerra.
L’essenza del
multilateralismo dalemiano potrebbe essere tutta qua.
In questo senso
la divaricazione tra la politica (quella che fanno i
governi e i
partiti di governo) e quella che con dispregio viene
definita “l’anti-
politica” di chi si oppone alla guerra, è già
definita nei contenuti e
nelle forme dalla realtà stessa.
A tale scopo penso che un po’ tutti
debbano ringraziare gli studenti
universitari che hanno contestato il
Presidente della Camera
all’ateneo di Roma, perché hanno fatto crollare
un totem che ipotecava
ormai arbitrariamente i movimenti e ne hanno
riaffermato l’autonomia
senza fare sconti per nessuno. In sostanza
adesso possiamo e dobbiamo
chiedere a tutti: “Dimmi come resisti contro
la guerra e ti dirò chi
sei e se possiamo essere compagni di strada”.
Più o meno la stessa
cosa che aveva detto Gino Strada all’assemblea
nazionale del 15 luglio
dello scorso anno (quella a sostegno dei
senatori dissidenti sulla
guerra) quando affermò che la discriminante
ormai non era più la pace
ma la guerra e la posizione contro la guerra.
Vorrei sottolineare un altro aspetto di questo rapporto tra il
movimento contro la guerra, la politica e la realtà. Dopo la
manifestazione riuscita del 17 marzo scorso contro la guerra a Roma,
abbiamo tenuto un SIT IN sotto il Senato molto meno entusiasmante in
occasione del dibattito sulla missione in Afghanistan. Ma se noi là
fuori non eravamo euforici, il clima dentro al Senato ci è sembrato
ancora più plumbeo ed inquietante. I senatori (e prima di loro i
deputati) della sinistra che avevano deciso di votare a favore del
decreto sulla missione in Afghanistan, davano l’impressione di vivere
dentro una commedia di De Filippo e di aspettare che passasse
a’
nuttata, sperando che una volta passata la tensione del voto tutto
potesse tornare come prima. In realtà questa nottata pare destinata a
durare molto a lungo e a popolarsi di incubi. Già oggi la realtà ci
presenta scenari pesanti e da incubo: non possiamo ancora domandarci a
lungo se gli USA e Israele attaccheranno l’Iran
ma quando lo
attaccheranno e che cosa dobbiamo mettere in campo noi
come movimento
contro la guerra, anche alla luce della
materializzazione di un incubo
a lungo rimosso e cioè la possibilità
che vengano utilizzate bombe
nucleari “tattiche” nei bombardamenti.
Parlare di armi nucleari
tattiche è un orrendo e inquietante ossimoro
esattamente come guerra
umanitaria.
Il secondo punto che vorrei affrontare è quello relativo
alle
mobilitazioni contro la guerra e la militarizzazione. Volevo
segnalare
l’importanza del fatto che a Sigonella, in Sicilia, ci sia
stata una
manifestazione di 1.000 persone contro l’allargamento delle
infrastrutture civili della base per poter ospitare altri militari USA
e le loro famiglie. Mille persone ad una manifestazione contro le basi
militari in Sicilia sono importanti come 100.000 a Vicenza e cioè in
un
contesto assai diverso. Lo sanno bene alcuni compagni che vedo qui
e
con i quali abbiamo condiviso l’esperienza dei blocchi contro la
base
di Comiso negli anni Ottanta.
La Rete Disarmiamoli a tale scopo intende
mettere in campo nei
prossimi mesi la proposta di una Carovana
nazionale contro le basi
militari e la militarizzazione coinvolgendo
tutti i comitati locali
nell’organizzazione, gestione e passaggio della
Carovana che dovrebbe
partire proprio dalla Sicilia per giungere al
Nord (con una spedizione
dei Mille alla rovescia) passando via via per
i siti militarizzati in
Puglia, Campania, Lazio, Toscana, Emilia etc.
Sabato 15 aprile a
Bologna, ci sarà una riunione nazionale su questa
proposta (alla
saletta dei ferrovieri) alla quale sono invitati tutti i
comitati
presenti oggi, a cominciare da Vicenza e Novara dove tra l’
altro
saremo presenti alla manifestazione nazionale del 19 maggio
contro
l’impianto degli F 35 a Cameri.
L’ultimo punto che voglio
toccare e proprio quello di Vicenza. Tra noi
dobbiamo essere leali e
segnalarci anche i problemi esistenti.
L’esperienza di Vicenza e della
mobilitazione popolare contro il Dal
Molin è oggi l’esperienza più
avanzata e di massa di lotta contro le
basi militari. Rappresenta la
possibilità concreta di interdire
l’operatività della macchina bellica
e della militarizzazione del
territorio. Nel mondo le uniche esperienze
che in qualche modo ci sono
riuscite totalmente o parzialmente sono
quelle del poligono di Vieques
a Puerto Rico, in parte a Okinawa in
Giappone e a Larzàc in Francia.
Consentitemi di fare un esempio dell’
Ottocento. Vicenza oggi è
l’esperienza più avanzata ma corre il rischio
di diventare come la
Comune di Parigi che era l’esperienza di
autorganizzazione popolare e
rivoluzionaria più avanzata di tutta l’
Europa ma rimase isolata e fu
stroncata sanguinosamente.
Gli prussiani
fornirono al governo francese contro cui avevano
combattuto fino a
qualche settimana prima i cannoni e i soldati
prigionieri per poter
stroncare la Comune che minacciava l’ordine
costituito in tutta l’
Europa.
Nei prossimi mesi a Vicenza, il movimento non si troverà di
fronte
solo il governo Prodi ma si troverà di fronte un sistema
militarista
bipartizan che magari fino al giorno prima è sembrato
scannarsi
sull’agenda politica e parlamentare. In sostanza il movimento
contro
la base di Vicenza si troverà contro lo Stato con tutti i suoi
apparati, ideologici, economici, mediatici e coercitivi.
L’unico
alleato su cui potrà contare è il radicamento popolare e la
soggettività politica potenziale rappresentata dal Patto di Mutuo
Soccorso con il resto delle realtà dei movimenti sociali.
Questo
significa che dovremo lavorare seriamente al rafforzamento del
Patto di
Mutuo Soccorso contro la guerra e a difesa del territorio ma
sulla base
di una reciprocità effettiva e con una vera capacità di
fare rete a
livello nazionale. Non possiamo consentire che Vicenza o
la Val di Susa
vengano isolate e distrutte come la Comune di Parigi.
Grazie.
*
Intervento tenuto al Global Meeting di Venezia, 1 aprile