Missili Patriot all'Italia?



Dalla Germania era arrivata la notizia dei Patriot a settembre 2006. Ora ne gira un'altra che dice che l'Italia abbia stia valutando di comprare i Patriot PAC 3 dagli Usa o dalla Germania.
Questo perchè altrimenti si dovrebbe prolungare la vita dei Nike.

Patriot alla Germania

La Defense Security Cooperation Agency ha ufficialmente informato il Congresso degli Stati Uniti della possibilità di fornire alla Germania missili Patriot Advanced Capability-3 (PAC-3) Cost Reduction Initiative (CRI). Il valore del materiale, qualora fossero esercitate tutte le opzioni, sfiorerebbe i 300 milioni di dollari. Il governo tedesco aveva richiesto 72 missili completi di parti di ricambio, materiale di supporto e 12 Missile Round Trainers.

Scudo per guerre improbabili
Da anni l’Italia tira fuori milioni di euro per un sistema antimissilistico con tedeschi e americani. Ci costerà più di due miliardi ma ci difenderà solo da attacchi dal nord Africa.
di Sofia Basso

Minacce improbabili, missili costosissimi. Mentre il Parlamento si spacca su voci di spesa da pochi milioni di euro, la Difesa rinnova impegni miliardari per progetti di armi mai discussi pubblicamente. Solo per pagare le quote del 2007, la Finanziaria prevede un fondo speciale di 1,7 miliardi di euro, che si aggiungono a quelli già messi a bilancio dal ministero. Tra i programmi più controversi, c’è il capitolo italiano dello scudo spaziale americano: un sistema mobile di difesa antiaerea e antimissilistica in cooperazione con Washington e Berlino chiamato Meads (Medium extended air defense system). Con un costo di oltre 20 miliardi di dollari, è impotente contro treni che saltano in aria o camion imbottiti di tritolo. Serve solo contro un rischio che al momento non minaccia l’Europa: un attacco con missili di corta o media gittata. Tradotto nella realtà italiana, significa darsi tanto da fare nell’ipotesi che un paese del nord Africa si metta in testa di farci la guerra.

«Il Meads non può nulla contro terroristi che decidano di colpirci con una bomba in una valigia ed è inutile contro i pericoli più comuni che minacciano i soldati all’estero. Né è chiaro chi possa attaccarci nel raggio di mille chilometri», incalza Bernd W. Kubbig, coordinatore del Peace Research di Francoforte. Partito nel 1995 come progetto multinazionale a quattro, dopo un anno ha visto i francesi uscire per diffidenza verso gli americani. «Nessun altro paese Nato è interessato a partecipare al Meads. Nemmeno Israele, che è veramente minacciato dai missili balistici. Non ci può essere altra prova evidente della scarsa attrattiva di questo progetto in termini militari, economici e tecnologici», rincara Kubbig. Pur senza fare valutazioni sul rischio, il generale Giuseppe Bernardis, sottocapo di Stato Maggiore dell’aeronautica, difende il progetto: «Il Meads serve a coprire aree limitate. Ci permetterà di proteggere alcune città in occasione di grandi eventi».

L’esigenza italiana di difendersi dai missili balistici emerse nella primavera del 1986, quando il colonnello Gheddafi sfiorò l’isola di Lampedusa con gli Scud per ritorsione all’attacco contro Tripoli. Siccome i vecchi Nike Hercules, che dagli anni Cinquanta ci forniscono una rudimentale difesa antiaerea, mostravano già i segni dell’età, il nostro paese intensificò la ricerca di partner per un nuovo programma. Nel giro di pochi anni, Roma firmò accordi sia con i francesi (il Fsaf, Famiglia di sistemi antiaerei futuri, 1989) che con gli americani (Meads, 1995). La difesa nazionale, però, non è mai stato un obiettivo americano per il progetto in questione. Oltreoceano, l’interesse per il Meads si è sempre limitato alla protezione delle truppe impiegate all’estero, lasciate scoperte dal sistema di difesa missilistica concepito da Reagan e sviluppato, tra difficoltà e ritardi, dalle amministrazioni successive.

La concezione statunitense ha avuto la meglio nel 1999, quando Washington impose agli alleati europei di adottare i Pac-3 a stelle e strisce come punto di partenza per il Meads. Il presidente Clinton era sotto pressione per tagliare le spese e, infatti, ridusse anche la sua quota di finanziamento dal 60 per cento al 55 (facendo salire tedeschi e italiani al 28 e al 17 per cento). Il Meads si trasformò così in una versione avanzata dei Pac-3 già impiegati in Iraq, con l’idea di rendere il sistema più trasportabile e in grado di intercettare anche i missili con gittata superiore e di dotarlo di radar e sensori più sofisticati in modo da evitare gli incidenti di fuoco amico che nel 2003 hanno tirato giù due aerei Usa. Il dictat americano è andato di traverso soprattutto ai tedeschi, che dal 2000 hanno cominciato a criticare il progetto. Persino l’allora sottosegretario alla Difesa tedesca Walter Stutzle lamentò che il Meads era «basato su requisiti non più validi». Alla fine, però, Berlino ha sempre firmato gli impegni che Roma aveva già approvato con diligenza e puntualità.

La quota italiana per la fase di sviluppo è di 595 milioni di euro. Il vero salasso, però, arriverà quando l’Italia comprerà le componenti del sistema: i missili Patriot-3, le unità di lancio, il radar multifunzionale e le altre periferiche. Nel 2002, la stima del ministero per l’impegno finanziario dell’Italia era di 2,2 miliardi. Un costo legato al numero delle batterie che ogni paese intende acquistare. Salvo ripensamenti, l’Italia ne dovrebbe comprare 9 (contro le 12 tedesche e le 48 americane). Nel frattempo, però, il progetto in comune con i francesi ha cominciato ad avere aspirazioni simili al Meads. Il secondo blocco del Fsaf, infatti, punta a integrare la difesa contro i missili da crociera con funzioni antibalistiche. I due programmi si trovano così sempre più in competizione tra loro. E in questo momento di crisi finanziaria, anche in commissione Difesa non manca chi si interroga su quale dei due progetti interrompere. Il sistema a guida francese, già costato molto alle casse italiane, è quasi pronto ma, finché non viene approvato il secondo blocco, ci potrà difendere solo contro i missili a corta gittata. Il Meads sarà operativo molto più tardi (nella seconda metà del nuovo decennio) ma darà all’Italia capacità più avanzate. Un nostro ritiro avrebbe un impatto anche industriale, dato che farebbe saltare il contratto con la Mdba Italia, un’azienda controllata al 25 per cento da Finmeccanica con ordini che superano i 13 miliardi di euro, compresi il Fsaf e il Meads, coprodotto assieme alla Lockheed Martin e alla Eads/Lfk. Nella divisione dei compiti, al nostro paese sono state assegnate alcune parti del lanciatore e del radar, uno dei gioielli della tecnologia di punta Usa.

Con il recente cambio di governo e le difficoltà economiche, anche in Italia qualcuno comincia a volerci vedere più chiaro. Promette battaglia Elettra Deiana, deputata di Rifondazione in commissione Difesa: «Ho chiesto un’audizione sulle questioni degli armamenti. In sede di Finanziaria presenteremo un ordine del giorno finale che chiede trasparenza su tutti questi progetti megagalattici di cui non si capisce la ragione strategica». Anche Monica Frassoni, copresidente del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo, è molto critica e annuncia un ordine del giorno dei suoi colleghi a Roma: «Il Meads è un progetto inutile, un residuo della guerra fredda e fuori dalla logica di difesa europea. Purtroppo molto spesso a guidare le priorità sono le industrie e in questo caso pesa l’interesse di Finmeccanica».

Negli ambienti della Difesa negano che si tratti di un retaggio del passato: «È vero che al momento la situazione del nord Africa è abbastanza tranquilla ma se dovesse cambiare la geopolitica il sistema di difesa non lo possiamo comprare da un giorno all’altro. Del resto, i missili di teatro possono essere trasportati anche con una nave e ce li possiamo trovare al largo in meno di dieci giorni. Tra pochi anni, anche l’Iran sarà in grado di colpirci e se il Meads si sviluppa come speriamo potrà proteggerci anche da gittate superiori ai mille chilometri». Anche il generale Franco Angioni, ex comandante della missione in Libano negli anni Ottanta ed ex parlamentare Ds, riconosce l’utilità del Meads ma esclude che sia prioritaria: «La difesa antibalistica è un’assicurazione contro dittatori arroganti con ampie disponibilità finanziarie. Certo in questo periodo in cui non ci sono nemmeno i soldi per addestrare i nostri soldati e per fare il pieno di benzina ai nostri mezzi è un’agiatezza che non ci possiamo permettere. Le priorità sono altre». Lusso o necessità, l’Italia continua a pagare i conti della Difesa. Spesso senza sapere perché.

10 novembre 2006