Rapporto Control Arms: l'industria globale delle armi sfrutta le ampie scappatoie nei controlli



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COMUNICATO STAMPA
CS107-2006

NUOVO RAPPORTO DELLA CAMPAGNA CONTROL ARMS: L'INDUSTRIA GLOBALE DELLE ARMI
SFRUTTA LE AMPIE SCAPPATOIE NEI CONTROLLI SULLE ARMI

La globalizzazione dell'industria armiera ha aperto ampie scappatoie nelle
norme che regolano l'esportazione delle armi, consentendo vendite verso
chi viola i diritti umani e verso paesi sotto embargo. E' l'accusa
contenuta in un nuovo rapporto della campagna Control Arms, lanciata nel
2003 da Oxfam International, Amnesty International e Iansa (la Rete
internazionale d'azione sulle armi leggere).

Il rapporto, intitolato 'Armi senza frontiere', viene diffuso oggi in
occasione dell'apertura della sessione annuale dell'Onu dedicata ai
controlli sulle armi e alla vigilia di un voto decisivo per avviare i
negoziati su un Trattato internazionale sul commercio di armi.

La campagna Control Arms rivela come aziende statunitensi, canadesi e
dell'Unione europea siano tra coloro in grado di aggirare i controlli,
attraverso la vendita di singoli componenti e il subappalto della
produzione in altri paesi. Secondo il rapporto, svariate armi - compresi
elicotteri d'attacco e veicoli da combattimento - vengono assemblate
grazie a componenti provenienti dall'estero e prodotte sotto licenza in
paesi come Cina, Egitto, India, Israele e Turchia. Questi e altri
armamenti vanno a finire in altri paesi come Colombia, Sudan e Uzbekistan
e vengono usati per uccidere e costringere la popolazione civile alla
fuga. Tutto questo rende evidente quanto sia impellente la necessita' di
norme globali per regolare un'industria sempre piu' globalizzata.

'Il nostro rapporto mette in luce la vera e propria litania di scappatoie
e di vite distrutte. L'industria armiera e' globale, le norme per
controllarla no. Il risultato e' che stiamo armando regimi che violano i
diritti umani. L'Europa e il Nordamerica stanno rapidamente diventando
l'IKEA di quest'industria, fornendo singoli componenti a chi viola i
diritti umani, che poi se le assemblea a casa. Nelle istruzioni, l'etica
e' del tutto esclusa. E' giunto il momento di adottare un Trattato sul
commercio delle armi' - ha dichiarato Jeremy Hobbs, direttore di Oxfam
International.

Il rapporto denuncia due principali scappatoie che consentono
all'industria delle armi di aggirare legalmente le regole, compresi gli
embarghi:

Non puoi vendere intero, ma puoi vendere a pezzi

L'Unione europea ha in vigore un embargo sulle armi nei confronti della
Cina; gli Usa e il Canada rifiutano di vendere elicotteri a Pechino.
Eppure il nuovo elicottero d'attacco cinese Z-10 non potrebbe volare senza
componenti e tecnologia di un'industria italo-britannica (AgustaWestland),
di una canadese (Pratt & Whitney Canada), di una statunitense (Lord
Corporation) e di una franco-tedesca (Eurocopter). La Cina ha gia' venduto
elicotteri d'attacco a svariati paesi, tra cui il Sudan, contro cui vige
un embargo totale sulle armi dell'Unione europea e uno parziale dell'Onu.

L'elicottero Apache, usato da Israele nel recente conflitto libanese, e'
composto da oltre 6.000 singoli pezzi prodotti in vari paesi del mondo,
tra cui Irlanda, Olanda e Regno Unito. In base al Codice di condotta
dell'Unione europea sull'esportazione di armi, questi paesi dovrebbero
rifiutare di esportare elicotteri d'attacco verso Israele.

Non puoi vendere da qui, ma puoi vendere da un'altra parte

Nel maggio 2005, le forze di sicurezza dell'Uzbekistan aprirono il fuoco
su una manifestazione, uccidendo centinaia di persone. Nel corso di questo
massacro, usarono veicoli militari Land Rover, costruiti per il 70 cento
con componenti britannici. Le Land Rover erano state spedite a pezzi in
Turchia e li' assemblate, attrezzate come veicoli militari e inviate
all'Uzbekistan. Il governo britannico non ha avuto alcun controllo su
questo affare, dato che i veicoli non sono stati assemblati e convertiti a
uso militare in territorio britannico.

'I produttori dell'Unione europea non devono sacrificare i profitti in
nome dei principi: basta subappaltare!' - ha accusato Rebecca Peters,
direttrice di Iansa. 'Ad esempio, l'industria austriaca di pistole Glock
sta cercando di aprire uno stabilimento in Brasile. Se lo fara', sara' in
grado di aggirare il Codice condotta europeo vendendo le sue pistole dal
Brasile'.

Il rapporto della campagna Control Arms illustra anche come la tecnologia,
che sta rivoluzionando l'industria armiera, e' spesso la stessa che viene
usata nelle nostre case. Per esempio, i processori del segnale digitale
presenti negli ultimi modelli di lettori dvd sono gli stessi usati nei
sistemi aereomissilistici per l'acquisizione del bersaglio; tuttavia,
quando la tecnologia viene venduta per essere usata dagli aerei militari,
non e' regolamentata.

'Le leggi sul commercio delle armi sono cosi' datate che e' piu' difficile
vendere un elmetto che le parti da assembleare di un'arma mortale. Il
mondo ha bisogno di un efficace Trattato internazionale sul commercio di
armi che fermi le esportazioni verso coloro che commettono violazioni dei
diritti umani' - ha commentato Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty
International.

Qualche dato

Alla fine di quest'anno, si stima che la spesa militare raggiungera' la
cifra senza precedenti di 1058,9 miliardi di dollari Usa, quindici volte
le somme destinate agli aiuti internazionali. Si tratta di una cifra piu'
alta di quella record registrata negli anni 1977-1978, in piena Guerra
fredda, che comparata ai prezzi d'oggi equivarrebbe a 1034 miliardi.
Nel 2005, Usa, Russia, Regno Unito, Francia e Germania hanno
complessivamente totalizzato l'82 per cento dell'export mondiale di armi.
Nell'elenco delle prime cento industrie armiere del mondo figurano ora
anche industrie di Brasile, Corea del Sud, India, Israele, Singapore e
Sudafrica.

Ulteriori informazioni

In Italia la campagna e' rilanciata dalla Sezione Italiana di Amnesty
International e dalla Rete italiana per il Disarmo. Oltre a contribuire
alla grande mobilitazione mondiale, i promotori intendono agire per
migliorare gli strumenti legislativi e di trasparenza esistenti in Italia
sul commercio di armi. Il nostro paese e' infatti il quarto produttore e
il secondo esportatore mondiale di armi leggere, eppure la nostra
legislazione e' vecchia di 30 anni e ad oggi non esiste alcuna forma di
controllo sugli intermediatori internazionali di armi.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 2 ottobre 2006

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490223, cell. 348-6976920, e-mail: press at amnesty.it










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