(Fwd) [pace] Made in Italy, l’arma in più



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Data inoltro:     	Sun, 1 Oct 2006 09:59:03 +0200
Data invio:       	Sun, 01 Oct 2006 10:38:51 +0200
Da:               	doriana at inventati.org
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Oggetto:          	[pace] Made in Italy, l´arma in più

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Secolo XIX

La missione di Prodi in Cina. Dietro la richiesta di revocare
l´embargo un mercato dalle immense prospettive Made in Italy,
l´arma in più La tecnologia dell´OtoMelara si prepara al grande
sbarco a Superga dal nostro inviato La Spezia. Guarda lì la
mitraglietta Hitrole 12.7 che piace tanto ai cinesi, nera e lucida,
montata su un carro armato Puma a sei ruote motrici. Tremila
mitragliette vendute ai cinesi e l´Oto Melara raddoppierebbe il
portafoglio ordini, pari nel 2005 a 1,1 milioni: e cosa sono tremila
mitragliette per un esercito che schiera due milioni e 250 mila uomini
in servizio permanente effettivo? Il minimo, sono. E la Hitrole 12.7
è solo un esempio, e la stessa Oto Melara (292 milioni di fatturato,
1339 dipendenti) è la punta di diamante di un settore armiero
all´avanguardia nel mondo. Ecco perché Romano Prodi e prima di lui
Carlo Azeglio Ciampi hanno chiesto a gran voce che la comunità
internazionale revochi l´embargo delle armi alla Cina, sfidando una
impopolarità che se l´anno scorso ha miracolosamente risparmiato
l´allora presidente della Repubblica stavolta ha investito in pieno
il governo di centrosinistra e il suo leader. Di fronte
all´opposizione e all´anima pacifista della coalizione che
ricordano i massacri di piazza Tienanmen, il Tibet occupato e le
migliaia di esecuzioni capitali all´anno, la realpolitik replica
sciorinando cifre a sei zeri: secondo l´ultima relazione presentata
dalla presidenza del consiglio al parlamento, in ossequio alla legge
185/90 sul controllo degli armamenti, le esportazioni autorizzate nel
corso del 2005 hanno raggiunto un valore pari a 1.361 milioni di euro,
con un aumento delle consegne del 72 per cento. Made in Italy
apprezzatissimo, dunque, e non solo per quanto riguarda le 5 navi da
pattugliamento o i tre aerei da trasporto C27, universalmente
considerati politicamente corretti: consegnate l´anno scorso anche
40 mila bombe da mortaio, 20 mila cartucce lacrimogene, svariate
centinaia di mine marine e naturalmente cannoni, carri armati e
sistemi antiaerei. Tra i clienti anche Turchia, Algeria e Arabia
Saudita, censurabili per le violazioni dei diritti umani, e India e
Pakistan perennemente sull´orlo di un conflitto. Anche in questo
caso, trionfo della realpolitik. La spezzina Oto Melara, unica azienda
nazionale dalla ragione sociale interamente militare (le altre si
occupano di componentistica, come l´Alenia, o adattano il proprio
prodotto come la Agusta o la Iveco) attende l´apertura del mercato
cinese con interesse particolare ; e la delegazione di Finmeccanica al
seguito di Prodi ­la società fa parte del gruppo al cento per cento
­ha adeguatamente reclamizzato il suo catalogo. «Il nostro segreto,
rispetto alla concorrenza internazionale ­spiega al Secolo XIX
Roberto Sgherri, responsabile tecnologia e prodotto ­è fare sistema.
Ci occupiamo cioè direttamente della meccanica, dell´elettronica e
dell´aerodinamica e proprio quest´ultima specializzazione, da
quando ci siamo impegnati nella progettazione del munizionamento
intelligente, è diventata fondamentale ». La munizione intelligente
dell´Oto Melara si chiama Dart ed è un cilindro alato che costa
svariate decine di migliaia di euro. Come un missile, è in grado di
braccare il suo bersaglio e quindi, riflette Roberto Sgherri, «di
perseguire l´obiettivo finale che è l´arma non letale». Sarebbe?
«Un giorno dovremo arrivare a distruggere il materiale del nemico
senza sacrificio di vite umane. Sono le famose operazioni
chirurgiche...». Il Dart vola ad oltre 1200 metri al secondo e la sua
progettazione fa parte dei prodotti di nicchia OtoMelara. Qualcuno
storcerà il naso, ma se c´è un made in Italy che ha possibilità
di sfondare in Cina è proprio l´armiero perché «non ci sono altre
aziende di livello mondiale che si occupino contemporaneamente di
meccanica, elettronica e aerodinamica». Non le principali
concorrenti, almeno, che sono l´inglese Bae, la francese Giat e
l´israeliana Raphael: «E rispetto a queste ultime, investiamo il
dieci e non l´uno per cento del fatturato nella ricerca».
All´interno dei capannoni spezzini sono in costruzione, in questi
giorni, i cannoni navali più celebri del mondo: i 76/62, venduti
dalla Oto Melara a ben 54 marine militari. Gioielli con tanto di
cupola invisibile, e capaci di sparare i proiettili Dart: il business
armiero con la Cina, se andrà in porto, potrebbe avere dimensioni
clamorose. «Certo ­conclude Sgherri ­bisognerà stare attenti alla
proprietà intellettuale», e cioè alle imitazioni. «Quello è un
Paese che non solo non si può controllare, ma è pure di difficile
penetrazione». Esempio: l´Oto Melara riuscì a vendere a Pechino
due modesti obici, anni fa, prima dell´embargo: «Erano maschio e
femmina», fanno gli spiritosi alla Spezia, «sono diventati
migliaia». Paolo Crecchi crecchi at ilsecoloxix.it


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