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DPN e DCNAN
- Subject: DPN e DCNAN
- From: "alfonsonavarra at virgilio.it" <alfonsonavarra at virgilio.it> (by way of Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>)
- Date: Fri, 21 Apr 2006 23:57:34 +0200
Milano 20 aprile 2006 Cari amici del Coordinamento politico OSM-DPN, l'Assemblea degli OSM di Cattolica (1 e 2 aprile 2006) ha deciso di istituire un "Osservatorio per la DPN" che include tra i suoi compiti, al punto 3, la mappatura delle esperienze di DPN in Italia. La mozione "SOLIDARIETA' A TURI VACCARO ED IMPEGNO PER LA DPN CONTRO LA DIFESA NUCLEARIZZATA" specifica il significato della mappatura, dal momento che ricomprende "tra le esperienze vive ed operanti di DPN, da studiare e sostenere criticamente, tutte le lotte che vedono oggi contrapporsi le comunità locali con le basi militari "straniere" e nazionali, a la Maddalena come a Taranto, ad Aviano, come a Camp Darby (e via elencando)". Il punto 3 della mozione sull'Osservatorio viene altresi' integrato dalla mozione "per la DPN contro la difesa nuclearizzata" laddove si istituisce un settore di lavoro specifico "per eseguire e dare attuazione all'impegno per Turi e per il disarmo atomico, declinato come incardinamento della necessità di garantire sicurezza e difesa delle popolazioni". Tale gruppo di lavoro all'interno dell'Osservatorio quindi deve portare avanti la mappatura avendo gia' definito come esperienze di DPN una serie di lotte in corso. La mozione, pero', non chiarisce se lotte come quella della Val di Susa, per fare l'esempio piu' attuale ed eclatante, possano essere considerate esperienze dirette di DPN. A tal fine sollecito una discussione. Personalmente ho gia' sottoposto il problema a Tonino Drago. Ma intendo interpellare anche altri studiosi "amici della nonviolenza" (Alberto L'Abate, Nanni Salio, Lorenzo Porta, Rocco Altieri, eccetera) per il loro parere in merito. Poiche' non si tratta di una questione, come si suol dire, accademica, ma di rilevanza politica cruciale, e' bene che tutto il movimento degli obiettori vi faccia mente locale, ci rifletta su e prenda una decisione, guardando alle implicazioni pratiche del problema, non all'esigenza di mettere un'etichetta buona per i nostri schemi intellettuali. Io penso che e' molto importante dare retta a cio' che suggerisce il cuore: la "battaglia" (scusate il termine) No-TAV la sentiamo DPN oppure no? La definizione teorica in campo sociale deve venire solo dopo, razionalizzare successivamente l'esperienza ed il sentimento posti a base del giudizio. Per questo penso sia opportuno che vengano fuori le posizioni spontanee, istintive, di pancia, con le relative argomentazioni giustificative, da sottoporre comunque ad un vaglio critico collettivo (in cui anche gli esperti giocano un loro ruolo). Non propongo di abdicare alla ragione intellettuale, ma semplicemente di metterla al servizio di una logica piu' profonda e complessa. Rivalutare il pensiero emozionale penso sia un modo concreto di rivendicare orgogliosamente il nostro essere "figli di Venere", come ci suggerisce, ricordando il punto di vista femminista, la nostra Lina Appiano. La lotta che coinvolge anche gli OSM pugliesi contro le basi tipo Mirandola ed i simboli del militarismo (il monumento all'aviazione militare nella rotonda di Foggia), dovremmo cominciare a guardarla con gli occhi di chi vede in essa una possibile esperienza di DPN. Il metro di giudizio e': quanto il "popolo" la sente propria - la lotta - e vi partecipa? Tempo fa (direi un mesetto) ho preso contatti con il Social Forum di Brescia, a proposito della base di Ghedi, che ospita decine di atomiche americane. Li ho invitati a seguire l'esempio di Aviano, altra base atomica nel Friuli, dove cittadini che abitano a ridosso della base hanno denunciato il governo degli Stati Uniti. "- Ho degli avvocati disponibili a farvi da supporto tecnico-", ho detto loro per incoraggiarli ad agire. Ieri ho risentito il portavoce del Brescia Social Forum, che mi ha dato cattive notizie. Eccole: "- E' difficilissimo trovare a Ghedi cittadini che vogliano esporsi per la denuncia. Un quarto degli abitanti e' formato da militari che hanno avuto dal governo la casa. La gente in stragrande maggioranza crede ancora di poter campare sulla base (invero da tempo non e' piu' cosi'. Ma la percezione della realta' stenta a farsi strada). Tu pensa che lo stesso consigliere di Rifondazione comunista e' un dirigente di una fabbrica di esplosivi. Lui non vuole che si tocchi la base di Ghedi-". Ecco, il dissenso di pochi attivisti per me non e' DPN. A Ghedi non c'e' una DPN da studiare ma la generosa opposizione di alcuni pacifisti isolati (in questo momento tra l'altro demoralizzati per gli scazzi interni di Rifondazione). La situazione, ne abbiamo parlato gia' a cattolica, e' invece completamente diversa a La Maddalena: li' c'e' DPN, li' ormai e' l'intera popolazione che si ribella alla base dei sommergibili nucleari boicottandola in tutti i modi (pacifici) possibili ed immaginabili. Li' c'e' da studiare come ci si organizza, come ci si mobilita, come si conquista il consenso di politici ed istituzioni, come si vince. I pescatori li' non hanno mai sentito l'espressione DPN pur facendola in concreto. Io l'ho detto a Gavino Sale: guarda che tu stai facendo DPN. Gavino mi ha risposto con la sua ruvida ma bonaria ironia: "-Sara' come dici tu, non lo so. Quello che so e' che noi ci sentiamo invasi da un esercito straniero che ci ha reso la vita impossibile. Siamo tutti d'accordo per rendergli, a nostra volta, la vita impossibile finche' non tolgono le tende. Quando parlo con i soldati americani - sono dei poveracci come me - dico loro: vi voglio qui da turisti non come invasori-". Gavino, nella sua profonda semplicita' popolana, fa risaltare un punto di fondamentale importanza: la popolazione sarda avverte il militarismo come una invasione, una minaccia, una fonte di violenze in atto e di violenze future da cui, in senso proprio, si sta difendendo con l'"arma" della noncollaborazione attiva di massa. E' la pancia che fa sentire loro la loro lotta come una "difesa". Quello che dobbiamo spiegare a questa popolazione e' che la loro difesa - qui ed ora - deve diventare un modello permanente ed alternativo di difesa. La garanzia di sicurezza contro ogni possibile minaccia e' mantenere la loro capacita' di mobilitazione popolare unitaria. Non e' un passaggio automatico e scontato. Ma a questo punto dovremmo intervenire noi, gli OSM, i nonviolenti. Dovremmo fare capire a La Maddalena, come negli altri posti significativi che andremo ad individuare, che la loro difesa attuale è la base del modello di difesa del futuro. Questa comprensione potra' avvenire se riusciremo a far confrontare e a mettere in rete queste esperienze di resistenza alla militarizzazione (solo alla militarizzazione?) con carattere popolare. E' il compito del nostro gruppo di lavoro, per il quale dovremmo darci un piano di lavoro, con obiettivi, agenda di contatti ed incontri, scadenze per la sedimentazione delle consapevolezze e delle forze. Costruire questa "rete" e' la stessa cosa, in questa fase, che costruire la DPN dal basso. Ed e' anche cio' che ci permettera' di dare un senso al nostro sforzo di attivare e gestire percorsi istituzionali di DPN. Altra domanda, che e' stata posta con forza da Daniela Tagliaferri a Cattolica, e che rivolgerei a tutti (ai Drago e ai L'Abate, ma anche a noi stessi): dovendo necessariamente, da animali sociali, lavorare con le etichette (vale a dire i simboli, le parole) ci conviene definire la DCNANV (difesa civile non armata e nonviolenta) come la dimensione istituzionale della DPN, la quale DPN deve comunque conservare una sua dimensione sociale separata ed autonoma dalla burocrazia di Stato? Pensiamoci su, non abbiamo fretta. Organizziamoci la clausura (il seminario) per definire una posizione politica, non l'ennesimo ascolto "di studio" dei soliti - bravissimi, per carita'- relatori. Ma e' bene che restiamo consapevoli di questo aspetto: sul modo di funzionare e lavorare del Comitato DCNANV, ed anche sui suoi documenti, sono in gioco, la fisionomia e l'immagine essenziali della Campagna OSM-DPN. Il Comitato, infatti, la cui attivazione è stata rivendicata come nostro successo addirittura di portata storica (sarebbe il primo organismo a livello mondiale a "rompere" il monopolio sulla difesa da parte dei militari), oltretutto include in modo determinante tra i suoi membri suoi autorevoli e prestigiosi esponenti della Campagna medesima. Dobbiamo quindi stare molto attenti nel valutare i rischi che un malfunzionamento del Comitato DCNANV comporterebbe di stravolgimento del concetto di difesa nonviolenta che intendiamo affermare, per di più in presenza di condizioni non favorevoli (inattendibilità della politica estera e di sicurezza dei governi, partenariato con una macchina militare costruita su un modello di difesa offensivo per conto terzi, retroterra politico ed istituzionale poco o per nulla sensibilizzato, condizionamento incombente dei vizi tipici dell'"Italietta", assenza di una nostra base sociale organizzata). Un caro saluto a tutti Alfonso Navarra Lega per il disarmo unilaterale Coordinamento politico OSM-DPN
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