Missioni e armamenti assicurati per tutto il 2006. Briciole, invece, per i lavoratori delle ditte appaltatrici.



La CGIL che sarà alla manifestazione contro la guerra il 18 marzo e che ha invitato i sindacalisti iracheni al suo congresso, si lamenta perchè la Difesa spende troppo poco e i lavoratori restano a casa. E già, morte tua, vita mia. (poi però parla di morte sul lavoro, mai una volta che dica che alcune lavorazioni oltre a far male agli stessi lavoratori, servono a portare distruzione e devastazione ovunque). Curiosamente si assiste al conflitto presente fra i soldati che vanno in guerra per conto dello Stato e quelli assunti dalle società private: gli uni contestano agli altri non solo di non rispettare le regole ma di scappare per lasciarli nel pantano quando operano le loro "gloriose" azioni, ma anche di guadare più denaro.
Il tutto in un teatro di guerra.

Missioni e armamenti assicurati per tutto il 2006. Briciole, invece, per i lavoratori delle ditte appaltatrici. È la Finanziaria 2006 del ministro Tremonti: taglio del 50% dei fondi per le spese di funzionamento dei ministeri. Tra questi, la Difesa, a due mesi dall'inizio del nuovo anno, è quello maggiormente colpito. Casse svuotate e a pagarne le spese sono solo i lavoratori delle ditte del settore servizi, dalle mense alle pulizie alla manovalanza. Dal primo gennaio quasi 15 mila lavoratori "per" lo Stato, anche se i loro contratti non sono “statali”, si sono visti dimezzare orario e stipendio. Il peggio, però, deve ancora arrivare: dal 31 marzo, 4mila di loro rischiano di essere messi alla porta definitivamente.

Patrizia, 40anni, dipendente di una ditta appaltatrice del ministero dell’Aeronautica. Dal primo gennaio fino al 31 marzo, invece di 140 ore di lavoro ne fa 70. Il suo stipendio: 465 euro al mese. Mario, 45anni, lavora all’aeroporto di Pratica di Mare, vicino Roma. Contratto trimestrale di 6,6 euro l’ora per non più di 90 ore mensili, invece delle 130 che faceva nel 2005. Risultato: il suo stipendio da gennaio è di 540 euro al mese. Teresa, dipendente di una ditta appaltatrice all’aeroporto di Viterbo dal 2000. Ottanta ore settimanali dal primo gennaio, 500 euro scarsi di stipendio mensili. Ferie e malattia non pagate.

Finita con la professionalizzazione l'epoca dei "marmittoni", la gestione di mense, pulizie e manovalanza nelle forze armate ha seguito la via dell'esternalizzazione, l'appalto insomma. Che è più comodo: uno non assume una persona ma chiede ad una ditta di fonire un servizio. Magari facendo fare facchinaggio negli immensi magazzini militari, ma solo quando serve. Poi sono affari loro. Una situazione già difficile, di un precariato sommerso. Che adesso, se possibile, diventa ancora più sommerso.

Ma se i tagli sono opera della Finanziaria 2006, la ripartizione dei soldi tra i capitoli di bilancio (servizi, armamenti e missioni) dipende delle scelte del ministro della Difesa Martino, «che non ha mai voluto incontrarci», denuncia Rocco Lamparelli, Cgil settore appalti. Il 13 marzo lavoratori e sindacato saranno in piazza davanti alla sede del ministero della Difesa, a Palazzo Baracchini in via XX Settembre. «Per chiedere che una delegazione venga ascoltata – spiega Lamparelli - per scongiurare che un dramma si abbatta su migliaia di famiglie. È un’ingiustizia che si sta consumando silenziosamente a Camere sciolte». Due iniziative hanno preceduto quella del 13 marzo: il primo dicembre e il 22 gennaio. «Volevamo che nel decreto mille proroghe – commenta Lamparelli, preoccupato per il futuro di questa vertenza - fossero inseriti finanziamenti integrativi: 200 milioni di euro per scongiurare il pericolo licenziamenti».

Sette milioni di euro è quello che il governo, sullo scadere dell’anno, ha concesso. «Spiccioli - ribatte la Cgil - tutti si sono visti dimezzare l’orario e lo stipendio. In più la certezza di andare avanti l’abbiamo solo fino al 31 marzo. Il dopo è un’incognita». Il capitolo di bilancio 1297, «Servizi di Manovalanza» nel 2005 contava 50 milioni di euro. Nel 2006 ne ha solo 21milioni. Mercoledì in Parlamento è stato approvato un emendamento nel decreto sugli ammortizzatori sociali del ministro Maroni, fortemente voluto dai Ds. Nel provvedimento si chiede di usare 100milioni riassegnati in extremis al bilancio della Difesa per «difendere i livelli di occupazione nei settori della manutenzione, dei servizi di pulizia, mense e manovalanza».

«Emendamento importante – è il commento di Lamparelli - ma per ora è un impegno, nulla di più. Non sappiamo se Martino, nella ripartizione che dovrà fare anche di questi fondi, recepirà le esigenze dei lavoratori». Lo scorso 22 febbraio la Cgil ha scritto agli uffici della Difesa per sottolineare che in cambio di un incontro con il ministro, in cui le parti avrebbero potuto confrontare le posizioni, sarebbero stati disposti anche a revocare lo sciopero del 13 marzo. «I lavoratori prendono già stipendi da fame – spiega Lamparelli - non era necessario arrivare allo scontro». Al braccio teso del sindacato la risposta, però, è stata una sorta di “Stiamo lavorando per voi...”.

In attesa, Patrizia, Mario e Teresa vivono con 500 euro scarsi al mese. Patrizia: «Negli ultimi due anni ho avuto solo contratti trimestrali. Tra uno e l’altro passano dieci giorni in cui non fai niente. Ad agosto si lavora 12 giorni. Mi alzo alle cinque per essere a Roma alle otto del mattino. Benzina, assicurazione, mutuo: fate voi il conto di cosa si può con 500 euro». Mario: «Ho due figli e abito a Colleferro, 50 chilometri da Roma. Mia moglie è una casalinga. Per dieci anni ho lavorato con due ditte di smantellamento in giro per l’Italia, dove serviva. Poi tre anni alla Rhodia tessile che fallì, ma non avendo un contratto a tempo indeterminato non ebbi neanche la cassa integrazione. E ora si ricomincia». Teresa: «Le nostre storie sono tutte uguali. Lo scriva, però, che lo scorso anno ho avuto un tumore al seno e sono dovuta mancare diverso tempo da lavoro. In quei mesi ho preso tra i 200 e i 370 euro. Se oggi mi dovessi ammalare di nuovo, i primi tre giorni di malattia non mi verrebbero pagati, al quarto avrei diritto solo a 15 euro».

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