bocciatyo il piano d'evacuazione della maddalena la nuova del 12\11\2005





     Pericolo nucleare, il prefetto contestato alla Maddalena
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      LA MADDALENA. La riunione, nella sala consiliare del municipio della
Maddalena, si è svolta a porte chiuse. Contrariamente a quanto annunciato:
un incontro aperto a tutti per illustrare nei dettagli il piano disposto
dalla prefettura di Sassari in caso di emergenza nucleare. Inutili le
proteste di alcuni cittadini che si sono presentati puntuali all'appuntamento:
nella sala l'accesso è stato consentito soltanto a politici, rappresentanti
delle forze dell'ordine, tecnici ed esponenti di associazioni ambientaliste.
«L'argomento è delicato», si è giustificato il prefetto Salvatore Gullotta.
Molto chiaro, invece, l'esito della discussione: il Piano d'emergenza è
inadeguato, inapplicabile, fuori dalla realtà. Il consiglio comunale della
Maddalena è compatto nel chiedere al prefetto di ritirare il faldone di 250
pagine.

     S. SANNA e MANNIRONI




     Pagina 5 - Sardegna

     «Ma quale evacuazione? Questa è una presa in giro»



     Duro scontro tra prefetto di Sassari e consiglio comunale maddalenino

     DALL'INVIATO SILVIA SANNA

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      LA MADDALENA. La parola d'ordine era «minimizzare». Polemiche e dubbi
dovevano rimanere argomento di riflessione per gli addetti ai lavori: fuori
la popolazione e la stampa. Ma la grande confusione in cui naviga il «Piano
d'emergenza in caso d'incidente nucleare», ha sfondato il muro del silenzio.
      La riunione, nella sala consiliare del municipio della Maddalena, si
è svolta a porte chiuse. Contrariamente a quanto annunciato da diverse
settimane: un incontro aperto a tutti per illustrare nei dettagli il Piano
disposto dalla Prefettura di Sassari. Inutili le proteste di alcuni
cittadini che si sono presentati puntuali all'appuntamento: nella sala l'accesso è stato consentito soltanto a politici, rappresentanti delle forze dell'ordine,
tecnici ed esponenti di associazioni ambientaliste. «L'argomento è
delicato - ha detto il prefetto Salvatore Gullotta nel motivare la scelta -
merita un approfondimento tecnico. Per questo non si presta a facile
divulgazione attraverso i mass-media».
      Molto chiaro, invece, l'esito della discussione durata oltre tre ore:
il Piano d'emergenza è apparso inadeguato, inapplicabile, fuori dalla
realtà. Il consiglio comunale della Maddalena è compatto nel chiedere al
prefetto Gullotta di ritirare il faldone di 250 pagine: inchiostro sprecato,
carta straccia allo stato attuale, senza né mezzi né soldi. Il sindaco
Angelo Comiti non perde il consueto garbo ma non usa giri di parole: «Non
sono in grado di fare quello che il Piano mi chiede: il Comune è investito
da compiti gravosi e non ha la copertura finanziaria per attuarli. È
chiamato a fornire assistenza sanitaria e alimentare, a provvedere al
ricovero e a distribuire indumenti alla popolazione irradiata dalla nube
tossica: al momento l'amministrazione non può farsi carico di un bel niente.
Come al solito si gioca allo scarica-barile, con il risultato che siamo
ancora molto lontani da quello che la comunità attendeva con ansia:
rassicurazioni sul fatto che in caso d'incidente nucleare avremmo saputo
tutti come comportarci». E nel ribadire che «il miglior modo per evitare
rischi è l'eliminazione della fonte di pericolo, con la chiusura della base
militare americana di Santo Stefano», il sindaco Comiti denuncia «l'assenza
della Regione dall'incontro odierno» e annuncia un pressing serrato, «sino a
quando la prefettura non risolverà il problema».
      Come? Il prefetto Gullotta dice che il Piano, pur aperto a
integrazioni suggerite dagli addetti ai lavori, è comunque il migliore
possibile. Dunque resta quello: un Piano d'emergenza e non di evacuazione,
in quanto ritenuta non necessaria. L'allontanamento è consigliato per i
residenti a Capo D'Orso, i maddalenini sono liberi di scegliere che fare. Il
nodo della questione è tutto qui. Il documento prende in considerazione l'ipotesi
di fuoriuscita di sostanze radioattive «in seguito a incidente su un'unità
navale a propulsione nucleare». Non esamina l'eventualità di fusione del
nocciolo del sommergibile, ritenuta estremamente improbabile. E sorvola
anche sull'ipotesi di un attentato terroristico, in quanto non di competenza
della Prefettura. «Il rischio di un incidente c'è - dice Salvatore
Gullotta - ma le possibilità sono scarse. Inferiori rispetto ad altre zone
dell'isola a rischio: Porto Torres per esempio. In ogni caso le contromisure
sono adeguate». Coro di dissenso: «Dove sono i rimorchiatori che dovrebbero
trascinare lontano il sommergibile? - chiede il consigliere comunale di
minoranza Salvatore Sanna - Quelli di cui si parla nel piano sono andati via
dall'arcipelago da un pezzo». Aggiunge il capogruppo della maggioranza
Roberto Zanchetta: «Dalla base sino all'isola delle Biscie c'è una distanza
di sei miglia. Il rimorchiatore viaggia alla velocità massima di tre nodi,
dunque impiegherebbe almeno due ore: un tempo improponibile». La
considerazione che il consiglio comunale ha del Piano è ben sintetizzata
nella maglietta indossata per l'occasione: un water nel quale affonda un
sommergibile. «Perché di una barzelletta si tratta - commenta il vice
sindaco e assessore alla Sanità Michele Secci -: una colossale presa in
giro». E se il sindaco di Palau Sebastiano Pirredda confessa di avere
difficoltà persino a immaginare la fase «della comunicazione dell'allarme
alla popolazione», l'assessore maddalenino Giuseppe Mureddu denuncia l'assenza
di un'analisi preventiva: «Nel Piano non c'è lo studio del rischio - dice -
manca un esame preventivo sugli effetti a catena che un evento di tale
portata scatenerebbe». Un passaggio non necessario, secondo il responsabile
regionale dei Vigili del fuoco Pasquale Mistretta: «Perché la procedura, con
uno strettissimo coordinamento tra le forze in campo, tiene conto di tutte
le eventualità possibili». Nel frattempo, però, nulla si sa delle docce
anticontaminazione attese dai maddalenini, o di quali medicinali bisognerà
assumere in caso di diffusione di sostanze radioattive. «È tutto lasciato al
caso - commenta il segretario della Cgil Lorenzo Porcheddu - alle scelte
individuali. Personalmente mi sento abbandonato dallo Stato». Maggiore
chiarezza pretendono anche Salvo Manca (Cisl) e Daniele Valentino (Uil): «Il
Piano è fondamentale, ma bisogna reperire subito mezzi e fondi per
attuarlo».
      L'argomento sarà inserito all'unico punto dell'ordine del giorno del
prossimo consiglio comunale straordinario della Maddalena, allargato a Palau
e al consiglio provinciale. Ieri il presidente della provincia Olbia-Tempio,
Pietrina Murrighile, si è schierata al fianco dei sindaci: «Perché la paura
è un sentimento che accomuna l'intero territorio».


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      CASO

     E per difendersi un opuscolo di dieci striminzite paginette




     ANDREA NIEDDU

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      LA MADDALENA. Nei cassetti finirà un opuscolo striminzito. Una
sintesi piccola piccola, 10 pagine appena, con l'elenco delle regole da
seguire nell'eventualità di un'emergenza. Si è scoperto ieri, in seguito
alle contestazioni del prefetto Gullotta sul fatto che il Piano sia stato
messo a disposizione della popolazione nel comune della Maddalena: «È un
documento tecnico, riservato agli addetti ai lavori». Immediata la replica
del sindaco: «Mi è sembrato doveroso garantire ai diretti interessati la
possibilità di informarsi sulle misure di sicurezza». Con un consiglio:
limitatevi a consultare il Piano, oppure scaricatelo da Internet. Acquistare
il faldone, infatti, comporta la spesa di 37 euro e 5 centesimi: una beffa,
secondo i maddalenini, pochissimi dei quali sinora hanno aperto il
portafogli. L'opuscolo, invece, sarà distribuito gratuitamente. Ad
accollarsi le spese di stampa e rilegatura, secondo la Prefettura, dovrebbe
essere il comune: ieri però il sindaco Comiti ha risposto picche.
      È questa una delle tante contraddizioni che segnano la storia del
Piano d'emergenza. Il documento, consegnato nel maggio scorso dalla
Prefettura ai sindaci della Maddalena, Palau, Santa Teresa e Arzachena, era
stato accolto con scarso entusiasmo. La lettura successiva (nel caso della
Maddalena anche l'esame approfondito da parte del radiochimico Giancarlo
Fastame), aveva fatto aumentare i dubbi. In particolare, vivo stupore aveva
suscitato la mancata disposizione dell'evacuazione, ritenuta non necessaria.
Così come, nel caso l'incidente si verificasse d'estate, la procedura
stabilita per l'eventuale allontanamento: prima i turisti, dopo i residenti.
Molti dei quali, si legge nel Piano, troverebbero alloggio presso parenti o
amici. La Prefettura aveva garantito che maggiore chiarezza sarebbe arrivata
grazie alle esercitazioni, con il coinvolgimento di una porzione consistente
della popolazione.
      La prima era stata annunciata per ottobre-novembre. Ieri il prefetto
Gullotta ha comunicato che si farà a dicembre, ma consisterà soltanto nella
prova di diffusione dell'allarme e del raduno dei residenti nei punti
stabiliti. La seconda esercitazione, all'inizio del 2006, prevede invece l'allontanamento
del sommergibile incidentato. Qui i dubbi aumentano. Con quale
rimorchiatore? Gli unici presenti in zona sono quelli della base americana:
la Marina Italiana si troverebbe nella posizione imbarazzante di doverne
chiedere uno in prestito alla Us Navy per effettuare la simulazione di un
intervento in seguito a un incidente causato da un suo sommergibile.
      Secondo alcuni esponenti politici, la realtà è ben diversa. Il fatto
che i rimorchiatori siano alloggiati nella base di Santo Stefano potrebbe
rappresentare un ostacolo insormontabile in caso di incidente. Anzi,
potrebbe addirittura agevolarne la copertura.


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     L'ANALISI

     La fine del grande inganno: l'incidente nucleare è possibile




     PIERO MANNIRONI

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     Se, come diceva Niccolò Machiavelli, "governare è far credere", allora
negli ultimi 33 anni questa massima è stata una regola alla Maddalena. Ma il
tempo, si sa, impietosamente consuma e corrompe, lentamente logora e
sbriciola. Anche gli inganni, le omissioni e le piccole verità, che in
realtà nascondono grandi bugie. Per questo motivo, l'ostinazione nel "far
credere" può diventare addirittura uno strumento dirompente per far
riemergere una realtà occultata o "drogata".
      Primo esempio: per oltre trent'anni l'arcipelago della Maddalena è
rimasto disarmato davanti all'eventualità di un incidente nucleare. Il tempo
ha infatti dimostrato la bugia dell'allora ministro della Protezione civile
Giuseppe Zamberletti che, nel 1985, aveva detto: «Il piano di emergenza per
la Maddalena esiste, ma non può essere divulgato perché è un segreto
militare».
      Zamberletti era un galantuomo, ma il presidente del consiglio Bettino
Craxi e il ministro della Difesa Giovanni Spadolini lo avevano costretto a
dare quella risposta incongrua, per obbedire alla «ragion di Stato». Si
volle allora "far credere" al di là della logica e del buonsenso. Già,
perché a cosa serve poi un piano di emergenza per la popolazione se poi la
popolazione stessa non lo può conoscere in quanto è un segreto?
      E sempre a metà degli anni Ottanta si volle "far credere" che a bordo
dei sommergibili d'attacco americani della classe Los Angeles non erano
stivati i micidiali missili Slcm Cruise a testata nucleare multipla. La
notizia era filtrata da Bruxelles, nel corso dei lavori del consiglio della
Nato. Gli americani negarono, ma soprattutto violentissima fu la reazione
del governo italiano che parlò di «grandi bugie» e di «strumentalizzazione
politica». Bastò acquistare per pochi dollari alcune riviste americane
specializzate per scoprire che il segreto era custodito in una cassaforte di
vetro. Non solo si seppe infatti che i Cruise Tomahawk erano nelle pance d'acciaio
degli "hunter killer", ma addirittura fu possibile conoscere i nomi dei
vascelli riconvertiti, i tempi dei programmi di armamento e la data del
dispiegamento dei sommergibili.
      Ma c'è un voler "far credere" che oggi non può essere accettato. E
cioé che l'incidente nucleare è un evento tanto remoto da essere giudicato
possibile solo statisticamente. Come dire: il piano d'emergenza ha quasi una
funzione burocratica. Così non è. E a dirlo è uno scienziato americano che,
proprio per la sua esperienza e competenza, è sicuramente al di sopra di
ogni sospetto. Si tratta di John P. Shannon, fisico e ingegnere nucleare,
che ha lavorato per trent'anni nella Us Navy come responsabile della
sicurezza nucleare.
      Per Shannon i rischi di un'avaria al reattore nucleare di un
sommergibile sono molto più alti che in un normale reattore per uso civile.
L'incidente più frequente (e più pericoloso) è quello che, con un acronimo,
viene chiamato Loca (Loss of coolant accident). Cioé, incidente per perdita
di liquido refrigerante. Shannon definisce questa eventualità
«potenzialmente disastrosa» perché «la scopertura del nocciolo può
provocarne la fusione con conseguente rilascio di enormi quantità di
radioattività». Esattamente ciò che accadde a Chernobyl.
      L'autorithy americana che regola tutti gli standard di sicurezza
negli impianti nucleari civili, la "Nuclear Regulatory Commission", impone
un sistema di raffreddamento del reattore d'emergenza, chiamato in codice
Eccs. Un sistema creato proprio per proteggersi da eventuali Loca. E qui sta
il vero problema. «Per mancanza di spazio - dice infatti Shannon - i
sottomarini, sia quelli americani che quelli degli altri paesi, non sono
equipaggiati con questo vitale sistema di sicurezza».
      Per la cronaca, quattro anni fa è stato scoperto un errore di
progettazione nei reattori PWR1, che sono il cuore atomico dei sommergibili
americani della classe Seawolf e quelli inglesi delle classi Trafalgar e
Swiftsure.
      La domanda, a questo punto, è questa: quanti incidenti sono accaduti
finora? Le statistiche ufficiali sono viziate dal peccato originale del
segreto militare. Ma qualcosa trapela. Al momento, sette sottomarini
nucleari sono in fondo al mare: 2 americani, quattro russi e uno cinese. Lo
statunitense Snn 593 Tresher, della classe Nantucket, si inabissò davanti a
Boston nel 1963 con tutto l'equipaggio (129 uomini). La versione ufficiale
parla di cedimento strutturale. L'altro sommergibile Usa, lo Uss Scorpion,
si inabissò per motivi ignoti nell'Atlantico, vicino alle Azzorre, pochi
giorni dopo essere partito da Taranto. Aveva a bordo 99 uomini e due bombe
atomiche andate perdute. I quattro sottomarini nucleari russi affondati
sono: il K 219 (classe Yankee) nel 1986 per l'esplosione di un siluro a
bordo, il K 8 (classe November) nel 1970 per un incendio del reattore, il K
429 (classe Charlie) nel 1983 per un incendio e il Kursk nel Duemila.
Mistero sul sommergibile nucleare cinese, scomparso nel 1985 con tutto l'equipaggio
e l'armamento atomico.
      Inquietante il caso dei sommergibili atomici d'attacco francesi. Si
tratta di vascelli molto compatti (i più piccoli al mondo con i loro 73
metri di lunghezza per circa 2.500 tonnellate) e silenziosissimi. Quasi dei
fantasmi del mare. Per anni sono stati considerati una sorta di orgoglio
nazionale per le loro tecnologie d'avanguardia. Fino a quando, però, hanno
evidenziato drammaticamente un difetto strutturale, guarda caso, proprio al
reattore. Tra il il 1993 e il 1994 in tre sommergibili francesi (il Rubis, l'Emeraude
e l'Amethiste), cioé la metà della flotta subacquea del Mediterraneo che ha
base a Tolone, si è verificato lo stesso problema: un incendio del reattore
(si è a conoscenza di dieci morti).
      Alla luce di questi fatti, forse l'unica strada per garantire la
sicurezza nell'arcipelago (e non solo) è quella di rimuovere il problema.
Cioé, la base Usa.


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     Pericolo nucleare, il prefetto contestato alla Maddalena






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      LA MADDALENA. La riunione, nella sala consiliare del municipio della
Maddalena, si è svolta a porte chiuse. Contrariamente a quanto annunciato:
un incontro aperto a tutti per illustrare nei dettagli il piano disposto
dalla prefettura di Sassari in caso di emergenza nucleare. Inutili le
proteste di alcuni cittadini che si sono presentati puntuali all'appuntamento:
nella sala l'accesso è stato consentito soltanto a politici, rappresentanti
delle forze dell'ordine, tecnici ed esponenti di associazioni ambientaliste.
«L'argomento è delicato», si è giustificato il prefetto Salvatore Gullotta.
Molto chiaro, invece, l'esito della discussione: il Piano d'emergenza è
inadeguato, inapplicabile, fuori dalla realtà. Il consiglio comunale della
Maddalena è compatto nel chiedere al prefetto di ritirare il faldone di 250
pagine.

     S. SANNA e MANNIRONI




     Pagina 5 - Sardegna

     «Ma quale evacuazione? Questa è una presa in giro»



     Duro scontro tra prefetto di Sassari e consiglio comunale maddalenino

     DALL'INVIATO SILVIA SANNA

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      LA MADDALENA. La parola d'ordine era «minimizzare». Polemiche e dubbi
dovevano rimanere argomento di riflessione per gli addetti ai lavori: fuori
la popolazione e la stampa. Ma la grande confusione in cui naviga il «Piano
d'emergenza in caso d'incidente nucleare», ha sfondato il muro del silenzio.
      La riunione, nella sala consiliare del municipio della Maddalena, si
è svolta a porte chiuse. Contrariamente a quanto annunciato da diverse
settimane: un incontro aperto a tutti per illustrare nei dettagli il Piano
disposto dalla Prefettura di Sassari. Inutili le proteste di alcuni
cittadini che si sono presentati puntuali all'appuntamento: nella sala l'accesso è stato consentito soltanto a politici, rappresentanti delle forze dell'ordine,
tecnici ed esponenti di associazioni ambientaliste. «L'argomento è
delicato - ha detto il prefetto Salvatore Gullotta nel motivare la scelta -
merita un approfondimento tecnico. Per questo non si presta a facile
divulgazione attraverso i mass-media».
      Molto chiaro, invece, l'esito della discussione durata oltre tre ore:
il Piano d'emergenza è apparso inadeguato, inapplicabile, fuori dalla
realtà. Il consiglio comunale della Maddalena è compatto nel chiedere al
prefetto Gullotta di ritirare il faldone di 250 pagine: inchiostro sprecato,
carta straccia allo stato attuale, senza né mezzi né soldi. Il sindaco
Angelo Comiti non perde il consueto garbo ma non usa giri di parole: «Non
sono in grado di fare quello che il Piano mi chiede: il Comune è investito
da compiti gravosi e non ha la copertura finanziaria per attuarli. È
chiamato a fornire assistenza sanitaria e alimentare, a provvedere al
ricovero e a distribuire indumenti alla popolazione irradiata dalla nube
tossica: al momento l'amministrazione non può farsi carico di un bel niente.
Come al solito si gioca allo scarica-barile, con il risultato che siamo
ancora molto lontani da quello che la comunità attendeva con ansia:
rassicurazioni sul fatto che in caso d'incidente nucleare avremmo saputo
tutti come comportarci». E nel ribadire che «il miglior modo per evitare
rischi è l'eliminazione della fonte di pericolo, con la chiusura della base
militare americana di Santo Stefano», il sindaco Comiti denuncia «l'assenza
della Regione dall'incontro odierno» e annuncia un pressing serrato, «sino a
quando la prefettura non risolverà il problema».
      Come? Il prefetto Gullotta dice che il Piano, pur aperto a
integrazioni suggerite dagli addetti ai lavori, è comunque il migliore
possibile. Dunque resta quello: un Piano d'emergenza e non di evacuazione,
in quanto ritenuta non necessaria. L'allontanamento è consigliato per i
residenti a Capo D'Orso, i maddalenini sono liberi di scegliere che fare. Il
nodo della questione è tutto qui. Il documento prende in considerazione l'ipotesi
di fuoriuscita di sostanze radioattive «in seguito a incidente su un'unità
navale a propulsione nucleare». Non esamina l'eventualità di fusione del
nocciolo del sommergibile, ritenuta estremamente improbabile. E sorvola
anche sull'ipotesi di un attentato terroristico, in quanto non di competenza
della Prefettura. «Il rischio di un incidente c'è - dice Salvatore
Gullotta - ma le possibilità sono scarse. Inferiori rispetto ad altre zone
dell'isola a rischio: Porto Torres per esempio. In ogni caso le contromisure
sono adeguate». Coro di dissenso: «Dove sono i rimorchiatori che dovrebbero
trascinare lontano il sommergibile? - chiede il consigliere comunale di
minoranza Salvatore Sanna - Quelli di cui si parla nel piano sono andati via
dall'arcipelago da un pezzo». Aggiunge il capogruppo della maggioranza
Roberto Zanchetta: «Dalla base sino all'isola delle Biscie c'è una distanza
di sei miglia. Il rimorchiatore viaggia alla velocità massima di tre nodi,
dunque impiegherebbe almeno due ore: un tempo improponibile». La
considerazione che il consiglio comunale ha del Piano è ben sintetizzata
nella maglietta indossata per l'occasione: un water nel quale affonda un
sommergibile. «Perché di una barzelletta si tratta - commenta il vice
sindaco e assessore alla Sanità Michele Secci -: una colossale presa in
giro». E se il sindaco di Palau Sebastiano Pirredda confessa di avere
difficoltà persino a immaginare la fase «della comunicazione dell'allarme
alla popolazione», l'assessore maddalenino Giuseppe Mureddu denuncia l'assenza
di un'analisi preventiva: «Nel Piano non c'è lo studio del rischio - dice -
manca un esame preventivo sugli effetti a catena che un evento di tale
portata scatenerebbe». Un passaggio non necessario, secondo il responsabile
regionale dei Vigili del fuoco Pasquale Mistretta: «Perché la procedura, con
uno strettissimo coordinamento tra le forze in campo, tiene conto di tutte
le eventualità possibili». Nel frattempo, però, nulla si sa delle docce
anticontaminazione attese dai maddalenini, o di quali medicinali bisognerà
assumere in caso di diffusione di sostanze radioattive. «È tutto lasciato al
caso - commenta il segretario della Cgil Lorenzo Porcheddu - alle scelte
individuali. Personalmente mi sento abbandonato dallo Stato». Maggiore
chiarezza pretendono anche Salvo Manca (Cisl) e Daniele Valentino (Uil): «Il
Piano è fondamentale, ma bisogna reperire subito mezzi e fondi per
attuarlo».
      L'argomento sarà inserito all'unico punto dell'ordine del giorno del
prossimo consiglio comunale straordinario della Maddalena, allargato a Palau
e al consiglio provinciale. Ieri il presidente della provincia Olbia-Tempio,
Pietrina Murrighile, si è schierata al fianco dei sindaci: «Perché la paura
è un sentimento che accomuna l'intero territorio».


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      CASO

     E per difendersi un opuscolo di dieci striminzite paginette




     ANDREA NIEDDU

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      LA MADDALENA. Nei cassetti finirà un opuscolo striminzito. Una
sintesi piccola piccola, 10 pagine appena, con l'elenco delle regole da
seguire nell'eventualità di un'emergenza. Si è scoperto ieri, in seguito
alle contestazioni del prefetto Gullotta sul fatto che il Piano sia stato
messo a disposizione della popolazione nel comune della Maddalena: «È un
documento tecnico, riservato agli addetti ai lavori». Immediata la replica
del sindaco: «Mi è sembrato doveroso garantire ai diretti interessati la
possibilità di informarsi sulle misure di sicurezza». Con un consiglio:
limitatevi a consultare il Piano, oppure scaricatelo da Internet. Acquistare
il faldone, infatti, comporta la spesa di 37 euro e 5 centesimi: una beffa,
secondo i maddalenini, pochissimi dei quali sinora hanno aperto il
portafogli. L'opuscolo, invece, sarà distribuito gratuitamente. Ad
accollarsi le spese di stampa e rilegatura, secondo la Prefettura, dovrebbe
essere il comune: ieri però il sindaco Comiti ha risposto picche.
      È questa una delle tante contraddizioni che segnano la storia del
Piano d'emergenza. Il documento, consegnato nel maggio scorso dalla
Prefettura ai sindaci della Maddalena, Palau, Santa Teresa e Arzachena, era
stato accolto con scarso entusiasmo. La lettura successiva (nel caso della
Maddalena anche l'esame approfondito da parte del radiochimico Giancarlo
Fastame), aveva fatto aumentare i dubbi. In particolare, vivo stupore aveva
suscitato la mancata disposizione dell'evacuazione, ritenuta non necessaria.
Così come, nel caso l'incidente si verificasse d'estate, la procedura
stabilita per l'eventuale allontanamento: prima i turisti, dopo i residenti.
Molti dei quali, si legge nel Piano, troverebbero alloggio presso parenti o
amici. La Prefettura aveva garantito che maggiore chiarezza sarebbe arrivata
grazie alle esercitazioni, con il coinvolgimento di una porzione consistente
della popolazione.
      La prima era stata annunciata per ottobre-novembre. Ieri il prefetto
Gullotta ha comunicato che si farà a dicembre, ma consisterà soltanto nella
prova di diffusione dell'allarme e del raduno dei residenti nei punti
stabiliti. La seconda esercitazione, all'inizio del 2006, prevede invece l'allontanamento
del sommergibile incidentato. Qui i dubbi aumentano. Con quale
rimorchiatore? Gli unici presenti in zona sono quelli della base americana:
la Marina Italiana si troverebbe nella posizione imbarazzante di doverne
chiedere uno in prestito alla Us Navy per effettuare la simulazione di un
intervento in seguito a un incidente causato da un suo sommergibile.
      Secondo alcuni esponenti politici, la realtà è ben diversa. Il fatto
che i rimorchiatori siano alloggiati nella base di Santo Stefano potrebbe
rappresentare un ostacolo insormontabile in caso di incidente. Anzi,
potrebbe addirittura agevolarne la copertura.


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     L'ANALISI

     La fine del grande inganno: l'incidente nucleare è possibile




     PIERO MANNIRONI

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     Se, come diceva Niccolò Machiavelli, "governare è far credere", allora
negli ultimi 33 anni questa massima è stata una regola alla Maddalena. Ma il
tempo, si sa, impietosamente consuma e corrompe, lentamente logora e
sbriciola. Anche gli inganni, le omissioni e le piccole verità, che in
realtà nascondono grandi bugie. Per questo motivo, l'ostinazione nel "far
credere" può diventare addirittura uno strumento dirompente per far
riemergere una realtà occultata o "drogata".
      Primo esempio: per oltre trent'anni l'arcipelago della Maddalena è
rimasto disarmato davanti all'eventualità di un incidente nucleare. Il tempo
ha infatti dimostrato la bugia dell'allora ministro della Protezione civile
Giuseppe Zamberletti che, nel 1985, aveva detto: «Il piano di emergenza per
la Maddalena esiste, ma non può essere divulgato perché è un segreto
militare».
      Zamberletti era un galantuomo, ma il presidente del consiglio Bettino
Craxi e il ministro della Difesa Giovanni Spadolini lo avevano costretto a
dare quella risposta incongrua, per obbedire alla «ragion di Stato». Si
volle allora "far credere" al di là della logica e del buonsenso. Già,
perché a cosa serve poi un piano di emergenza per la popolazione se poi la
popolazione stessa non lo può conoscere in quanto è un segreto?
      E sempre a metà degli anni Ottanta si volle "far credere" che a bordo
dei sommergibili d'attacco americani della classe Los Angeles non erano
stivati i micidiali missili Slcm Cruise a testata nucleare multipla. La
notizia era filtrata da Bruxelles, nel corso dei lavori del consiglio della
Nato. Gli americani negarono, ma soprattutto violentissima fu la reazione
del governo italiano che parlò di «grandi bugie» e di «strumentalizzazione
politica». Bastò acquistare per pochi dollari alcune riviste americane
specializzate per scoprire che il segreto era custodito in una cassaforte di
vetro. Non solo si seppe infatti che i Cruise Tomahawk erano nelle pance d'acciaio
degli "hunter killer", ma addirittura fu possibile conoscere i nomi dei
vascelli riconvertiti, i tempi dei programmi di armamento e la data del
dispiegamento dei sommergibili.
      Ma c'è un voler "far credere" che oggi non può essere accettato. E
cioé che l'incidente nucleare è un evento tanto remoto da essere giudicato
possibile solo statisticamente. Come dire: il piano d'emergenza ha quasi una
funzione burocratica. Così non è. E a dirlo è uno scienziato americano che,
proprio per la sua esperienza e competenza, è sicuramente al di sopra di
ogni sospetto. Si tratta di John P. Shannon, fisico e ingegnere nucleare,
che ha lavorato per trent'anni nella Us Navy come responsabile della
sicurezza nucleare.
      Per Shannon i rischi di un'avaria al reattore nucleare di un
sommergibile sono molto più alti che in un normale reattore per uso civile.
L'incidente più frequente (e più pericoloso) è quello che, con un acronimo,
viene chiamato Loca (Loss of coolant accident). Cioé, incidente per perdita
di liquido refrigerante. Shannon definisce questa eventualità
«potenzialmente disastrosa» perché «la scopertura del nocciolo può
provocarne la fusione con conseguente rilascio di enormi quantità di
radioattività». Esattamente ciò che accadde a Chernobyl.
      L'autorithy americana che regola tutti gli standard di sicurezza
negli impianti nucleari civili, la "Nuclear Regulatory Commission", impone
un sistema di raffreddamento del reattore d'emergenza, chiamato in codice
Eccs. Un sistema creato proprio per proteggersi da eventuali Loca. E qui sta
il vero problema. «Per mancanza di spazio - dice infatti Shannon - i
sottomarini, sia quelli americani che quelli degli altri paesi, non sono
equipaggiati con questo vitale sistema di sicurezza».
      Per la cronaca, quattro anni fa è stato scoperto un errore di
progettazione nei reattori PWR1, che sono il cuore atomico dei sommergibili
americani della classe Seawolf e quelli inglesi delle classi Trafalgar e
Swiftsure.
      La domanda, a questo punto, è questa: quanti incidenti sono accaduti
finora? Le statistiche ufficiali sono viziate dal peccato originale del
segreto militare. Ma qualcosa trapela. Al momento, sette sottomarini
nucleari sono in fondo al mare: 2 americani, quattro russi e uno cinese. Lo
statunitense Snn 593 Tresher, della classe Nantucket, si inabissò davanti a
Boston nel 1963 con tutto l'equipaggio (129 uomini). La versione ufficiale
parla di cedimento strutturale. L'altro sommergibile Usa, lo Uss Scorpion,
si inabissò per motivi ignoti nell'Atlantico, vicino alle Azzorre, pochi
giorni dopo essere partito da Taranto. Aveva a bordo 99 uomini e due bombe
atomiche andate perdute. I quattro sottomarini nucleari russi affondati
sono: il K 219 (classe Yankee) nel 1986 per l'esplosione di un siluro a
bordo, il K 8 (classe November) nel 1970 per un incendio del reattore, il K
429 (classe Charlie) nel 1983 per un incendio e il Kursk nel Duemila.
Mistero sul sommergibile nucleare cinese, scomparso nel 1985 con tutto l'equipaggio
e l'armamento atomico.
      Inquietante il caso dei sommergibili atomici d'attacco francesi. Si
tratta di vascelli molto compatti (i più piccoli al mondo con i loro 73
metri di lunghezza per circa 2.500 tonnellate) e silenziosissimi. Quasi dei
fantasmi del mare. Per anni sono stati considerati una sorta di orgoglio
nazionale per le loro tecnologie d'avanguardia. Fino a quando, però, hanno
evidenziato drammaticamente un difetto strutturale, guarda caso, proprio al
reattore. Tra il il 1993 e il 1994 in tre sommergibili francesi (il Rubis, l'Emeraude
e l'Amethiste), cioé la metà della flotta subacquea del Mediterraneo che ha
base a Tolone, si è verificato lo stesso problema: un incendio del reattore
(si è a conoscenza di dieci morti).
      Alla luce di questi fatti, forse l'unica strada per garantire la
sicurezza nell'arcipelago (e non solo) è quella di rimuovere il problema.
Cioé, la base Usa.


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