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De ADITAL - Fine referendum
- Subject: De ADITAL - Fine referendum
- From: Ermanno Allegri <ermanno at adital.com.br>
- Date: Wed, 2 Nov 2005 00:16:56 +0100
Carissimi amici italiani. Con i due articoli che seguono termino l'invio di materie in italiano che ho iniziato con la corta campagna del referendum per la sospensione della vendita di armi in Brasile. Adesso ho un po' meno di tristezza dentro perché vedo che nuove idee e nuove iniziative stanno sorgendo nel mondo. Mi piace l'iniziativa del Messico (prima notizia) perché mostra che perdere un refendum non significa perdere la guerra. E molte corrispondenze che avete mandato -alcune le abbiamo pubblicate- confermano che 'non si uccidono le idee', soprattutto se le idee vogliono dire VITA e se ci sono persone che scommettono le loro energie per questo ideale. Ma continuerá la tristezza e la preoccupazione della madre che mi ha raccontato: "Mio figlio (di 15 anni) metteva da parte dei risparmi ed ero contenta perché, pensavo, volesse comprare un tipo di tennis che gli piaceva. Ma ieri mi disse 'no, voglio comprarmi una pistola come i miei amici'. É come se mi avesse sparato al cuore". Quante vite si devono perdere ancora perché le coscienze incontrino la luce? E l'articolo piú lungo é l'analisi politica di ottobre che mostra il momento difficile che il Brasile sta passando. Vedete che c'é ancora del cammino da percorrere... Non fermiamoci! Un saluto carissimo e un abbraccio. Se qualcuno volesse continuare a ricevere le notizie di ADITAL in portoghese o spagnolo puó entrare nel sitio e fare la sottoscrizione. <http://www.adital.com.br>www.adital.com.br Ermanno Allegri, Direttore di ADITAL Articolo: "Disarmati per il bene della tua famiglia" è tema di una campagna in Messico In un tentativo di diminuire gli indici di violenza nel paese i Messicani stanno scambiando armi ed esplosivi per buoni-alimentazione o soldi fino al 2 dicembre. ADITAL - La Segreteria di Difesa Nazionale del Messico, unitamente al Comune di Reynosa, stato di Tamaulipas, ha lanciato una campagna nazionale per la consegna volontaria di armi. La campagna "Disarma-te por tu Família" (Disarmati per la tua famiglia) ha avuto l'inizio ufficiale dopo la metá di ottobre e si protrarrà fino al 2 dicembre. L'obiettivo della campagna è migliorare la sicurezza pubblica ed evitare incidenti con armi. Il Sindaco della città di Reynosa, Francisco García Cabeza de Vaca, ha convocato la popolazione che possiede armi a consegnarle nello spiazzo della Piazza Principale, dove le autorità militari hanno montato un posto avanzato per ricevere gli artefatti. I cittadini che consegneranno le armi riceveranno in cambio buoni-alimentazione o soldi (il valore può arrivare fino a 1.500 pesos, circa 110,00 euro). Saranno ricevuti tutti i tipi di armi e esplosivi, eccetto armi bianche. IL GOLPISMO RIPRENDE FIATO IN BRASILE Valdemar Menezes(*) L'offensiva spudorata, degli ultimi giorni, iniziata dalle forze dei 'partiti dell'ordine stabilito'(1) per deporre il presidente Luiz Inácio Lula da Silva, attraverso l'impeachment, e cancellare il registro del PT, Partito dei Lavoratori, impedendolo di lanciare i suoi candidati alle elezioni del prossimo anno, acquista aria di gangsterismo, con la farsa inscenata, per mezzo della rivista 'Veja' (2), per accusare la campagna presidenziale di Lula di aver ricevuto 3 milioni di dollari da Cuba, nel 2002.(3) L'ipotesi, che la destra si sarebbe servita di tali tipi di manovre (prevedibile dal momento in cui si è configurata la possibilità dell'ascensione al potere di una candidatura di sinistra) ha condizionato la strategia del PT, alle elezioni del 2002, portandolo a ampliare l'arco delle alleanze in modo da includere partiti di centro nella base alleata con lo scopo di evitare situazioni come quelle che hanno portato alla caduta del presidente João Goulard, nel 1964,(4) in Brasile, e di Salvador Allende, in Cile, nel 1971. Tuttavia, questa giustificativa è rifiutata dai critici di sinistra. Secondo questi, la svolta del PT in direzione a una politica priva dei riferimenti ideologici originali non è altro se non la ripetizione della traiettoria storica dei partiti socialdemocratici europei quando hanno perso tutto il loro riferimento marxista e si sono trasformati in semplici gerenti del capitalismo, cercando solo di domarlo e non di sostituirlo con un altro sistema non-sfruttatore e non-alienante. E' bene ricordare che ciò è accaduto decenni prima dell'attuale modello di globalizzazione. Per questo insistono nel paragonare la situazione concreta di adesso, con la storia classica della socialdemocrazia. Per quanto riguarda il PT, la loro disillusione non si deve solo alla continuazione, fondamentalmente, della stessa ricetta del governo anteriore (si noti che per l'attuale direzione si tratta di una opzione eminentemente tattica), ma anche alla trasformazione del partito in albero di trasmissione del governo (con l'aggravante che non è un governo petista puro, ma di coalizione), negando, ipoteticamente, la critica che il proprio PT faceva ai partiti comunisti. Puntano il dito anche contro l'allentamento dei legami con i movimenti sociali a favore del privilegio, quasi assoluto, del gioco parlamentare (che avrebbe portato al sorgimento del carrierismo interno, permettendo che gli interessi corporativi dei parlamentari e del funzionalismo partitocratrico passassero a prevalere nella vita del partito); e la rinuncia alla lotta per nuove forme istituzionali, in direzione alla democrazia partecipativa, approfittando l'apertura data dalla propria Costituzione Federale alla democrazia diretta. Se questa critica fosse corretta, significherebbe che sarebbe preferibile per il PT essere stato nuovamente sconfitto nell'elezione anteriore, piuttosto che essere deformato al punto da essere messa in discussione la sua credibilità e il suo patrimonio etico. Per questi critici avrebbe avuto maggior profitto la manutenzione della proposta originale, difesa nel 1989(5), con il rifiuto di alleanze fuori dall'arco della sinistra. E questo senza abbandonare la via elettorale, ma subordinandola al principale: l'organizzazione della società, il rafforzamento e l'articolazione dei movimenti sociali e la lotta per la radicalizzazione della democrazia. Sarà cosí? Dobbiamo ricordare che nel 1989 l'elezione era ancora sotto l'egide della Guerra Fredda, con tutte le restrizioni possibili a una opzione di sinistra conseguente, soprattutto in questo emisfero. L'ultimo che aveva tentato la via parlamentare rompendo con il sistema capitalista era stato Salvador Allende, e il risultato era stato disastroso. Nello stesso Brasile, il ricordo della traumatica conclusione del governo João Goulard, deposto dai militari nel 1964, e succeduto da 20 anni di dittatura militare, era ancora abbastanza viva. E continuavano forti le forze che l'avevano sostenuta. Gli indizi erano chiari; l'establishment non avrebbe accettato la proposta trasformatrice del PT, nella forma come si esplicitava, perché in questa era contenuta una rottura senza ritorno. In una intervista concessa il mese scorso al giornale O POVO (di Fortaleza, Ceará), César Benjamin, uno dei fondatori del PT, da cui ne ha preso le distanze nel 1995 (dopo aver attuato nel coordinamento delle campagne di Lula alla presidenza della Repubblica nel 1989 e 1994, è diventato uno dei più acuti critici dell'attuale governo e del PT, nella sinistra), ha riconosciuto che se Lula avesse vinto l'elezione nel 1989, ci sarebbe stata una crisi istituzionale al momento del suo insediamento. E ciò, dopo essersi riferito alla minaccia fatta dal presidente della Confederazione Nazionale dell'Industria, Mario Amato, di che una grande parte degli impresari brasiliani avrebbe lasciato il Paese; e all'avviso sulla preparazione di un attentato personale contro il candidato Lula (informato da simpatizzanti dell'Esercito), senza parlare (diciamo noi) nella mancanza di quadri sufficienti per condurre il governo, visto che il suo appoggio si sarebbe ristretto alla sinistra e ai movimenti sociali. Si aggiunga a tutto ciò, una probabile fuga di capitali e l'isolamento del Paese e si avrà una visione approssimata dello scenario che avrebbe accompagnato una vittoria di Lula in quelle condizioni. C'era, questo è certo, il fatto oggettivo che il Paese aveva, in quell'occasione, maggiori elementi per una proposta autonoma, considerando che il suo patrimonio pubblico non era ancora stato privatizzato e si poteva contare con un vasto mercato interno. Sarebbe stato, in ogni modo, un governo di confronto e di convulsione sociale, circondato da forze ostili gigantesche, rese ancora più potenti dai mass media. Il prezzo, forse, sarebbe stata una guerra civile con risultati molto dubbi. Sarebbe valsa la pena? In realtà, sarebbe stato un passo più lungo della gamba e il risultato avrebbe potuto essere un retrocesso inimmaginabile, dal punto di vista istituzionale, considerando che le forze che avevano dato sostento alla dittatura erano screditate, ma non sdentate e continuavano pronte a mordere. Così, all'arrivo delle elezioni del 2002, considerando le condizioni obbiettive ancora più sfavorevoli, dopo tre gestioni neoliberali che hanno legato il Paese al sistema finanziario internazionale e lo hanno soggiogato con un debito impagabile, e dovendo fronteggiare una elite ancora più potente, e sostenuta dai mezzi di comunicazione con potere manipolatorio quasi illimitato, è difficile mettere in discussione la strategia moderata e riformista del governo Lula e del PT, eccetto per quanto riguarda la sua conformazione soggettiva al sistema (prevalenza assoluta della logica elettorale, allentamento dei legami con i movimenti sociali e relativismo etico) che ha portato, oggettivamente, grandi danni dal punto di vista politico e di credibilità morale. Al di fuori di questo, è difficile affermare con oggettività la possibilità di un'altra alternativa. (*)Giornalista e analista politico <mailto:valdemarmenezes at gmail.com>valdemarmenezes at gmail.com (1) PSDB e PFL: i partiti che riuniscono le forze della destra fisiologica. (2) La rivista settimanale (di destra) piú venduta che pubblica accuse scandalistiche (spesso false) contro l'attuale classe dirigente del paese. (3) La legge brasiliana prevede il cancellamento del registro del partito che riceva finaziamenti di campagna di fuori del paese. (4) Anno del golpe militare che lasció il Brasile per vent'anni nella dittatura. (5) L'anno della prima sconfitta elettorale di Lula per la presidenza della repubblica.
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