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Uranioimpoverito , un'altra causa allo Stato il giornasle di sardegna del 4\5\2005
- Subject: Uranioimpoverito , un'altra causa allo Stato il giornasle di sardegna del 4\5\2005
- From: "Giuseppe Scano" <useppescano at virgilio.it>
- Date: Wed, 4 May 2005 18:04:18 +0200
Tribunale. L'ex caporal maggiore Fabio Porru era amico di Valery Melis. Come lui è morto dopo le missioni nei Balcani ELENA LAUDANTE CONVALERY MELIS AVEVA in comune un appuntamento da un avvocato e uno con la sorte. E oggi quello stesso avvocato affronterà assieme ai genitori di Valery il ministero della Difesa all'udienza per il risarcimento danni. Ma il legale Ariuccio Carta citerà anche il dicastero per i danni ad un altro militare consumato dal linfoma di Hodgkin, Fabio Porru. Il caporal maggiore della Brigata Sassari di Assemini scoprì il suo male nel dicembre 2001 e con il collega, malato dal '99, fissò un incontro con l'ex sottosegretario Carta per chiedere una mano su quell'assurdo fenomeno che stava dilagando tra i militari di ritorno dalle missioni nei Balcani. Non sapevano ancora che a provocare il tumore al sistema linfatico potrebbero essere le particelle di uranio impoverito sprigionato dai proiettili sparati nel conflitto in Bosnia e in Kosovo. O forse inMacedonia, dove entrambi i ragazzi avevano prestato servizio, nell'ambito della missione di peacekeeping della Kfor. Fabio e i Balcani Porru i Balcani li aveva girati tutti. Nel '95, a 21 anni, mette la firma come volontario per tre anni di ferma e parte immediatamente per la Bosnia. Da esploratore pattugliava le zone a bordo degli autoblindo e quando chiamava la sua famiglia non si lamentava, ma raccontava di «tanta polvere da non poter respirare e dei corvi», corvi funesti che si aggiravano sulle tombe scomposte. Dopo quattro mesi di missione, viene impiegato al 152° Reggimento della Sassari, dove si occupa degli automezzi della Compagnia mortai. Sarà in Kosovo nel '99 proprio da addetto al controllo dei veicoli. Dai Balcani ritorna a novembre attraverso la Macedonia fino a Salonicco per l'imbarco dei mezzi verso Salerno. Pochi mesi dopo torna nella provincia contesa tra Serbia e Albania ma comincia a perdere quel vigore che l'aveva sempre caratterizzato. «Non si fermava mai», ricorda il padre Antonello. Ma è costretto a fermarsi all'ospedale militare della cittadina kosovara di Pec, dove gli diagnosticano una sospetta mialgia, ossia uno strano dolore muscolare. Ma quando torna a Sassari i dolori non spariscono e un anno dopo arriva la diagnosi definitiva: linfoma di Hodgkin. Il 19 luglio 2003, un anno prima di Valery Melis, muore a Cagliari. L'esercito che ha servito gli ha già riconosciuto la causa di servizio, arrivata pochi giorni fa anche per il maresciallo di Villamargiassa Marco Diana. Come i genitori di Valery anche i suoi hanno deciso di fare causa alla Difesa, affidandosi a quello stesso legale che entrambi contattarono ancora in vita. Il padre: «Ci raccontò che mancavano anche i bagni» NON DIMENTICHINO i ragazzi morti inmissione per la Patria ». Le parole di Antonello Porru sono quelle dell'ennesimo padre che ha perso il figlio per un tumore contratto dopo le missioni di peacekeeping. Ricorda che Fabio, morto da caporal maggiore della Brigata Sassari in servizio nei Balcani nel 2003, «era inarrestabile, pieno di energie». Ma alla fine quel ragazzone alto e sorridente era diventato «pallido e sofferente, quando era ancora in Kosovo». «Voleva iscriversi alla Facoltà di Veterinaria ma un giornò tornò a casa e mi disse: "Ho firmato nell'Esercito per tre anni". Non avrei mai immaginato cosa sarebbe successo». Antonello Porru e sua moglie forse non desiderano neanche giustizia, un concetto troppo alto e retorico per chi ha una famiglia mutilata. Ma chiedono, come i genitori di Valery Melis, che non si dimentichi. «Non ci aspettiamo targhe sulle strade o medaglie d'oro - continua - ma perché mai nessuno ha fatto un solo minuto di silenzio o lo ha ricordato anche per un attimo?». Del figlio, oltre al naturale amore, resta un cd che aveva registrato con il gruppo della parrocchia, utilizzando una delle dieci chitarre della sua collezione. «Cantò e suonò in uno splendido concerto alla Chiesa del Carmine una canzone dei Nomadi, ancora me la ricordo», racconta Porru citando a memoria le strofe di quel pezzo. Quasi gioioso nella ripercorrere quei giorni di "gloria" l'operaiodi Assemini cambia rapidamente tono quando descrive una foto del figlio su un autocarro, scattata in missione. «Masticava un limone: poimispiegò che lìnonavevano neanche i bagni». Il processo Melis Al giudice civile Maria Sechi stamattina il legale della famiglia Melis, Ariuccio Carta, porterà anche lo studio della ricercatrice modenese Antonietta Gatti che proverebbe la relazione di causa-effetto tra l'esposizione alle aree contaminate dall'uranio impoverito e i tumori all'apparato linfatico. Nel faldone che servirà a motivare la citazione del ministero della Difesa, anche le informative riservate con le quali l'esercito Usa ha informato del pericolo rappresentato dalle polveri già negli anni '90. Secondo l'avvocato, sarà il dicastero a dover provare di aver fatto tutto il possibile per tutelare la salute dei suoi militari in campo, in base alla responsabilità contrattuale. Quegli uomini erano lì in base ad un mandato preciso, e tanto basterebbe - secondo questo principio - a rispondere dei danni provocati dalle particolari condizioni del servizio. Oggi il giudice potrebbe rimandare la deduzione della prova e fissare un'altra udienza.
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