La denuncia dei familiari a Oristano Sindrome dei Balcani c?è un muro di gomma



  dalla nuova  del 16\1\205  

La denuncia dei familiari a Oristano 
Sindrome dei Balcani c?è un muro di gomma
 
 
 
 


Convegno a Oristano per denunciare i danni subìti da militari e civili esposti
alla contaminazione
 
Il metallo della vergogna di Stato
 
C?è un muro di gomma che impedisce di giungere alla verità
 
 
 
Connivenze a livello istituzionale bloccano la commissione parlamentare
 
 ORISTANO. È il metallo della vergogna. È un assassino silenzioso, proprio
come le connivenze che a livello istituzionale lo proteggono. Nessuno conosce
la verità sull?uranio impoverito perchè, come di fronte a tante altre misteriose
vicende della storia d?Italia, anche in questo caso viene innalzato il classico
muro di gomma.
 Ci si sbatte contro e si resta con un grande dubbio, in assenza di dati
statistici veritieri, perchè il governo blocca i lavori della commissione
parlamentare, perchè i vertici militari si appellano al silenzio e perchè
niente di ufficiale trapela. Nemmeno di fronte al dramma di tante famiglie,
nemmeno di fronte agli appelli di un?isola sempre più conscia del pericolo
che ha in casa e che dovrebbe godere del supporto di quei ministri e sottosegretari
sardi della Casa delle Libertà che del governo sono assi portanti.
 È su questo silenzio assurdo, sui depistaggi chiari e nascosti, sui raggiri
operati con maestria dai vertici governativi che hanno cercato di fare breccia
i partecipanti di primo piano al convegno ?No all?uranio in guerra e in
pace?, organizzato dall?associazione culturale Peppino Impastato e dal Movimento
15 febbraio, che ha ricevuto il sostegno di di Rifondazione comunista e
di tante altre associazioni no profit e del movimento pacifista. Ma soprattutto
che ha visto la partecipazione in prima fila dei familiari dei militari
sardi deceduti o malati, probabilmente, per colpa di quella che è stata
ribattezzata come la sindrome dei Balcani.
 Di nuovo c?è poco, perchè in Italia su certe cose scomode le istituzioni
continuano a muoversi con la lentezza strategica di un pachiderma. E non
serve a smuoverle il grido di dolore lanciato da Salvatore Pilloni, il padre
di Giovanni, un militare che sulla sua pelle sta sperimentando il significato
delle parole «metallo della vergogna».
 Parole in un italiano non perfetto, ma chiare. Come quelle di Lorenzo Scalia
(presidente dell?associazione movimento 15 febbraio) o di Falco Accame (presidente
dell?associazione dei familiari delle vittime dell?uranio) o di Elettra
Deiana (parlamentare di Rifondazione Comunista), o di Tana Zulueta (senatrice
Ds) o Mauro Bulgarelli (deputato dei Verdi).
 Lo Stato mente o nasconde gran parte della verità. È il punto di partenza
palese. Dietro c?è il mancato rispetto della vita umana. Dei militari, mandati
per anni allo sbaraglio senza l?attrezzatura necessaria. Dalla prima guerra
del Golfo nel ?90 le misure di protezione per i soldati sono state insufficienti
per tantissime missioni.
 Ma l?uranio impoverito non sceglie. Non fa distinzioni tra militari e civili
e non sa nemmeno se chi respira l?aria maledetta sia italiano, americano,
inglese, iracheno, somalo o slavo. L?uranio colpisce e uccide non solo chi
è a contatto diretto con le munizioni e quindi con le polveri che srpigionano.
Uccide e non scappa. Anche quando scorre assieme all?acqua torbida delle
fonti di Escalaplano. In quel paese a due passi dal poligono di Perdasdefogu,
dove i militari Nato fanno le esercitazioni. Lì in una delle basi sul suolo
dell?isola più militarizzata d?Europa.