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comitato "Firma sa bomba" contro la bocciatura della consultazione popolare
- Subject: comitato "Firma sa bomba" contro la bocciatura della consultazione popolare
- From: "giuseppe scano" <useppescano at virgilio.it>
- Date: Thu, 18 Nov 2004 14:13:09 +0100
dalla nuova del 17\11\2004 Ricorso al Tar per difendere il referendum La base della Us Navy è nata in seguito a un accordo bilaterale segreto mai ratificato dal Parlamento. «Secondo la Costituzione la Regione ha competenza primaria in materia di tutela della salute» CAGLIARI. Il giudizio politico è tagliente: «Il caso è stato affrontato in modo riduttivo, per non dire miserabile, come se il popolo fosse un soprammobile». Parole pesanti, quelle dell'ex consigliere regionale Carlo Dore, avvocato, che assieme al figlio Giovanni, Tiziana Meloni, Mario Canessa e all'ex capogruppo di Rifondazione Luigi Cogodi ha firmato il ricorso al Tar contro la "bocciatura" del referendum regionale consultivo sulla base dell'Us Navy alla Maddalena. Per essere più precisi, il referendum, proposto dal comitato "Firma sa bomba", chiedeva un pronunciamento dei sardi sulla presenza di basi militari straniere, con armamento nucleare, nell'isola. Si trattava, quindi, di un'epressione di elementare democrazia: conoscere la posizione dei sardi su quella presenza nata nel 1972 nell'arcipelago della Maddalena sulla base di un accordo bilaterale segreto. Il quesito che veniva posto era questo: «Siete contrari alla presenza in Sardegna di basi militari straniere, comunque istituite, atte a offrire punti d'approdo e di rifornimento anche a navi e sommergibili a propulsione nucleare?». Ebbene, l 'ufficio regionale per i referendum il 16 luglio scorso ha ritenuto inammissibile il quesito. Alla base della decisione, una sentenza della Corte costituzionale (la 256 del 1989) secondo la quale «l'interesse regionale, pur avendo un'estensione più alta rispetto all'ambito dele materie di competenza regionale, non può però spingersi fino al punto di incidere nella sfera di attribuzioni riservate allo Stato». E, più in particolare, il referendum proposto quindici anni fa in Sardegna, veniva ritenuto inammissibile perché tendente a incidere nelle materie della politica estera e della difesa militare, riservate alla legislazione esclusiva dello Stato». Impossibile non notare che i quesiti referendari sono diversi: uno tendeva infatti a incidere sull'accordo, mentre l'altro è l'espressione di un giudizio. E lascia perciò molto perplessi la posizione dell'ufficio regionale per i referendum che così chiude il suo ragionamento: «Il referendum, nonostante la sua natura consultiva, e la sua conseguente non vincolatività, tuttavia, stante la sua spiccata valenza politica, sarebbe stato suscettibile di dispiegare un forte effetto di condizionamento sulle scelte discrezionali degli organi politici». Al di fuori di quelle che possono essere motivazioni di tipo giuridico, appare quanto meno discutibile che un ufficio che ha competenze strettamente tecniche si ponga preoccupazioni di tipo politico, scavalcando così chi esercita il mandato di rappresentanza dopo democratiche elezioni. Ieri mattina, alcuni componenti del comitato "Firma sa bomba" hanno presentato pubblicamente il ricorso al tribunale amministrativo regionale (depositato l'11 novembre scorso) avvalendosi anche dell'autorevole consulenza di Paolo Fois, docente di dirito internazionale all'università di Sassari. Erano presenti, tra gli altri, Bustiano Cumpostu i Sardigna Natzione, Mariella Cao del comitato "Gettiamo le basi", Giuseppe Perra e Ignazio Paolo Pisu. «Questo ricorso - ha sottolineato ieri Cumpostu - lo porteremo avanti in qualsiasi sede possibile». Due i puntelli del ricorso al Tar contro la "bocciatura" del referendum per il quale il comitato "Firma a bomba" ha raccolto oltre sedicimila firme: la base americana è nata da un accordo segreto, in palese violazione della Costituzione, poi, la Regione, in base al nuovo articolo 117 della legge fondamentale del nostro ordinamento, ha una competenza primaria in materia di tutela della salute. Per quanto riguarda il primo punto, secondo il professor Paolo Fois l' accordo segreto si configura come una sorta di "gentlemen agreement" che non vincola gli stati, ma impegna soltanto le personalità politiche che l'hanno assunto, senza obblighi internazionali. Secondo i proponenti il referendum consultivo, la presenza in Sardegna di basi militari straniere limita l' esercizio delle competenze della Regione in materia di urbanistica e di ambiente. Inoltre - sostiene il ricorso, inviato per conoscenza al presidente della Regione Renato Soru, che ha chiesto la desecretazione dell'accordo del '72 - eventuali obblighi internazionali non possono essere invocati per far venir meno quelli comunitari, in fatto di protezione dell'ambiente e della salute. La Corte di giustizia dell'Ue, infatti, ha condannato la Grecia per non aver predisposto e applicato i programmi per lo smalitmento dei rifiuti, in particolare tossici e nocivi, provenienti, tra l'altro, da una base militare maericana nella regione di Souda. «Per dichiarare inammissibile il referendum - si legge nel ricorso - l' ufficio avrebbe dovuto affermare e dimostrare che l'accordo segreto di cui trattasi era del tutto idoneo a limitare, in conformità alla Costitzuione, l 'esercizio di poteri sicuramente rientranti nelle competenze regionali». Ai capigruppo in Consiglio regionale, che si è pronunciato per la denuclearizzazione del proprio territorio nel 2003 e quest'anno perchè la base americana venga smantellata in tempi ragionevoli e certi, il comitato sardo "Gettiamo le basi" ha presentato una serie di proposte per «favorire l 'abbandono dell'arcipelago in amicizia da parte dei sommergibili statunitensi». ---------------------------- http://cd.spinder.com www.censurati.it 328 6849962 -------------------------------
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