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«Dietro la facciata del turismo, isola militarizzata»
- Subject: «Dietro la facciata del turismo, isola militarizzata»
- From: "giuseppe scano" <useppescano at virgilio.it>
- Date: Sun, 7 Nov 2004 13:50:51 +0100
dalla nuova sardegna pag culturale del 4\11\2004 Gettiamo le basi», il lavoro oscuro ma prezioso del gruppo coordinato da Mariella Cao «La prima cosa da combattere è il senso della lotta persa, la rassegnazione che non vede e non sente» GIULIA CLARKSON Aviano, provincia di Pordenone, dicembre 1997. All'ordine del giorno, al convegno nazionale dal titolo «Gettiamo le basi», l'opposizione al piano di ampliamento e potenziamento strategico della base aerea americana noto come «Progetto Aviano 2000». Si parla di globalizzazione, del nuovo modello di difesa, dell'impatto ambientale della militarizzazione, della presenza militare americana in Italia. Infine si manifesta davanti ai cancelli della base di Aviano. Partecipano antimilitaristi, pacifisti ed ecologisti provenienti da tutta Italia. Sardegna compresa. Potevano mancare gli attivisti della regione più militarizzata d'Italia, con i suoi 24.000 ettari di terra destinati al demanio militare? Nasce allora il comitato sardo Gettiamo le basi, coordinato da Mariella Cao, in pensione dopo quindici anni di insegnamento a Villaputzu. «Si decise di partecipare al convegno con un documento. Ci si sforzò da subito di essere concreti e non teorici», racconta l'anima e la divulgatrice di questo gruppo il cui intento è quello di bandire le basi militari dall'isola - e dal suo mare, la cui superficie militarizzata è grande quanto cinque volte la Sardegna intera - risvegliando le coscienze, promovendo la nascita di altri comitati, associazioni, movimenti, ed esercitando ogni forma possibile di mobilitazione democratica e di pressione politica. Il lavoro è tanto, ma i risultati si vedono, eccome. «Abbiamo fatto cambiare un clima, dal 1997 ad oggi. Dopo il referendum contro la base della Maddalena dalla fine degli anni ottanta, nel quale si mobilitarono anche le grandi forze politiche che oggi restano in disparte, la rassegnazione tra la gente era totale. Alle ultime elezioni il tema delle basi è stato invece di nuovo a dir poco scottante». I membri di Gettiamo le basi raccolgono prove e dati, fanno indagini e insinuano dubbi. Attività di ricerca dunque, di elaborazione di documenti, approfondimento e verifica. Per quanto, trattandosi di questioni militari, sia possibile. Ma la loro è anche attività di pressione politica che arriva ai massimi gradi dell'ordinamento. «Lavoro da zanzare», lo chiama Mariella Cao. «Diciamo solo quello che tutti hanno sempre sospettato, lo diciamo pubblicamente e pretendiamo risposte. Lottiamo contro l'abitudine a pensare che i missili sulla spiaggia, gli incendi sul mare, i boati e le polveri sui balconi siano cose normali. La prima cosa da combattere è il senso della lotta persa e perdente, quel tipico "non ci possiamo fare niente", la rassegnazione che non vede e non sente. Dopo anni di silenzio la gente, la stampa, le istituzioni iniziano a reagire». Se l'iniziativa del referendum consultivo regionale contro le basi militari straniere in Sardegna - promosso dal comitato «Firma po' firmai sa bomba» di cui facevano parte, oltre a Gettiamo le basi, associazioni antimilitariste e ambientaliste, tra cui Gallura no scorie, Rete Lilliput, Wwf, e partiti come Sardigna Natzione e Verdi - è forse il momento che maggiormente ha diffuso la conoscenza di questi gruppi tra la gente, ci sono una molteplicità di altre iniziative che meritano di essere ricordate, a cominciare dal ricorso, curato dal professore Paolo Fois e dagli avvocati Carlo Dore e Tiziana Meloni, che sarà presentato in questi giorni contro la decisione dell' Ufficio Regionale del Referendum che ne ha dichiarato l'inammissibilità. Tra gli atti recenti di Gettiamo le basi c'è un documento in cui si esorta il presidente della Giunta regionale a riaprire il procedimento sulle migliorie della base della Us Navy a Santo Stefano, essendo intervenuta una modifica che non è passata per il Comipa (il comitato misto, rappresentante delle forze armate e delle componenti regionali, il cui fine è quello di armonizzare gli interessi dei militari con quelli della popolazione civile). E ancora, la richiesta avanzata al presidente Renato Soru perché lo stesso Comipa venga messo a conoscenza anche degli accordi segreti, come ammette la legge. Un vigile lavorio di pressione politica, dunque. Ma non solo. A volte l' attività di Gettiamo le basi si trasforma in indagini porta a porta, che richiedono tatto e discrezione, specie quando si ha a che fare con famiglie lacerate da morti o malattie. Quirra, per esempio. «Un buco nero - dice Mariella Cao - non se ne sapeva assolutamente niente. Abbiamo bussato casa dopo casa, anche grazie alla consapevolezza e al coraggio del medico di base e dell'ex sindaco, anch'egli medico, Antonio Pili, silurato poi dai suoi stessi amici forzisti con l'accusa di procurare inutili allarmismi, di voler distruggere il buon nome del paese». A Cagliari l'attenzione si è concentrata sull'oleodotto «supersegreto» che collega il deposito sotto Monte Urpinu con il molo di levante e con la base aerea di Decimo, mentre una bretella arriva ad Elmas. Durante i lavori di costruzione dell'asse mediano l'occasione era troppo ghiotta per non approfittare e verificare il circuito dell'oleodotto di cui pare non sia informata neppure la protezione civile. Non solo. Il deposito, si è scoperto, opera dal 1995 in maniera abusiva. Che è pericoloso lo ammettono da sempre le forze armate e pure la Regione. Tutti concordano: andrebbe spostato, ma chi lo fa? Ovvero, chi paga? E per restare nel capoluogo: «Abbiamo scoperto che il porto di Cagliari è uno dei dodici porti d'Italia a rischio nucleare». Significa che vi stazionano sommergibili nucleari i quali, anche se non entrano nel porto, stanno in rada, tra la città e il molo dello Saras. «Il prefetto credeva di rassicurarci, dicendo ciò. Ma oltre ad avere confermato il nostro dubbio, non ci ha spiegato ancora come si intenderebbe fermare le radiazioni, nel caso di un incidente. O quali siano i piani di protezione civile che per legge devono essere resi pubblici». Granello dopo granello, specie dopo lo scandalo dell'uranio impoverito e la lotta contro le scorie, il formicaio continua ad allargarsi. E mente il poeta Alberto Masala ha lanciato nel mondo un appello di solidarietà ai pescatori di Teulada, La Maddalena e Villaputzu vedono nascere i primi comitati e associazioni di difesa. ---------------------------- http://cd.spinder.com www.censurati.it 328 6849962 -------------------------------
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