sempre dalla maddalena unione sarda del 1\10\2004 solo An e i commercianti sono per la base



La consultazione 
 
Il presidente: «Ingiusto bocciare il referendum sulla presenza delle basi
Spero che il comitato abbia successo» 
 
 
Intanto è una questione di sicurezza dei cittadini. Poi quel pezzo di paradiso
è dei sardi, e la Regione ne pretenderà la restituzione. Anche «assumendo
con fermezza azioni legali contro lo Stato, se è necessario».
Renato Soru aveva già parlato della base Usa di Santo Stefano. In campagna
elettorale e, di recente, opponendosi all?ampliamento e chiedendo la desecretazione
degli accordi bilaterali Italia-Usa del ?72 che sancirono la nascita della
base d?appoggio per sommergibili a propulsione nucleare nell?arcipelago.
Ieri lo ha fatto nella massima sede istituzionale, il Consiglio regionale,
annunciando tutte le azioni che la Giunta ha messo e metterà in atto per
impedire lo sviluppo della base e riprendersi quel pezzo di territorio.
L?occasione gli è stata data da due interpellanze dei cinque consiglieri
di Rifondazione Comunista, Paolo Antonio Licheri, Ciriaco Davoli, Peppuccio
Faedda, Paola Lanzi, Ignazio Paolo Pisu, Luciano Uras. Che gli hanno chiesto
i motivi del no dell?Ufficio regionale all?ammissibilità del referendum
sulla presenza delle basi militari, che era stato promosso dal comitato
Firma sa bomba e hanno sollecitato la Regione ad aprire il confronto con
il ministero della Difesa sul progetto di ampliamento. Licheri, capogruppo
di Rifondazione, cita dati, documenti che dimostrano l?incompatibilità del
sito con il territorio «al di là delle rassicurazioni delle varie autorità».
E aggiunge che «il fatto che siano stati autorizzati, nonostante il no del
Co.mi.pa (8 luglio 2003), i lavori di ampliamento che occuperanno un?area
vasta dell?Isola con un progetto di cementificazione di circa 52 mila metri
cubi all?interno del Parco nazionale «fa sorgere il timore fondato che ciò
preluda ad una fase di transizione fra l?esistente sito di appoggio ai sommergibili
e una vera e propria base militare Usa».
L?ira di SoruMentre nel porto di Cagliari, proprio di fronte al palazzo
del Consiglio, arrivavano 16 cacciamine e due sommergibili che nei prossimi
giorni spareranno contro un falso nemico nell?operazione Destined glory
2004 della Nato, il presidente della Regione ha annunciato di aver consegnato
al premier Silvio Berlusconi, durante l?incontro di mercoledì, un dossier
sulla base Usa. «Comprendo e faccio mie le preoccupazioni espresse nelle
interpellanze, in particolare per il disegno di rendere definitiva una presenza
militare soltanto temporanea e di trasformare l'insediamento da unità d'appoggio
a base militare», ha premesso Soru. 
Che poi ha affondato il colpo: «E? gravissimo che a distanza di trent?anni
quella base esista ancora. Un insediamento incompatibile con i progetti
di sviluppo di quell?area e pericoloso perché i sommergibili a testata nucleare
sono sempre armati e la loro pericolosità è superiore a quella di una centrale
alimentata a combustibile nucleare». Soru ha aggiunto che «assicurare la
massima sicurezza ai cittadini è uno dei più importanti obiettivi della
Regione. Per questo», ha proseguito Soru, «pretendiamo di sapere che cosa
succede in quell?area che rivogliamo indietro. Voglio sapere quanto gli
americani intendono occupare quella zona e non so quando, ma so che il nostro
obiettivo è che quelle aree vengano restituite alla Sardegna l?individuazione
fin d?ora di un percorso di abbandono». Poi il presidente della Regione
ha ribadito di aver chiesto la desecretazione degli atti tra Governo italiano
e statunitense e ha comunicato di aver scritto all?Ammiragliato perché chieda
al comandante della base americana un appuntamento: «Il presidente della
Regione vuole vedere di persona, rendersi conto della situazione, avviare
un?interlocuzione». 
Soru ha anche criticato duramente la decisione della Giunta di centrodestra
di firmare, nel gennaio scorso, il protocollo d'intesa con il Governo con
il quale è stato dato il via libera ai lavori di ristrutturazione della
base, cominciati a metà settembre. «La firma di quell'intesa è stata un
errore», ha detto Soru. «E? un protocollo che non approvo perché il Governo
in contropartita ha offerto solo piccole cose». L'accordo siglato il 14
gennaio scorso prevede lavori di miglioramento delle infrastrutture già
presenti nell'arcipelago, senza ampliamenti né potenziamenti, neppure in
termini di personale militare dislocato. Ai fini della salvaguardia ambientale,
la Difesa si era impegnata a garantire a tutti gli enti pubblici interessati
il diritto di effettuare qualsiasi tipo di analisi. «Seguiremo con fermezza»,
ha concluso il presidente della Regione, «tutte le azioni legali che la
Regione potrà assumere verso lo Stato».
Il referendumQuanto al referendum, Soru ha ribadito che «la Giunta regionale
auspica il successo dell?opposizione che il comitato ?Firma sa bomba? ha
annunciato contro la decisione di non ammissibilità assunta dall'Ufficio
regionale per i referendum. 

Fabio Manca 


La Spisa: solo retorica Pirisi: lo vuole la gente Atzeri: basta proclami

 
Assolutamente favorevoli, decisamente contrari, oggettivamente possibilisti.
Le reazioni al soriano ?yankee go home? sono, in alcuni casi, fuori dallo
schema maggioranza-opposizione. È il caso di Gerolamo Licandro (Fi), che
ricorda di essersi battuto, nella scorsa legislatura, per riaprire il discorso
sulle servitù militari. «Dire che gli americani devono andar via è ingiusto,
dobbiamo esser loro grati. Però ritengo si debba ricontrattare con lo Stato
la presenza militare nell?Isola». D'accordo sull'intenzione, un po' meno
sui modi del presidente, «che ci sta abituando a trattare radicalmente argomenti
importanti. Sì alla smilitarizzazione, ma senza eccessi». 
Per il capogruppo azzurro, Giorgio La Spisa, Soru sta facendo demagogici
esercizi di retorica. «Pretendere l'eliminazione del segreto militare è
provocatorio e, nell'attuale situazione internazionale, rivela l'esistenza
di un pregiudizio superficiale e irresponsabile». Ironizza sulla visita
di Soru alla Maddalena il segretario regionale dell'Udc, Giorgio Oppi: «Macché
il commodoro, forse lo riceverà l'usciere. Mente anche quando sostiene di
aver parlato con Berlusconi, a Roma. Al massimo avrà avuto qualche minuto
di colloquio, come gli altri governatori». Anche sulle competenze Oppi ha
da ridire: «La base di Santo Stefano sarà pure da smantellare, ma è un tema
che riguarda il Governo». Rincara la dose il collega di partito, Alberto
Randazzo, «assolutamente contrario a mandar via gli americani. E poi, sembra
che tutti i problemi della Sardegna ruotino intorno a ciò che accade alla
Maddalena. Non è così».
Gli americani non si toccano per il capogruppo di An, Mario Diana, «tanto
meno in questo momento. Massima attenzione ad abusi e violazioni in tema
urbanistico-ambientale, da cittadini stranieri o da sardi. E ogni riferimento
non è casuale. Soru subisce le sollecitazioni di movimenti, associazioni,
comitati. Ma questo non riguarda i sardi». Restando ad An, il giovane gallurese
Matteo Sanna è certo che dalle sue parti si schiererebbero per i militari,
in caso di referendum: «Le popolazioni sanno quanto bene e quanta ricchezza
i presìdi Usa hanno portato. Il presidente ha rilasciato dichiarazioni precipitose,
che farebbe meglio a ritirare. Più cauto il capogruppo dei Riformatori,
Pierpaolo Vargiu. «L'argomento non è facile, le servitù militari sono, di
fatto, il sequestro di parte del territorio sardo. Gli americani vanno ringraziati,
e nello stesso tempo devono essere rivisti gli accordi con lo Stato. Senza
estremismi, con ragionevolezza». Fuori dai due poli, il sardista Giuseppe
Atzeri, pur apprezzando la posizione di Soru, attende i fatti: «Basta proclami,
il presidente vada avanti e dimostri una vera fede autonomista».
Sulla sponda opposta, i giudizi sulle dichiarazioni di Soru sono favorevoli.
«Quello delle servitù militari, e della base della Maddalena, è un argomento
che non può essere ulteriormente eluso», sostiene il socialista Peppino
Balia. Secondo il quale, finora si è giocato con faciloneria sulla pelle
dei sardi. Dovrà essere lo Statuto a regolamentare la presenza militare,
ma senza prendere decisioni che poi i cittadini si ritroveranno a subire.
Per il diessino Giuseppe Pirisi «c'è un eccesso di extraterritorialità,
a favore di alleati - è vero - ma che occupano intere parti di territorio
sardo. E che devono rispettare le leggi, così come il governo regionale
deve rispettare la volontà delle popolazioni». Pirisi è convinto che anche
i maddalenini siano contrari all'invadente presenza straniera. Dalla parte
di Soru Antonio Licheri, capogruppo di Rifondazione, firmatario dell'interpellanza
che ha riportato in aula la querelle su Santo Stefano. «Il presidente ha
risposto come ci aspettavamo, e come già detto e scritto nel programma della
coalizione». 

Francesca Zoccheddu 


«Attenti ai contraccolpi per l?economia» 
 
Dal nostro inviato
La Maddalena Da qualche mese, le targhe delle auto dei militari americani
sono state tutte provincializzate, la dicitura Afi è scomparsa. Come se
i marinai della Us Navy volessero mimetizzarsi, o semplicemente passare
inosservati. Compito improbabile per quanti possiedono enormi pick-up e
grosse berline introvabili in Italia. L?importante, comunque, è provarci.
Innanzitutto perché è un ordine arrivato dall?alto, e poi perché si riducono
i rischi di eventuali attentati. Nel villaggio Trinita, parte alta dell?isola,
qualche centinaio di villette seminascoste dalla vegetazione, non sembra
nemmeno di essere a La Maddalena. È vero che il cartello all?ingresso, che
indica la proprietà privata e il divieto d?accesso per gli estranei, risale
ormai a più di vent?anni fa però stride uguale nel contesto. Alle ragazze
che prendono il sole sulla veranda non importa granché, forse non si sono
mai poste il problema. Neanche per i due prefabbricati, altri due pugni
nell?occhio, costruiti di recente, che ospitano le scuole per i figli dei
militari Usa. Men che meno della sparata di Renato Soru che vorrebbe individuare
un percorso dell?abbandono dell?area da parte degli americani. Sparata che
ha spaccato i maddalenini. «È solo demagogia Ñ taglia corto Antonio Satta
(Fi), ex presidente del Consiglio comunale appena dimesso Ñ io credo, ne
sono convinto, che oggi più che mai, sia necessario che la base resti. Non
sono d?accordo con Soru, ci mancherebbe. E poi, ci dica quali sono le alternative
a una inevitabile diseconomia del territorio». Già, l?alternativa. È lo
stesso pensiero di Pier Franco Zanchetta, diessino. «Attualmente, nella
base di Santo Stefano lavorano 140 civili, in prevalenza locali, per questo
bisognerebbe stare molto attenti. È chiaro che il nostro problema vero è
uno solo: i sommergibili a propulsione nucleare, assolutamente incompatibili
con il Parco. Ma d?altro canto non si può prender per fame una comunità.
È fondamentale creare le premesse perché l?economia dell?isola non ne risenta».
Ed ecco riapparire il progetto salvifico di Tom Barrack sulla cantieristica
e l?idea del principe Karim Aga Khan sulla riqualificazione dell?arsenale.
Che tuttavia non hanno nulla a che vedere con la cacciata degli yankees.
«Non è un argomento di competenza regionale Ñ si affretta a precisare Satta
Ñ ora stanno adeguando le strutture della base, penso che nessun maddalenino
voglia mandar via l?Us Navy». E via a elencare i benefici per i bar (pochi,
in verità, quelli frequentati dai militari), per non parlare di chi affitta
appartamenti a prezzi da autentica follia che solo gli statunitensi possono
permettersi. «Mettere in discussione la base Usa Ñ dice Franco Del Giudice,
ex sindaco di fine anni Ottanta Ñ significa mettere in discussione la politica
estera italiana da mezzo secolo a questa parte. Per quanto mi riguarda,
durante i miei mandati amministrativi, ho sempre chiesto la ratifica parlamentare
dell?accordo del ?72 tra i due Governi. Cosa sulla quale lo stesso Enrico
Berlinguer, ventidue anni fa, aveva preferito soprassedere sostenendo che
l?Italia stava sotto l?ombrello della Nato. Io sono filoamericano, per cui
non ho difficoltà ad ammettere che le attuali discussioni mi sembrano una
inutile forzatura. Qui si sono tutti abituati all?idea di convivere con
i militari. Anche i turisti, che dopo aver chiesto di Caprera e del museo
garibaldino, chiedono dove si trovi la base Usa e la nave appoggio». Agostino
Bifulco, battagliero membro della Commissione misto paritetica per le servitù
militari, lo guarda come se avesse di fronte una specie di marziano. «Grazie
a persone come lui Ñ commenta Ñ che non si riuscirà a fare nulla. Ma io
non mi rassegno di sicuro». Da Mongiardino, quartiere periferico e panoramico
di La Maddalena, si vede una grossa chiatta a quattro piani che copre la
Emory Land davanti a Santo Stefano. «Siccome stanno demolendo i vecchi alloggi
della base Ñ spiega Bifulco Ñ i militari dormono nella chiatta. Alla faccia
degli albergatori, eppure gli americani dicono che creino economia. Ma dove?».

Vito Fiori