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Articolo di Francesco Vignarca su PeaceReporter
- Subject: Articolo di Francesco Vignarca su PeaceReporter
- From: "DiFlorioAlessio\@libero\.it" <DiFlorioAlessio at libero.it>
- Date: Sat, 19 Jun 2004 16:25:53 +0200
http://www.peacereporter.net/it/canali/voci/dossier/040617armi Armi, armi, armi Anche quest´anno il SIPRI, l´istituto svedese di ricerche sulla pace tra i più prestigiosi al mondo, ha rilasciato il proprio annuario 2004 dedicato ad "Armamenti, disarmo e sicurezza internazionale". Dai dati in esso presenti, e che aggiornano al 2003 la fotografia della situazione mondale, si può evincere come il tema della sicurezza sia trattato in misura sempre maggiore con il ricorso alla forza ed alla potenza militare. Lo scenario è stato ovviamente dominato dall´azione bellica intrapresa, nei mesi di marzo ed aprile, dagli Stati Uniti e dalla Coalizione dei suoi alleati, in maniera così pervasiva che tutto il dibattito sulle politiche di sicurezza, in ogni suo campo, ne è risultato in un certo senso drogato. Tralasciando l´analisi più particolareggiata delle operazioni di guerra e della situazione di cosiddetto "dopoguerra", va comunque notato come l´intervento iracheno sia stato un azzardo ad alto rischio, sia per il fallimento del peace-building ad esso conseguente che soprattutto per l´incentivo a nuovi fronti di terrorismo decisamente preponderante rispetto alla deterrenza invece auspicata. Correttamente il rapporto SIPRI afferma che: "La buona performance delle nuove tattiche e dei nuovi equipaggiamenti militari in Iraq incoraggerà imitatori in altre parti del mondo, e parallelamente una ricerca di nuove risposte asimmetriche da parte di altri attori. La concomitante esplosione della spesa militare USA ha inoltre aggravato sia i problemi di bilancio e di bilancia commerciale statunitensi che le incertezze dell´intera economia mondiale". Un quadro a tinte fosche che viene tratteggiato sulla base di una robusta dose di dati e di misurazioni. Nel 2003 le spese militari mondiali sono cresciute, in termini reali, dell´11%: un tasso di incremento quasi doppio rispetto al comunque già notevole 6,5% registrato nel 2002. Prendendo a riferimento l´ultimo biennio si arriva ad un aumento del 18% che fa lievitare il valore complessivo dei fondi assegnati all´ambito militare fino a 956 miliardi di dollari (correnti). Ma non solo i valori assoluti sono significativi a riguardo: anche la distribuzione di spesa è in grado di consegnarci ottimi elementi di analisi. In analogia per nulla casuale con la ripartizione mondiale della ricchezza, è possibile verificare che i Paesi sviluppati sono responsabili di circa il 75% di tutte le spese militari, a fronte di una popolazione che raggiunge solamente il 16% di quella mondiale. Effettuando inoltre alcune impietose comparazioni (possibili solo con dati del 2001 ma non per questo meno significative) si scopre che la spesa militare combinata dei paesi ad alto reddito è di poco più alta del debito complessivo contratto dai paesi poveri e di circa 10 volte maggiore del livello totale degli aiuti ufficiali allo sviluppo. Il che testimonia "il grande fossato esistente fra la volontà di allocare risorse per mezzi militari che garantiscano sicurezza e situazioni di potere globale e regionale, da un lato, e intenzione di alleviare povertà e di promuovere sviluppo economico dall´altro". Tutto questo mentre il 2003 ha visto il livello più basso di conflitti di una certa entità dalla fine della Guerra Fredda in poi (con l´eccezione del 1997). Secondo le valutazioni del SIPRI, magari opinabili ma che possiedono una certa dose di coerenza capace di dare indicazione di un trend, ci sono stati 19 conflitti in 18 diverse regioni del mondo, di cui 4 in Africa ed 8 in Asia. Il dato più interessante è comunque quello che vede solo due di tali conflitti definibili come "inter-statali", per cui ancora una volta sono i conflitti che hanno luogo all´interno dei confini di uno stesso Stato a confermarsi come la tipologia di guerra più diffusa nell´arena politica internazionale post-moderna. Senza dimenticare che "l´attuale attenzione internazionale al pericolo del terrorismo ha continuato ad influenzare il modo di condurre i conflitti interni agli stati ed in alcuni casi, si pensi ai casi di Indonesia e Filippine, sta avendo un impatto diretto sulle strategie, l´intensità ed il corso di questi scontri". La causa maggiore per l´incremento delle spese militari mondiali nel 2003 è stata la massiccia crescita di questo dato negli Stati Uniti d´America, che da soli giustificano circa la metà del valore mondiale. Dopo un decennio di riduzione della spesa dal 1987 al 1998, ed una moderata crescita da quell´anno fino al 2001, il cambio nella dottrina e nella strategia militare USA a seguito degli attacchi alle Torri Gemelle ha dato la scintilla per una vera e propria esplosione del bugdet militare a stelle e strisce. Interessante è notare come molta parte di questa crescita dipenda dai fondi messi a disposizione per le campagne in Afghanistan ed in Iraq, oltre che a tutte le operazioni in qualche maniera legate al contrasto del terrorismo internazionale. Scorporando tali quantità l´aumento delle spese militari mondiali si attesterebbe al 4%, un valore di molto inferiore a quello invece registrato. Per tutti questi motivi si può affermare che la lotta al terrorismo secondo la "dottrina Bush" (che sta al lettore giudicare sulla base dei risultati positivi o negativi ottenuti) causa al mondo una crescita del 7% delle spese militari, cioè oltre una buona metà di quanto i paesi sviluppati destinano agli aiuti allo sviluppo (basta ricordare i dati esposti in precedenza e fare un semplice confronto). Le spese militari stanno crescendo anche in molte altre nazioni di un certo peso, ma sicuramente ad un livello drasticamente inferiore a quanto visto per gli Stati Uniti d´America. In generale si può affermare che i fondi militari sono cresciuti per ogni singolo anno del quinquennio appena passato in sette dei maggiori paesi investitori del ramo: per India, Giappone e Cina il livello di crescita è stato grosso modo in linea con l´aumento del PIL, mentre Francia e Gran Bretagna stanno per sperimentare un nuovo rialzo dopo una piccola fase di modesta diminuzione. Solo il Brasile, tra le medie potenze regionali, sta cercando di influenzare la politica globale con un modello di "soft-power" che non faccia affidamento sulle spese belliche e militari. Per tutto il corso del 2003 il dibattito sul tema delle spese militari ha continuato a focalizzarsi principalmente sulla necessità di aumentare le risorse in questo campo per poter far fronte ai nuovi e crescenti rischi di un mondo complesso e globalizzato. Tuttavia grazie al fallimento diretto e concreto di molti interventi basati sulla forza armata (in primis la "guerra preventiva" dispiegata in Medioriente) ha iniziato a far nascere voci di una diversa natura. Voci che hanno iniziato a sottolineare altri fattori quali la zavorra economica operata dal settore militare per lo sviluppo delle società umane e considerazioni di carattere etico e di diritto internazionale. Perciò, sebbene le spese militari USA continueranno a contribuire largamente alle tendenze complessive mondiali, il ritmo di incremento potrebbe anche arrestarsi nei prossimi anni. Secondo i ricercatori del SIPRI: "nel lungo termine non è così scontato che gli attuali livelli di spesa militare possano essere economicamente e politicamente sostenibili". Francesco Vignarca Coordinamento Comasco per la Pace organismo facente parte di ControllARMI - Rete Italiana per il Disarmo www.disarmo.org
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