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Mondo: aumentano le spese militari e l'Italia ne approfitta
- Subject: Mondo: aumentano le spese militari e l'Italia ne approfitta
- From: "Giorgio Beretta - Unimondo" <giorgio.beretta at unimondo.org> (by way of francesco iannuzzelli <francesco at peacelink.org>)
- Date: Tue, 15 Jun 2004 10:21:36 +0000
- Organization: peacelink
http://unimondo.oneworld.net/article/view/88157/1/ Mondo: aumentano le spese militari e l'Italia ne approfitta 14.06.2004 Aumentano le spese militari nel mondo che "rischiano di raggiungere livelli insostenibili" - nota l'ultimo Rapporto del Sipri - e toccano i 956 miliardi di dollari aumentando dell'11% nel 2003. Ad approfittare delle situazioni di tensione per piazzare le proprie armi vi è anche l'Italia che, tra l'altro, ne autorizza la vendita a India e Pakistan, unici due stati in conflitto denunciati dal Sipri. E ne approfittano pure le banche italiane, con Capitalia in testa. Ma anche Unicredit che mantiene uno share del 4,3%, denunciano i GAN del Trentino. Continua Nigrizia , Stockholm International Peace Research Institute , Unimondo lunedì, 14 giugno, 2004 Aumentano le spese militari nel mondo che "rischiano di raggiungere livelli insostenibili" - nota il Rapporto 2004 del Sipri, l'Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace, presentato nei giorni scorsi alla stampa. La spesa militare mondiale ha raggiunto i 956 miliardi di dollari aumentando dell'11% nel 2003, un incremento che si aggiunge al 6,5% del 2002. Guidano la classifica gli Usa, con una spesa militare di quasi 450 miliardi di dollari che rappresenta il 47% del totale mondiale. Seguono quindi il Giappone (5%), Gran Bretagna, Francia e Cina ciascuno col 4% del totale. Dei 19 conflitti armati in corso nel 2003 solo due sono tra stati: il primo tra Iraq e la Coalizione multinazionale guidata dagli Usa e la seconda tra India e Pakistan. Le guerre del 2003 infatti sono prevalentemente conflitti interni a un Paese, cioè entro confini nazionali: "Nella politica contemporanea - si legge nel rapporto - la fonte principale di conflitti armati di rilievo rimane interna. La persistenza di guerre interne e la loro resistenza a una rapida soluzione è ampiamente dimostrata nel 2003". Alla guerra in Iraq il rapporto riserva un ampio capitolo in cui il conflitto è definito "uno dei più controversi dei tempi moderni", sia per le sue premesse che per le sue conseguenze. Il rapporto del Sipri concede poi uno spazio particolare all'esame della posizione dell'Onu, affermando che "nonostante le ferite inflitte nel 2003 al concetto del primato delle Nazioni Unite nel mantenimento della pace e della sicurezza, l'Onu rimane grandemente in gioco per le operazioni di pace, e in particolare nel difficile campo della ricostruzione della pace dopo i conflitti". L'Onu, secondo il rapporto "ha ragione di invocare un ruolo e una responsabilità speciale nel definire i principi dell'intervento e del coordinamento degli sforzi internazionali per la pace. Così facendo, afferma un legittimo diritto a dire la sua sul modo in cui la pace viene fatta". Ad approfittare delle situazione di tensione per piazzare le proprie armi vi è l'Italia. Oltre alle autorizzazione del governo Berlusconi all'export di sistemi bellici verso la Cina nonostante la conferma dell'embargo da parte del Parlamento europeo - già ripetutamente segnalate dal nostro sito - va ricordata la vendita di armi italiane a India e Pakistan, gli unici due stati in stato di conflitto armato secondo il Rapporto Sipri. Secondo la relazione del governo italiano, invece "la diminuzione delle tensioni tra India e Pakistan è «un rilevante fattore di distensione» che permette «un sostanziale allentamento del rigoroso regime restrittivo adottato in passato» - nota Francesco Terreri su Nigrizia. In un dettagliato articolo sull'esportazione di armi italiane pubblicato nel numero di giugno della rivista comboniana, Terreri nota che "vendiamo apparati radaristici ed elettronici avanzati al Pakistan per 70 milioni e materiale all'India per 26 milioni". "Poche anche le cautele nelle vendite in Medio Oriente, nonostante la situazione nell'area si stia facendo esplosiva. In Arabia Saudita, l'Italia ha continuato a inviare componenti, per 91 milioni di euro, dei cacciabombardieri Tornado esportati fino al 1998 dalla Gran Bretagna con il megacontratto "Al Yamamah" (La Colomba): 120 aerei in cambio di 400 mila barili di petrolio al giorno. Sulla commessa c'è un'indagine in corso a Londra - sottolinea Terreri ricordando quando Unimondo aveva messo in evidenza nelle scorse settimane. Campagna di pressione alle banche armate: Lista delle banche armate L'analisi di Terreri mette in evidenza anche le operazioni bancarie collegate all'export di armi che lo scorso anno ammontavano a 722 milioni di euro, con un 40% di transazioni per contratti con paesi asiatici e il 16% con paesi del Medio Oriente. Dalla tabella sul sito della Campagna di pressione alle banche armate si aprende che chi beneficia maggiormente della crescita degli affari è il gruppo bancario Capitalia (Banca di Roma, Banco di Sicilia, Popolare di Brescia) che copre da solo il 31% degli importi autorizzati, oltre 224 milioni di euro. Capitalia segue, tra l'altro, molte delle esportazioni in Malaysia, in Cina e in Kuwait, oltre che in Gran Bretagna e Francia - ricorda Terreri. "Al secondo posto Banca Intesa (97 milioni), banca d'appoggio, in particolare, per le forniture di munizionamento della Simmel Difesa agli Emirati Arabi Uniti. San Paolo-Imi e Bnl restano sempre sulla breccia, mentre cresce la presenza delle banche estere. Quest'anno è la volta di Société Générale, la storica banca francese che è impegnata con l'operazione dei siluri alla Malaysia, ma anche della tedesca Commerzbank, socia di Intesa e di Mediobanca, che segue esportazioni in Pakistan. E con Islamabad opera anche Banca Antonveneta, una delle piccole emergenti insieme alla Cassa di Risparmio di La Spezia, che dal canto suo spazia dalla Nigeria al Sultanato del Brunei. La Cassa spezzina era controllata da Banca Intesa, ma l'anno scorso è stata acquisita dalla Cassa di Risparmio di Firenze, che ha sua volta ha come soci e "partner strategici" San Paolo-Imi e l'altro colosso transalpino Bnp Paribas. Nella relazione del governo risulta ancora la presenza, tra le cosiddette "banche armate" anche Unicredit, che pure, a maggio del 2001, cedendo alle pressioni della "Campagna di pressione alle banche Armate" annunciò di non voler più sostenere le esportazioni di armi. L'ammontare totale di Unicredit per le autorizzazioni per esportazioni definitive è di 4,32% sul totale che equivale a cira 32 milioni di euro. E proprio verso Unicredit si è diretta l'azione del GAN - Gruppo di Azione Nonviolenta - del Trentino che ha inteso richiamare il gruppo bancario ai suoi impegni. Unicredit in Trentino controlla, assieme ad altri gruppi, anche la gestione delle tesorerie della Provincia Autonoma di Trento e di diversi comuni. Tra le autorizzazioni ricevute da Unicredit e denunciate dai GAN vanno segnalate soprattutto quella verso lo Zambia di 2.700.000 di dollari con un compenso di intermediazione di quasi il 10%. Lo Zambia è il paese verso i quali la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) e lo Stato italiano hanno in atto procedimenti di annullamento di debito estero, con la condizione che non acquistino armi. Nella lista di Unicredit compaiono anche due autorizzazioni verso il Pakistan del valore di 5.488.000 euro e di 9.300.000 dollari, una verso la Malesia di 6.370.000 dollari, paese dove vi sono gravi violazioni dei diritti umani e sparizioni, due autorizzazioni verso Israele del valore di quasi 50.000 dollari e verso il Bangladesh con cui Unicredit ha ottenuto un autorizzazione di 301.000.000 di vecchie lire. [GB]
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