Taranto a stelle e strisce: dietro la missione commerciale una base militare Usa



Lettera al Corriere del Giorno

Il Corriere del Giorno dell'11 gennaio 2004 ha pubblicato il prima pagina un aricolo ("Un porto a stelle e strisce") in cui si annuncia un sopralluogo per l'eventuale costruzione di un molo a scopo commerciale a Taranto. Attenendosi alle fonti ufficiali ha registrato la presenza di esponenti della Westland Securities, banca d'affari statunitense con sede a Chicago. Secondo indiscrezioni la signora Barbara Lief, una diplomatica dell'ambasciata americana, è giunta il 12 gennaio per una missione ufficialmente commerciale. Ambienti ben informati collegano questa presenza alla realizzazione di una futura grande base militare Usa a Taranto. Secondo l'on. Massimo Ostillio, vicepresidente della Commissione Difesa, i vertici militari Usa puntano a "realizzare due grossi poli logistici in Italia, uno per le truppe di terra a Solbiate, vicino Milano, e uno navale in Puglia, a Taranto". L'on. Ostillio è convinto che la scelta del Pentagono alla fine ricadrà su Taranto e ha dichiarato: "Sarebbe una fortuna per l'economia del settore dell'edilizia come anche della carpenteria pesante e per le forniture, servizi e così via. Alloggi, impianti, collegamenti con l'esterno farebbero decollare l'economia di tutto il territorio". All'inizio di quest'anno il quotidiano "Il Riformista" indicava in Taranto la sede di un interporto militare Usa, i cui lavori "avranno presto inizio", riferiva facendo riferimento ad una fonte molto vicina all'ambasciata Usa a Roma. E nel maggio 2003 l'ambasciatore americano Selmer ha incontrato il presidente dell'Autorità portuale di Taranto, Petriccione. E, per completare il quadro, l'emittente "Radio France International" in data 27 dicembre 2003 annunciava che "l'America è alla ricerca di un ponte sul Mediterraneo dove sfrutterebbe una presenza già consolidata". Si parla di un investimento da 600 milioni di dollari nell'ottica della creazione di un polo militare navale Usa, il più grande nel Mediterraneo. La notizia conferma e arricchisce con nuovi elementi quanto già PeaceLink aveva scoperto il 20 settembre 2000 sul sito del Pentagono e cioè che a Taranto era diventata il nodo telematico del sistema C4i americano, un sistema di coordinamento e spionaggio militare che collegherà la base navale direttamente alla Us Navy oltre Altantico (precisamente il Navy Center for Tactical System Interoperability che ha base a San Diego in California), scavalcando la catena di comando Nato. La notizia - data in esclusiva nazionale da PeaceLink - aveva suscitato da una parte un'interrogazione parlamentare del senatore Semenzato (componente di una commisione difesa che era completamente all'oscuro della faccenda) e dall'altra parte le impacciate smentite dell'on.Minniti (braccio destro di D'Alema) e della Marina Militare, smentite che rasentavano il grottesco essendo il comunicato di PeaceLink supportato da in una pagina web ufficialmente del Pentagono. Si è poi scoperto sulla stampa specializzata che il sistema C4i coinvolge anche la portaerei Garibaldi. Vi sono pertanto sufficienti informazioni e ragionevoli indizi per ritenere che dietro la foglia di fico della missione commerciale, i funzionari dell'ambasciata Usa stiano preparando il terreno per un superprogetto militare. Che la diplomazia Usa sia abituata a mentire lo dimostra platealmente la guerra in Iraq dichiarata per distruggere armi chimiche e nucleari mai trovate. Che qualche bugia la dicano anche i nostri connazionali non sarebbe una notizia. Ad esempio gli Harrier AV-8B dovevano essere assemblati a Grottaglie negli anni Ottanta sotto la sviante dicitura di "montaggio di gondole di motori aeronautici" (il progetto è poi naufragato ma veniva propagandato nascondendone l'anima militare), la nuova base navale avrebbe dovuto portare allo sgombero dal Mar piccolo della Marina Militare (mai accaduto), la Nato non avrebbe avuto alcun ruolo a Taranto (e invece ne finanzia alcune infrastrutture e ne ipoteca l'uso), la città avrebbe ricavato un futuro di benefici affidandosi alla Marina Militare (e invece la Marina Militare chiede oggi di sottrarre ai mitilicultori una fetta di Mar Piccolo). Le ipocrisie, le mezze verità, le falsità fabbricate in nome della "ragion di stato" ci hanno abituato a non credere più ciecamente nelle versioni ufficiali che in lacuni casi si sono rivelate favole per un'opinione pubblica dalla memoria corta. Ricordate che la nuova base navale doveva portare migliaia di posti di lavoro? Oggi il lascito del nuovo modello di Difesa è un Arsenale Militare in crisi che oggi rischia di mandare tutti i lavoratori a casa e che in futuro chiuderà di sicuro se un polo logistico americano a Taranto si farà carico di fornire assistenza alle unità militari della Nato secondo gli standard di manutenzione e di interoperabilità che vengono definiti e implementati dalla Us Navy.
Rischiamo di metterci un concorrente in casa e gridiamo beati: vittoria!
Ma vi è di più: una base militare Usa attrarrà a Taranto le unità militari a propulsione nucleare che chiedono manutenzione o che vogliano fare scalo per ragioni logistiche. Questo rischia di provocare a Taranto la fine di ogni prospettiva commerciale. A Taranto rimarra in eredità un solo futuro certo: quella di città a rischio nucleare, un bersaglio ideale per scellerate quanto devastanti azioni terroristiche. Ricordiamo che tutti i sommergibili americani sono a propulsione nucleare.
Questo è il futuro che ci vogliamo scegliere?
Recentemente il sindaco di Taranto Rossana Di Bello ha dichiarato che le priorità di sviluppo della città saranno due: il porto commerciale e il turismo. Per il turismo la dice lunga la fine che farà con ogni probabilità il villaggio neolitico scoperto nei pressi della nuova base navale... Per il porto commerciale è bene citare i dati (resi pubblici su Internet) del "Piano di emergenza per le navi a propulsione nucleare" (classificato come "riservato" dalla Marina Militare) il quale piano prevede, nel capitolo intitolato "Misure da applicare allo scopo di evitare incidenti e pericoli di collisione durante la manovra di unità militari a propulsione nucleare", un esplicito divieto di transito civile. Vi si legge testualmente: "Unità mercantili: il traffico sarà sospeso. Maridipart provvederà a richiedere alla Capitaneria di Porto la sospensione del traffico precisando inizio e durata della sospensione (...) La Capitaneria di Porto prenderà provvedimenti intesi a ritardare la partenza di unità mercantili." Inoltre la Capitaneria dovrà "far sostare il traffico in arrivo fuori dal porto ed in posizione tale da non intralciare le unità militari a propulsione nucleare". Gli americani andarono via da Taranto all'inizio degli anni sessanta dopo aver installato intorno a Gioia del Colle trenta missili Jupiter a testata nucleare, ognuna della potenza pari a 100 volte quella di Hiroshima. Due di quei missili rischiarono di esplodere a causa di fulmini. Quando andarono via gli americani la città tirò un sospiro di sollievo ma oggi l'on. Ostillio, che a quei tempi aveva quattro anni, sembra rimpiangere le ricadute occupazionali di una presenza americana. Gli chiediamo se troverà una sola assicurazione che stipulerà a Taranto una polizza di risarcimento in caso di incidente nucleare: ogni assicurazione le esclude esplicitamente a priori. E che Taranto abbia rischiato grosso lo testimonia il passato. Nel 1968 il sommergibile atomico americano Scorpion passò da Taranto il 10 marzo per esplodere il 22 maggio nell'Oceano Atlantico. Un'altra catastrofe fu sfiorata il 22 settembre 1975 con lo scontro fra l'incrociatore Belknap e la portaerei Kennedy nello Jonio in quanto divampò un incendio a bordo le fiamme arrivarono a pochi metri dai missili nucleari Terrier provocando il più grave SOS nucleare della Us Navy. Va ricordato che in caso di incidente o disastro i trattati bilaterali Usa-Italia non consentono alcuna azione penale italiana verso i militari Usa, come ha dimostrato la tragedia del Cermis.
Chiediamo all'on. Ostillio se sia di centrosinstra essere così autolesionisti.
Taranto temiamo possa diventare una colonia americana in cui decentrare i rischi di terrorismo, esposta a tutti i pericoli di incidente nucleare e senza alcun potere di controllo nazionale su strutture la cui gestione è nelle mani di militari stranieri che al momento giusto non hanno alcuna voglia di mostrarsi benigni "alleati", come dimostra la base Usa della Maddalena in cui non è possibile il monitoraggio della radioattività in quanto le autorità americane non autorizzano analisi ravvicinate da parte delle autorità sanitarie italiane. La mitilicoltura e la pesca a Taranto avrebbero il futuro segnato da una spada di Damocle radioattiva. Lo Statuto di Taranto, all'articolo 1, parla di città operatrice di pace libera da armi di terminio di massa. Chiediamo ai parlamentari locali di presentare interrogazioni parlamentari sul progetto di base Usa a Taranto. Per noi la campagna elettorale è già cominciata: metteremo su Internet i candidati e la forze politiche che non si schiereranno contro il pericolo nucleare di una Base Usa a Taranto.
E se la base Usa si farà, cari politici, ricordatevi di Scanzano.

Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink