fra pace e guerra tu, da che parte stai?



"4.9.5.5 Tecnologie "dual use"
Vi sono moltissimi settori della ricerca civile che consentono forti spill-over verso il militare e viceversa. E' necessario utilizzare i frutti di quelle ricerche e di quelle tecnologie commerciali, senza esasperare nei requisiti quelle che una volta erano le specifiche militari. Una sorta di "revisione filosofica" delle MILSPEC è già in atto da parte dei pianificatori militari: la tendenza è di focalizzarne l'attenzione sugli aspetti veramente essenziali, sfruttando in maggiore misura sia le tecnologie che (in certi casi) i prodotti COTS (commerciai off the shelf). Dopotutto, molte di queste tecnologie sono "gestite" dalle stesse industrie che lavorano sia nel settore civile che in quello militare, e si prestano di conseguenza bene a generare degli spin-off interni. Da questo punto di vista, anche le industrie italiane della Difesa devono avviarsi verso un "ammodernamento culturale", rinunciando ad imporre in certi settori produttivi le tecnologie unicamente sviluppate in proprio e andandole invece a prendere dove già ci sono e magari sono più costo-efficaci"

Questo è un frammento del Libro Bianco della Difesa: chiaro il sostentamento del dual-use per occultare finanziamenti e orientamenti dello sviluppo industriale, nonchè la necessità per il settore armamento di inglobare tutto. Pace chiama guerra e viceversa. Ma tu da che parte stai?


Documento per una discussione fra le strutture della Fiom in preparazione dell’assemblea nazionale dei delegati di Finmeccanica e Fincantieri
(Bozza)
L’apparato industriale italiano vive una fase negativa di contrazione. La Cgil e la Fiom a fronte della residualità del nostro paese nella divisione internazionale del lavoro, hanno sostanziato con uno sciopero generale il concetto di declino industriale. In seguito importanti interlocutori sociali sono addivenuti alla condivisione del nostro orientamento. E’ solo incardinando in questa discussione la ricerca, che la Fiom avrà le condizioni di produrre un’autonoma valutazione attorno ai temi del rafforzamento del ruolo industriale di Finmeccanica e delle sue attività civili e della privatizzazione di Fincantieri. E’ un orientamento tradizionale della Fiom quello di ritenere che la privatizzazione di Fincantieri, salvaguardandone l’unitarietà del gruppo, si possa tradurre in un potenziamento del ruolo nell’apparato industriale dell’intero settore della cantieristica navale e possa consentire un allargamento degli assett industriali e competitivi di Finmeccanica. E’ altresì consolidato l’orientamento della Fiom per la “dualità” delle produzioni nei settori dell’alta intensità di applicazione tecnologica, non condividiamo l’idea tutta dettata da logiche finanziarie, della separazione delle produzioni e degli assetti societari fra produzioni militari e civili. Non apprezziamo tale ipotesi per motivi principalmente industriali, essa isolerebbe il circuito ricerca produzione alle sole attività di tipo militare e renderebbe difficile l’ottimizzazione dei costi di ricerca e sviluppo, al tempo stesso almeno nel caso della cantieristica, renderebbe arduo l’equilibrio fra mercati, commesse, attività produttiva dei cantieri. Il duale è uno specifico fattore di forza industriale di Fincantieri, che sta ora utilizzando per le costruzioni militari tecnologie e specifiche di progettazione ampiamente sperimentate nella costruzione civile e, in particolare, nelle navi da crociera. Il duale è la scelta strategica in tutta Europa. La Spagna ha recentemente deciso di riunificare tutti i cantieri navali pubblici, civili e militari, in una sola società, il gruppo Izar. Il duale è indicato come uno dei principali assi strategici per il futuro della cantieristica anche in “LeaderShip 2015”, la piattaforma che il Cesa ha proposto alla Commissione europea e sulla quale è stato istituito un gruppo di lavoro, con la presenza della Fem, che ha il compito di proporre alla Commissione una proposta per la definizione di una politica industriale europea di sostegno al settore dopo la fine della politica degli aiuti di stato. L’acquisizione da parte di Finmeccanica rappresenta la sola possibilità di privatizzare Fincantieri senza distruggerla. L’ingresso in Finmeccanica consentirebbe a Fincantieri due vantaggi strategici: a) da un lato la garanzia di una maggiore solidità finanziaria, essenziale per chi opera in un mercato a redditività medio-bassa e ad alto rischio; b) dall’altro la possibilità di sfruttare sinergie interne a Finmeccanica, sopratutto nel campo delle produzioni militari. La chiave di volta dell’operazione era e rimane l’unità e l’integrità di Fincantieri. Nel mercato delle costruzioni navali, infatti, la dimensione è un fattore di forza fondamentale, anche perché permette di presidiare contemporaneamente tutta la fascia più alta della gamma delle costruzioni navali (cruise, ferries, navi da trasporto high standard, navi militari) e quindi consente il fronteggiare meglio i cicli delle singole tipologie. al contrario, rinchiudersi in una singola nicchia è assolutamente rischioso. E’ plausibile ritenere che per questo insieme di motivi Mediobanca operando nel ruolo di advisor nominato dal governo per valutare il progetto Finmeccanica2, abbia considerato impraticabile l’incorporazione di Fincantieri nel caso di separazione fra attività militari e civili. Alla luce delle valutazioni di Mediobanca si rivela non condivisibile l’idea di un contenitore societario privo di dotazione di investimenti, con l’unica missione di procedere verso dismissioni aziendali verso ipotetici ed inesistenti acquisitori. In ragione di ciò la Fiom non trova passione nella discussione sui contenitori societari, permanendo in modo esplicito un vuoto strategico industriale sulle finalità delle nuove aggregazioni societari. A fronte di quanto sta avvenendo in Europa e nel mondo, nel settore dell’alta intensità tecnologica, non sembra avere una grande forza la motivazione della procedura di infrazione comunitaria sulla golden share di Finmeccanica. In altre nazioni europee e non gli stati dipendono con grande determinazione le prerogative di controllo di queste industrie che sono i nostri più accaniti competitori, quali Alstom, Siemens, Thales, Alcatel, Astrium, eccetera. Considereremmo un errore il persistere di volontà di cessione delle attività industriali di Ansaldo Energia e di Elsag, nel trasporto ferroviario il disimpegno di Finmeccnaica oltreché sbagliato assumerebbe toni masochistici e paradossali, visto che dopo anni di crisi siamo in presenza di una ripresa del mercato, con condizioni competitive vantaggiose che vedono Ansaldo Breda con una dotazione di ordini consistente e con un patrimonio tecnologico di livello europeo. Per questo insieme di ragioni la Fiom riconferma la propria posizione di unione dei patrimoni industriali, tecnologici e commerciali tra Fincantieri e Finmeccanica. Già da tempo Finmeccanica soffre di sottodimensionamento nella competizione sui mercati rispetto agli altri players che operano. Il nuovo posizionamento di Finmeccanica nelle alleanze internazionali verso l’asse anglo-americano, corrisponde simmetricamente ad una strategia di politica internazionale voluta dal governo Berlusconi, ma non risponde nel modo migliore alle esigenze tecnologiche ed industriali della conglomerata. E’ nell’unificazione con Fincantieri che si può rideterminare un’apertura dei giochi nelle alleanze internazionali, a causa della crescita degli assett industriali e della massa critica di Finmeccanica. L’incardimento di Finmeccanica in una alleanza organica e strategica con gli inglesi di Bae System, genera significative preoccupazioni sulla tenuta della capacità di comando di una azienda strategica dell’apparatistica tecnologica navale quale Alenia Marconi System, anche per questo banale motivo di protezione di un importante tassello dell’industria italiana, chiederemo al governo ed alle istituzioni di governo del mercato una considerazione delle nostre ragioni più profonde delle semplici valutazioni degli analisti di borsa.