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da On. Grandi - su 185
- Subject: da On. Grandi - su 185
- From: "Comm. Finanze - Gruppo Democratici di Sinistra l'Ulivo - Camera dei Deputati" <finanze_ds at camera.it> (by way of Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>)
- Date: Tue, 10 Jun 2003 00:02:30 +0200
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra la Repubblica francese, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica italiana, il Regno di Spagna, il Regno di Svezia e il Regno Unito della Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attività dell'industria europea per la difesa, con allegato, fatto a Farnborough il 27 luglio 2000, nonché modifiche alla legge 9 luglio 1990, n. 185 (approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1927-B) PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà. ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi dispiace non poter condividere l'opinione del rappresentante del Governo Berselli. Spero che questa legge non sia approvata dalla Camera e del resto anche il passaggio tra Camera e Senato, con una nuova lettura alla Camera, confermano le ragione di un voto contrario su una legge di questo tipo. Non è in discussione l'accordo di Farnborough, perché che ci sia bisogno in Europa di un accordo in materia di produzione in grado di essere un supporto, anche produttivo, alla possibilità di avere in Europa un'iniziativa militare autonoma con una sua identità, è una questione sulla quale si può e si deve convenire. La verità è che la traduzione di quell'accordo sarebbe stata rapidamente approvata, come avviene in genere per gli accordi internazionali, tranne rari casi, se non fosse stata inserita in quella normativa l'occasione per modificare la legge n. 185 del 1990. Quindi qui non è in discussione la ratifica, perché il Governo o il presidente della Commissione, relatore, potrebbero, ancora in questo momento proporre di stralciare tutta la parte che non c'entra nulla con la semplice ratifica dell'accordo. Sulla ratifica, infatti, non ci sono problemi. Stiamo parlando, invece, di ciò che dall'accordo viene tradotto in modifiche di una legge molto importante per il nostro paese, appunto la legge n. 185 del 1990, che ha consentito di portare in Italia un grado di trasparenza, non dico invidiabile, ma certamente molto maggiore di quella che c'è in altri paesi attorno alla produzione e al commercio delle armi. Il punto centrale - lo dico subito - riguarda la questione di chi produce e per chi lo fa. Perché il vero e grande problema non è soltanto la produzione delle armi sulla quale si è aperto, anche in occasione del vertice di Evian, una discussione molto interessante introdotta dal presidente Lula sul rapporto tra armamenti e politica in favore dei paesi poveri. Stiamo parlando di qualcosa che precede questa ottima idea, che ricorda un po' la frase di Pertini: "Riempire i granai, vuotare gli arsenali", ossia dell'esigenza di fare in modo che quello che viene effettivamente prodotto non diventi oggetto di traffici e di iniziative illecite e vada a finire esattamente nella direzione sbagliata. Contro l'approvazione di questa legge per la parte che modifica la legge n. 185, si sono pronunciati in molti, organizzazioni e singoli, e meriterebbe che queste istanze fossero adeguatamente ascoltate. Lo abbiamo detto nel primo passaggio alla Camera ed è stato ripetuto al Senato. Lo ripetiamo ancora perché, se ci fosse mai stata qualche distrazione, dovrebbe essere chiaro che c'è un'opinione pubblica, cattolica e laica - ci tengo a precisarlo - che è contraria ad un'idea nel nostro paese, seppure in rapporto con altri, di produzione senza controllo delle armi. La licenza di progetto non esime da controlli rigorosi sull'uso finale delle parti e del complesso degli armamenti di cui stiamo ragionando. Evitando l'eccezione, perché sappiamo che le eccezioni sono sempre il veleno per i meccanismi che, peraltro, come la legge n. 185, hanno dato buona prova dei controlli, sia pure con un unico, vero e grande nemico: i soggetti che sono interessati alla produzione, purché sia di armi, alla loro esportazione, al loro commercio e, magari, anche a qualche commercio che può essere - come si dice - un favore politico fatto a qualche amico sotto banco. Del resto, il passaggio che è stato fatto al Senato conferma che abbiamo ragione. Perché una delle modifiche introdotte riguarda esattamente la non liceità prevista, in nome della licenza globale di progetto, in deroga alla legge n. 185 del 1990. Debbo dire che ho presentato un emendamento per chiedere che sia ricordato esplicitamente che ciò non si può fare in deroga alla legge n. 185, ma anche così il testo della legge è meno peggio di quello approvato alla Camera. Basterebbe espungere tutte le parti che hanno appunto ad oggetto e come caratteristica la deroga alla legge n. 185 per ritornare nell'ambito dell'attuazione piena di una buona legge, che sicuramente avrà qualche ruga dovuta all'età, ma ne avrebbe molte di più, anzi avrebbe dei veri e propri difetti e stravolgimenti, ove fosse approvata. Qual è la preoccupazione? È molto semplice. Quando, nell'ambito dei sei paesi, per la differenza di normative ed per una maggiore leggerezza nei controlli, vi fosse la possibilità, per via NATO, di affidare sistemi d'arma qui previsti a paesi che non rispettano i diritti, che facciano parte della NATO, che siano semplicemente in predicato di intrattenere buoni rapporti con la NATO o addirittura con i singoli paesi in via bilaterale, non avremmo la possibilità di avere un controllo effettivo della destinazione finale dei sistemi d'arma; ci sembra che, in questo settore, non vi sia interesse concreto (diciamo pure di guadagno) che possa menomare il diritto di sapere dove vadano a finire, il diritto di conoscere il rispetto dei diritti che devono essere garantiti, ossia una delle condizioni fondamentali di principio posta proprio dalla legge n. 185 del 1990. Non a caso, nel primo passaggio alla Camera, il Governo ed il relatore, non accettarono di inserire una nostra proposta emendativa che consentiva anche alla struttura civile dello Stato (in questo caso, le dogane) di effettuare i controlli sui container destinati al commercio finale delle arti. PRESIDENTE. Onorevole Grandi... ALFIERO GRANDI. Per questa la ragione, non siamo d'accordo con questo provvedimento. Riteniamo che vada mantenuta la trasparenza obbligatoria prevista dalla legge n. 185 del 1990. Non ci bastano le poche chiacchiere che verrebbero fatte in Parlamento nell'ambito di relazioni del tutto incomprensibili. È necessario che, proprio in una fase difficile come questa, in cui si parla di guerra preventiva, di controllo militare sui processi economici e civili del mondo, vi sia, da parte dell'Italia, una risposta nella direzione del mantenimento di una legge importante come la n. 185 del 1990, respingendo un provvedimento che, in questo momento, ne fa effettivamente strame (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
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