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[JUGOINFO] U238: una novita' editoriale ed altre fonti utili
- Subject: [JUGOINFO] U238: una novita' editoriale ed altre fonti utili
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- Date: Wed, 10 Apr 2002 12:50:10 +0200
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* RECENSIONE: Novità editoriale sull' U 238 * La realtà delle armi all'uranio impoverito (di R.J. PARSON; Le Monde Diplomatique, marzo 2002) * NATO verseuchte Jugoslawien mit Uran * ALTRE FONTI (Vademecum sull'U238) ===*=== Segnaliamo una preziosa novità editoriale: Uranio impoverito - Sciagura del nostro tempo Autore: Furio Vallese Editore: Serarcangeli - L. 20.000 Un?altra voce, finalmente, rompe il silenzio omertoso che avvol ge la verità circa lo smaltimento di scorie nucleari mediante applicazioni civili e militari fortemente contaminanti. La denuncia di questa realtà tragica e paradossale conta in campo editoriale su pochi altri documenti (*), ora si aggiunge questo libro che ha il pregio di trattare l?argomento in forma divulgativa pur senza allontanarsi dal rigore scientifico. Ne risulta un testo di agile lettura, preciso ed attendibile, che ha il pregio di collocare il problema degli speciali proiettili all?uranio impoverito (U238 o Depleted Uranium, abbr. DU) nella giusta prospettiva, dando al lettore la possibilità di capire quanto perché siano pericolosi, ma soprattutto, dove stia la responsabilità della loro esistenza. Il problema, infatti, non sta solo nelle conseguenze letali per l?ambiente derivanti dall?uso di tali proiettili, che liberano particelle radioattive nell?aria, nel suolo e nell?acqua, e che ingerite provocano l?insorgere di tumori mortali. Questo è un problema ignorato dalla massa ma conosciuto dagli esperti da almeno vent?anni, è il susseguirsi di guerre "a bassa intensità", sempre più frequenti e furiose, a portarlo alla ribalta in modo via via più massiccio e difficile da occultare. - Si ricordi l?allarme lanciato dai media nella primavera del 2001 in seguito ai primi decessi dei militari italiani ed europei coinvolti nelle operazioni belliche nei Balcani, campagna mediatica che rientrò prontamente, in seguito alle smentite scaturite dalle inchieste "sedative" aperte sul caso. Il problema, in tutta la sua complessità, diventa davvero comprensibile se si considerano le condizioni che hanno posto in essere tali ordigni, cioè la vera causa dell?uso di scorie radioattive nella produzione industriale, militare ed anche civile. Perché alle esigenze militari è stato concesso di produrre dei proiettili tanto efficaci ma così controproducenti sul piano complessivo (la contaminazione è definitiva, dura milioni di anni e contamina tutti, amici e nemici)? Perché componenti di canne da pesca, strumenti radiologici, elementi di avionica contengono uranio impoverito (con tutte le conseguenze, meno immediate e devastanti di quelle militari, ma altrettanto prevedibili che possono verificarsi, come nel caso di incidenti aerei o di incuria nello smaltimento dei rifiuti di apparecchiature considerate convenzionali)? La risposta a queste domande è affrontata dall?autore in modo diretto e pacifico, chiamando coraggiosamente in causa la politica del DOE (Dipartement Of Energy degli USA), responsabile della scelta deliberata e pianificata, di smaltire parte dell?accumulo di scorie radioattive nell?indu stria civile e militare per trovare contenimento ai pesantissimi costi di stoccaggio. Una scelta criminale? L?autore non fornisce valutazioni morali in merito, né polemizza, con spirito pragmatico prende in considerazione il superamento delle armi al DU che ritiene più probabile, quello che non è dettato da considerazioni umanitarie, ma tecniche, valutando la miglior efficacia dei nuovi sistemi d?arma anticarro attualmente in fase di progettazione, e che in futuro potranno rendere obsoleti i Silver Bullet. Un libro ideale per un approccio immediato al cuore della questione, e al di sopra di ogni sospetto di faziosità ideologica perché l?autore è un ingegnere che, tra l?a ltro, ha ricoperto incarichi professionali in campo internazionale per conto della Nato. In una parola, un libro utile per chiunque sia interessato alla conoscenza dei veri problemi di fondo del mondo attuale. (*) Il noto "Metallo del disonore" del "International Action Center" di Ramsey Clark, che per primo denunciava l?uso dell?uranio impoverito nei proiettili anticarro e le conseguenze per militari e civili esposti alla contaminazione durante e dopo la Guerra del Golfo, ed il valido "Imbrogli di guerra - Scienziati e scienziate contro la guerra" a cura di Franco Marenco, dedicato alla manipolazione della realtà da parte dei media in occasione della guerra del Kosovo, e contenente due specifici capitoli sulla contaminazione da uranio impoverito. Flavio Rossi - ( Associazione "SOS Yugoslavia") - Torino Per avere il libro richiederlo al 338/1755563 oppure all?Email <posta at resistenze.org> 1 copia 10 Euro senza spese postali, da 5 copie in su : 6 Euro la copia senza spese postali. ===*=== http://www.ilmanifesto.it/MondeDiplo/LeMonde-archivio/ultimo/0203lm06.01.html "Le Monde Diplomatique" versione italiana, marzo 2002 LA GRANDE MENZOGNA DELLE «GUERRE PULITE» La realtà delle armi all'uranio impoverito Golfo, Kosovo, Afghanistan: di guerra in guerra, l'esercito americano continua a perfezionare le sue armi all'uranio impoverito. Il pericolo per gli esseri umani e per la natura diventa sempre più evidente, malgrado il black-out organizzato dal Pentagono di ROBERT JAMES PARSON * «La preoccupazione immediata di medici, rappresentanti delle organizzazioni umanitarie e di chi dà lavoro agli esuli sul posto è la minaccia di una vasta contaminazione da uranio impoverito in Afghanistan.» Con queste parole si conclude un rapporto di ben 130 pagine intitolato Mystery Metal Nightmare in Afghanistan? - «Incubo da metallo misterioso in Afghanistan?» - (1), di Dai Williams, ricercatore britannico indipendente e psicologo specialista in condizioni del lavoro. Il testo è frutto di oltre un anno di ricerca tenace sulla questione dell'uranio impoverito (Ui), sugli effetti e le conseguenze del suo utilizzo sugli esseri umani. Basandosi su siti web ufficiali (2) e su quelli dei fabbricanti d'armi, Dai Williams ha potuto scovare informazioni preziose, analizzarle minuziosamente e infine metterle a confronto con le armi la cui utilizzazione è stata comunicata, anzi vantata, dal Pentagono. Ne emerge una visione della guerra - sia quella in Afghanistan che quelle prossime venture - sorprendente e spaventosa al tempo stesso. Dal 1997, gli Stati uniti rielaborano e «migliorano» il loro arsenale di missili e di bombe guidate e «intelligenti». Già nel 1999 alcuni prototipi di queste armi sono stati testati sulle montagne del Kosovo, ma la quantità sperimentata in Afghanistan è ben più corposa. Il «miglioramento» di cui si parla riguarda in effetti la sostituzione di una testata convenzionale con una in «metallo pesante denso» (3). Calcolando volume e peso del misterioso metallo, si arriva a due possibili conclusioni: si tratta o di tungsteno o di uranio impoverito. Il tungsteno, tuttavia, pone alcuni problemi. Il suo alto punto di fusione (3.422°C) lo rende difficile da lavorare; costa caro; è prodotto soprattutto in Cina; non brucia. Da vero piroforo, l'Ui invece brucia con l'impatto o se gli si dà fuoco. Con un punto di fusione di 1.132 °C è molto più facile da lavorare. Trattandosi di uno scarto nucleare, è fornito gratuitamente ai fabbricanti d'armi. Inoltre, il fatto che lo si possa utilizzare in una vasta gamma di armi permette di ridurre sensibilmente il problema della conservazione dei rifiuti nucleari. Questo tipo di arma può perforare, in pochi secondi, decine di metri di cemento armato o di roccia. Una testata all'Ui, munita di un detonatore regolato da computer in grado di misurare la densità del materiale penetrato, diventa una carica esplosiva che scoppia ad una profondità prestabilita o quando arriva nel «vuoto». In pochi secondi, tutto ciò che si trova in questo «vuoto» viene ridotto allo stato di fine polvere nera per la combustione dell'Ui. E questo si trasforma a sua volta in polvere di ossido di uranio. Mentre per un «penetratore» da 30 millimetri si ossida solo il 30% dell'Ui, nel caso di un missile l'ossidazione può arrivare al 100%. E la maggior parte delle polveri così prodotte misura meno di 1,5 micron: sono quindi respirabili. La polemica apertasi tra i pochi ricercatori specializzati in questo settore circa l'uso di armi all'Ui nel corso della guerra del Kosovo, nel tempo aveva finito col perdere di vista il suo obiettivo. Invece di chiedersi quali armi sarebbero state utilizzate sulla maggior parte dei bersagli (sotterranei in montagna) ammessi dalla Nato, era stata privilegiata la questione degli anticarro da 30 mm accettati dalla Nato, ma privi di effetto contro le installazioni sotterranee fortificate/rinforzate. Finché il dibattito si è limitato agli anticarro, si stava comunque parlando di ordigni di cui i più pesanti (da 120 mm) non superano i cinque chili. Ma le cariche esplosive all'Ui, dei sistemi di bombe guidate utilizzate in Afghanistan, arrivano fino ad una tonnellata e mezza di Ui nel caso del bunker buster (Gbu-28) fabbricato dalla Raytheon (4). A Ginevra, dove sono concentrate le organizzazioni umanitarie attive in Afghanistan, il rapporto di Dai Williams ha suscitato reazioni molto diverse. Mentre i portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Acnur) e l'Organizzazione per il coordinamento degli aiuti umanitari si sono preoccupati di diffonderlo, i principali dirigenti non sono sembrati preoccupati. Solo Medici senza frontiere e il Programma delle Nazioni unite per l'ambiente (Unep) temono, a lungo termine, una catastrofe sanitaria e ambientale. L'Unep e l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) hanno pubblicato, rispettivamente in marzo e in aprile 2001, importanti rapporti. A questi fanno continuo riferimento i sostenitori del carattere inoffensivo dell'Ui, primo fra tutti il Pentagono, il quale sottolinea l'indipendenza e la neutralità delle due organizzazioni. Ma lo studio dell'Unep è quanto meno incompleto, mentre quello dell'Oms decisamente poco affidabile. Il sopralluogo in Kosovo a partire dal quale l'Unep ha elaborato la sua analisi è stato organizzato sulla base di carte fornite dalla Nato, le cui truppe accompagnavano i ricercatori per proteggerli dalle munizioni inesplose, incluse le parti residue delle bombe a frammentazione. Con ogni probabilità, erano queste - ha scoperto Dai Williams - a contenere cariche vuote all'Ui. Le truppe Nato, impedendo ogni contatto dell'équipe con questi residui, non le avrebbero dunque permesso di scoprirne l'esistenza. Tanto più che - come si è saputo - nel corso dei sedici mesi precedenti la visita dell'Unep, il Pentagono aveva inviato nella zona almeno dieci équipe di controllo, che avevano lavorato duramente per fare pulizia (5). Sugli 8.122 «perforanti» anticarro tirati sui siti visitati, l'Unep ne ha recuperati solo undici, malgrado un tasso piuttosto elevato di esplosioni mancate. E la quantità di polveri prelevate direttamente nei punti che si riteneva fossero stati colpiti da queste armi, a diciotto, venti mesi di distanza dalla loro utilizzazione, è risultata molto scarsa. «Zone di sacrificio nazionale» Quanto all'Oms, non ha condotto alcuno studio epidemiologico degno di questo nome, ma una semplice ricerca accademica. Cedendo alle pressioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, si è limitata a studiare l'Ui come metallo pesante chimicamente contaminante. Informata, nel gennaio 2001, dell'imminente pubblicazione di un articolo di fondo che metteva in discussione il suo silenzio (6), l'Oms ha organizzato una conferenza stampa per annunciare la creazione di un fondo, dotato inizialmente di due milioni di dollari - e a breve termine di venti milioni - , per la ricerca sull'Ui. Secondo il dottor Michael Repacholi, il rapporto sull'argomento, in cantiere dall'agosto 1999 e affidato al geologo britannico Barry Smith, si sarebbe esteso al problema della contaminazione radioattiva. Gli studi preliminari, a suo dire, avrebbero comportato analisi delle urine di persone esposte all'Ui, condotte in modo da stabilire il livello di esposizione. Ma la «monografia» in questione, resa pubblica una decina di settimane più tardi, non era altro che una panoramica di una selezione della letteratura esistente. Delle centinaia di migliaia di monografie, pubblicate dalla fine della seconda guerra mondiale, che avrebbero dovuto essere studiate, il rapporto prendeva in considerazione - con poche eccezioni - solo quelle riguardanti la contaminazione chimica. Sulla contaminazione radioattiva erano stati consultati pochissimi articoli e tutti provenienti dal Pentagono o dalla Rand Corporation, fonte ispiratrice del Pentagono. In queste condizioni, non stupisce che il testo non abbia suscitato alcuna preoccupazione. Le raccomandazioni dei due rapporti, poi, si limitavano a richiamarsi al buon senso, senza discostarsi dai consigli già formulati dall'Oms dopo la fine della guerra - e ripetuti costantemente dalle organizzazioni umanitarie attive sul campo. Si raccomanda, per esempio, di marcare i siti conosciuti, di raccogliere nella misura del possibile i perforanti anticarro, di stare particolarmente attenti ai bambini per evitare che si avvicinino ai siti contaminati, di sorvegliare, eventualmente, l'acqua di alcuni pozzi, ecc. L'essenza del problema si riassume in due punti chiave: ¥ la radiazione emessa dall'Ui costituisce una minaccia per l'organismo in quanto, una volta inalate le polveri, diventa una fonte interna. Ma le norme di protezione internazionale contro le radiazioni - a cui fanno riferimento gli «esperti» per affermare che l'Ui è inoffensivo - trattano solo di radiazioni di provenienza esterna; ¥ la questione dell'«uranio sporco», che il rapporto dell'Unep ha il merito di avere sollevato. In effetti, l'uranio delle centrali nucleari, ritrattato per essere utilizzato come munizione, contiene molti elementi altamente tossici come, per esempio, il plutonio. Con 1,6 kg di questa sostanza si potrebbero uccidere otto miliardi di persone. Più che di uranio impoverito, sarebbe quindi più giusto parlare di «uranio plus». In un documentario presentato da Canal + nel gennaio 2001 (7), un'équipe di ricercatori francesi ha presentato i risultati di un'inchiesta condotta nella fabbrica di ritrattamento di Paducah, nel Kentucky. Secondo l'avvocato dei circa 100.000 querelanti, operai in servizio e in pensione, tutti contaminati per flagrante inosservanza delle più elementari norme di sicurezza, l'intera fabbrica e tutta la sua produzione è irreparabilmente contaminata. Secondo gli investigatori, proprio da questa installazione proverrebbe l'Ui dei missili lanciati su Jugoslavia, Afghanistan e Iraq (8). Queste armi rappresentano molto più che un nuovo strumento per guerre moderne. Il programma di riarmo americano, lanciato dal presidente Ronald Reagan, si basa sulla convinzione che il vincitore dei nuovi conflitti sia quello che distrugge più efficacemente i centri di comando e di comunicazione del nemico. Ma questi si trovano quasi sempre sotto terra, in bunker rinforzati. Certo, un bombardamento nucleare potrebbe avere ragione del cemento armato, ma produrrebbe radiazioni che lo stesso Pentagono definisce spaventose e avrebbe poi pesanti ricadute sulle relazioni pubbliche, in un mondo sempre più sensibile ai pericoli di una guerra nucleare. Appare allora più consono il ricorso ad una testata all'Ui, dal momento che scatena solo un incendio, incomparabile con le conseguenze di un'esplosione nucleare, ma con una potenza distruttrice altrettanto forte. Le informazioni raccolte da Dai Williams dimostrano che gli Stati uniti, dopo aver compiuto test su computer nel 1987 (9), hanno sperimentato per la prima volta questi ordigni nel 1991, contro Baghdad. La guerra nel Kosovo ha poi dato loro la possibilità di provare le armi all'Ui, prototipi o già in produzione, su bersagli di estrema durezza. L'Afghanistan permetterà di estendere e prolungare questi studi. Ma anche all'interno del Pentagono non tutto è chiaro. Dai Willliams cita molti articoli usciti sulla stampa all'inizio di dicembre (10) che parlano di équipe Nbc (nucleare-biologico-chimico) mandate sul campo per verificare eventuali contaminazioni. Queste, secondo gli Stati uniti, sarebbero imputabili ai taliban, ma, sin dall'ottobre 2001, i medici afghani, di fronte ad alcune morti rapide, apparentemente dovute a disturbi interni, accusano la coalizione di utilizzare armi chimiche. I sintomi evidenziati (emorragie, difficoltà respiratorie, vomito) fanno pensare ad una contaminazione radioattiva. Il 5 dicembre 2001, quando una bomba colpisce malauguratamente alcuni soldati della coalizione, tutti gli inviati dei media sono immediatamente prelevati e rinchiusi in un hangar. Secondo il Pentagono, si trattava di una Gbu-31 armata con una testata Blu-109. Nel documentario di Canal +, viene intervistato il rappresentante di un fabbricante d'armi presente alla fiera internazionale delle armi tenutasi a Dubai il 14 novembre 1999, dopo la guerra del Kosovo. Costui presenta la testata Blu-109 e descrive le sue capacità di penetrazione contro bersagli sotterranei fortificati e rinforzati, precisando che l'arma era stata appena testata in una guerra... Il 16 gennaio scorso, il segretario americano alla difesa, Donald Rumsfeld, ha ammesso che gli Stati uniti hanno trovato tracce di radioattività in Afghanistan (11). Ma ha garantito che si trattava solo di testate all'Ui, senza dubbio appartenenti ad al Qaeda, senza tuttavia spiegare come questa organizzazione, sprovvista d'aerei, abbia potuto lanciarle. Su questo punto Dai Williams conferma che, anche se la coalizione non si fosse assolutamente servita di armi all'uranio impoverito, quelle utilizzate dal gruppo di Osama bin Laden rappresenterebbero da sole una notevole fonte di contaminazione, soprattutto se provenienti dalla Russia: in questo caso, l'Ui potrebbe essere addirittura più «sporco» di quello di Paducah. A seguito delle sue inchieste nei Balcani, l'Unep ha creato una unità di valutazione dopo - conflitto, il cui direttore Henrik Slotte si dichiara pronto ad intervenire sul campo in Afghanistan appena possibile, a condizione che la sicurezza sia sufficientemente garantita, l'accesso alle zone interessate assicurato e l'operazione convenientemente finanziata. L'Oms, al contrario, si è chiusa in mutismo totale. Alle domande rivolte a Jon Lidon, portavoce della direttrice generale Gro Harlem Brundtland, sullo stato del fondo per la ricerca sull'Ui, l'organizzazione non si è degnata di rispondere. Secondo Dai Williams, però, gli studi epidemiologici dovrebbero cominciare immediatamente, per evitare che chi ha subito esposizioni massicce muoia e il suo decesso sia attribuito al rigore dell'inverno in un paese appena uscito da due decenni di guerre. Nella contea di Jefferson (Indiana), il Pentagono ha chiuso un poligono di tiro di circa 80 ettari dove un tempo testava obici all'Ui. Il preventivo più basso per bonificare la zona ammonta a 7,8 miliardi di dollari - senza contare lo stoccaggio perenne di uno spessore di sei metri di terra e la vegetazione da eliminare. Ritenendo il prezzo troppo alto, l'esercito ha cercato altre soluzioni e ha infine deciso di offrire il terreno al servizio dei parchi nazionali per crearvi una riserva naturale, offerta che è stata rifiutata. Ora si dice che l'ex poligono di tiro sarà riconosciuto «zona di sacrificio nazionale» con conseguente divieto di accesso in eterno! Ecco una notizia che chiarisce quale sarà il futuro delle diverse zone del pianeta in cui gli Stati uniti hanno utilizzato e utilizzeranno armi all'uranio impoverito. note: * Giornalista, Ginevra. (1) www.eoslifework.co.uk/du2012.htm (2) I siti web di Janes Defense Information (www.janes.com), della Federation of American Scientists (www.fas.org), del Centre for Defense Information (ww.cdi.org). (3) Vedere www.fas.org/man/dod-101/sys/ smart/hdbtdc.htm (4) Vedere www.fas.org/man/dod-101/sys/ smart/ e www.usatoday.com/graphics/news/gra/ gbuster/frame.htm (5) Chronology of environmental sampling in the Balkans, www.deploymentlink.osd.mil/ du_balkans (6) «Silenzi e menzogne sull'uranio impoverito», Le monde diplomatique/il manifesto, febbraio 2001. (7) La Guerre radioactive secrète di Martin Meissonnier, Roger Trilling, Guillaume d'Alessandro e Luc Hermann, l'inchiesta presentata nel febbraio 2000, è stata attualizzata e trasmessa nuovamente nel gennaio 2001 con il titolo L'Uranium appauvri, nous avons retrouvé l'usine contaminée, di Roger Trilling e Luc Hermann. (8) Si legga Naïma Lefkir Lafitte e Roland Lafitte, «Armi radioattive contro il "nemico iracheno"», Le Monde diplomatique/il manifesto, aprile 1995. (9) The Use of Modeling and Simulation in the Planning of Attacks on Iraqi Chemical and Biological Warfare Targets: www.gulflink.osd.mil/aircampaign (10) Si legga in particolare «New Evidence is Adding to US Fears of Al-Qaida Dirty Bomb», International Herald Tribune, 5 dicembre 2001; «Uranium Reportedly Found in Tunnel Complex», USA Today, 24 dicembre 2001. (11) U.S. Says More Weapons Sites Found in Afghanistan, Reuters, 16 gennaio 2002. (Traduzione di G. P.) ===*=== +++ NATO verseuchte Jugoslawien mit Uran +++ BELGRAD, 6. April 2002. In der NATO-Aggression gegen Jugoslawien 1999 wurden fünf Regionen außerhalb der Provinz Kosovo und Metochien radioaktiv verseucht, die von dem Einsatz der Uran-Geschosse durch die NATO am stärksten betroffen ist. Das ist das Ergebnis einer gemeinsamen Studie der UNO- und der jugoslawischen Experten. Auch in den Körpern der Menschen, die in radioaktiv Verseuchten Landstrichen leben, wurden Partikel vom gefährlichen angereichterten Uran aus US-Geschössen entdeckt, sagte der Leiter der Abteilung für Strahlungsschutz der Belgrader Militärmedizinischen Akademie (VMA) Dr. Milan Misovic. Generalleutnant Milan Zaric, Leiter der ABC-Schutztruppe der Jugoslawischen Armee, daß die NATO, neben dem Einsatz der Urangeschosse auch gezielt jugoslawische Chemiewerke zerstörte, um Folgen hervorzurufen, die mit einem Angriff mit Chemie-Waffen vergleichbar sind. TIKER / AMSELFED.COM ===*=== VADEMECUM: LE PRINCIPALI FONTI DI INFORMAZIONE AFFIDABILI SULL'U238, IN LINGUA ITALIANA * Al sito internet: > http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/index.shtml si trova praticamente TUTTA la documentazione utile in materia * Segnaliamo i libri: 1. IMBROGLI DI GUERRA Scienziate e scienziati contro la guerra Contributi al Seminario sulla guerra nei Balcani Istituto per le Applicazioni del Calcolo - CNR Roma, 21 giugno 1999 A cura di Franco Marenco © 1999 Odradek Edizioni SRL Via delle Canapiglie 112 - 00169 Roma Tel. (06) 68.33.451 http://www.eco-cooperazione.it/odradek/ odradek at tiscalinet.it ISBN 88-86973-21-7 interamente leggibile su: http://www.scienzaepace.it/libro/ 2. AA.VV. "CONTRO LE NUOVE GUERRE" Scienziate e scienziati contro la guerra Atti del convegno "Cultura, Scienza e Informazione di fronte alle nuove guerre" Politecnico di Torino 22-23 giugno 2000 a cura di Massimo Zucchetti Odradek edizioni, pagine 282, lire 24000 ISBN 88-86973-25-X 3. Il metallo del disonore:l'uranio impoverito versione italiana del testo dell'IAC (lire 15.000 più spese di spedizione) Centro di documentazione sul movimento operaio Wilhelm Wolff di Marghera P.le Radaelli , 3 (VE) e-mail wilhelm_wolff at yahoo.com http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti/dishonor.shtml * LINK a documenti su COSA E' E COME AGISCE l'uranio impoverito, in ordine crescente di complessita': 1. DOMANDE E RISPOSTE BREVI E SEMPLICI: http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/u238/scheda_pck.shtml 2. OTTIMO BREVE ARTICOLO - PDF Dal libro "Imbrogli di Guerra" (Odradek 1999) Nicola Pacilio e Carlo Pona: Uranio impoverito (formato pdf - 208 kb) http://www.scienzaepace.it/libro/pdf/07-paci.pdf 3. OTTIMO RAPPORTO, PIU' LUNGO ED AGGIORNATO - IN HTML !!! Comitato Scienziate e Scienziati contro la guerra - Gennaio 2001 Alcune tesi e fatti sull'uranio impoverito (DU), sul suo uso nei Balcani, sulle conseguenze sulla salute di militari e popolazione. M. Cristaldi, A. Di Fazio, C. Pona, A. Tarozzi, M. Zucchetti (anche in formato RTF 115 kb e PDF 64 kb - English PDF 74 kb) http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti/uranio_impoverito.html -------------------------------------------------------- FOR FAIR USE ONLY --> La lista JUGOINFO e' curata da componenti del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ). 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