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A proposito di moratorie, ruolo internazionale e uranio...lo dicevo nel luglio 1999 !
- Subject: A proposito di moratorie, ruolo internazionale e uranio...lo dicevo nel luglio 1999 !
- From: "Tiziana Boari" <tboari at iol.it>
- Date: Wed, 10 Jan 2001 21:23:33 +0100
Vi invio un testo inedito, scritto nel luglio 1999 per l'esame di abilitazione professionale. E' agli atti ufficiali presso l'Ordine NAzionale dei Giornalisti. Cosa ne pensate voi ? Tiziana Boari giornalista , Roma TESINA SCRITTA PRESENTATA ALL'ORDINE NAZIONALE DEI GIORNALISTI NEL LUGLIO 1999, PER L'ESAME DI ABILITAZIONE PROFESSIONALE, L'assetto e la ricostruzione della martoriata regione balcanica è in procinto di essere discusso all'interno di una Conferenza ad hoc che aprirà i lavori a Sarajevo alla fine di luglio. Il futuro della Jugoslavia è alquanto incerto, la comunità internazionale (eccetto l'Italia) appare restia a concedere fondi alla Serbia di Milosevic, utilizzando lo strumento dell'aiuto umanitario e alla ricostruzione come uno strumento di pressione politica. Di fatto questa guerra - niente affatto "umanitaria" e che poteva essere evitata se si fosse voluto - ha riportato indietro di molti decenni lo sviluppo di un paese già segnato da molti anni di sanzioni economiche, e sta creando paradossalmente emergenze umanitarie a catena. In primis, grazie ai danni provocati all'ambiente che avranno sicure ripercussioni sulla salute dei rifugiati che tornano, su quella dei militari della Kfor e del personale civile, governativo e non governativo, operante nell'area. Il Centro Ambientale Regionale per l'Europa Centrale ed Orientale (REC), per conto dell'Ufficio XI della Commissione Europea, ha recentemente pubblicato in un rapporto di "Valutazione dell'impatto ambientale delle attività militari nel corso del Conflitto in Jugoslavia" i risultati di una ricerca preliminare eseguita nel mese di giugno nell'area affetta dalla guerra (Jugoslavia, Macedonia, Albania, Romania, Bulgaria). Lo studio, reso noto in Italia dal Ministero dell'Ambiente, tuttavia non fornisce i dati relativi alla sola provincia del Kosovo. Dati che tuttavia sarebbe importante conoscere proprio per valutare e affrontare meglio la fase di rientro dei profughi e di ricostruzione complessiva della regione. A chi scrive non risulta nemmeno che ci sia stata a tutt'oggi un'iniziativa in questo senso da parte delle FFAA, solite ad inviare apposite unità di verifica nucleare-batteriologica e chimica (NBC) nelle aree destinate ai nostri contingenti militari. Dopo 17.000 attacchi aerei contro un centinaio di obiettivi industriali nel corso di 78 giorni di guerra, se i dati relativi al Kosovo fossero analoghi a quelli forniti sul resto della regione dallo studio della Commissione Europea, ci sarebbe di che preoccuparsi . Non v'è dubbio che i missili a perforazione (anticarro) e alcune bombe, in dotazione agli aerei americani, contenessero uranio impoverito che, rilasciandosi in forma di aerosol, si diffonde facilmente nell'ambiente, è radioattivo ed altamente tossico. Questo, come molti altri composti chimici tossici e cancerogeni liberati dopo i bombardamenti, potrebbero causare aborti e menomazioni dei nascituri, affezioni mortali al fegato e al sistema nervoso . La "sindrome del Golfo" si convertirebbe in "sindrome dei Balcani" : il problema è chi poi dovrà accollarsene i costi sociali, dentro e fuori la regione. Da non sottovalutare è anche il massiccio inquinamento del suolo e delle acque, contaminate - soprattutto quelle del Danubio in Romania - da metalli pesanti come piombo, stagno, cadmio. E relativa contaminazione delle colture e dei capi di bestiame rimasti, in una regione, se i dati dovessero essere confermati anche per il Kosovo, a prevalente economia agricola. Di cosa dovrebbe vivere quei 640.000 profughi kosovari tornati a casa negli ultimi giorni ? Questo si aggiungerebbe ai dati catastrofici forniti recentemente dall'Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, secondo i quali, su un campione di 141 villaggi su 2000 delle regioni a maggioranza albanese (perché non esaminare anche quelle a maggioranza serba ?) risulta distrutto il 64% delle case e inquinato da calcinacci e chissà cos'altro il 40% delle risorse idriche. Il 76% della gente ritrova una casa inabitabile o distrutta ed è costretta ad alloggiare altrove, mentre il 31% denuncia la mancanza di cibo a sufficienza. Di certo, come sostiene anche il nostro Ministro all'Ambiente Ronchi, la ricostruzione vera e propria non sarà possibile senza operare prima una bonifica ambientale, a meno che non si voglia ricadere nell'errore commesso in Bosnia dove, secondo il ministro, ci sarebbe stata <<una ricostruzione di facciata e non un risanamento>>. Si allarga così il nuovo Mezzogiorno di un'Europa che dalla "lezione" balcanica dovrebbe cominciare ad imparare qualcosa per garantirsi un futuro dignitoso a livello economico e soprattutto politico. L'Italia poi è la prima a doversi risvegliare da un sonno non profondissimo, ma pur sempre micidiale a livello internazionale e in particolare in un'area che, oltre a essere vicinissima, la vede anche sempre protagonista in prima linea negli sforzi umanitari tesi a contenere il flusso di profughi dalle nostre coste, ma mai nelle strategie politiche a medio-lungo termine. E sono quelle che, a conti fatti, pagano di più, in termini economici come di credibilità politica internazionale. La disponibilità del Ministero dell'Ambiente e di enti quali l'Enea nel fronteggiare l'emergenza ambientale nei Balcani è già stata ufficialmente dichiarata : vedremo cosa il Governo saprà far arrivare in porto sul piano internazionale, dopo la clamorosa esclusione dai due livelli di vertice della missione di governatorato ONU in Kosovo. Uno smacco che risulta difficile da digerire, dato che lo scotto più alto in questa guerra è stato pagato dal nostro paese : non dimentichiamo le bombe scaricate dagli aerei NATO in Adriatico e scoperte quasi per caso e a loro danno dai nostri pescatori. Eppure in qualche modo questo trattamento giunge anche meritato : in una situazione grave come quella verificatasi, non abbiamo avuto il coraggio di alzare per tempo la testa, affetti come siamo da un complesso d'inferiorità internazionale, assolutamente fuori luogo per l'importanza strategica che invece riveste il nostro Paese. Lo scoglio è forse proprio quello del personale civile e militare da inviare nelle missioni internazionali : la politica estera comincia anche da questi livelli. Cruciale a tale riguardo è la formazione, l'addestramento, la conoscenza di lingue straniere (ancora molto carente tra i militari). I civili purtroppo - e la recente e fallimentare missione di verifica dell' OSCE in Kosovo lo dimostra - non godono appieno del sostegno della Farnesina, apparentemente incapace di dare direttive strategiche seppur minime al personale esterno che invia all'estero e ancora poco trasparente e farraginosa in tutto ciò che concerne gli strumenti contrattuali da applicare. A livello alto, vitale è l'identificazione di interessi nazionali specifici da perseguire come prioritari senza falsi pudori, con coerenza e competenza può restituirci un barlume di credibilità internazionale e negoziale. E' solo definendo chiaramente i propri interessi nazionali, con un'identità dai contorni chiari e netti, che si riesce a far pesare il proprio ruolo e dunque a produrre strategie. Se non capiremo questo e non lo perseguiremo con coraggio e coerenza, alla resa dei conti finale neanche la più grande operazione di solidarietà italica potrà esimerci dall'ingrato ruolo di ultima ruota del carrozzone internazionale.