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[WWW][MAN] Ocalan: chi paga le granate sui kurdi?
- Subject: [WWW][MAN] Ocalan: chi paga le granate sui kurdi?
- From: Marco Trotta <matro at www.zzz.it>
- Date: Tue, 6 Jul 1999 12:21:29 +0200 (MET DST)
_[Ripostato da: Il Manifesto - http://www.ilmanifesto.it ]________________ [http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/04-Luglio-1999/art15.html] 04 Luglio 1999 Chi paga le granate sui kurdi? L'ammontare del debito estero turco equivale alle spese per la guerra - LUCIANO BERTOZZI - ROMA All'indomani del vertice del G-8 di Colonia, che ha affrontato anche la questione del debito dei paesi "in via di sviluppo", abbiamo chiesto a Nicoletta Dentico, della campagna Sdebitarsi, quale sia il peso del rapporto fra debito e spese militari, con particolare riferimento alla Turchia. "Il legame fra indebitamento e spese per gli armamenti - spiega la Dentico - e` una delle implicazioni piu` odiose e inaccettabili del debito. Odiosa, ma assai rilevante, se si pensa che quasi un terzo dei 2200 miliardi di dollari di debito accumulati dai paesi "in via di sviluppo" verso i governi creditori nel 1997 e` riconducibile alle operazioni di prestito e di acquisto di materiale bellico, con il coinvolgimento delle banche, delle imprese e delle agenzie di assicurazione del credito all'esportazione dei paesi ricchi. Odiosa, anche perche' il debito alimentato dalle spese di armamenti e` quasi sempre legato a compiacenze con governi corrotti e regimi deficitari per democrazia ed rispetto dei diritti umani. La Turchia ha un debito estero elevato eppure, secondo il Sipri, il prestigioso istituto di ricerche svedesi sulla pace, e` stata una delle principali importatrici mondiali di armamenti. La Turchia spende la maggior parte del proprio budget nella guerra contro i kurdi. Si arma rapidamente e, soprattutto negli ultimi anni, ha investito notevoli somme di denaro nell'acquisto di materiale bellico. Nei 14 anni di lotta contro il Pkk (1984-1998), la Turchia ha speso 86 miliardi di dollari, una cifra che si avvicina moltissimo all'ammontare del debito estero turco, 92 miliardi di dollari. Si tratta di un circolo vizioso che tutti alimentano, a partire dai paesi membri della Nato che esportano armi verso la Turchia, intoccabile alleata, in barba ai codici di condotta sul commercio delle armi adottati a livello europeo, o, come nel caso dell'Italia, nonostante la legge 185/90 che vieta l'esportazione a paesi coinvolti in conflitti, o che violano i diritti umani. Stando ad alcuni rapporti del Sipri relativi al periodo 1984-1995, la Turchia avrebbe speso 61 miliardi di dollari per il riarmo: nel '94 e` stata il maggior acquirente di armi nel mondo, nel '95 il secondo, nel '96 il settimo. L'impunita` e` una delle regole fondamentali nel gioco del debito, sia per chi presta in modo scriteriato sia per chi prende a prestito investendo in brutali repressioni denari non suoi. Noi contribuenti occidentali, e soprattutto il popolo turco e quello kurdo, pagheremo due volte il prezzo del business insanguinato della guerra. Quella nel Kurdistan turco ha costi notevolissimi: Ankara vuol risolvere la "questione kurda" in maniera militare e cio` rende necessario l'acquisto di un sempre maggior numero di armi, dunque l'enorme spesa per gli armamenti, gia` disposta dal governo per i prossimi anni non potra` che far lievitare il debito turco? Lo stato turco prende i soldi a prestito, aumenta i prezzi e crea fondi speciali per trovare le risorse finanziarie necessarie a sostenere la guerra. Tuttavia, le spese sono cosi` elevate che la Turchia non riesce neppure a ripagare gli interessi maturati sui debiti interni ed esteri. Solo per fare un esempio, nel periodo gennaio-settembre 1998 gli interessi sui debiti accumulati avevano raggiunto la somma di circa 13 miliardi di dollari. A partire dal 1998, Ankara ha pagato 48 milioni di dollari al giorno su questi debiti. Detto in altre parole, ogni cittadino turco ha versato 209 dollari per la guerra contro i kurdi, nei soli primi nove mesi del 1998. Alla Turchia converrebbe molto cogliere al balzo la proposta di Ocalan per una soluzione democratica della questione kurda. E la pace servirebbe a evitare nuovi inutili massacri: i principi "umanitari" della Nato non troveranno mai applicazione contro i leader militari turchi. Servirebbe a garantire un po' di stabilita` nella regione e a spezzare quella spirale di insolvenza economica, che gia` oggi inficia seriamente ogni vera possibilita` di sviluppo del paese. E' evidente che le spese di guerra e un debito cosi` elevato hanno pesanti conseguenze anche sulla qualita` della vita dei turchi. Guerra e debito ipotecano seriamente il futuro sviluppo della regione, alimentando invece l'economia dell'illegalita` e della corruzione. Infatti, in Turchia si e` deciso di ricorrere ai proventi derivanti dal traffico della droga, dal contrabbando e dal riciclaggio del danaro sporco. Stando ai dati del Programma internazionale per il controllo della droga dell'Onu e della statunitense Dea, il traffico mondiale della droga produce proventi per un totale di 500-600 miliardi di dollari ogni anno. Secondo Sinasi Aydemir, contabile della Commissione di ispezione del ministro delle finanze di Ankara, la fetta della Turchia nel mercato della droga ammonta a 60 miliardi di dollari ogni anno. Il primo ministro turco ha dichiarato d'altronde che la partecipazione turca nel traffico di droga rappresenta il 38% a livello mondiale, il 60% a livello europeo. L'Italia, come altri gli paesi piu` industrializzati, gioca un ruolo importante nella lievitazione del debito turco (ad esempio con le vendite di armi). Cosa possono fare qui i cittadini contrari a quel traffico? Bisognerebbe innanzitutto rendersi conto che la questione del debito non e` un problema lontano, che riguarda qualche miliardo di persone povere lontano da noi, ma e` un problema che ci vede direttamente coinvolti, in quanto cittadini che pagano le tasse. Cosi` come i poveri del sud devono sostenere l'onere della restituzione, noi contribuenti paghiamo l'esposizione e i rischi delle banche che concedono cattivi prestiti, delle aziende i cui crediti restano insoluti. Nel caso specifico della vendita di armi alla Turchia, i cittadini italiani hanno il dovere di richiamare il governo alla rigorosa applicazione della legge 185 sul commercio delle armi, che impedisce l'esportazione ai paesi coinvolti in conflitti o guerre interne, ai governi che non rispettano i diritti umani, o che investono piu` per la difesa che per la salute e l'istruzione. Infine, la Sezione speciale per l'assicurazione del credito all'esportazione (Sace), ente pubblico sotto il controllo del ministero del commercio con l'estero e del Tesoro, e` pesantemente coinvolta nel controverso progetto Ilisu, la costruzione della piu` grande diga turca, sul fiume Tigri, nel Kurdistan turco. A Ilisu partecipa l'azienda italiana Impregilo, della famiglia Fiat, che ha un costo di 32 miliardi di dollari, ed e` fortemente discutibile in quanto si calcola che il suo impatto ambientale, economico e archeologico sia enorme. Un tipico megaprogetto, dal quale persino la Banca mondiale si e` ritirata nel lontano 1984. In Italia c'e` una campagna per bloccarne la realizzazione, sostenuta tra gli altri da Amnesty International e da "Un Ponte per ...": tutti possiamo, e dobbiamo mobilitarci perche' la costruzione di questa diga, che serve piu` gli interessi imprenditoriali di un ristrettissimo numero di aziende che le popolazioni di quell'area, sia fermata. __________________________________________________________________________
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