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22 Giugno 1999     


LE BOURGET
Le armi provate in guerra valgono di piu`
MANLIO DINUCCI 

I dirigenti della Boeing sono preoccupati: a causa della crisi economica
asiatica, gli ordinativi di aerei civili potrebbero calare quest'anno del
40%. Lo hanno detto al Salone aeronautico internazionale che si e` chiuso
domenica Le Bourget (Parigi), dove erano presenti insieme ad altri 1.764
espositori di 40 paesi, tra cui oltre 500 statunitensi.

Le maggiori industrie aeronautiche del mondo hanno presentato la loro
produzione, compresa quella militare che, in un periodo di crisi come
l'attuale, diventa ancora piu` decisiva. Hanno percio` sciorinato
all'aeroporto di Le Bourget tutto il loro campionario. Per gli acquirenti
non c'e` che l'imbarazzo della scelta.

Tra gli elicotteri da attacco, ad esempio, si puo` acquistare un Apache
della statunitense McDonnell Douglas o un Tigre prodotto dalla francese
Aerospatiale e dalla tedesca Daimler-Benz, oppure farsi tentare da un
Comanche (i nomi degli indiani d'America sono di moda) della statunitense
Boeing. Ma come sapere quale elicottero, cacciabombardiere, missile, bomba a
grappolo o a guida laser e` migliore? Basta guardare se ha il marchio
"combat proven" (provato in combattimento). Un vero e proprio certificato
d.o.c. che ne attesta la piena affidabilita`.

Quest'anno, nel Salone di Le Bourget, i prodotti col marchio "combat proven"
abbondavano perche', fortunatamente, c'e` appena stata una guerra. Essa ha
permesso di provare in combattimento 1.100 aerei che, in 35mila missioni,
hanno lanciato piu` di 20mila bombe e missili sulla Serbia e il Kosovo. La
loro efficacia e` fuori discussione, come documenta il Times (13/6/1999):
hanno distrutto tra l'altro 63 ponti, 14 centrali elettriche, le raffinerie
di Pancevo e Novi Sad, la fabbrica automobilistica Zastava e altre 40
industrie, oltre 100 centri d'affari, 13 aeroporti, 23 linee e stazioni
ferroviarie, per un costo stimato (per la sola Serbia) in oltre cento
miliardi di dollari.

La parte del leone l'ha fatta l'industria militare statunitense, che ha
fornito il 75% degli aerei e il 90% delle bombe e dei missili usati nella
guerra. Ha fornito, inoltre, le tecnologie elettroniche della rete di
comunicazione, comando, controllo e intelligence (C3I) attraverso cui e`
stata gestita l'intera operazione bellica. Dei 2.000 obiettivi colpiti in
Serbia dagli aerei della Nato - documenta il New York Times (15/6/1999) -
1.999 sono stati scelti dall'intelligence statunitense e solo uno dagli europei.


* * *


E' quindi naturale che le industrie statunitensi si siano presentate al
Salone di Le Bourget con un notevole margine di vantaggio sulle concorrenti.
La Raytheon - che nei 78 giorni di guerra ha visto salire le proprie azioni
del 28% - ha ricevuto dal governo britannico, martedi` scorso, un ordinativo
di cinque aerei per la sorveglianza del campo di battaglia, il cui prezzo
complessivo e` di circa 1,3 miliardi di dollari; prevede inoltre di piazzare
missili Tomahawk per un valore di oltre un miliardo di dollari. "Ogni
missile che e` stato lanciato deve essere rimpiazzato", ha spiegato un
esperto del settore aerospaziale. E' giusto: si svuotino gli arsenali per
riempire gli arsenali.

Le industrie militari europee, guidate dalla British Aerospace (salita, con
l'acquisizione della Marconi, al secondo posto mondiale dopo la statunitense
Lockheed Martin), non si sono pero` rassegnate. A Le Bourget hanno esibito,
tra i vari armamenti, il prototipo del caccia Eurofighter, alla cui
costruzione partecipa la Alenia aerospazio: un aereo di cui l'Italia
acquistera` 121 esemplari al costo unitario di 130 miliardi di lire, per
complessivi 16mila miliardi - l'ammontare esatto dei tagli alla spesa
pubblica, previsti nella prossima finanziaria - cui si aggiungeranno i costi
operativi.

Proprio mentre nella vetrina di Le Bourget erano in mostra questi gioielli,
e` arrivato in Europa il presidente Clinton. Ma, contrariamente a quanto
prevedevano i malevoli, lui, uomo di pace, non e` andato al Salone ad
ammirare gli aerei da guerra. E' invece andato alla sede della Nazioni unite
a Ginevra, a perorare la causa della "abolizione nel mondo delle forme piu`
abiette di lavoro infantile abusivo" (Washington Post, 16/6/1999). Questi
bambini, ha sottolineato Clinton, "invece di essere costretti a lavorare,
dovrebbero andare a scuola".

Giusto. Per mandarli a scuola e impedire cosi` che un miliardo di persone
sia analfabeta, basterebbe (secondo un calcolo dell'Unesco) aumentare per un
decennio la spesa mondiale per l'istruzione di 7 miliardi di dollari annui:
il 2% di quanto gli Stati uniti spendono per la propria macchina bellica. E,
possibilmente, evitare "danni collaterali" come quelli provocati in Serbia,
dove gli aerei statunitensi e Nato hanno distrutto - come documenta il Times
(13/6/1999) - oltre 300 scuole. 



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