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5 ottobre
- Subject: 5 ottobre
- From: "Valeria Ponticiello" <valepont at tin.it>
- Date: Fri, 1 Oct 2004 18:15:50 +0200
ecco parole che finora mi sono rifiutata di scrivere, Edward sarà ucciso il
5 ottobre.
se ti stai chiedendo chi sia, la risposta è un amico, un amico che mi ha
insegnato tante cose, fatto crescere mettendo in discussione tutti i
cosiddetti valori e principi per i quali le persone sono pronte ad uccidere.
Edward fu condannato a morte nel 1992, aveva da poco compiuto 18 anni, e
ora che ne ha trenta morirà.
Mi spiace non ho la forza di entrare nel merito della vicenda che l'ha
condotto a vivere quasi metà della sua vita in un braccio della morte, non
voglio dire nulla sull'innocenza o la colpevolezza, sul processo equo o
farsa. Di seguito trovi la sua storia, se hai voglia di leggerla.
Non ti chiedo soldi, adesso non servono a nulla, ti chiedo solo se ci credi
di mandare anche tu un appello al governatore, che ti mando in allegato o
sei vuoi un biglietto di solidarietà ad Edward perchè non si senta troppo
solo, troppo odiato, anche se morirà solo e circondato dall'odio di una
giustizia schizofrenica.
grazie, se puoi diffondi l'appello
valeria
Edward Green #999073
12002 South Polunsky Unit
Livingston Texas 77351 USA
Edward Green è un giovane afroamericano, nato il 5 Marzo 1974 a Houston,
che dal 1992 vive nel braccio della morte del Texas.
La sua storia, simile a quella dei tanti condannati a morte, si perde fra
ipotesi d'innocenza e di colpevolezza, fra prove confuse e confusi
difensori d'ufficio. Il suo caso non ha suscitato particolare interesse, e
il suo arresto non può essere considerato la ritorsione per un suo impegno
sociale o politico.
Edward aveva appena diciotto anni quando entrò nel braccio della morte di
Ellis I, "l'inferno sulla terra". Condannato a morte, Edward si ritrovò
solo, a dover affrontare il suo destino, una tormentata attesa della morte,
senza il sostegno di nessuno. La sua famiglia non aveva né i mezzi, né la
forza di aiutarlo.
Vivere nel braccio della morte vuol dire smettere di essere un uomo e
diventare un numero, subire un regolamento il cui obiettivo è umiliare,
annientare l'identità di persone che la società non ritiene più degne di
vivere; ogni bassezza, ogni crudeltà, ogni punizione nei confronti dei
detenuti è dunque consentita.
Per Edward iniziò un periodo difficilissimo, di sconforto totale; tuttavia,
in quell'inferno ricevette un gesto di grande solidarietà da Paul Rougeau,
un uomo detenuto nel braccio della morte dal 1978.
Paul Rougeau, uno dei tanti innocenti uccisi dallo Stato del Texas, era
riuscito a creare un forte movimento di opinione intorno al suo caso e
corrispondeva assiduamente con alcuni italiani, che erano diventati i suoi
più cari amici. Nelle sue lettere, che erano sempre lette dalle guardie del
penitenziario addette al controllo della posta dei detenuti, Paul scriveva
esattamente quello che succedeva in carcere, le punizioni, la violenza e la
crudeltà dei trattamenti riservati ai detenuti. Ovviamente non ebbe vita
facile, ma non si arrese e la sua ostinazione sconcertò a tal punto le
guardie che cominciarono ad averne soggezione.
In quell'inferno Paul si accorse di quanto Edward fosse solo e smarrito e
gli regalò una delle tante lettere di sostegno che riceveva; così Edward
scrisse la sua prima lettera ad una giovane donna italiana, Stefania, che
gli rispose con parole semplici: "Per te non ci sarà più solitudine".
Stefania ha mantenuto la sua promessa e, grazie al suo impegno, nel Maggio
1994, è stato costituito a Napoli il comitato di difesa legale a sostegno
di Edward Green.
Altre persone hanno cominciato a corrispondere con Edward, che quale
attraverso le lettere ci ha raccontato la sua difficile vita. Suo padre
lavorava per l'esercito americano e, con la famiglia, si spostava
continuamente fra il Texas, la Germania ed il North Carolina. Alcuni anni
dopo la nascita di Edward, decise di lasciare l'esercito, forse lusingato
dalla possibilità di fare carriera come pugile. Nulla andò come previsto e
così, per sostenere la famiglia, cominciò a svolgere attività illecite,
fino al traffico di stupefacenti. Quando Edward aveva undici anni, il padre
fu barbaramente ucciso per un regolamento di conti; fu proprio Edward a
scoprire il corpo del padre impiccato ad un albero, con i genitali
mutilati. Edward ne rimase traumatizzato. Due anni dopo lo zio, che aveva
in qualche modo cercato di supplire alla figura paterna, seguì la stessa
sorte. A questi lutti, Edward reagì provando risentimento per tutti,
cogliendo ogni occasione per sfogare la sua rabbia e le sue frustrazioni.
La madre di Edward cercò di ricostituire una famiglia. Si unì ad un uomo ed
ebbe due bambine. Nonostante ciò, cominciò ad abusare di alcolici e droghe.
Edward assistette impotente al crollo della madre, nei confronti della
quale perse fiducia e rispetto; cominciò a non andare più a scuola e a
spacciare droghe. Fu spesso affidato ad una zia e alla nonna materna, ma
mai stabilmente.
All'età di sedici anni, Edward venne rinchiuso in un riformatorio di
Houston, la Giddings School, per aver avuto rapporti sessuali con una
minorenne. In quell'istituto gli fu diagnosticato una sindrome da stress
post-traumatico. I traumi vissuti, la solitudine, la violenza che lo
circondavano erano la causa di questo disturbo.
Un esperto ha spiegato che Edward è cresciuto in una situazione di violenza
e prevaricazione equivalente ad uno stato di guerra; per i bambini è
fondamentale che si sentano protetti dai genitori, ma Edward, proprio come
i bambini che vivono in uno stato di guerra, non ha mai avuto questa
percezione, provando sempre insicurezza e paura. Le persone che soffrono di
questo disturbo nel corso della vita si caricano di frustrazioni e paure
che cercano di mascherare con l'aggressività.
Alla Giddings School, Edward venne sottoposto ad una terapia che
inizialmente non diede risultati; però, in un secondo momento Edward
cominciò a confidarsi con i terapisti e a provare empatia nei confronti
delle persone cui aveva fatto del male, ma poiché stava per compiere la
maggiore età, nessuno aveva più la responsabilità di riabilitarlo. Così
Edward tornò alla vita di sempre, si legò ad una ragazza, Nikki, da cui ha
avuto una bambina, Kiara, nata il 29 Ottobre 1992, quando era già in
carcere.
Edward fu condannato a morte perché ritenuto colpevole del duplice omicidio
di Edward Perry Haden di 72 anni, e di Helen O'Sullivan di 63 anni,
entrambi bianchi, avvenuto la notte tra il 30 ed il 31 Agosto 1992. Venne
fermato l'1 settembre 1992 perché viaggiava in metropolitana senza
biglietto e senza documenti di riconoscimento; solo quando si trovava già
in stato di fermo, al dipartimento di polizia, fu accusato di omicidio. Ma
non furono le indagini della polizia a collegare Edward agli omicidi, bensì
una telefonata fatta da un informatore anonimo proprio a quel distretto di
polizia, dove si trovava Edward.
Gli avvocati d'ufficio, Ricardo Rodriguez e Ronald Hayes, che avrebbero
dovuto difendere Edward, non ritennero necessario incontrarlo prima del
processo, né che egli testimoniasse per discolparsi.
La sentenza di condanna alla pena capitale, comminata in primo grado di
giudizio, è stata confermata in sede di Authomatic Council dalla Criminal
Court of Appeal of Texas, il cui unico compito è valutare se il processo si
è svolto nel rispetto della Costituzione.
Il 5 Febbraio 1996, un altro avvocato d'ufficio, Janet Morrow, presentò la
richiesta per il Writ of Certiorari presso la Corte Suprema, affinché
questa potesse riesaminare gli atti del processo, le prove, le
testimonianze, e fosse messa in grado di decidere nel merito della
sentenza, ma il 24 Giugno 1996 la Corte Suprema rigettò il ricorso.
Un aspetto paradossale di questa situazione è che i vari difensori
d'ufficio, che si sono succeduti nelle fasi del processo di Edward, non lo
hanno mai reso partecipe o informato degli appelli. Addirittura l'avvocato
Morrow, si fece sempre negare al telefono ai rappresentanti del comitato, e
solo per l'ostinazione del comitato il marito dell'avvocato, che lavorava
nello stesso studio legale, accettò di dare delle informazioni, ed ebbe il
coraggio di dichiarare che la legge impediva alla moglie di incontrare
personalmente il suo assistito, ovviamente era una falsità.
Per molto tempo, le notizie inerenti la situazione legale del caso di
Edward ci sono state fornite da una rappresentante di Amnesty International
negli USA, perché non solo i legali rifiutavano ogni contatto con il
comitato, ma lo stesso Edward non ne sapeva nulla.
Nel Luglio 1996, Tania, una ragazza del comitato andò in Texas per
incontrare Edward, che durante il colloquio, con un mezzo sorriso, come per
non allarmarla le disse: "Credo di poter vivere ancora per alcuni anni".
Nel Gennaio 1997, lo Stato del Texas stabilì di stanziare maggiori fondi
per la difesa dei condannati a morte, con lo scopo di sedare le polemiche
in merito alla totale assenza di mezzi dei difensori d'ufficio, e di
simulare un impegno per garantire un'efficiente difesa a tutti. Così nel
Marzo 1997 ad Edward fu assegnato un altro avvocato d'ufficio, Michael
Charlton.
L'avvocato Charlton non crede che la pena di morte sia uno strumento di
giustizia ed è molto critico nei confronti dei precedenti difensori di
Edward, perché non avevano né letto gli atti d'accusa, né preparato un
tentativo di difesa.
I fondi statali, ovviamente, non stati sufficienti alle spese per le
investigazioni, che sono state sostenute dal comitato. Nell'Ottobre 1997,
l'avvocato Charlton ha presentato la richiesta di Habeas Corpus, un appello
fondamentale per la riapertura del processo. La Corte di Stato può
pronunciarsi in qualsiasi momento, accettare o rifiutare di accordare un
nuovo processo.
Gli elementi in favore di Edward sono tantissimi: testimonianze costruite
dall'accusa, un collegio difensivo che, meno e peggio, non avrebbe potuto
fare, ed una serie di attenuanti che si possono ignorare solo se si ritiene
che certe persone nascano unicamente per popolare i bracci della morte,
perché neri, poveri e svezzati con droghe, armi e degrado.
Nell'Aprile 1998, altri due membri del comitato hanno incontrato
personalmente Edward, nel parlatorio del braccio della morte, dove non è
consentito nessun contatto diretto fra i detenuti ed i visitatori, che sono
separati da uno spesso vetro rinforzato da una rete metallica. Queste
barriere che impediscono anche semplicemente di sfiorarsi la mano, non
fermano però le parole, gli sguardi, i sorrisi, su cui viaggiano i
sentimenti e le emozioni.
Durante le visite, Edward ha parlato con calma, forse con rassegnazione, ma
con maturità, ed ha dimostrato una grande ricchezza interiore; nelle sue
parole non c'erano né disperazione, né rancore per una società che l'ha
costretto a vivere nei ghetti più violenti di Houston e che, fin
dall'infanzia, non gli ha risparmiato nessun orrore della vita.
Nessuno vuole convincervi che Edward sia un angelo nero, ma possiamo dire
con certezza che è un giovane uomo, consapevole di vivere per morire,
ucciso da uno Stato "civile" che stipendia coloro che provvederanno alla
sua esecuzione.
Edward ha affidato ai suoi amici italiani poche parole di riconoscenza per
tutti coloro che si impegnano per lui:
Ellis I - Huntsville, 21 Aprile 1998
"A tutti i membri del comitato:
Avere conosciuto Lorenzo e Valeria è stata per me un'esperienza
importantissima. Spero che un giorno sia possibile incontrare tutti voi
personalmente, perché solo chi mi ha davvero conosciuto, chi mi ha visto in
questo luogo, può comprendere e spiegare a tutti voi quali sono le mie
sofferenze, la mia angoscia, ma anche i miei momenti di gioia e dirvi quali
sono i miei sentimenti nei confronti di tutti voi, che mi siete così vicini.
Vi mando il mio amore, tanto amore."
Nel Gennaio 2000, il braccio della morte è stato trasferito da Ellis One di
Huntsville, alla a Livingston, dove vige un regime di vera e propria
segregazione. Noi che siamo amici di Edward chiediamo a tutti voi di
collaborare nella lotta per l'abolizione della pena di morte e di aiutarci
a garantire ad Edward una difesa adeguata ed un processo equo.