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fassino fa rima con cretino



 
 
Esprimo la mia piena solidarieta’ a quanti, usando il proprio sacrosanto
diritto di critica (formalmente ancora compreso tra le garanzie
costituzionali), hanno contestato il segretario dei ds fassino che, con
incommensurabile faccia tosta e overdose di arroganza, pretende di
passare tra ali di folla plaudente e tappeti di petali di rose pur
all’interno di una manifestazione che aveva principi e priorità
politiche ben diverse da quelle praticate dal medesimo in questi anni,
dalla guerra nella ex jugoslavia (che oggi ha prevedibili sviluppi di
nuove pulizie etniche) alle varie edizioni delle guerre in Iraq.
Si potrebbe dire soltanto che chi presume di fare per mestiere il leader
politico e si becca fior di miliardi e di garanzie di vita, la
contestazione è tra i “rischi del mestiere”, come puo’ esserlo
sfracellarsi da un’impalcatura per un muratore – fassino mi perdoni un
cosi’ umile paragone -.
D’altronde il fassino non era certo a casa sua, partecipava ad altrui
manifestazione, cui non aveva certo reso un bel servigio con la storia
dell’ammucchiata di giovedi’ – partita mica dalla destra, ma proprio da
ambienti del triciclo, guarda caso -.
Quando sento parole come “squadrismo” riferite alle altrui
contestazioni, mi percorre un brivido. E’ vero che i comunicati stampa
se li fanno scrivere dai loro portaborse che del potere hanno appreso
benissimo l’arroganza, ma che di storia si sono fermati all’ottocento
come tutti i programmi scolastici.
Ma addirittura a giungere a mettere in discussione il sacro simbolo
dell’ulivo, la santa alleanza del polo di centro, quello che fa
quasi-come–ma-un-poco-di-meno-della-destra-e-che-però-lo-sa-fare-meglio-
perché-siamo-più-bravi, mi pare un poco troppo.
Muoia sansone con tutti i filistei: ora siamo addirittura alle
scomuniche, alla rappresaglia, al “non si porge più l’altra guancia”.
Non c’è che dire: è il tripudio del “lei non sa chi sono io”, o forse è
la disperazione di chi, sciolto il PCI, si rende conto di non essere in
grado di pilotare più un cavolo, di non saper più neanche (far) contare
le proprie tessere, di non fare egemonia neppure sui propri figli,
figuriamoci sulle casematte della societa’ civile o su blocchi storici,
e di aver contribuito all’ascesa dei fascisti al potere, che ci teniamo
tutti.
Impotenza, rabbia per quello che potrebbe essere ma non si vuole o non
si è capaci di essere, disperazione: ok, va a fassino la mia
commiserazione.
 
 
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Francesco Fanizzi – Bari
 
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