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lettera aperta a tutti:COME DOBBIAMO FARE PER VIVERE E NON MORIRE'SOTTO TORTURA'
- Subject: lettera aperta a tutti:COME DOBBIAMO FARE PER VIVERE E NON MORIRE'SOTTO TORTURA'
- From: libert <libert@tiscali.it>
- Date: Wed, 11 Feb 2004 01:21:07 +0100
Lettera da dietro le mura di un carcere italiano:
COME DOBBIAMO FARE PER VIVERE
E NON MORIRE 'SOTTO TORTURA'?
Il motivo per cui ci troviamo in carcere è dovuto all’accusa di appartenere
ad un gruppo di “terroristi mussulmani”, che avrebbe operato in Italia,
collegato addirittura con Bin Laden e Al Quaeda.
Ma a questo proposito vogliamo far sapere che, secondo noi,il terrorismo
islamico in Italia non esiste e ciò è dimostrato dal fatto che, malgrado la
scandalosa campagna denigratoria fatta ai danni degli arabi da giornali e
televisioni, e i numerosi arresti, non è mai successo nulla.
La cosa che teniamo a sottolineare è quella che,dopo essere stati
inizialmente e ingiustamente accusati di terrorismo in seguito, non avendo
riscontrato nulla a nostro carico, siamo stati condannati solo per gli
articoli 81/416/110/648 che nulla hanno a che vedere con il terrorismo.
Per questo primo motivo già siamo stati giudicati e condannati da tribunali
militari tunisini, in contumacia e senza alcuna possibilità di difesa per
noi che sino alla conclusione del processo non ne eravamo neppure a
conoscenza.
Quindi se il governo italiano o le autorità preposte dovessero decidere per
la nostra estradizione, teniamo a sottolineare che, in Tunisia, per noi ci
sarebbe una inimmaginabile sequenza di torture con il finale della nostra
morte.
La sorte, infatti, degli oppositori politici del governo tunisino è
notoriamente rimessa all’arbitrio dell’autorità militare che risponde
unicamente ad esigenze ed interessi del potere politico e ciò in piena
inosservanza delle regole democratiche vigenti nei paesi europei ed in Italia.
La Tunisia è, sotto gli occhi di tutti, un regime che non ammette
oppositori e che, pur di garantirsi il potere, viola i diritti umani,
civili e politici propri dei cittadini.
È notizia nota, per essere stata pubblicata, tra gli altri, su Il
Manifesto in data 15.12.02, l’aggressione subita da un ex giudice, Sig.
mokhtar yahyaoui, per aver reclamato l’indipendenza della giurisdizione; lo
stesso trattamento veniva riservato al suo avvocato saida akremi bhiri.
Per cui appare superfluo ribadire la fine che naturalmente faremmo noi se
venissimo espulsi dall’Italia e portati in Tunisia.
Da tanto tempo,avevamo inviato istanze a molti centri politici,questure di
vari paesi, ad Amnesty International, senza avere mai nessuna risposta che
ci dia la speranza di poter sopravvivere ed appunto:come dobbiamo fare per
vivere e non morire “sotto tortura”?
CHIEDIAMO a questo punto A TUTTI coloro che si adoperano per i diritti e\o
la dignità dell’uomo di valutare ed AIUTARCI per la nostra difficile
posizione e lasciarci ancora una speranza per vivere. Io e i miei
coimputati attendiamo con ansia una vostra cortese e generosa
risposta. Distinti saluti
§Essid Sami Ben Khemais -casa circondariale-Palmi(Reggio Calabria)-Italia
§Charaabi Tarek casa circondariale-Carinola (Caserta)-Italia
§Kammoun Mehdi casa circondariale Sulmona (Aquila)-Italia
§Ben Soltani Adel casa circondariale Palermo (Sicilia)-Italia
§Bouchoucha Moktar casa circondariale Nuoro(Sardegna)-Italia
§Jelassi Riadh casa circondariale Spoleto (Perugia)-Italia
§Aouadi Mohamed casa circondariale Trani (Bari) - Italia
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i firmatari dell'appello sono stati inizialmente accusati di "terrorismo
islamico e rapporti con al qaeda"e sbattuti in prima pagina come mostri,ma
poi condannati praticamente solo x documenti falsi,esattamente come quasi
tutti gli arresti che sono seguiti in questi ultimi due anni al grido
"PRESI I TERRORISTI ISLAMICI" e poi termininati con condanne per reati di
piccola criminalità comune, cosa che spesso si accompagna alla vita di chi
sta in un luogo in cui è discriminato.
Essid Sami Ben Khemais, Charaabi Tarek, Kammoun Mehdi,
Ben Soltani Adel, Bouchoucha Moktar, Jelassi Riadh,
Aouadi Mohamed,fanno parte di quella serie di arresti ordinati da
Dambruoso a cavallo del g8 a genova e le torri gemelle.
le varie e spettacolari intercettazioni che in italia non hanno diamostato
nulla e che non hanno potuto essere usate come prova perchè infondate sono
state però utilizzate in tunisia x condannarli.
allo scadere della pena verranno estradati in tunisia dove li aspettano
anni di tortura e la morte certa.
ora loro CHIEDONO A TUTTI DI INTERVENIRE a loro favore x bloccare
l'estradizione, e per non mandarli a morire sotto tortura.
in risposta a questo indirizzo di posta elettronica si prega di non inviare
allegati.grazie
allego sotto l'articolo del Manifesto di cui accennano nell'appello.
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IL MANIFESTO del 15 Dicembre 2002
LA BILANCIA
Giuristi picchiati in Tunisia
DARIA LUCCA,
Un ex giudice prelevato in pieno giorno da agenti in borghese, picchiato a
sangue e salvato dall'accorrere della gente. Un'avvocatessa trattata nella
stessa maniera prima di essere sottoposta a un terzo grado al ministero
dell'interno. E, ieri, di nuovo, l'ex giudice, nonché fondatore
dell'Associazione internazionale per il sostegno ai prigionieri politici,
caricato su un'auto priva di contrassegni da tre poliziotti senza divisa e
trattenuto per diverse ore, senza alcuna accusa. Si sta parlando di Tunisi,
e del suo governo. In quel paese, le violazioni ai diritti civili e
politici sono all'ordine del giorno. Molto forse potrebbero intelligenti
pressioni esercitate da nazioni come l'Italia, in favore di un ripristino
dei valori democratici. Anche perché, da soli, i tutori delle garanzie e
della giurisdizione sono esposti alle rappresaglie delle forze di polizia.
Protagonista della più recente ondata di ritorsioni sono stati Mokhtar
Yahyaoui e l'associazione da lui fondata insieme ad altri giuristi ed
avvocati, che sta denunciando i maltrattamenti subiti dagli oltre 1000
attivisti politici incarcerati (il governo tunisino nega, proclamandoche
gli unici detenuti esistenti sono quelli per reati comuni). Viceversa,
l'Aispp sostiene che almeno 23 detenuti per reati di opinione sono in
isolamento da almeno dieci anni, privati dei più elementari diritti.
Sta di fatto che lo scorso 11 dicembre, Yahyaoui (destituito alla fine del
2001 dalle sue funzioni di magistrato dopo una lettera al presidente Ben
Alì in cui reclamava l'indipendenza della giurisdizione) è stato bloccato
da un energumeno mentre si recava nello studio dell'avvocatessa Saida
Akremi Bhiri. Ecco il suo racconto, come è riuscito a inviarlo a Medel,
l'associazione europea dei magistrati democratici: «Un baffuto agente in
borghese, di 1,85 metri e 100 chili, mi ha sbarrato l'entrata profferendo
insulte e minacce...Mentre mi insultava ad alta voce, altri due agenti si
sono uniti e, mentre mi aggrappavo alla grata di una vetrina, mi hanno
colpito con calci alle caviglie per farmi cadere senza successo. E' stato a
quel punto che ho ricevuto - per la prima volta in vita mia - un pugno in
pieno viso. Il certificato medico attesta contusioni con
epistassi...Attualmente sono rientrato a casa con una tumefazione al labbro
superiore, dolori agli occhi e tracce di sangue al naso».
Due giorni più tardi, anche Saida Akremi Bhiri è stata picchiata,
trasferita al ministero, infine rilasciata. Ieri, infine, Yahyaoui è stato
portato via da un'auto senza contrassegni ufficiali, così hanno
testimoniato i vicini di casa, e rilasciato soltanto alcune ore più tardi.
Nel frattempo, altri due legali, membri di gruppi per la difesa dei ditti
dei prigionieri, sono stati fermati e interrogati a proposito dell'Aispp.
L'unica organizzazione, oltre alla citata Medel, che abbia protestato per i
gravissimi episodi è stata Amnesty International.