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Sciopero dei trasporti: forma attiva di disobbedienza sociale
- Subject: Sciopero dei trasporti: forma attiva di disobbedienza sociale
- From: "disobbedientimolise\@libero\.it" <disobbedientimolise@libero.it>
- Date: Thu, 4 Dec 2003 01:15:24 +0100
Domande: Dice Liberazione il giornale del PRC: "Hanno ragione loro" (loro
sarebbero i tranvieri milanesi). Risponde l'Unità il giornale dei DS:
"Errore non si sciopera contro i cittadini" (categoria non meglio
identificata). Domanda: come faranno questi due giornali a presentarsi
uniti alle elezioni? Risposta: uno prende i voti dei tranvieri, l'altro dei
cittadini. Geniale, non ci avevo pensato. Domanda: ma quando saranno al
governo faranno gli interessi dei tranvieri o dei cittadini? Bella domanda.
jena - il manifesto 3 dicembre 2003
Care/i Compagne/i, sorelle e fratelli lunghe discussioni giornalistiche e
televisive si sono succedute per parlare dello sciopero dei trasporti in
Italia ed in modo particolare dello sciopero milanese.
Noi proviamo a fare una piccola riflessione sull'accaduto, ritenendo tutto
questo momenti importante di disobbedienza sociale.
L'Assolombarda parla di indecenza, i sindacati chiedono rispetto delle
regole e condannano, Formigoni e Albertini trovano il dato intollerabile e
preparano la rappresaglia, il prefetto di Milano Bruno Ferrante, d´intesa
con il ministro degli interni, precetta...quanto è accaduto lo scorso
lunedì mattina a Milano è assolutamente straordinario!!!
130 milioni di euro perduti, quantifica la camera di commercio, mentre il
30% dei lavoratori è arrivato in ritardo al lavoro o non è arrivato per
niente. Nelle metropoli post-fordiste la mobilità assieme alla conoscenza e
agli affetti è risorsa produttiva centrale, se la circolazione e i flussi
si interrompono il "padrone" (per dirla con linguaggio antico e chiaramente
inappropriato) si fa male. Ce l´avevano insegnato i ferrotranviari e i
macchinisti francesi nell´autunno 95´ quando, stringendo un´inedita
alleanza con gli utenti, determinarono la crisi di Juppè e conseguentemente
di Chirac, paralizzando il paese per più di un mese. Alcuni degli
scioperanti milanesi dicono di aver "preso appunti in Francia" e per questo
hanno deciso di disobbedire alle sacre regole della ritualità sindacale
(erano stati già otto gli scioperi generali convocati dai confederali e
quattro quelli dei sindacati di base, nessun risultato rispetto al rinnovo
contrattuale!). Di Parigi ricordavamo la neve e la gente a piedi o le
macchine collettive, le biciclette, o meglio tutti assieme per contrastare
le privatizzazioni e i disagi contrattuali. Ad essere messa in luce in
termini conflittuali la concatenazione produttiva tra lavoratore e utente
nell´economia dei servizi. Leggendo la stampa italiana, le dichiarazioni
sindacali, tutta l´attenzione è rivolta all´indecente e intollerabile
disobbedienza alle regole, al disagio irresponsabile provocato a scapito di
lavoratori volenterosi: "ognuno pensi al suo e nessuno cooperi con la lotta
di nessuno, le regole sono sacre, la metropoli non si può fermare!" Le
parole di Epifani fanno rabbrividire, sembra quasi più radicale Pezzotta
che invita a porre lo sguardo anche sulle irresponsabilità delle aziende
(il che è tutto dire!). In superficie il sindacato esprime preoccupazione
per la spaccatura con i cittadini in verità è la rottura del patto
d´obbedienza e il terrore che questa "selvaggia" abitudine si diffonda che
non riesce a far dormire sonni tranquilli né ad Epifani né al Manifesto,
che usa addirittura la parola "degenerazione" in merito all´anticipo dello
sciopero milanese.
Dobbiamo cominciare a dire parole irriducibilmente diverse. Sostenere,
raccontare, diffondere la lotta degli autoferrotranviari milanesi significa
riconoscere la centralità biopolitica dei conflitti sui servizi nella
metropoli. Ma significa soprattutto riconoscere la dimensione costituente
della loro forma di lotta, la scelta dell´incompatibilità alle stesse
regole dello sciopero sindacale. Queste scelte a volte diventano virali e
noi tutti dobbiamo fare in modo, come abbiamo fatto in questi anni di
movimento, che il virus trovi il terreno migliore. Crediamo che la
dinamicità delle reti milanesi sulla precarietà così come l´esperimento
della May Day abbiano fornito delle suggestioni, magari impercettibili ma
profondamente trasformative. Lo stesso hanno fatto le pratiche di
generalizzazione dello sciopero che il movimento ha tentato, in forma
prototipica e non conclusa, di mettere in gioco, il blocco della
circolazione delle merci e il piquete global ad esempio (a Roma come in
altre città).
A Roma è da poco occupata la Casa dei diritti sociali, i lavoratori,
operatori sociali co.co.co., non prendono lo stipendio da sei mesi e hanno
deciso di fermarsi. Nella crisi e nel disagio del loro lavoro leggono
immediatamente le difficoltà degli utenti (migranti e disabili). Nel lavoro
di servizio e di cura salta ogni distinzione, il servizio è prestazione di
lavoro e utenza nello stesso tempo, dobbiamo far si che i primi non si
trovino a lottare senza i secondi, che la battaglia dei primi riguardi
immediatamente anche i secondi! Un contratto per gli operatori significa
che la cittadinanza attiva si batta contro gli appalti a ribasso delle
amministrazioni locali!
Come studenti e precari non dobbiamo limitarci a non pagare il biglietto
contro gli aumenti delle tariffe dei trasporti, ma intrecciare
virtuosamente queste lotte con quelle degli autisti, la battaglia sembra
diversa ma è comune!
Non limitiamoci a solidarizzare, cominciamo a praticare relazione, a
mettere a disposizione le nostre piattaforme comunicative e linguistiche, a
preparare il terreno affinché il virus proliferi selvaggiamente e per chi
ha paura si consegni al pensiero debole o all´Europa di Amato, noi
preferiamo quella dove le lotte corrono veloci e unificano (componendo, va
da se!) mentre il patto monetario traballa .
Movimento delle e dei disobbedienti
il potere non è
solo dove si prendono
decisioni orrende
ma ovunque il discorso
rimuove il corpo la rabbia
l'urlo il gesto di vivere
alice è il diavolo