FARSI UN NEMICO
scrive Niklas Luhman in
Stato di diritto e sistema sociale:
"Tutto potrebbe essere diverso, ma
quasi nulla io posso modificare"
di Umberto
Galimberti
Dopo il crollo delle due torri di Manhattan
l'Occidente ha improvvisamente riscoperto i suoi valori. Li ha riconosciuti
nella libertà e nella democrazia che ha faticosamente guadagnato nel corso della
sua storia e, compatto, si è disposto a combattere il terrorismo islamico, il
fondamentalismo e il fanatismo, individuati come minaccia per il futuro della
propria civiltà.
Solo un anno dopo abbiamo scoperto che
la libertà individuale è fondamentalmente solo quella di produrre e
consumare, e che la democrazia può essere sospesa se le idee e i
sentimenti che attraversano l'opinione pubblica confliggono con gli
interessi di quelle dieci persone che si fanno interpreti della
storia.
Viene allora da pensare che i valori in cui
si riconosce l'Occidente, la libertà individuale e la democrazia, sono solo dei
"derivati" di altri valori ben più fondanti che sono la
ricchezza economica e la potenza tecnica. Se questi crollano anche la
libertà e democrazia vanno alla deriva, come noi europei abbiamo visto negli
anni tenebrosi dell'esperienza nazista.
A questo punto dobbiamo incominciare a
pensare non tanto a come individuare il nemico che, fuori dall'Occidente, ci
minaccia, quanto a quel nesso che rende la nostra libertà e la nostra
democrazia "dipendenti" dal benessere economico, la cui
crescita, che sembra debba essere senza limiti, non importa a spese di chi,
genera inevitabilmente il nemico.
E come si fa a combattere il nemico generato
dalle stesse pratiche economiche che sono a fondamento della nostra libertà e
della nostra democrazia, ossia dei valori in cui l'Occidente si riconosce? Qui
il circolo vizioso si fa stringente, ma anche tragico, perchè là dove il nemico
è generato da noi, la contrapposizione amico/nemico, su cui finora ha marciato
la storia è azzerata, e riprendere questo schema nella lotta al terrorismo vuol
dire non aver capito che le pratiche economiche che consentono a
noi libertà e democrazia, sono le stesse che altrove generano, quando
non la fame, la malattia e la
morte, senz'altro schiavitù e
ribellione.
Qui dobbiamo cominciare a pensare. A pensare
se davvero può reggere un sistema dove 800 milioni di occidentali
dispongono dell'83 per cento del reddito mondiale, mentre l'82 per
cento della popolazione mondiale, più o meno 5 miliardi di persone, si
spartisce il restante 17 per cento. Se davvero non crea nessun problema
il fatto che l'Occidente consuma il 70 per cento di energia, il 75 per cento del
metallo, l'85 per cento del legno, se non è un po' sproporzionato che le 10
persone più facoltose del mondo possiedono patrimoni che equivalgono una volta e
mezzo il reddito dei 48 Paesi meno fortunati del mondo?
Dopo che si è "pensato", che cosa si può
"fare"? Praticamente niente, perchè i valori della libertà e della democrazia
non sono il fondamento dell'Occidente, ma dipendono dal suo benessere economico,
che, quando si vede messo a rsichio, non esita a sospendere libertà e
democrazia.
Questa è la nostra vera storia che val la
pena di spogliare dai nobili paludamenti con cui siamo soliti
rivestirla.
(da "D" di La Repubblica del
19/4/2003)
Quasi nulla di esterno a me io posso
modificare. Ma posso cambiare e trasformare me stesso, l'unico lavoro degno di
intelligenza e sensibilità. Solo cambiando se stessi si può cambiare il mondo,
diceva un saggio di nome Krisnhamurti . C'è però il fatto che "lavorare" su
se stessi richiede moltissimo coraggio e desiderio di approdo verso quella
autenticità e centralità che solo ci rende umani. Ma i più sentenziano
dell'inutilità di tale scelta e preferiscono essere come la volpe di fronte
all'uva, andandosi ad attivare all'esterno di se stessi dove, come è stato
detto da Luhman, "quasi nulla io posso modificare".
Prima di fare conviene pensare, come
dice giustamente Galimberti, almeno pensare perchè c'è tanto desiderio di fuga
da se stessi
Associazione Partenia http://utenti.tripod.it/partenia
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