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Sent: Wednesday, April 02, 2003 7:51
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Subject: SOLIDARIETÀ PER I GAY ARABI
SOLIDARIETÀ PER I GAY ARABI
Fuggono dalla Palestina,
dove vengono sottoposti a torture indicibili, per rifugiarsi in Israele. Ma
ora vengono espulsi anche da qui: una condanna a morte. Contro la quale parte
una campagna europea.
di Mario Cirrito Mar 1-APR-2003
gay.it
MILANO - Un giovane palestinese di 21 anni si apparta,
nei pressi di Gaza, con un suo coetaneo. Poche ore dopo la polizia irrompe a
casa sua e viene arrestato. In cella vessazioni e torture riempiono le ore e
la speranza di trovare energia e respiro viene soffocata da nuove torture. Il
giovane omosessuale viene issato per le braccia e calato, fino a rendergli
faticoso il respiro, in una pozza d'acqua lercia e il suo capo cosparso di
escrementi. Per mesi resta in una cella buia e zeppa di insetti, picchiato e
sodomizzato con alcune bottiglie. La famiglia lo minaccia di morte se tenta di
far ritorno a casa. Fuggito in Israele, viene fermato dalla polizia di Sharon.
E' un irregolare e viene tradotto in carcere in attesa di essere rimpatriato.
Se questo dovesse avvenire sarebbe la sua fine! La legge palestinese non
prevede la condanna a morte gli omosessuali, ma pare uso corrente infliggerla,
accusandoli di alto tradimento: trattati come spie israeliane!
Il
giovane di cui abbiamo parlato (l'anonimato è di rigore), sta rischiando la
vita. Seppur in tempo di lacerazioni belliche terribili, pensiamo che il
diritto alla vita tocchi questi giovani che già vivono, da sempre, in un posto
del mondo dove arabi e israeliani non riescono a trovare alcuna pacificazione
e, dove giornalmente si muore per mano dell'uno o dell'altro. Per questo ce ne
occupiamo. Per questo chiediamo il sostegno e la voce di ogni persona che vuol
salvare un suo simile.
Il ventunenne non è il solo caso. El Agudah,
l'organizzazione che si batte al servizio della comunità GLBT in Israele, ci
informa che altri nove palestinesi arrestati negli ultimi due mesi come
irregolari in Israele, rischiano il rimpatrio forzoso in Palestina. Hagai
El-Ad, direttore della Open House di Gerusalemme, dichiara: «Nessuno si fa
carico di queste persone indifese; torturate nei territori palestinesi per la
loro omosessualità e perseguitati in Israele perché senza documenti.
Continuano a cadere da una trappola all'altra, fino quasi
all'immolazione».
Un portavoce di "Aguda" raggiunto al telefono ci
conferma che a tutt'oggi, i giovani omosessuali in attesa di essere
rimpatriate nell'inferno di Gaza e in altri territori palestinesi, sono
venticinque. Tel Aviv, resta ancora la città più sicura dove questi gay
cercano di far perdere le loro tracce e ricucirsi una parvenza di vita
normale. Certamente le ostilità dentro i territori occupati e, ancor più, gli
attentati terroristici in Israele, non favoriscono comprensione e aiuto da
parte delle autorità israeliane. Ancora a febbraio di quest'anno, la polizia
israeliana chiudeva un occhio verso questi profughi omosessuali ma, con
l'inizio della guerra in Iraq e la sempre più intensa infiltrazione
decisionale di gruppi integralisti religiosi nel governo Sharon, la situazione
è precipitata e non si pensa che a difendere il territorio, mandando al
macello anche persone che nulla hanno a che fare con il terrorismo di Hamas o
la Jihad islamica. Così, fuggiti dai territori palestinesi, ricacciati
indietro dalle autorità israeliane, venticinque ragazzi omosessuali si
ritrovano senza patria: apolidi a causa del loro orientamento sessuale.
In questi ultimi anni sono centinaia gli omosessuali scampati ai
poliziotti palestinesi che, secondo informazioni arrivate da alcune
associazioni israeliane, sono particolarmente repressivi e persecutori contro
ragazzi che amano altri ragazzi. Molti di questi sono riusciti a raggiungere
la capitale israeliana; ma per loro la vita rimane fatta di stenti ed
emarginazione. Molti, per riuscire a racimolare qualche shekel si danno alla
prostituzione, aumentando il rischio di essere presi e messi in galera. A
volte, questi ragazzi, si offrono per un povero pasto o non ricevono alcunché
se non la minaccia di far intervenire la polizia.
Un rifugiato di
Nablus ha passato molti mesi nelle carceri della polizia palestinese in cui ha
subìto interrogatori sotto tortura. Ferito con cocci di vetro tagliente, le
sue ferite sono poi state cosparse di liquame puzzolente. Ora vive a Tel Aviv,
forse!
Informati da Gay.it, ieri gli eurodeputati radicali Maurizio
Turco e Marco Cappato hanno depositato due interrogazioni a Consiglio e
Commissione Europea sulla situazione di questi omosessuali palestinesi
rifugiati in Israele. Chiedono, insieme a Ottavio Marzocchi, da oggi in campo
anche su questa nuova battaglia di civiltà e protezione della vita, che il
Consiglio e la Commissione Europea intervengano presso il Ministro degli
Interni israeliano, Avraham Poraz, ma anche presso l'Autorità Palestinese
affinché sia assicurato il rispetto dei diritti umani fondamentali e che la
persecuzione contro gli omosessuali sia fermata, e che a quanti si rifugiano
in Israele, siano concessi visti temporanei a fini di residenza. Il ministro
Poraz ha già risposto negativamente a questa richiesta avanzata nelle
settimane scorse da molte associazioni internazionali per i diritti umani. Per
questo un intervento della Comunità Europea è oggi più
urgente.
Sappiamo che alcune organizzazioni omosessuali italiane si
recheranno a giugno in Israele, in occasione del Pride. Crediamo che le
organizzazioni omosessuali italiane possano e debbano intervenire ora a favore
di questi omosessuali che stanno rischiando la vita. Un Pride che si lascia
dietro paure e incomprensioni, tormenti e diritti negati, non può inorgoglire
nessuno. Un Pride che sfila su strade dove sono stati fermati gay palestinesi
la cui sorte rimane incerta e in pericolo, non può avere alcun carisma di
celebrazione. Lanciamo, insieme alle organizzazioni GLBT israeliane, questa
campagna per salvare i gay palestinesi. Inviate una mail al ministro Aporaz:
aporaz@knesset.gov.il chiedendo di salvare la vita di questi omosessuali.