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Re: IL MOVIMENTO ANTI LIBERISTA E LA SCELTA NON VIOLENTA
Che Davide Bertok, gli umanisti, i lillipuziani e altri abbiano fatto la
scelta della non violenza è loro preciso diritto. Che vogliano imporre la
loro scelta a tutti è una forma di violenza gratuita che non condividiamo e
che condanniamo apertamente.
Ciò non vuol dire che noi abbiamo fatto la scelta della violenza. Per
principio non mettiamo al centro delle nostre scelte i mezzi usati, ma gli
scopi che vogliamo raggiungere.
Le scelte di principio non valgono per i mezzi, che possono cambiare quando
cambiano le situazioni oggettive in cui si opera. Tanto è vero che il Papa,
che al limite potrebbe fare la scelta strategica della non violenza, visto
il suo ruolo, non ha esitato a giustificare la guerra in alcune situazioni
(vedi Croazia ed anche Afghanistan). Se questo vale per il Papa (al di là se
si condividono o meno le sue scelte) a maggior ragione vale per chi fa una
battaglia politica. Una scelta giusta in un caso, non è detto che sia giusta
in un altro. A meno che non si voglia per esempio affermare che gli Iraqeni
si debbano mettere in preghiera mentre gli yankee li bombardano; oppure che
Kurdi Palestinesi e Ceceni si debbano concentrare a mani alzate nelle piazze
per farsi massacrare più facilmente.
E per favore smettiamola con la storia che i BB abbiano creato i presupposti
per le scorribande poliziesche di Genova. Se la memoria aiutasse Davide e
altri, si ricorderebbero le dichiarazioni del governo prima di Genova, e
magari si ricorderebbero di Fini, che affermava che il suo partito andava a
Genova per esprimere solidarietà alle forze dell'ordine (prima ancora che le
forze dell'ordine avessero bisogno di solidarietà, visto che ancora
mancavano diversi giorni alla scadenza di Genova). Quelle azioni delle forze
del dis-ordine erano già state programmate prima ancora che i BB si
procurassero i mezzi di trasporto per raggiungere il capoluogo ligure, così
come il cavaliere antennato ha programmato la frattura del braccio del
Davide prima ancora che qualcuno si sia organizzato per raggiungere Firenze.
E allora calma caro Davide, che nessuno a quanto ci risulta ha promesso
sfracelli (a parte il governo).
Il mediatico Casarini ha solo detto che sarebbe andato alle frontiere per
garantire l'accesso alle frontiere, e questo, nonostante la mia
idiosincrasia per Casarini e totonniani vari, glielo dobbiamo riconoscere
come azione meritoria.
E per piacere tu e gli altri "non violenti" smettetela con le
prevaricazioni.
huambo de
L'Avamposto degli Incompatibili
www.controappunto.org
----- Original Message -----
From: Davide Bertok
To: dirittiglobali@peacelink.it
Sent: Friday, November 01, 2002 1:21 AM
Subject: IL MOVIMENTO ANTI LIBERISTA E LA SCELTA NON VIOLENTA
Milano, 29 ottobre 2002
IL MOVIMENTO ANTI LIBERISTA E LA SCELTA NON VIOLENTA
Il Social Forum di Firenze e la manifestazione del 9 novembre contro
la guerra offrono ancora una volta l'occasione ad un movimento ampio
e
variegato come quello antiliberista di definirsi rispetto a un tema
centrale: violenza o non violenza. Dopo Genova, non c'è stata alcun
"esame di coscienza", alcuna ammissione di responsabilità o messa in
discussione delle proprie scelte, da parte di portavoce e dirigenti
riguardo ai rapporti ambigui e complici con una minoranza violenta.
Eppure è stata proprio questa resistenza a definirsi, questo rifiuto
di isolare i violenti in nome di una supposta unità del movimento, a
creare le condizioni perché poi si scatenasse la bestiale violenza
poliziesca. Non stiamo parlando solo dei famigerati black block, sui
quali sussistono seri dubbi di connivenza con la polizia e ai quali
sarebbe comunque ingenuo pensare di lanciare appelli non violenti, ma
di frange consistenti, anche se ancora, per fortuna, minoritarie, che
rimangono all'interno del movimento: dai centri sociali più radicali,
a Ya basta, ai Disubbidienti di Casarini e compagni. Già molte volte
questi prepotenti hanno imposto ad una maggioranza di tutt'altro
avviso le loro scelte violente, spesso dettate semplicemente dalla
volontà di protagonismo e dalla speranza di ottenere visibilità sui
mass media, esponendo gli altri manifestanti al rischio di cariche e
pestaggi. Sono bravissimi a presentarsi come i più rivoluzionari, a
travestire le loro provocazioni da denuncia coraggiosa e a tacciare
di
codardia chiunque non accetti di venire coinvolto nelle loro guerre
private contro la polizia, le "banche armate" o la Croce Rossa.
Peccato che non li si veda mai quando si tratta per esempio di
condurre un lavoro difficile, umile e continuativo, lontano dalla
luce
dei riflettori, a sostegno dei diritti degli immigrati, in
particolare
quelli rinchiusi nei lager come quello di via Corelli a Milano. Così
pochi violenti rischiano di screditare un intero movimento, facendo
passare l'equazione antiliberista = spaccavetrine. Tutto questo è
noto
da tempo, eppure adesso, alla vigilia del Social Forum di Firenze, ci
troviamo ancora una volta nella stessa situazione ambigua che ha
portato ai tragici fatti di Genova. Come umanisti, sosteniamo in
tutto
il mondo la necessità di opporsi al neoliberismo e di costruire un
altro sistema, basato sui diritti umani e non sul profitto. Ci
sentiamo dunque, almeno idealmente, parte del movimento che i mass
media definiscono sbrigativamente "no- global", ma non possiamo
condividere l'ambiguità che sta portando ad accettare la violenza
come
un metodo di lotta. Negli ultimi tempi, per fortuna, altre voci oltre
alla nostra si sono levate a denunciare questa situazione e a
chiedere
di isolare i violenti, ma gli appelli non bastano: occorre una chiara
scelta di campo, ponendo la non violenza come discriminante e
rifiutandosi di organizzare qualsiasi iniziativa, dai dibattiti alle
manifestazioni, insieme ai violenti. Se Casarini e compagni vogliono
insistere nelle loro bravate provocatorie, che lo facciano per conto
proprio, senza nascondersi dietro ad una manifestazione pacifica come
quella del 9 novembre a Firenze. Chi sceglie la violenza non può
parlare di diritti umani. Chi sceglie la violenza non può far parte
di
un movimento che aspira a costruire un nuovo mondo, opposto al
sistema
inumano oggi dominante.