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ottusi sinistri
RUTELLI S'ACCODA
Alessandro Dal Lago
il manifesto - 7 maggio 2002
Ridimensionata la buriana Le Pen e,
speriamo, sgonfiato l'unanimismo che vede
tutti (da Chirac ai socialisti, da Fini a
Fassino) difendere la democrazia contro
l'estremismo di destra, resta qualche punto
fermo. Il primo e' che, contrariamente al
panico dei primi giorni, non e' stato Le Pen
a vincere, ma sono stati i socialisti a
perdere, regalando a dismisura i consensi a
un personaggio come Chirac, il quale al
primo turno, da solo, non ha raggiunto il
20% dei consensi. E se la sinistra ha
perso, questo e' avvenuto non tanto perche'
sarebbe stata <<disunita>>, ma perche' il suo
messaggio ha provocato la fuga di un gran
numero di elettori verso l'astensione o il
voto di protesta. Il secondo punto e' che
gli slogan sulla <<sicurezza>> fanno perdere
la sinistra, perche' la valanga di voti
persi a sinistra con l'allarmismo non puo'
essere compensata dai presunti consensi
guadagnati nell'elettorato moderato. Un
elettorato che ovviamente crede piu' a
Chirac di quanto non creda nei socialisti.
Se si esclude la variante Le Pen, il voto
francese ha mostrato una tendenza non
troppo diversa da quello italiano dell'anno
scorso. Creando la precarieta' nel lavoro -
che e' alla radice di ogni insicurezza - e
facendo la voce grossa contro ladruncoli e
immigrati, la sinistra moderata perde
consensi da ogni parte. Se aggiungiamo, in
Italia, come in Francia o in Germania, la
mancanza di una leadership autorevole,
abbiamo un'idea della crisi continentale
del progetto riformista. Una crisi che in
Italia non potra' essere risolta solo dai
girotondi e dalle autoconvocazioni di
professori e registi - i quali per quanto
giustamente impegnati nella difesa dello
stato di diritto, non hanno finora detto
granche' sulla madre di tutte le crisi, e
cioe' la dissoluzione del lavoro e
l'insicurezza che ne discende.
In un paese che vede aumentare a dismisura
le partite Iva e le collaborazioni part
time, c'e' da giurare che aumentera' la
disaffezione per una sinistra capace solo
di opporre, a una destra proterva e
liberista, un discorso sostanzialmente
liberale. A un anno dal disastro italiano e
a pochi giorni da quello francese, si
poteva pensare che un minimo di
consapevolezza sarebbe penetrato nel
bastione del centro-sinistra nostrano. Ma
non e' cosi'. L'intervista di Rutelli su la
Repubblica di ieri conferma che il
centro-sinistra e' fermo esattamente al palo
dell'anno scorso o forse, ancora peggio, a
quello del 1996 o del 1998. Sul lavoro, al
di la' del rituale richiamo all'articolo 18,
poche parole sbrigative sulla <<tutela del
lavoro atipico>>, sugli <<ammortizzatori
sociali>> e sulla <<formazione>>, parole che
gran parte del centro-destra
sottoscriverebbe ridacchiando -
ridacchiando per il semplice motivo che
sono esattamente luoghi comuni del
centro-destra o di una sua gran parte. Ma e'
sull'insicurezza e sull'immigrazione che le
parole di Rutelli fanno disperare.
Esigere, tanto per cambiare, mano dura
contro i clandestini, <<centri di
accoglienza efficienti ma intransigenti>> ed
<<espulsioni piu' rapide>> significa
semplicemente proporsi piu' a destra di
Berlusconi, ammiccare a un elettorato
moderato che esiste solo nella testa di
Rutelli, radicalizzare quella conversione a
destra che, appunto, ha gia' dato i suoi
frutti, in Francia e in Italia, gettare le
premesse per nuove, prevedibili sconfitte.
Ma se si trattasse solo di questo. Nelle
parole di Rutelli c'e' un'incomprensione
raggelante dei problemi dell'immigrazione.
Gran parte dei <<clandestini>> non sono che
profughi da paesi come l'Iraq, la Turchia,
il Pakistan o l'Afghanistan. I centri di
<<accoglienza>> che Rutelli vuole
<<intransigenti>> non sono che campi di
detenzione, piccoli lager, che il
centro-destra sta disseminando nel paese.
Campi che attirano l'attenzione di Amnesty
International o di Statewatch, ma su cui la
leadership ulivista e' sempre glissata con
imbarazzo, dato che sono una sua
invenzione. Rutelli non dice una parola sui
diritti dei migranti, ma in cambio vuole le
espulsioni piu' rapide, esattamente come
Bossi.
E Rutelli sarebbe il leader da contrapporre
a Berlusconi? La strategia, se vogliamo
chiamarla cosi', di basso conio che emerge
dall'intervista non solo allontana
ulteriormente le sue chances di guadagnare
l'ambito soglio di Palazzo Chigi, ma
prepara per tutti noi un avvenire oscuro.