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Foglio di Collegamento interno n. 94
Cari amici,
vi invio nel corpo di questo messaggio e in allegato Word
il numero 94 del nostro Foglio di Collegamento.
Comunicateci i vostri commenti e diteci se condividete la linea da noi
espressa.
Vi prego di prendere nota del preavviso di Assemblea (5 maggio - vedi n. 1)
Cordiali saluti
Loredana Giannini
N. B. Potete chiedere in qualsiasi momento di essere cancellati dalla lista
per l'invio del F. d. C.
Se non volete ricevere l'allegato Word dal prossimo numero in poi,
fatecelo sapere
**********************
FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO
DEL COMITATO PAUL ROUGEAU
Numero 94 - Febbraio 2002
Sommario:
1 ) La nostra assemblea si terra' il 5 maggio a Firenze
2 ) Sospesa la sentenza razzista di Thomas Miller-El
3 ) Commutata la condanna capitale di Alexander Williams
4 ) John Walker Lindh: un caso per Amnesty
5 ) Si procede con l'esecuzione di Delk tra oscenita' e follia
6 ) L'inutile sforzo di processare le guardie che massacrarono Valdes
7 ) Respinte le nuove prove a favore di Philip Workman
8 ) Da Erode a Pilato . . .
9 ) La verifica del ruolo dei giudici puo' avere un enorme impatto
10) Antonin Scalia insiste suscitando numerosi commenti
11) Seconda ricerca di Liebman sugli errori nei processi capitali
12) Contoinformazione sulla deterrenza
13) Il gruppo di Torino va a scuola!
14) Notiziario: Illinois, Iugoslavia, Russia, Sudan, Texas, Usa, Virgina
1) LA NOSTRA ASSEMBLEA SI TERRA' IL 5 MAGGIO A FIRENZE
Il prossimo numero di questo bollettino, che sara' spedito entro il 10
aprile, conterra' la convocazione ufficiale dell'Assemblea ordinaria dei
Soci del Comitato Paul Rougeau che si terra' a Firenze nel week end 4-5
maggio 2002, ottavo anniversario dell'esecuzione del nostro amico Paul. Vi
rimandiamo al prossimo numero per i dettagli organizzativi e per l'ordine
del giorno dei lavori. (Loredana)
Invitiamo caldamente i soci e i simpatizzanti a programmare la
partecipazione all'Assemblea!
2) SOSPESA LA SENTENZA RAZZISTA DI THOMAS MILLER-EL
La vasta mobilitazione che vi e' stata dentro e fuori gli Stati Uniti in
favore dell'Afro-americano Thomas Miller-El, congiunta alla determinazione
dei suoi avvocati difensori, ha avuto il grande risultato di bloccare
l'esecuzione della sentenza di morte per Thomas prevista in Texas per il 21
febbraio. La Corte Suprema federale sei giorni prima di tale data ha
infatti deciso di procedere ad una revisione costituzionale del caso. Si e'
espresso in tal senso anche il giudice cattolico ultra conservatore Antonin
Scalia. Il malcapitato Afro-americano, ora cinquantenne, ha dichiarato che,
dopo aver avuto 10 date di esecuzione, questa volta era pressoche' sicuro
di morire.
Grazie a tutti i lettori che hanno partecipato alla campagna in favore
di Thomas!
Come abbiamo detto nel numero precedente, Miller-El fu condannato a
morte nella Contea di Dallas in un clima violentemente razzista, per
l'omicidio di un commesso avvenuto nel 1985. Egli si e' sempre proclamato
innocente.
In quegli anni i pubblici accusatori facevano sistematicamente escludere
dalle giurie i neri e gli appartenenti a razze minoritarie. Nel caso di
Miller-El furono esclusi dalla giuria 10 degli 11 potenziali giurati
afro-americani; fu ammesso solo un nero che affermo' essere la pena di
morte una pena troppo rapida e mite mentre suggeriva di esporre i colpevoli
cosparsi di miele alle brame delle formiche. Negli altri 4 processi
capitali intentati contro Afro-americani nella Contea di Dallas nei primi
anni ottanta le giurie furono composte esclusivamente da bianchi.
Le autorita' del Texas, che escludono qualsiasi discriminazione
razziale, sono riuscite a far respingere il precedente ricorso di Thomas
Miller-El avanzato alla Corte federale d'Appello del Quinto circuito.
I legali del condannato hanno mostrato un video in cui un ex Pubblico
accusatore della Contea di Dallas afferma che un tempo la razza era
effettivamente un criterio per selezionare i giurati ed hanno citato una
ricerca del quotidiano Dallas Morning News su 15 processi capitali tenutisi
nella Contea di Dallas dal 1980 al 1986, in cui il 90% dei potenziali
giurati di colore furono esclusi. La difesa di Miller ha inoltre presentato
un pro-memoria ad uso dei pubblici accusatori, diffuso nel 1969 e mai
revocato, in cui si invitava ad escludere i giurati appartenenti alle
minoranze: "Non dovete scegliere membri di gruppi minoritari suscettibili
di pressione da parte del proprio gruppo - essi quasi sempre simpatizzano
per gli accusati" e uno scritto del 1963 di un Pubblico accusatore in cui
si invitava a tener fuori dalle giurie "ebrei, negri, latini e messicani."
La Costituzione USA vieta la discriminazione razziale nella selezione
delle giurie, tuttavia fino al 1986 non vi erano strumenti legali per
evitare tale discriminazione. La Corte Suprema federale cambio' le regole
in proposito qualche mese dopo la condanna di Thomas Miller-El.
3) COMMUTATA LA CONDANNA CAPITALE DI ALEXANDER WILLIAMS
Come sanno i nostri lettori collegati a Internet, l'esecuzione di Alexander
Williams, minorenne e malato mentale all'epoca del crimine, era stata
fissata in Georgia per il 20 febbraio scorso. I pressanti appelli per
ottenere la grazia al condannato hanno sortito un effetto positivo e la sua
sentenza di morte, rinviata all'ultimo momento di cinque giorni, e' stata
commutata in carcere a vita senza possibilita' di uscita sulla parola. Il
motivo dichiarato dalla Commissione delle Grazie, che ha adottato il
provvedimento di clemenza per conto del Governatore, non e' la minore eta'
del condannato e la sua malattia mentale al momento del crimine, ma il suo
gravissimo stato psicotico attuale.
Il Presidente della Commissione ha dichiarato che la madre della ragazza
uccisa potra' avere comunque pace pensando che Williams non potra' lasciare
la sua cella di 2,4 metri per 3 metri per tutti gli anni che gli restano da
vivere.
La nuova sentenza per Williams, pur costituendo un grosso e quasi
insperato successo nella lotta contro la pena di morte, secondo la nostra
concezione di giustizia, soprattutto nei riguardi dei minorenni, e' da
considerarsi comunque una barbarie. Ricordiamo che tutti i trattati
internazionali sui Diritti umani che vietano la pena di morte per i
minorenni - trattati fieramente osteggiati dagli Stati Uniti - vietano
anche di infliggere l'ergastolo ai minori di diciotto anni all'epoca del
crimine.
In favore di Alexander Williams, oltre a singole persone e alle
organizzazioni umanitarie come Amnesty International, erano intervenuti
l'Alta commissaria per i Diritti umani delle Nazioni Unite Mary Robinson,
due Commissari speciali delle Nazioni Unite, la Commissione Inter-americana
per i Diritti umani, l'Unione Europea, il Consiglio d'Europa,
l'Associazione degli Avvocati americani, il Fondo americano per la Difesa
dell'infanzia e l'Alleanza nazionale americana per i Malati mentali.
Grazie agli aderenti alla nostra mailing list che hanno inviato il
proprio appello in favore di Alexander Williams al Governatore della Georgia!
4) JOHN WALKER LINDH: UN CASO PER AMNESTY
E' indubbio che il caso del giovanissimo John Walker Lindh,
l'americano-talebano catturato in Afghanistan nel dicembre scorso (v. n.
92), abbia assunto un valore emblematico nella campagna ideologica - oltre
che militare - denominata "lotta al terrorismo". Lindh, a meno di una forte
presa di posizione in suo favore dei gruppi ancora preoccupati del
mantenimento di uno 'stato di diritto', rischia di essere definitivamente
stritolato, insieme ai propri diritti civili ed umani, da una macchina
molto piu' grande di lui.
"Dobbiamo giustiziare gente come John Walker per intimidire fisicamente
i liberali, per farli riflettere sul fatto che anche loro possono essere
uccisi - ha affermato l'esperta Ann Coulter - altrimenti essi diventano
degli autentici traditori". Quesa singolare e preoccupante affermazione
della Coulter ha avuto grande risonanza, a meta' febbraio, nel primo
Congresso annuale dei Conservatori Americani tenutosi ad Arlington in
Virginia (al congresso, durato tre giorni, hanno partecipato 3500 persone).
In precedenza sia il Sindaco di New York Rudolph Giuliani, sia un certo
numero di parlamentari federali si erano espressi a favore della pena di
morte per Lindh mentre il Presidente Bush dichiarava di non sapere ancora
"che cosa fare di lui".
Detenuto per un mese e mezzo su una nave militare ancorata nel Mare
Arabico, Lindh e' stato fatto infine atterrare il 23 gennaio all'aeroporto
Dulles di Washington in modo che ricadesse nella giurisdizione della Corte
federale ultra conservatrice di Alexandria in Virginia, la stessa che
giudica Zacarias Moussaoui (v. n. 92). Il 5 febbraio ha visto arrivare a
dieci i capi di imputazione che, come ha annunciato il Ministro della
Giustizia Ashcroft, comportano svariati ergastoli "piu' sei sentenze da 10
anni, piu' 30 anni." Manca la ventilata incriminazione di "tradimento", che
comporterebbe la pena di morte, ma e' stato chiarito che questa od altra
accusa capitale potrebbe essere in seguito formulata dall'Amministrazione.
Sta di fatto che John Walker Lindh si trova sotto processo con
pesantissimi addebiti ricavati da una sua "confessione spontanea"
rilasciata ad agenti specializzati dell'FBI recatisi in Afghanistan per
interrogarlo, senza l'assistenza di un avvocato, nei giorni 9 e 10 dicembre
2001.
Il Ministro della Giustizia Ashcroft ha detto che "in ogni passo di
questo procedimento i diritti di Walker Lindh, incluso quello di non
autoaccusarsi e di essere rappresentato da un avvocato, sono stati
scrupolosamente onorati." Peccato che il detenuto abbia "volontariamente"
firmato una carta in cui rinunciava all'assistenza di un difensore. Peccato
che sia stato documentato che nella prigione di Qala-i-Jangi dove fu
internato a fine novembre egli sia stato minacciato di morte dall'agente
della CIA Johnny "Mike" Spann (che fu poi ucciso nella rivolta scoppiata
nel carcere). Come gli avevano insegnato, Spann ha detto ad un suo compare
alla presenza di Lindh (che si ostinava a non parlare): "Gli ho spiegato
qual e' la sua situazione. Deve decidere se vuole vivere o morire. Se vuole
morire, sta giusto per morire qui. Puo' morire qui se vuole. Puo'
fottutamente morire qui. Oppure puo' scegliere di trascorre fottutamente il
resto della sua fottuta breve vita in prigione. La decisione e' sua.
Possiamo aiutare questo tipo soltanto se vuole parlare con noi."
Simili parole e la canna di una pistola sventolata sotto al naso
avrebbero convito chiunque a fare qualsiasi dichiarazione "volontaria".
Tanto piu' che - come sapeva bene Lindh - nella "guerra al terrorismo"
combattuta spietatamente in Afghanistan non sono stati fatti prigionieri o,
per la precisione, e' stao fatto solo qualche centinaio di prigionieri a
fronte degli oltre diecimila avversari ammazzati prima o dopo la loro resa.
Ma scoppio' la rivolta e Lindh, nascosto in un sotterraneo, sfuggi' per una
settimana agli "alleati" che in tre giorni di bombardamenti e di esecuzioni
sommarie sterminarono pressoche' tutti i rivoltosi (alcune centinaia). Poi
arrivarono quelli dell'FBI ad interrogarlo. Questa volta non furono rese
note le riprese video delle 'interviste' fatte a Lindh.
John Walker Lindh e' attualmente accusato di cospirazione per aver
collaborato con organizzazioni terroristiche, tra le quali Al-Qaida, aver
prestato servizio sotto il regime di Talebani, aver posseduto armi nel
corso di crimini violenti. L'avvocato James Brosnahan, pagato dalla
famiglia e intervenuto nella difesa dell'imputato a fine gennaio, ha
obiettato che la dichiarazione rilasciata da Lindh all'FBI non giustifica
le accuse formulate contro di lui. Secondo l'avvocato gli si puo'
addebitare, in sostanza, solo di essere stato un fante nelle file dei
Talebani. Brosnahan obietta inoltre che la confessione del suo assistito,
cosi' come la rinuncia a giovarsi di un avvocato, e' maturata in un clima
'altamente coercitivo'. Egli non parla di torture psicologiche ma ricorda
che il prigioniero fu tenuto in incommunicado per 8 giorni, con nutrimento
minimo e scarse cure mediche per una ferita ad una gamba, dentro un
container metallico in un inverno freddissimo.
5) SI PROCEDE CON L'ESECUZIONE DI DELK TRA OSCENITA' E FOLLIA
Nel braccio della morte del Texas Monty Delk appariva completamente fuori
di testa. Nel tardo pomeriggio del 27 febbraio il giudice federale Richard
Schell aveva sospeso la sua esecuzione fissata per il giorno seguente.
Schell, accogliendo la richiesta dell'avvocato difensore John Wrigh,
consentiva cosi' la valutazione delle facolta' mentali del condannato.
Negli Stati Uniti infatti non puo' essere messo a morte chi non si rende
conto dell'esecuzione e del motivo per cui la subisce. Gli esperti
avrebbero potuto fornire il loro parere nel mese di luglio. Il Ministero
della Giustizia del Texas si e' tuttavia appellato contro la decisione di
Schell presso la Corte federale d'Appello del Quinto circuito. Tale corte
ha annullato la sospensione nella giornata del 28 consentendo di uccidere
il condannato con una sola ora di ritardo.
Nel 1986 Delk appena maggiorenne uccise un uomo per rubargli l'auto e
fuggire a bordo della stessa in un altro stato. Nel braccio della morte il
suo comportamento e' diventato bizzarro. Non si lavava per lunghi periodi,
balbettava, parlava da solo incoerentemente, diceva di essere ora questo
ora quell'altro personaggio, si spalmava con le proprie feci. A partire dal
1997 durante le udienze processuali lo imbavagliavano per impedirgli di
parlare a sproposito ma la Corte della Contea di Anderson decise che non
era pazzo.
Per l'accusa il comportamento erratico di Delk era solo una recita fatta
a bella posta per evitare l'esecuzione. Il compagno di prigionia Paul
Colella osserva: "Ho letto di recente un articolo del Dallas Morning News
(...) Ci si domanda se Delk sia un uomo disturbato o un astuto ingannatore.
Si pone in forse la malattia di Delk. Ho vissuto per anni nel suo ambiente
e posso affermare che se recita ha sbagliato indirizzo. Poteva guadagnare
milioni di dollari ad Hollywood. L'ho visto fare cose che un uomo sano di
mente non puo' fare. Delk ha perso la sua mente nel braccio della morte."
Solo in cambio di alcuni regali il personale del carcere e' riuscito a
far fare una doccia al condannato prima di ammazzarlo. Legato al lettino
dell'esecuzione Monty Delk ha parlato incoerentemente e ha proferito
oscenita'. Quando il warden gli ha chiesto se voleva fare un'ultima
dichiarazione ha risposto: "Sono il warden. Togliete il vostro warden da
questo letto e tacete!". Ha continuato nel suo turpiloquio incoerente
finche' una frase e' stata spezzata dall'effetto delle sostanze letali. Il
condannato e rimasto con gli occhi e la bocca spalancati. Sei minuti piu'
tardi e' stato dichiarato morto. La vedova dell'uomo ucciso da Delk nel
lontano 1986 si e' sentita mancare ed e' stata portata fuori dalla casa
della morte con una sedia a rotelle. Questa e' attualmente la civilta' del
Texas.
6) L'INUTILE SFORZO DI PROCESSARE LE GUARDIE CHE MASSACRARONO VALDES
Il 15 febbraio l'annuncio dell'assoluzione piena di tre guardie che
parteciparono al pestaggio mortale di Frank Valdes nel braccio della morte
della Florida il 17 luglio1999 ci ha lasciati sgomenti ed anche un po'
increduli. Poi abbiamo riflettuto sul fatto che le premesse di questa
angosciante assoluzione si erano consolidate gia' prima dell'inizio del
dibattimento svoltosi nelle ultime quattro settimane (v. n. 93): nel
periodo eccezionalmente lungo intercorso tra l'assassinio e l'inizio del
procedimento (ottobre 2001), nella diatriba per la scelta dei giurati
durata tre mesi, nell'inutile richiesta dell'accusa di spostare il processo
in altra sede, nell'impossibilita' di escludere dalla giuria persone in
qualche modo in relazione con l'amministrazione carceraria, nei
tentennamenti del Pubblico accusatore, nei cedimenti del giudice
Presidente, nella pressione dell'ambiente, nelle minacce ai testimoni,
nello schieramento compatto del sindacato delle guardie in favore degli
accusati con l'esborso della ragguardevole cifra di 750 mila dollari per
remunerare i migliori avvocati difensori della regione.
La difesa, astutamente, ha controbattuto con argomenti puerili le gravi
accuse rivolte agli agenti ed ha concentrato i suoi sforzi nel mettere in
buona luce le guardie e nella peggior luce possibile i condannati, a
cominciare da quelli chiamati a testimoniare contro gli imputati.
All'inizio i difensori hanno ripetuto la storiella che il prigioniero si
era ammazzato da se' buttandosi giu' dal letto o contro le sbarre. Poi e'
venuta la testimonianza dei medici legali che hanno rilevato decine di
fratture delle costole e delle ossa del capo e del collo e lesioni interne
mortali, nonche' le impronte di scarpe sul torace, sulla faccia,
sull'addome e sulla schiena prodotte da chi saltava a pie' pari sul
malcapitato Valdes che doveva essere steso per terra legato mani e piedi. A
quel punto la difesa ha detto che i tentativi di rianimazione fatti dalle
guardie sarebbero state la causa della rottura delle costole del detenuto.
Infine e' stato suggerito che a procurare alcune lesioni al detenuto
potevano essere state altre persone, forse le guardie non ancora
processate...
Anche a non voler credere alle testimonianze dei compagni di prigionia
di Frank Valdes, a fronte al fatto che solo nove guardie ebbero accesso
quel giorno a Valdes e che tutti i rapporti sulla sua morte furono da loro
platealmente e concordemente falsificati, come minimo tali agenti dovevano
essere ritenuti colpevoli di falso e di complicita' con gli assassini.
Niente di tutto questo: la giuria dopo aver discusso per 3 ore e mezza ha
assolto le tre guardie da tutti e quindici i capi di imputazione che
andavano dall'assassinio, all'omissione di soccorso, alla falsificazione
dei rapporti. La prima delle nove guardie implicate era gia' stata assolta
dall'accusa di lesioni in un separato processo nell'ottobre del 2000. I
pubblici ministeri hanno gia' dichiarato che, visto come sono andate le
cose nel processo contro le tre guardie, con tutta probabilita'
rinunceranno a processare le altre cinque.
Il carcere della Florida e' indegno anche dei peggiori criminali quali
sono da giudicare gli agenti che massacrarono vigliaccamente una persona
affidata alla loro custodia. Per questo troviamo un aspetto positivo
dell'assoluzione di Timothy Thornton, Charles Brown e Jason Griffis. Ci
scandalizza pero' il fatto che un processo celebrato, con tanta fatica,
solo perche' l'intervento dei media e dei federali riusci' a far breccia
nel muro di omerta' subito eretto a difesa delle guardie assassine, sia
finito miseramente nel nulla. Ancora una volta la 'giustizi negli Stati
Uniti si dimostra spietata nei riguardi dei perdenti e pressoche' disarmata
nei confronti di coloro che sono legati la potere.
Il 22 febbraio, una settimana dopo la conclusione del processo nella
Contea di Bradford in Florida, l'ufficio per i Diritti Civili del Ministero
della Giustizia federale ha annunciato di aver avviato un'investigazione
per stabilire se, caso mai, i diritti civili di Frank Valdes furono
violati. Dan Nelson, portavoce del Ministero, ha pero' avvertito che:
"questi casi sono complessi e comprensivi per natura" declinando di
spiegare la frase e fare ulteriori commenti.
Potrebbe accadere - come nel caso di Rodney King, il nero che fu pestato
dalla polizia sotto l'occhio di una telecamera amatoriale in California -
che gli agenti assolti nel proprio stato vengano condannati (ad una pena
mite) per violazione dei diritti civili della vittima. I difensori delle
guardie si sono detti 'sorpresi dall'iniziativa e disposti a collaborare'.
7) RESPINTE LE NUOVE PROVE A FAVORE DI PHILIP WORKMAN
Philp Workman, il detenuto del Tennessee in favore del quale ci siamo
impegnati da due anni a questa parte (v. n. 85), ha visto peggiorare la sua
situazione giudiziaria all'inizio di febbraio quando il giudice John Colton
della contea di Shelby ha sentenziato che le nuove prove da lui avanzate
sono insufficienti a garantirgli un uovo processo.
La Corte Suprema del Tennessee aveva sospeso l'esecuzione di Workman il
30 marzo scorso meno di un'ora prima che venisse portata a termine. La
corte aveva infatti deciso a stretta maggioranza di ordinare al giudice
Colton di esaminare esaurientemente le prove scoperte di recente dalla
difesa del condannato (lo stesso giudice qualche ora prima aveva rifiutato
di concedere uno stay per poterle esaminare). Ora John Colton in una
sentenza di 21 pagine resa nota il 4 febbraio sostiene che le prove
presentate non raggiungono un livello tale da fargli cancellare la condanna
a morte e ordinare un nuovo processo.
Anche se il testimone d'accusa Harold Davis dichiaro' nel 1999 di aver
affermato il falso durante il processo del 1982 quando disse di aver visto
Workman sparare al tenente Ronald Oliver, il giudice Colton argomenta che
lo stesso Davis ha testimoniato la scorsa estate di non ricordarsi piu'
quello che accadde la sera del 5 agosto 1981 in cui Oliver venne ucciso.
Davis, un consumatore di droghe, dopo la sospensione dell'esecuzione di
Workman ha attestato di non discernere la 'realta' dall'illusione' e
pertanto Colton sentenzia che non si puo' affermare che egli abbia
testimoniato il falso durante il processo di Workman. (Notiamo che il
secondo ripensamento del testimone e' classico. I fase: il teste preparato
dalla pubblica accusa incrimina l'imputato, II fase: il teste contattato
dalla difesa ritratta e scagiona il condannato, III fase: il testimone di
nuovo sotto pressione dell'accusa dice di non ricordare niente affermando
di essere rimbambito o dedito all'uso di droga). Il giudice Colton inoltre
toglie valore ad una radiografia autoptica che i difensori di Workman
asseriscono essere stata nascosta dall'accusa fino al 2000. Egli nota che
la lastra conferma in sostanza il parere del dott. Cyril Wecht, un famoso
esperto, secondo il quale e' improbabile ma non si puo' del tutto escludere
che la ferita mortale sia stata inferta da una pallottola sparata da
Workman (i legali della difesa sostengono che Oliver fu colpito dal 'fuoco
amico' della polizia). Colton aggiunge che osservazioni simili erano state
fatte a suo tempo durante il processo quando un esperto dell'FBI rese la
sua testimonianza riguardo ad una pallottola trovata in terra vicino al
corpo di Oliver.
I legali hanno annunciato appello contro la sentenza del giudice John
Colton. La pubblica accusa ha immediatamente chiesto di procedere con
l'esecuzione di Philip Workman ma e' intervenuta di nuovo la Corte Suprema
del Tennessee decretando che la sentenza rimanga sospesa fino
all'esaurimento degli appelli presentati dal condannato.
8) DA ERODE A PILATO . . .
Ho appena finito di leggere un articolo tratto da "The Tennessean". Il
titolo parla chiaro: "Il giudice respinge le nuove prove a favore di
Workman". Il giudice della Contea di Shelby ha nuovamente rifiutato di
riaprire il processo a Philip Workman, perche' sostiene che le prove
presentate dai suoi avvocati non dimostrano la sua probabile innocenza e
non sono degne di attenzione. Sento un brivido nella schiena e mi si
presenta davanti agli occhi vivido il ricordo della scorsa primavera,
quando, alla vigilia del 30 marzo 2001, eravamo tutti sicuri che,
nonostante i nostri sforzi e il bombardamento di petizioni e messaggi
inviati al Governatore, Philip sarebbe stato ucciso di li' a poche ore.
Poi, inaspettata e splendida e' arrivata la notizia della sospensione,
concessa a meno di un'ora dall'esecuzione. La Corte Suprema aveva
stabilito che Workman aveva diritto a una totale revisione del caso, sulla
base dei nuovi fatti e delle prove in origine occultate. E adesso? Adesso
ricomincia tutto il Calvario: Erode manda il condannato da Pilato, che lo
rimanda da Erode, che lo rimanda da Pilato. Nessuno gli salva la vita e
tutti lo tengono con il fiato sospeso spingendolo fino allo stremo della
sua possibile resistenza psichica a tanta tortura....
Questa macabra partita di ping-pong tra le varie corti americane, che
usano i condannati a morte al posto delle palline, pare sia una triste
abitudine che si ripete puntualmente per i casi piu' importanti e piu'
seguiti dai media e dall'attenzione pubblica, anche degli
abolizionisti...la storia del caso di Philip Workman sembra ricalcare
quella, conclusasi purtroppo nel modo peggiore, di Gary Graham.
Riassumo per i nostri nuovi amici e lettori le storie dei due casi. Gary
Graham: Afro-americano, accusato a 17 anni dell'omicidio di Bobby Lambert,
e condannato a morte nel 1981 sulla base di un'unica testimonianza oculare,
fatta da una donna che sostenne caparbiamente di averlo visto (per pochi
secondi) e riconosciuto, di notte, dall'interno di un'auto, da una distanza
di circa 20 metri. L'arma trovata in possesso di Gary non era quella del
delitto e nessuna prova fisica legava Gary alla vittima o al luogo del
crimine. Le prove a discolpa del condannato pero' non vennero a conoscenza
della giuria originaria per la trascuratezza del primo avvocato difensore
d'ufficio, ne' furono mai esaminate da nessuna corte durante gli appelli
successivi. Gary arrivo' a poche ore dall'esecuzione 6 volte, e ogni volta
questa fu sospesa in extremis dal una Corte superiore, che dichiarava la
necessita' di rivedere il caso. Solo che poi il caso non veniva mai
rivisto, perche' la corte incaricata della revisione, sosteneva ogni volta
che questa era superflua e che i nuovi testimoni (tanti), che avrebbero
potuto discolpare Gary, erano inaffidabili. Gary e' morto in Texas nel
giugno 2000, ucciso da un'iniezione letale, accompagnato dalla benedizione
dell'allora Governatore George W. Bush.
Philip Workman: bianco, condannato a morte nel 1982 per l'omicidio di un
poliziotto di Memphis, Ronald Oliver, avvenuto in una sparatoria durante
una rapina che Workman, allora tossicodipendente, aveva commesso in un
fast-food. Il proiettile che uccise il poliziotto non fu mai trovato. La
giuria che condanno' a morte Workman fu convinta della sua colpevolezza
dalla dichiarazione di un testimone oculare, che disse di aver visto
Workman sparare a Oliver.
Dopo alcuni anni, il testimone oculare confesso' di aver mentito durante
il processo, per accontentare i poliziotti che gli avevano chiesto di
testimoniare contro Workman, e che in realta' egli non aveva mai visto
commettere il delitto. Si trovo' inoltre una radiografia fatta alla vittima
durante l'autopsia, che rivelerebbe l'esistenza di lacerazioni provocate da
un proiettile diverso da quello sparato dall'arma di Workman, simile a
quelli sparati dai poliziotti stessi. Questa radiografia era stata
occultata dall'accusa e fu ritrovata solo dopo molti anni. Uno dei giurati
del primo processo ha dichiarato che non avrebbe votato per la pena di
morte se avesse visto la radiografia e saputo della falsa testimonianza. Un
avvocato dell'accusa si e' schierato dalla parte di Workman dichiarando che
non si sentirebbe dalla parte della giustizia continuando a perseguire
Workman. La figlia di Oliver ha incontrato la figlia di Workman e le due
donne sono diventate amiche. La figlia di Oliver si sta battendo per
ottenere la commutazione della pena di Workman.
Tutto questo pare non scalfire la granitica volonta' di uccidere Workman
da parte dei giudici e degli avvocati d'accusa della contea di Shelby. A
piu' riprese, negli scorsi anni, anche Philip, come Gary Graham, e' giunto
a poche ore dall'esecuzione, per vedersela sospendere ogni volta dalle
corti superiori in vista di un doveroso riesame del caso, caso che invece
le corti locali non vogliono saperne di riaprire. Dovra' necessariamente
finire anche la storia di Workman con una ingiusta, insensata e sadica
esecuzione?
Per quanto tempo ancora dovremo assistere a un comportamento cosi'
efferato da parte di un sistema giudiziario che non appartiene a sperduti
villaggi del cosiddetto Terzo Mondo, ma alla piu' grande potenza
"democratica" e "civile" del pianeta? (Grazia)
9) LA VERIFICA DEL RUOLO DEI GIUDICI PUO' AVERE UN ENORME IMPATTO
Gli esperti americani confermano che, come abbiamo ipotizzato nel numero
precedente, una sentenza della Corte Suprema federale attesa per il mese
di aprile potrebbe causare il piu' grande sconvolgimento nel sistema della
pena capitale dopo il 1972, anno in cui si ebbe la famosa sentenza che mise
fuori legge la pena di morte negli Stati Uniti d'America commutando tutte
le 600 sentenze capitali di allora.
La decisione della Corte Suprema federale dell' 11 gennaio di accettare
l'esame del ricorso presentato dal condannato a morte Timothy Ring contro
lo stato dell'Arizona ha avuto come prima conseguenza una moratoria di
fatto delle esecuzioni in Florida: dopo quella di Amos King sono state
sospese le esecuzioni di Linroy Bottosom prevista per il 5 febbraio e
quella di Robert Trease prevista per il 7 febbraio.
L'accoglimento del ricorso di Ring potrebbe portare addirittura
all'annullamento di 800 condanne a morte in nove stati. In questi stati
infatti e' il giudice e non la giuria ad emettere le condanne a morte
mentre il Sesto Emendamento della Costituzione USA garantisce agli
Americani di essere giudicati da giurie costituite 'da loro pari'. In
Arizona, Colorado, Idaho, Montana e Nebraska le giurie non hanno alcun
ruolo nell'emissione delle sentenze capitali, invece in Alabama, Delaware,
Florida e Indiana le giurie fanno una raccomandazione che i giudici non
sono obbligati a seguire nell'emettere la sentenza.
L'idea che gli Americani siano sottoposti al giudizio del popolo e non
dello stato, un'idea antica cara ai conservatori, si rifa' ai valori
fondanti gli Stati Uniti e non per niente e' richiamata nella Costituzione
USA. Ora bisogna vedere se anche i giudici piu' tradizionalisti
applicheranno il principio che debbano essere le giurie popolari anziche' i
giudici dello stato a emettere le condannare a morte, cio' anche a costo di
mettere seriamente in crisi per un lungo periodo il sistema della pena di
morte di nove stati e, in ultima analisi, di consentire a molti condannati
di evitare il patibolo.
Comunemente si dice che il ruolo delle giurie e' di valutare i fatti
mentre quello dei giudici e' di applicare la legge. Per la verita', nel
momento attuale la materia non e' affatto chiara per effetto delle
precedenti sentenze della medesima Corte Suprema.
Nel 1984 la Corte Suprema confermo' la legittimita' del sistema legale
della Florida respingendo un ricorso che contestava il ruolo dei giudici e
la stessa cosa fece per il sistema legale dell'Arizona nel 1990. Tuttavia
nel 2000, sentenziando nel caso di Apprendi contro il New Jersey, la
massima corte dette ragione al detenuto che si era visto inasprire la
sentenza dal giudice. Questi, contestando un fatto aggravante, aveva
aumentato di due anni la condanna a dieci anni di carcere stabilita dalla
giuria.
10) ANTONIN SCALIA INSISTE SUSCITANDO NUMEROSI COMMENTI
Il giudice della Corte Suprema federale Antonin Scalia, dopo essere
intervenuto il 25 gennaio al convegno organizzato dal Foro sulla Religione
e la Vita Pubblica tenutosi presso l'Universita' di Chicago (v. n. 93) ha
continuato a sostenere la pena di morte, rinnovando la sua polemica contro
la posizione papale in materia, in altri interventi presso universita'
americane nel corso del mese di febbraio. In particolare, il cattolico
ultra conservatore, padre di nove figli di cui uno e' diventato sacerdote,
il 4 febbraio ha detto agli studenti della Georgetown University in
occasione dell'annuale Settimana della Cultura dei Gesuiti: "Nessuna
autorita' che io conosca ha mai negato la bimillenaria tradizione della
Chiesa Cattolica che approva la pena capitale. Non vedo il motivo di
cambiare ora." Durante un successivo intervento presso la Lewis & Clark Law
College Antonin Scalia ha omesso di commentare la dottrina cattolica ma ha
dichiarato: "Quanto alla pena di morte . E' assolutamente chiaro che era
costituzionale nel 1791. Ed e' costituzionale ora." Le uscite di Scalia
hanno avuto puntuale eco sulla stampa ed hanno prodotto numerosi commenti
di giudici e di uomini di legge. La discussione si e' centrata soprattutto
sull'affermazione di Scalia che "la scelta spettante al giudice, che
ritiene la pena di morte sia immorale, e' di dare le dimissioni piuttosto
che ignorare le leggi costituzionali debitamente stabilite e sabotare la
pena di morte. Egli ha, dopo tutto, contratto l'obbligo di applicare tali
leggi e non gli e' stata data facolta' di sostituirle con le proprie regole."
11) SECONDA RICERCA DI LIEBMAN SUGLI ERRORI NEI PROCESSI CAPITALI
Sappiamo bene che negli Stati Uniti le 'corti di appello' tendono a
confermare le condanne capitali a meno che gli avvocati difensori dei
condannati non riescano a mettere in evidenza, con estrema chiarezza, gravi
errori giudiziari commessi durante i processi. Nonostante la scarsa
propensione delle corti ad intervenire, in gran numero i processi capitali
vengono comunque annullati.
Nel giugno del 2000 fece molto scalpore la pubblicazione dei risultati
di una ricerca sugli errori giudiziari nei casi capitali condotta
nell'Universita' di Columbia da un gruppo capeggiato dal prof. James
Liebman. L'11 febbraio scorso e' stata pubblicata una seconda ricerca in
materia effettuata dallo stesso gruppo. I risultati della nuova ricerca,
che confermano la fallacia del sistema della pena di morte negli USA, hanno
suscitato negli ambienti piu' conservatori una vivace contestazione.
Obiezioni si erano avute anche in occasione della ricerca precedente ma
questa volta la controinformazione e' stata piu' articolata e incisiva.
Oltre a contestare alcuni dei dati riportati, i conservatori obiettano a
Liebman che il sistema salvaguarda i diritti di chi sia stato ingiustamente
condannato riparando in tempo gli errori giudiziari. A questa osservazione
Liebman risponde con una domanda: Giudichereste affidabile la mia auto se
vi dicessi che si trova sempre in officina per essere riparata? Piu' grave
e' l'insinuazione che la massa degli errori emersi derivi non
dall'innocenza dei condannati bensi' dalla possibilita', lasciata ai loro
avvocati difensori, di inserire nell'iter giudiziario ostacoli pretestuosi
di tipo tecnico-procedurale. E' chiaro che gli autori di questa
affermazione tendono a ridurre i diritti della difesa e quindi a diminuire
si' gli errori rilevati ma anche la possibilita' di discolpare possibili
innocenti.
Siamo consapevoli che una grande massa di dati statistici puo' dar luogo
a qualche difficolta' di interpretazione ed anche a noi le conclusioni di
Liebman, in alcuni dettagli, non sembrano essere sempre le piu' giuste.
Tuttavia entrambe le sue ricerche dimostrano senza ombra di dubbio che
negli USA il sistema della pena di morte e' permeato da errori giudiziari
sostanziali, errori che non possono essere tutti rilevati e corretti e che
con tutta probabilita' portano all'esecuzione di un numero non trascurabile
di persone completamente innocenti e di un numero rilevante di persone che,
pur colpevoli, non avrebbero comunque dovuto ricevere la pena di morte.
Ricordiamo che la prima ricerca di Liebman intitolata "Un sistema in
avaria: il tasso di errori nei casi capitali dal 1973 al 1995" mostra come
nel 68% dei processi capitali emergano nel corso degli appelli a livello
statale o federale errori tali da provocare il loro annullamento. Solo il
18% dei processi ripetuti si conclude con una seconda condanna a morte,
inoltre non pochi di questi processi vengono di nuovo annullati in appello.
Nel 9% dei casi si arriva ad una completa assoluzione e alla liberazione
dei condannati.
La seconda ricerca intitolata: "Un sistema in avaria: Perche' ci sono
tanti errori nei casi capitali e che cosa occorre fare" tende ad
individuare le cause degli errori giudiziari e suggerisce riforme che
possano ridurne il numero. Lo studio mette in luce un certo numero di
fattori che producono errori, a cominciare dalla politica, dalla razza, dal
desiderio di ridurre il crimine e dal cattivo funzionamento delle corti
sovraccariche. Un risultato costante, semplice e importante, e' che
all'aumentare del numero di sentenze di morte aumenta il numero degli
errori. Passando da situazioni in cui il tasso di condanne capitali e' il
piu' basso a quelle in cui e' il piu' alto, il tasso degli errori
giudiziari aumenta fino a moltiplicarsi per sei e a raggiungere l'80% dei
casi. Piu' gli stati comminano indiscriminatamente la pena di morte per
ogni tipo di omicidi, piu' e' grande l'incidenza di errori giudiziari e la
probabilita' di trovare in seguito innocenti coloro che vengono condannati.
La probabilita' dell'emergere di errori giudiziari cresce li' dove e'
piu' alto il numero degli omicidi di bianchi, nelle regioni con una piu'
grande percentuale di popolazione di colore, nei luoghi in cui viene
perseguita una minore percentuale dei crimini, nei posti in cui l'elezione
dei giudici e' piu' condizionata da aspetti politici, li' dove i giudici
che vogliono essere eletti 'con un occhio guardano la giustizia e con
l'altro le ricerche d'opinione.'
Liebman risponde in maniera evasiva a chi gli chiede se sia favorevole
all'abolizione della pena di morte: su tale questione decidano gli
elettori, e' come quando si porta l'auto seriamente danneggiata dal
meccanico, si puo' chiedere di ripararla oppure di rottamarla.
Se si conserva la pena di morte - conclude Liebman - occorre riservarla
soltanto ai delitti piu' efferati e introdurre riforme che prevedano:
l'inflizione della condanna a morte solo se la responsabilita' in un
crimine capitale risulti provata al di la' di qualsiasi dubbio e se le
aggravanti superano sostanzialmente le attenuanti, l'esenzione dalla pena
di morte delle categorie per le quali vi siano delle attenuanti come ad
esempio la giovane eta' o la malattia mentale, l'introduzione
dell'ergastolo senza possibilita' di uscita sulla parola in alternativa
alla sentenza di morte, la proibizione per il giudice di emettere una
sentenza di morte qualora la giuria opti per una pena detentiva, l'obbligo
di mettere a disposizione delle giurie tutte le prove raccolte dalla
polizia e dall'accusa, l'isolamento dei giudici dalle pressioni politiche e
la concessione di avvocati difensori competenti agli accusati di reati
capitali.
12) CONTOINFORMAZIONE SULLA DETERRENZA
Fino ad ora all'obiezione degli abolizionisti che non si puo' dimostrare
che la pena di morte serva come deterrente del crimine, supportata da
numerosissime ricerche in materia, i sostenitori della pena capitale negli
USA avevano risposto al massimo con affermazioni dogmatiche. Tanto che
attualmente tra coloro che sostengono la pena di morte soltanto il 13% le
riconosce un effetto deterrente (alcuni chiedono che si moltiplichi per 10
o per 100 il numero delle esecuzioni in modo che si manifesti un potere
deterrente).
Ora, integrandosi ad una robusta controinformazione su tutti i temi
riguardanti i diritti umani lanciata dai conservatori, vengon fuori
mirabolanti risultati da due ricerche di tipo statistico che
dimostrerebbero il contrario di quanto ritenuto fino ad ora. Tre
ricercatori dell'Universita' Emory di Atlanta si spingono addirittura ad
affermare che ciascuna esecuzione compiuta dal 1977 in poi ha salvato 18
vite. Mentre il prof. H. Naci Mocan dell'Universita' di Denver in Colorado
afferma che ogni esecuzione ha comportato cinque o sei omicidi in meno e
che per ogni tre grazie concesse si e' avuto un omicidio in piu'.
Intervistato sui risultati delle due ricerche, Richard Dieter, Direttore
del Contro di informazione sulla Pena di morte, ha citato alcuni studi seri
che squalificano tali risultati. In particolare, il prof. Michael L.
Redelet dell'Universita' della Florida nel 1995 ha rilevato la posizione di
67 presidenti od ex-presidenti di associazioni professionali di
criminologi. Piu' dell'80% di tali esperti e' dell'opinione che le ricerche
in materia non siano riuscite a dare una giustificazione in termini di
deterrenza alla pena di morte.
13) IL GRUPPO DI TORINO VA A SCUOLA!
Grazia Guaschino, Responsabile del Gruppo di Torino del Comitato Paul
Rougeau, ci invia la seguente comunicazione che volentieri pubblichiamo
Uno dei progetti lungamente caldeggiati dal "Gruppo Torino" e' quello di
andare nelle scuole per sensibilizzare gli studenti sulle problematiche
connesse ai diritti umani e alla pena di morte. Grazie all'impegno di
alcune socie, tra cui Anna Maria Esposito, Cristina Curoso e sua figlia
Francesca, questo progetto si sta realizzando. In particolare, Anna Maria
ha organizzato un incontro del Comitato Paul Rougeau con la scuola Media
Statale "Pier Lombardo" di Novara, in cui insegna.
L'iniziativa si e' svolta in piu' fasi. A tutti gli studenti di terza
delle sei sezioni e' stato proiettato il film "Difesa a oltranza" (che
rappresenta molto efficacemente la vicenda di una condannata a morte in
procinto di essere 'giustiziat negli Stati Uniti). Nei giorni successivi
gli insegnanti hanno letto nelle rispettive classi due lettere, scritte, a
pochi giorni dall'esecuzione, rispettivamente da Joseph O'Dell in Virginia
ai suoi corrispondenti in Italia e da Gerald Mitchell a un suo amico nel
braccio della morte del Texas. Ai ragazzi e' stato chiesto di riflettere su
quanto visto e ascoltato e di preparare domande e osservazioni da
presentare in un successivo dibattito.
Nel frattempo, Secondo Mosso ha illustrato in un cartellone, in modo
chiaro ma non troppo macabro, i metodi di esecuzione utilizzati negli Stati
Uniti attualmente e nel passato. Irene e io ci siamo preparate per tenere
una conferenza agli studenti.
Il 25 febbraio, alle 6,30, partiamo assonnate da Torino per Novara.
Mentre la giornata si prospetta luminosa, e un'alba rosata illumina la
cerchia innevata delle Alpi che vediamo scorrere davanti a noi dal
finestrino del treno, ci scambiamo qualche informazione che abbiamo
acquisito separatamente e ridiamo di noi stesse e delle possibili "gaffe"
che faremo.
A Novara Anna Maria e suo marito ci accolgono cordialmente alla
stazione. Il preside, Prof. Pasciuti, ci riceve a scuola con gentilezza e
cordialita'. Nella sala, che presto si riempira' di ragazzi, appendiamo il
cartellone preparato da Secondo e allestiamo un "modello" in scala 1:1 di
cella del braccio della morte: l'arredo (letto, gabinetto e lavandino) e'
realizzato in carta da pacchi, mentre due lati delle pareti della cella
sono costituiti da una corda da roccia tesa e legata a due sedie, che isola
una superficie della stanza di circa due metri per tre.
Ed ecco arrivare i ragazzi, accompagnati dalle loro insegnanti: e' il
primo di due gruppi composti da tre classi ciascuno. Ogni gruppo e' di
oltre settanta studenti, e ci sono quattro insegnanti con loro. Mi colpisce
subito il fatto che i ragazzi arrivati per primi si accaparrano le prime
file: questo dimostra che sono interessati, altrimenti cercherebbero di
occupare gli ultimi posti. Sguardi curiosi, intelligenti, allegri, ci
studiano. Mi assale un po' di ansia: li faremo dormire? Ci ascolteranno?
Cominceranno a chiacchierare tra loro e a disinteressarsi a noi? Meno male
che c'e' Irene con me, che pare sicura di se' e tranquilla!
La realta' supera ogni nostra piu' rosea speranza: i due gruppi si
comportano pressoche' allo stesso modo, cioe' bene, ed entrambe le
conferenze hanno molto successo. Anna Maria ci presenta alle insegnanti e
ai ragazzi. Irene comincia a parlare, racconta concisamente la storia del
Comitato Paul Rougeau, poi descrive in modo vivace il cammino
abolizionista, da Beccaria in poi. Conclude esponendo la situazione attuale
dei Paesi che ancora mantengono la pena di morte. Si dilunga sulla Cina,
sugli stati islamici e conclude con un brevissimo riferimento agli Stati
Uniti. Adesso tocca a me: traccio a grandi linee lo schema di un iter
giudiziario in un caso capitale e spiego le problematiche piu' gravi
connesse con la pena di morte in America, facendo riferimenti al contenuto
del film che i ragazzi hanno visto e portando esempi di casi reali. Le
storie di Thomas Provenzano, Gary Graham, Paula Cooper, Joe Cannon e altri,
offrono lo spunto per parlare dei minorati mentali, dei minorenni all'epoca
del crimine, dei poveri, del razzismo e degli innocenti condannati a morte.
Sia Irene che io cerchiamo, nei nostri discorsi, di sottolineare e ribadire
il concetto fondamentale che ci deve far opporre fermamente e in ogni caso
alla pena di morte: il diritto alla vita, la sacralita' della vita umana.
Al di la' di questi motivi, tutti gli altri dovrebbero essere quasi
superflui, ma hanno lo scopo di evidenziare che non e' giusto ed e'
pericoloso riconoscere allo stato la facolta' di togliere la vita ai
cittadini.
Concludiamo l'intervento invitando i ragazzi a una visita "virtuale" nel
braccio della morte: a gruppetti si affollano intorno alla rudimentale
"cella", alzandosi in punta di piedi per vedere meglio.
Durante le nostre spiegazioni i ragazzi sono stati attenti e in
silenzio, chiaramente interessati. Si capisce che stavano riflettendo su
una problematica probabilmente mai presa in seria considerazione in
precedenza.
"Alzi la mano chi, al posto di quel Governatore, avrebbe concesso la
grazia a Cindy!" Moltissime mani si levano. "Adesso alzi la mano chi invece
non gliela avrebbe concessa!" Vengono alzate molte mani decise, anche se in
numero leggermente minore. Chiediamo a qualche volontario delle opposte
fazioni di spiegarci le ragioni della scelta fatta a proposito della sorte
della protagonista del film "Difesa a oltranza". Dopo qualche esitazione
arrivano le risposte "Nessuno puo' arrogarsi il diritto di uccidere un
essere umano, neppure lo stato." "Io al posto del governatore forse non
darei la grazia a causa della pressione della gente, per ragioni politiche,
invece trovo che la grazia andrebbe concessa perche' io sono contrario alla
pena di morte." "Cindy ha ucciso due persone, percio' e' giusto che muoia".
Da questo momento, senza ulteriori esitazioni, tutti prendono coraggio,
fioccano le domande, gli interventi, la discussione si fa accesa, anche tra
i ragazzi. Le insegnanti mantengono l'ordine e cercano di deviare la
domande e osservazioni su di noi. Anche le opinioni contrarie alle nostre
sono espresse con educazione, con il desiderio di capire e approfondire.
"Vengono giustiziati anche i ragazzi mentre sono ancora minorenni?" "Se
catturassero Bin Laden, vorreste risparmiare anche lui? Perche'?" "Non e'
peggio restare per tutta la vita in una prigione che venire uccisi?" "Io
vorrei morire, piuttosto che andare all'ergastolo!" "Chi uccide i bambini
deve essere ucciso con una morte lenta." "Sono assassini anche quelli che
uccidono i criminali, perche' comunque uccidono." "Chi fa il boia? Esiste
una scuola per i boia?". Qualche osservazione ci fa anche sorridere: "Ma
come, devono restare in carcere e sanno di dover morire, e ad alcuni viene
in mente di... studiare?! Sono pazzi!".
Suona la campana e i ragazzi ringraziano e ci salutano. Siamo noi invece
a ringraziare loro. Non abbiamo la pretesa di aver "convertito" tutti alla
causa abolizionista, ma abbiamo gettato un seme e indotto dei giovani a
riflettere su problemi importanti anche se non li toccano da vicino.
Abbiamo la sensazione che la nostra visita sia servita, che lascera'
comunque una traccia.
Ringraziano noi ma la principale artefice di questa splendida esperienza
e' Anna Maria, che ha organizzato l'incontro, indotto le sue colleghe a
seguirla in questo progetto, animato i ragazzi e ci ha assistite in tutto e
per tutto durante la nostra visita. Anna Maria e' una socia meravigliosa!
Le insegnanti ci ringraziano e qualcuna commenta: "Stessero attenti in
classe come hanno seguito voi!". Lasciata la scuola, mangiando un panino
commentiamo con Anna Maria la mattinata: anche lei ha avuto l'impressione
che sia stato un successo. Dice che ci fara' sapere i commenti dei ragazzi
nei giorni seguenti.
Questo e' stato solo l'inizio della nostra nuova attivita': venerdi'
andro' a parlare con la preside della scuola Madre Cabrini di Torino, per
organizzare un incontro anche presso questo istituto.
14) NOTIZIARIO
Illinois. Veto del Governatore Ryan all'estensione della pena capitale. Nel
clima della 'guerra al terrorismo' i sostenitori della pena di morte
avevano avuto buon gioco nell'inserire in un 'pacchetto anti-terrorismo'
alcuni passaggi che ampliavano la gamma dei reati capitali. Il pacchetto
era stato approvato all'unanimita' in Senato, alla Camera aveva avuto un
solo voto contrario. Il 6 febbraio il Governatore George Ryan ha usato il
suo potere di veto per emendare il pacchetto dalle parti che prevedevano
nuove fattispecie di reato capitale nonche' provvedimenti suscettibili di
limitare i diritti civili come le intercettazioni telefoniche operate dalla
polizia. "Sono sicuro che la pena di morte non avrebbe scoraggiato i
compagni di coloro che si sono lanciati contro il Word Trade Centers" ha
dichiarato il Governatore alla stampa. Il veto di George Ryan ha suscitato
le ire di Jim Ryan, Ministro della Giustizia e promotore del pacchetto
anti-terrorismo, che ha dichiarato: "Crimini come gli attacchi terroristici
dell'11 settembre richiedono la pena di morte, non c'e' ragione di non
renderlo esplicito" ed ha proposto al Parlamento di indire una nuova
votazione per superare il veto governatoriale. Per fortuna sembra che i
presidenti dei due rami del Parlamento abbiano accolto tale richiesta con
prudenti riserve. George Ryan, dopo aver imposto una moratoria di fatto
nelle esecuzioni e aver istituito una commissione di studio sulla pena di
morte, ha rinunciato a presentarsi per la rielezione. La maggioranza dei
candidati alla carica di governatore nelle prossime elezioni di novembre
sono favorevoli al mantenimento della moratoria. La commissione di studio
istituita da George Ryan e' orientata a maggioranza (8 contro 5) a
consigliare l'abolizione della pena di morte anche se alcuni suoi membri
contestano che un tale consiglio rientri nel mandato della commissione e
possa essere inserito nella relazione conclusiva.
Iugoslavia. Abolizione in Serbia. Dopo l'abolizione della pena di morte
nella Federazione iugoslava (novembre 2001), lo stato della Serbia ha
eliminato dal suo ordinamento tale sanzione con una legge approvata il 26
febbraio. Le Macedonia ha avviato l'iter parlamentare di un'analoga legge.
In tutta la ex Iugoslavia e' in atto una moratoria delle esecuzioni da
oltre dieci anni.
Russia. Si fa pressante la richiesta di riprendere le esecuzioni capitali.
In occasione dell'entrata della Federazione Russa nel Consiglio d'Europa
nel febbraio del 1996, il Governo di Boris Eltsin si impegno' ad imporre
una moratoria delle esecuzioni capitali e ad avviare un processo
legislativo che portasse all'abolizione della pena di morte entro tre anni.
Le esecuzioni continuarono nel 1996 (ve ne furono 140) e la moratoria
divenne effettiva solo a partire dal mese di agosto di quell'anno, dopo un
richiamo del Consiglio d'Europa. Nel febbraio del 1999 la Corte suprema
della Federazione ha pubblicato un parere che blocca la possibilita' di
eseguire sentenze di morte. Le scelte presidenziali abolizioniste non sono
state mai accettate dalla popolazione che e' in grande maggioranza
favorevole alla pena capitale, ne' dal Parlamento che e' entrato piu' volte
in contrasto con i presidenti Eltsin e Putin. La Russia, con 29 mila
omicidi l'anno su una popolazione di 150 milioni di persone, ha un tasso di
criminalita' in crescendo e quasi doppio di quello gia' altissimo degli
Stati Uniti. Dopo la presa di posizione di singoli personaggi a favore
della ripresa delle esecuzioni (a cominciare dallo scrittore Alexander
Solgenitsin e dal leader nazionalista Vladimir Zhirinovsky) la stampa
russa ha cominciato a pubblicare alcuni articoli che dibattono la
possibilita' di un ritorno indietro e, il 15 febbraio, la Duma (Camera
bassa) ha approvato con 266 voti contro 85 un Appello al Presidente
Vladimir Putin per la ripresa delle esecuzioni capitali. Putin ha fatto
sapere che non ha cambiato parere e che solo l'Onnipotente ha il diritto di
togliere la vita.
Sudan. Emergenza giustizia. Human Rights Watch ha denunciato all'inizio di
febbraio la deriva del sistema giudiziario del Sudan verso forme di
punizione 'barbaric. In una lettera indirizzata al Presidente Omar Hasan El
Bashir l'organizzazione umanitaria ha chiesto di sospendere le amputazioni
e le condanne a morte per lapidazione comminate dalle Corti di Emergenza,
Tali Corti istituite nel 2001 in occasione della proclamazione delle stato
di emergenza, sono abilitate a seguire procedure sommarie che ledono il
diritto alla difesa legale degli imputati. Dovrebbero combattere crimini
quali le rapine, gli omicidi e il traffico d'armi. Particolare
preoccupazione e' stata espressa per il caso di Abok Alfa Akok, una giovane
cristiana incinta condannata alla lapidazione per adulterio alla fine
dall'anno scorso in un tribunale che si esprimeva in arabo, una lingua a
lei sconosciuta. In seguito all'interessamento di Human Rights Watch e del
mondo cattolico, il Governo sudanese ha annunciato il 9 febbraio di aver
annullato la condanna a morte di Abok. La ragazza rischia ora pena minore
come la fustigazione.
Texas. Morta la signora Parish combattente storica per i 'diritti delle
vittime'. Il marito di Shirley Strikler Parish ha annunciato mestamente che
la sua consorte e' morta il 5 febbraio, a 68 anni, dopo aver combattuto una
strenua battaglia conto una malattia neurodegenerativa. La sua precedente
battaglia per ottenere l'esecuzione dell'assassino di sua figlia era stata
anche persa negli anni ottanta quando la condanna a morte di tale Roger
DeGarmo era stata annullata nella ripetizione del processo. Negli Stati
Uniti esiste una singolare categoria di attivisti, quella di coloro che si
battono per ottenere 'giustizi per le vittime del crimine. Queste persone
sono legate ai ceti piu' conservatori e forniscono un robusto supporto al
mantenimento della pena capitale. Shirley Parish "fu la matriarca dei
diritti delle vittime del crimine ad Houston" ha dichiarato Andy Kahan,
direttore del Centro per l'Assistenza alle Vittime. Dianne Clements,
famigerata presidente della associazione texana "Justice for All" ha
ricordato: "Ella stava sempre qui, sempre combattendo, sempre una voce per
sua figlia." La Parish aveva fatto parte anche di altre associazioni per i
'diritti delle vittime del crimine' ottenendo l'approvazione di diverse
leggi che hanno portato ad inasprimenti nelle procedure giudiziarie e nelle
pene per gli assassini. Ella aveva lasciato il volontariato nel 1999 quando
le sue facolta' mentali risultarono ormai troppo deteriorate dalla malattia.
Usa. Cristiani fondamentalisti. Il pastore William Einwechter, leader dei
Ricostruzionisti cristiani, propone la sua ricetta per i giovani
delinquenti incorreggibili: la lapidazione. Egli si rifa' a quanto
prescritto nel Deuteronomio (21, 18-21). I cristiani fondamentalisti
vorrebbero imporre la "legge biblica" agli Stati Uniti. Per loro la
democrazia dovrebbe essere sostituita da una teocrazia basata
sull'applicazione letterale del codice del Vecchio Testamento. La loro
influenza e' in crescendo e la loro visone politica trova echi favorevoli
in un certo numero di parlamentari americani.
Virginia. Rigettate quattro proposte di legge per emendare il sistema. Il
Senato aveva approvato all'unanimita' una legge per esentare i ritardati
mentali dalla pena capitale ma la Commissione Giustizia della Camera ha
bloccato la proposta l'8 febbraio. Sempre in febbraio la stessa Commissione
ha spacciato quasi all'unanimita' una proposta di legge per una moratoria
delle esecuzioni di due anni e un'altra proposta che sostituiva l'ergastolo
senza possibilita' di uscita sulla parola alla pena capitale. Per 11 voti
contro 7 la Commissione ha infine bocciato la proposta di legge che
eliminava il termine di 21 giorni dopo la conclusione del processo per
presentare nuove prove di innocenza nei casi capitali. E' passata invece
alla Camera una legge che prevede l'affissione dei Dieci Comandamenti nelle
scuole pubbliche dello stato, compreso il quinto: "Non uccidere".
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Questo numero e' stato chiuso il 28 febbraio 2002