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(Fwd) CS 67-2000 - NATO
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From: "Amnesty International" <press@amnesty.it>
To: stampa@amnesty.it
Date sent: Wed, 7 Jun 2000 10:46:56 +0000
Subject: CS 67-2000 - NATO
Send reply to: "Amnesty International" <press@amnesty.it>
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I CRIMINI DELLA NATO IN SERBIA E IN KOSOVO
'La NATO ha in piu' occasioni violato i principi umanitari da
applicare in ogni conflitto armato'. Questo e', in sostanza, il
messaggio contenuto in un rapporto che Amnesty International ha
divulgato oggi, a un anno di distanza dalla fine dei bombardamenti
della NATO sulla Repubblica Federale della Jugoslavia. 'Il non aver
rispettato le regole fondamentali sancite nelle convenzioni di
Ginevra del 1949, ha causato la morte di numerosi civili', dichiara
Amnesty International.
Il rapporto, dal titolo "Danni collaterali" o Uccisioni illegittime?
contiene l'analisi dettagliata di eventi in cui le Forze Alleate del
Patto Atlantico hanno agito senza tenere conto del diritto umanitario
internazionale nel selezionare i bersagli e scegliere i modi con cui
condurre gli attacchi. Tra le norme vi e' la proibizione di qualsiasi
attacco diretto contro persone o strutture civili, degli attacchi
condotti in modo da non distinguere obiettivi civili da obiettivi
militari, e di quegli attacchi che - seppur condotti contro obiettivi
militari legittimi - comportano un impatto sproporzionato sui civili.
'L'attacco alla sede centrale della televisione e radio di stato
serba, avvenuta il 23 aprile '99, e' senza dubbio un crimine di
guerra', e' scritto nel rapporto. 'Uno strumento di propaganda non
puo' essere considerato un obiettivo militare'. Amnesty International
fa inoltre notare che tale attacco e' stato sproporzionato, avendo
causato la morte di sedici civili con l'unico risultato di
interrompere le trasmissioni per poco piu' di tre ore.
Il rapporto e' basato sulla raccolta di testimonianze e sull'analisi
dettagliata dei pronunciamenti ufficiali della NATO nonche' di vario
materiale prodotto da altre associazioni non governative indipendenti.
Particolarmente importante e' stato anche l'incontro di una
delegazione di Amnesty International con vertici della NATO avvenuto
il 14 febbraio scorso.
Il numero dei civili morti durante le campagne di bombardamento aereo
non e' noto con esattezza. Le fonti della repubblica Federale
Jugoslava non sono attendibili. Associazioni per i diritti umani e
umanitarie stimano gli eventi in cui sono stati colpiti dei civili in
circa novanta e i morti complessivi in circa cinquecento.
'Ma il punto non e' confrontare il numero dei civili uccisi dalla
NATO con quelli uccisi dalle altre fazioni, oppure con i civili
uccisi in guerre precedenti', ha dichiarato Daniele Scaglione,
presidente della Sezione Italiana di Amnesty International, 'il punto
e' che molte di queste persone sarebbero oggi ancora vive, se la NATO
avesse rispettato le regole internazionali sui conflitti armati'.
Tra i principi imposti dal diritto umanitario internazionale vi e'
quello secondo cui la sicurezza dei civili dovrebbe sempre essere
posta come prioritaria, rispetto a quella dei militari. Ancora, le
convenzioni di Ginevra sanciscono il dovere di sospendere un attacco
ad un obiettivo militare, se si verifica la possibilita' di colpire
dei civili. Durante i bombardamenti in Kosovo e Serbia, le forze NATO
hanno sistematicamente violato questi principi. In particolare,
durante le prime azioni, per ridurre la possibilita' di essere
colpiti, gli aerei della NATO volavano ad altezze di circa 4.500
metri, dalle quali, per stessa ammissione dei responsabili NATO, e'
possibile distinguere un obiettivo militare da uno civile, ma non e'
possibile verificare se nei pressi di questo obiettivo vi siano dei
civili.
In diversi attacchi, inclusi quelli al ponte di Grdelica del 12
aprile, al ponte di Lunane il 1 maggio, al ponte di Varvarin il 30
maggio, le forze NATO non hanno sospeso la propria azione, anche dopo
essersi resi conto che avevano colpito dei civili. In altri casi, tra
cui gli attacchi contro carovane di profughi a Djakovica il 14 April e
Korisa il 13 maggio, le forze NATO hanno agito senza valutare
preventivamente le proprie azioni.
La NATO e gli stati che ne fanno parte non si sono mai adoperati in
modo adeguato per far luce sulle responsabilita' nei vari eventi che
hanno causato la morte di civili, eccezion fatta per il bombardamento
dell'ambasciata cinese in Belgrado.
Il rapporto mette in luce anche alcuni problemi generali che
riguardano la possibilita' della NATO di agire coerentemente in
difesa dei diritti umani. I paesi che fanno parte dell'Alleanza
aderiscono in modo differente a diversi strumenti del diritto
internazionale e gli stessi vertici della NATO non sono in grado di
specificare quali siano le leggi di guerra che, invece, piu' volte
han dichiarato di rispettare. Ancora, il meccanismo decisionale
all'interno della NATO e' piuttosto complesso e impedisce di risalire
alle reali responsabilita' per i singoli casi.
Alla luce di quanto evidenziato nel suo rapporto, Amnesty
International, pur ricordando che e' dovere di ogni stato aderente
alla NATO di investigare seriamente sui crimini compiuti dalle
proprie forze armate, ha accolto con preoccupazione le notizie di
qualche giorno fa secondo le quali il tribunale ad hoc per la ex
jugoslavia avrebbe deciso di non proseguire le indagini sulle
violazioni del diritto umanitario che sarebbero state commesse dalle
forze NATO.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 7 giugno 2000
Ufficio Stampa
Amnesty International
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