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[Diritti] Perchè è giuridicamente corretto parlare di genocidio a Gaza
- Subject: [Diritti] Perchè è giuridicamente corretto parlare di genocidio a Gaza
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.org>
- Date: Sun, 3 Aug 2025 12:41:03 +0200
SPIEGAZIONE DEL PERCHÉ SIA GIURIDICAMENTE CORRETTO PARLARE DI GENOCIDIO A GAZA
Continua il dibattito sul tema del genocidio a Gaza, quasi sempre con tratti argomentativi privi di fondamento giuridico e ignari dei precedenti storici in tema.
Infatti, quando si discute di genocidio dal punto di vista giuridico – ovvero come crimine – si procede per confronti con precedenti esperienze, dagli Stati e dagli organismi internazionali accertate e dichiarate come crimine.
Un esempio, per tutti, può essere documentato dal confronto sul crollo dell’aspettativa di vita in aree di conflitto. In proposito, la rivista medica internazionale “The Lancet” ha documentato che, in un solo anno di conflitto a Gaza, il crollo dell’aspettativa di vita degli abitanti della striscia è risultato superiore di quasi un terzo rispetto al crollo registrato in un solo anno di conflitto in Ruanda nel 1993-1994. In Ruanda, quel crollo dell’aspettativa di vita in un solo anno fu giudicato, già nel 1994, come fattore sintomatico del genocidio in corso in quel paese africano, per di più proprio su indicazione degli Stati occidentali oggi refrattari a usare lo stesso indicatore nei riguardi della condotta di Israele.
Se, dunque, in Ruanda fu dichiarato il genocidio alla luce di quell’indicatore di mortalità di un solo anno, come si fa a sostenere il contrario a Gaza, dove quell’indicatore di un solo anno è addirittura peggiore?
Significherebbe essere ipocriti e intellettualmente disonesti, perché disposti a ricorrere al classico espediente del “due pesi e due misure”: in Ruanda ci fu genocidio, come dimostrato dal crollo dell’aspettativa di vita, mentre a Gaza no, nonostante il crollo maggiore.
Dal punto di vista, poi, delle argomentazioni giuridiche, conviene sintetizzare che cosa ha detto la Corte Internazionale di Giustizia sulla condotta di Israele a Gaza, nel caso giudiziario “Sud Africa c. Israele” (General List n. 192).
Giova ricordare, infatti, che Israele è sotto processo per genocidio a Gaza dal 29 dicembre 2023, allorquando il Sud Africa (paese in passato condannatto definitivamente per le sue risalenti condotte di apartheid) ha presentato alla Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU un’istanza contro Israele, lamentando la violazione, nella striscia di Gaza, degli obblighi derivanti dalla Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Convenzione che il Sud Africa ha deciso di rispettare proprio per non ripetere gli orrori del passato), nonché chiedendo l’adozione di misure cautelari nelle more del verdetto definitivo.
Riassumo i passaggi salienti delle indicazioni della Corte, ribadendo che il processo è ancora pendente.
1.
La Corte, già con una prima ordinanza del 26 gennaio 2024, ha ritenuto plausibile il pericolo di genocidio tanto da respingere la richiesta di Israele di non dar seguito alla denuncia.
2.
La Corte ha testualmente parlato di un “risque réel et imminent” di “un préjudice irréparable”.
3.
Per questo, ha imposto a Israele l’adozione di misure cautelari ai sensi dell’articolo 41 dello Statuto, affermando altresì il carattere obbligatorio delle sue ordinanze al fine di eliminare qualsiasi dubbio sull'esistenza o meno di un genocidio in atto e garantire la prevenzione.
4.
Il governo di Israele, come noto, non ha mai dato seguito (e continua a non dar seguito) a queste indicazioni della Corte, pur essendone vincolato. Il che, piaccia o meno, impedisce di eliminare dubbi sul genocidio in atto e impedisce la prevenzione.
5.
Quindi, sul piano giuridico, piaccia o meno, Israele sta deliberatamente violando l’obbligo di prevenzione del genocidio, ordinato dalla Corte Internazionale. Questo è già un illecito, ancor più ingiustificabile perché proveniente da una democrazia, che ha accettato quella giurisdizione (ossia l'autorità della Corte Internazionale di Giustizia) per poi tradirla nei fatti.
6.
Del resto, sempre dal punto di vista giuridico, piaccia o meno, violare l’obbligo di prevenzione del genocidio vuol dire conseguentemente assumere consapevolmente condotte produttive di genocidio (proprio per il fatto di non prevenirlo).
7.
Inoltre, sempre la Corte Internazionale di Giustizia ha qualificato i Palestinesi un gruppo protetto ai sensi della Convenzione sul genocidio e quelli della striscia di Gaza “une partie substantielle” di tale gruppo.
8.
Pertanto i Palestinesi, piaccia o meno, sono un gruppo vittima di condotte genocidarie di Israele.
9.
Questo non significa simpatizzare per i Palestinesi o addirittura per Hamas contro gli Israeliani. Significa rispettare le regole giuridiche che gli Stati, Israele inclusa, si sono dati, per evitare che uno solo di essi, sono parole della Corte, proclami e concretizzi il rifiuto del diritto all’esistenza di interi gruppi umani diversi dal suo.
10.
Inoltre, sembra opportuno far presente che la Corte Internazionale, nel prendere queste decisioni, ha utilizzato fonti e documenti quasi interamente israeliani, il che smonta tutta la stucchevole retorica sull’assenza di fonti, o di fonti solo palestinesi, per affermare il genocidio.
11.
Infine, la Corte ha anche rigettato le due tesi di Israele sia del "diritto all'autodifesa del proprio territorio" contro i Palestinesi (e l'ha rigettata perché Israele occupa illegalmente i territori palestinesi e quindi non può rivendicare diritti su territori non suoi) e del proprio "diritto ad esistere" (e l'ha rigettata perché il "diritto ad esistere" non giustifica il potere di annientare esistenze altrui).
12.
Così, dunque, stanno le cose, comunque la si pensi.
13.
Per contestare questo stato di cose, bisognerebbe dimostrare, esattamente come si fa in un qualsiasi altro processo, allorquando si vogliono contestare i provvedimenti di un Giudice, che la Corte Internazionale di Giustizia ha sbagliato: ha sbagliato nel ricostruire i fatti di Gaza; ha sbagliato nell’utilizzare i precedenti e le fonti del diritto sul genocidio.
14.
Allo stato attuale, tuttavia, dimostrazioni di errori sui fatti o di errori di diritto non sono state prodotte da nessuno: neppure dalla diretta interessata Israele.
15.
Di conseguenza, e concludendo, dal punto di vista giuridico, con riguardo agli accadimenti a Gaza, siamo in presenza degli estremi del crimine di genocidio da parte di Israele.
16.
Dire, poi, che l’uso della parola genocidio istighi all’odio o addirittura sia antisemita è una fallacia logica nutrita di scarsa conoscenza del diritto.
17.
Infatti, stando proprio alla Convenzione e a quello che ha detto la Corte Internazionale di Giustizia nel processo in corso, il richiamo alla parola genocidio è importante, perché serve a responsabilizzare tutti nella prevenzione.
18.
Allora, se davvero teniamo alla pace, parliamo di genocidio al fine di responsabilizzare tutti, cittadini e decisori politici, a prevenirlo.
Questo ci insegna il diritto internazionale vocato al perseguimento della verità e giustizia.
Prof. Michele Carducci
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