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[Diritti] Chi è l'attivista iraniana Narges Mohammadi, Premio Nobel per la Pace 2023
- Subject: [Diritti] Chi è l'attivista iraniana Narges Mohammadi, Premio Nobel per la Pace 2023
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.org>
- Date: Tue, 10 Oct 2023 15:58:29 +0200
"AZIONE NONVIOLENTA": IL PREMIO NOBEL PER LA PACE 2023 A NARGES MOHAMMADI, ATTIVISTA IRANIANA IN LOTTA CONTRO L'OPPRESSIONE DEL REGIME
[Dal sito di "Azione nonviolenta" riprendiamo e diffondiamo]
Il Premio Nobel per la Pace 2023 e' stato assegnato all'attivista iraniana Narges Mohammadi "per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran e la sua lotta per promuovere i diritti umani e la liberta' per tutti".
Nel 2009 la Fondazione Alexander Langer le aveva attribuito il Premio Internazionale Alexander Langer riconoscendo il suo impegno per la difesa dei diritti umani e della liberta' di espressione.
Narges oggi non e' una donna libera. Attualmente sta scontando una condanna a dieci anni di carcere nella famigerata prigione Evin di Teheran accusata di diffusione di propaganda antistatale. Narges non solo ha pagato il suo impegno con la perdita della liberta' e le torture ma anche con la separazione dal marito e dai suoi due figli, oggi in esilio in Francia, che l'attivista non vede di persona da otto anni. Negli anni Narges e' stata arrestata 13 volte e condannata cinque volte per un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate.
"Se le autorita' iraniane prenderanno la giusta decisione la rilasceranno cosi' che potra' essere qui per ritirare il premio a dicembre", ha detto la presidente del comitato dei Nobel di Oslo Berit Reiss-Andersen. Il Premio Nobel a Narges Mohammadi, ha aggiunto, "e' anche un riconoscimento alle centinaia di migliaia di persone che hanno protestato contro le politiche di discriminazione e oppressione contro le donne del regime teocratico".
Nell'occasione del Premio Nobel per la pace 2023, ripubblichiamo un articolo di Narges che usci' su "Azione nonviolenta" nel gennaio 2010: piu' attuale che mai.
*
L'articolo di Narges che usci' su "Azione nonviolenta" nel gennaio 2020
Iran. Una giovane donna sfida il regime
L'impegno contro la guerra e la violenza per restituire dignita' al popolo iraniano
Narges Mohammadi e' un'attivista pacifista iraniana. Ha ricevuto il Premio Langer 2009. E' una delle tante vittime della repressione del regime di Teheran.
Pubblichiamo questa sua intensa e profonda lettera aperta che ha avuto il coraggio di scrivere a Mahmud Ahmadinejad, il Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran. Narges e' una testimone e amica della nonviolenza.
Egr. Dott. Ahmadinejad,
sono Narges Mohammadi, giornalista, laureata in fisica, moglie di Taghi Rahmani e madre di due gemelli di soli tre anni. Sono un'attivista del Centro dei Difensori dei Diritti Umani in Iran, che e' stato recentemente chiuso illegalmente, nonche' del Consiglio Nazionale della Pace. Da quando e' stata messa al bando la stampa democratica iraniana, il 22 settembre 2001, fino al 19 novembre 2009, sono stata impiegata, con un contratto regolare, presso la Societa' per le Ispezioni Ingegneristiche facendo parte del gruppo specialistico per ispezione industriale e mineraria. Il 19 novembre 2009 sono stata licenziata. Questo e' un breve curriculum di una donna 36enne iraniana. E' bene che lei sappia che il mio ordine di licenziamento, prima di essere notificato a me, ha seguito un iter attraverso le forze di sicurezza. Nel mese di khordad 1387 (maggio-giugno 2008), tornando da una riunione dei difensori dei diritti umani e degli esperti delle Nazioni Unite, tenutasi a Vienna, sono stata convocata e interrogata dagli agenti del Ministero dell'Intelligence del Suo Governo. L'8 maggio 2009, quando stavo per recarmi in Guatemala per partecipare ad un convegno internazionale delle donne, mi e' stato illegalmente impedito di lasciare il Paese, e non ero stata accusata di alcun reato, e infatti non sono mai stata chiamata in giudizio come imputata. Il mio passaporto e' stato sequestrato all'aeroporto e da allora non ho un passaporto. Per questo motivo ho dovuto un'altra volta presentarmi agli agenti dell'intelligence i quali mi hanno chiesto apertamente di abbandonare le mie attivita' nel Consiglio Nazionale della Pace e nel Centro dei Difensori dei Diritti Umani; in caso contrario la minaccia era di ricevere restrizioni ancora piu' severe.
Il 18 giugno scorso, cioe' sei giorni dopo le recenti elezioni, sono stata nuovamente minacciata per telefono da un agente dell'intelligence: se avessi proseguito con la minima attivita' e non avessi lasciato Teheran, sarei stata arrestata insieme ai miei piccoli bambini. Piu' tardi, in un'altra convocazione gli agenti, come ultimo avvertimento, mi hanno riferito che se non avessi lasciato il Centro dei Difensori dei Diritti Umani e il Consiglio Nazionale della Pace e non avessi interrotto tutti i rapporti con il Premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi, sarei stata licenziata e arrestata.
In settembre, dopo essere stata accettata per un corso di specializzazione, ho chiesto al Ministero dell'Intelligence di restituirmi il mio passaporto, mi e' stato detto che il Ministero aveva un parere negativo su di me e che non avrei potuto partecipare al corso se non avessi cambiato idea sulle loro proposte.
E alla fine, in data 19 novembre 2009, l'amministratore delegato dell'azienda dove lavoravo mi ha informata di aver avuto richiesta di licenziarmi; quando ho chiesto una lecita spiegazione, mi sono sentita dire che era una decisione dettata dall'alto. Mi consiglio' di approfittare dell'ultima occasione e parlare con gli agenti per non farmi licenziare; anche lui a sua volta mi aveva chiesto di porre fine alle mie attivita'. Quando ho spiegato i miei punti di vista egli mi confermo' che doveva licenziarmi.
Sono stata licenziata lo stesso giorno, in meno di un'ora.
Ora vorrei dirle quello che penso.
Mi ricordo quando, dopo una stagione di riforme, Lei e' diventato il Presidente della Repubblica, ha fatto tante promesse di "amore" e di generosita' e ha detto che portava al tavolo degli iraniani gli utili del petrolio. Mentre quello che testimoniano questi tempi amari e' una espressione opposta, cioe' la vendetta, la violenza nella sua forma piu' nuda e cruda.
Sicuramente non sono poche le persone alle quali da anni e' stata negata la possibilita' di studiare ed io sono una goccia in questo mare tempestato di ingiustizia e oppressione. Parlo di donne e di uomini che per le loro idee diverse da quelle del regime hanno subito privazioni pesanti e le loro famiglie sono state vittime di gravi e illimitate violenze. Allora, forse dovevo tacere e vergognarmi di parlare di cose che erano accadute a me.
Pero', dobbiamo parlare e scrivere dei nostri diritti costituzionali e non tacere, fino al giorno in cui nel nostro paese il diritto allo studio e il diritto al lavoro vengano considerati come diritti di persone e non come uno strumento di minaccia nelle mani di un regime.
Quindi, mi sono permessa di chiedere: per quale colpa i miei piccoli bambini devono essere vittime delle vendette del regime.
Il padre di questi bambini e' stato 15 anni nelle carceri di questo regime ma continua ad essere un attivista civile, politico e rispettoso delle leggi. Per essere stato incarcerato diverse volte dai primi anni della Repubblica Islamica, egli non ha potuto portare a termine i suoi studi di storia presso l'Universita' di Tabriz, e a causa dei lunghissimi periodi di detenzione non ha mai potuto avere un impiego. Forse e' facile parlarne, ma vivere cosi' ed essere privati di ogni diritto in questo dissestato paese e' davvero difficile.
Ed io, che non sono stata riconosciuta colpevole da nessun tribunale e sono soltanto un'attivista di diritti umani e una pacifista, ora devo subire vari generi di privazioni volute dal Ministero dell'Intelligence, che invece dovrebbe salvaguardare la sicurezza dei cittadini.
Essere attivisti di diritti umani e dedicarsi alla pace puo' essere considerata una tale colpa imperdonabile da privarci del diritto di avere un pezzo di pane?
Se un regime aspira al governo di Imam Ali, sa che Imam Ali non ha mai privato un oppositore dei mezzi di sostentamento. Mentre le mie attivita' sono nell'ambito dei diritti umani, e il nostro scopo nel Centro per i Diritti Umani e' di migliorare la situazione dei diritti umani in Iran. E Lei ben sa che in tutte le societa' i pacifisti sono rispettati e ammirati e non oggetto di umiliazioni e minacce.
Sono le nostre attivita' per alleviare un po' il dolore delle famiglie dei detenuti a provocare una tale ira del regime o le nostre attivita' pacifiche nell'ambito del Consiglio Nazionale della Pace, contro ogni forma di violenza, pesano tanto ai signori del potere?
La vera domanda e': il suo "amore" promesso piu' di quattro anni fa riguarda solo la limitata cerchia di persone che La circondano?
Non crede che questo suo modo di trattare i propri connazionali, appartenenti a qualsiasi gruppo o ideologia, sara' considerato dal popolo iraniano e dalla storia come una grande e imperdonabile ingiustizia? Togliere il pane dalla bocca dei nostri bambini innocenti e' una dimostrazione di generosita' ("amore") di questo regime e un segno di governare secondo i principi di Imam Ali?
Io ho lavorato 8 anni in un campo di ispezioni ingegneristiche dell'industria in Iran, anche su progetti nazionali importanti; lettere elogiative conservate nella mia pratica lavorativa testimoniano un ottimo svolgimento del lavoro che mi e' stato affidato. Nonostante i responsabili dei progetti per i quali ho lavorato fossero soddisfatti della mia attivita' lavorativa svolta, sono stata licenziata nel giro di un'ora solo perche' non ho accettato le proposte del Ministero dell'Intelligence del Suo Governo.
Non crede che trattare cosi' un connazionale non e' soltanto illegale ma e' anche vile, immorale e disumano, mentre gli iraniani sono famosi per essere magnanimi e gagliardi?
In conclusione, mentre posso pensare, scrivere ed esprimere il mio pensiero liberamente e lontano dalle torture, che e' cio' che conta, sono convinta: che il Centro dei Difensori dei Diritti Umani e il Consiglio Nazionale della Pace sono associazioni sociali e legali in Iran, che hanno avuto l'approvazione del fiero popolo iraniano; che per me e' un grande onore collaborarci e servirle; e anche che il Premio Nobel per la Pace Signora Ebadi e' una donna molto coraggiosa che ha dedicato la propria vita alle attivita' per la pace e per i diritti umani; che collaborare con i pacifisti del mondo non e' criticabile e condannabile ma, al contrario, e' di grande pregio. La pace e la difesa dei diritti umani contro le guerre e le violenze fanno parte dei grandi obiettivi della storia dell'umanita', al raggiungimento dei quali io mi dedichero' sempre di piu'.
Narges Mohammadi
[Dal sito di "Azione nonviolenta" riprendiamo e diffondiamo]
Il Premio Nobel per la Pace 2023 e' stato assegnato all'attivista iraniana Narges Mohammadi "per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran e la sua lotta per promuovere i diritti umani e la liberta' per tutti".
Nel 2009 la Fondazione Alexander Langer le aveva attribuito il Premio Internazionale Alexander Langer riconoscendo il suo impegno per la difesa dei diritti umani e della liberta' di espressione.
Narges oggi non e' una donna libera. Attualmente sta scontando una condanna a dieci anni di carcere nella famigerata prigione Evin di Teheran accusata di diffusione di propaganda antistatale. Narges non solo ha pagato il suo impegno con la perdita della liberta' e le torture ma anche con la separazione dal marito e dai suoi due figli, oggi in esilio in Francia, che l'attivista non vede di persona da otto anni. Negli anni Narges e' stata arrestata 13 volte e condannata cinque volte per un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate.
"Se le autorita' iraniane prenderanno la giusta decisione la rilasceranno cosi' che potra' essere qui per ritirare il premio a dicembre", ha detto la presidente del comitato dei Nobel di Oslo Berit Reiss-Andersen. Il Premio Nobel a Narges Mohammadi, ha aggiunto, "e' anche un riconoscimento alle centinaia di migliaia di persone che hanno protestato contro le politiche di discriminazione e oppressione contro le donne del regime teocratico".
Nell'occasione del Premio Nobel per la pace 2023, ripubblichiamo un articolo di Narges che usci' su "Azione nonviolenta" nel gennaio 2010: piu' attuale che mai.
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L'articolo di Narges che usci' su "Azione nonviolenta" nel gennaio 2020
Iran. Una giovane donna sfida il regime
L'impegno contro la guerra e la violenza per restituire dignita' al popolo iraniano
Narges Mohammadi e' un'attivista pacifista iraniana. Ha ricevuto il Premio Langer 2009. E' una delle tante vittime della repressione del regime di Teheran.
Pubblichiamo questa sua intensa e profonda lettera aperta che ha avuto il coraggio di scrivere a Mahmud Ahmadinejad, il Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran. Narges e' una testimone e amica della nonviolenza.
Egr. Dott. Ahmadinejad,
sono Narges Mohammadi, giornalista, laureata in fisica, moglie di Taghi Rahmani e madre di due gemelli di soli tre anni. Sono un'attivista del Centro dei Difensori dei Diritti Umani in Iran, che e' stato recentemente chiuso illegalmente, nonche' del Consiglio Nazionale della Pace. Da quando e' stata messa al bando la stampa democratica iraniana, il 22 settembre 2001, fino al 19 novembre 2009, sono stata impiegata, con un contratto regolare, presso la Societa' per le Ispezioni Ingegneristiche facendo parte del gruppo specialistico per ispezione industriale e mineraria. Il 19 novembre 2009 sono stata licenziata. Questo e' un breve curriculum di una donna 36enne iraniana. E' bene che lei sappia che il mio ordine di licenziamento, prima di essere notificato a me, ha seguito un iter attraverso le forze di sicurezza. Nel mese di khordad 1387 (maggio-giugno 2008), tornando da una riunione dei difensori dei diritti umani e degli esperti delle Nazioni Unite, tenutasi a Vienna, sono stata convocata e interrogata dagli agenti del Ministero dell'Intelligence del Suo Governo. L'8 maggio 2009, quando stavo per recarmi in Guatemala per partecipare ad un convegno internazionale delle donne, mi e' stato illegalmente impedito di lasciare il Paese, e non ero stata accusata di alcun reato, e infatti non sono mai stata chiamata in giudizio come imputata. Il mio passaporto e' stato sequestrato all'aeroporto e da allora non ho un passaporto. Per questo motivo ho dovuto un'altra volta presentarmi agli agenti dell'intelligence i quali mi hanno chiesto apertamente di abbandonare le mie attivita' nel Consiglio Nazionale della Pace e nel Centro dei Difensori dei Diritti Umani; in caso contrario la minaccia era di ricevere restrizioni ancora piu' severe.
Il 18 giugno scorso, cioe' sei giorni dopo le recenti elezioni, sono stata nuovamente minacciata per telefono da un agente dell'intelligence: se avessi proseguito con la minima attivita' e non avessi lasciato Teheran, sarei stata arrestata insieme ai miei piccoli bambini. Piu' tardi, in un'altra convocazione gli agenti, come ultimo avvertimento, mi hanno riferito che se non avessi lasciato il Centro dei Difensori dei Diritti Umani e il Consiglio Nazionale della Pace e non avessi interrotto tutti i rapporti con il Premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi, sarei stata licenziata e arrestata.
In settembre, dopo essere stata accettata per un corso di specializzazione, ho chiesto al Ministero dell'Intelligence di restituirmi il mio passaporto, mi e' stato detto che il Ministero aveva un parere negativo su di me e che non avrei potuto partecipare al corso se non avessi cambiato idea sulle loro proposte.
E alla fine, in data 19 novembre 2009, l'amministratore delegato dell'azienda dove lavoravo mi ha informata di aver avuto richiesta di licenziarmi; quando ho chiesto una lecita spiegazione, mi sono sentita dire che era una decisione dettata dall'alto. Mi consiglio' di approfittare dell'ultima occasione e parlare con gli agenti per non farmi licenziare; anche lui a sua volta mi aveva chiesto di porre fine alle mie attivita'. Quando ho spiegato i miei punti di vista egli mi confermo' che doveva licenziarmi.
Sono stata licenziata lo stesso giorno, in meno di un'ora.
Ora vorrei dirle quello che penso.
Mi ricordo quando, dopo una stagione di riforme, Lei e' diventato il Presidente della Repubblica, ha fatto tante promesse di "amore" e di generosita' e ha detto che portava al tavolo degli iraniani gli utili del petrolio. Mentre quello che testimoniano questi tempi amari e' una espressione opposta, cioe' la vendetta, la violenza nella sua forma piu' nuda e cruda.
Sicuramente non sono poche le persone alle quali da anni e' stata negata la possibilita' di studiare ed io sono una goccia in questo mare tempestato di ingiustizia e oppressione. Parlo di donne e di uomini che per le loro idee diverse da quelle del regime hanno subito privazioni pesanti e le loro famiglie sono state vittime di gravi e illimitate violenze. Allora, forse dovevo tacere e vergognarmi di parlare di cose che erano accadute a me.
Pero', dobbiamo parlare e scrivere dei nostri diritti costituzionali e non tacere, fino al giorno in cui nel nostro paese il diritto allo studio e il diritto al lavoro vengano considerati come diritti di persone e non come uno strumento di minaccia nelle mani di un regime.
Quindi, mi sono permessa di chiedere: per quale colpa i miei piccoli bambini devono essere vittime delle vendette del regime.
Il padre di questi bambini e' stato 15 anni nelle carceri di questo regime ma continua ad essere un attivista civile, politico e rispettoso delle leggi. Per essere stato incarcerato diverse volte dai primi anni della Repubblica Islamica, egli non ha potuto portare a termine i suoi studi di storia presso l'Universita' di Tabriz, e a causa dei lunghissimi periodi di detenzione non ha mai potuto avere un impiego. Forse e' facile parlarne, ma vivere cosi' ed essere privati di ogni diritto in questo dissestato paese e' davvero difficile.
Ed io, che non sono stata riconosciuta colpevole da nessun tribunale e sono soltanto un'attivista di diritti umani e una pacifista, ora devo subire vari generi di privazioni volute dal Ministero dell'Intelligence, che invece dovrebbe salvaguardare la sicurezza dei cittadini.
Essere attivisti di diritti umani e dedicarsi alla pace puo' essere considerata una tale colpa imperdonabile da privarci del diritto di avere un pezzo di pane?
Se un regime aspira al governo di Imam Ali, sa che Imam Ali non ha mai privato un oppositore dei mezzi di sostentamento. Mentre le mie attivita' sono nell'ambito dei diritti umani, e il nostro scopo nel Centro per i Diritti Umani e' di migliorare la situazione dei diritti umani in Iran. E Lei ben sa che in tutte le societa' i pacifisti sono rispettati e ammirati e non oggetto di umiliazioni e minacce.
Sono le nostre attivita' per alleviare un po' il dolore delle famiglie dei detenuti a provocare una tale ira del regime o le nostre attivita' pacifiche nell'ambito del Consiglio Nazionale della Pace, contro ogni forma di violenza, pesano tanto ai signori del potere?
La vera domanda e': il suo "amore" promesso piu' di quattro anni fa riguarda solo la limitata cerchia di persone che La circondano?
Non crede che questo suo modo di trattare i propri connazionali, appartenenti a qualsiasi gruppo o ideologia, sara' considerato dal popolo iraniano e dalla storia come una grande e imperdonabile ingiustizia? Togliere il pane dalla bocca dei nostri bambini innocenti e' una dimostrazione di generosita' ("amore") di questo regime e un segno di governare secondo i principi di Imam Ali?
Io ho lavorato 8 anni in un campo di ispezioni ingegneristiche dell'industria in Iran, anche su progetti nazionali importanti; lettere elogiative conservate nella mia pratica lavorativa testimoniano un ottimo svolgimento del lavoro che mi e' stato affidato. Nonostante i responsabili dei progetti per i quali ho lavorato fossero soddisfatti della mia attivita' lavorativa svolta, sono stata licenziata nel giro di un'ora solo perche' non ho accettato le proposte del Ministero dell'Intelligence del Suo Governo.
Non crede che trattare cosi' un connazionale non e' soltanto illegale ma e' anche vile, immorale e disumano, mentre gli iraniani sono famosi per essere magnanimi e gagliardi?
In conclusione, mentre posso pensare, scrivere ed esprimere il mio pensiero liberamente e lontano dalle torture, che e' cio' che conta, sono convinta: che il Centro dei Difensori dei Diritti Umani e il Consiglio Nazionale della Pace sono associazioni sociali e legali in Iran, che hanno avuto l'approvazione del fiero popolo iraniano; che per me e' un grande onore collaborarci e servirle; e anche che il Premio Nobel per la Pace Signora Ebadi e' una donna molto coraggiosa che ha dedicato la propria vita alle attivita' per la pace e per i diritti umani; che collaborare con i pacifisti del mondo non e' criticabile e condannabile ma, al contrario, e' di grande pregio. La pace e la difesa dei diritti umani contro le guerre e le violenze fanno parte dei grandi obiettivi della storia dell'umanita', al raggiungimento dei quali io mi dedichero' sempre di piu'.
Narges Mohammadi
Fonte: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
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