La miniserie “Il Principe Libero” ha scatenato anche sui social un fiume di commenti. La platea di facebook, per esempio, si è letteralmente divisa a metà tra delusi ed entusiasti. Per alcuni giorni praticamente Faber ha calamitato gran parte dell’attenzione. Tra i delusi e gli entusiasti della recitazione di Marinelli c’era comunque un filo comune: grandissimo ed immenso Faber, gigante unico ed irripetibile. E anche gli entusiasti hanno ammesso che in uno sceneggiato televisivo di poche ore era impossibile raccontare pienamente Faber.
Paolo Villaggio in un’intervista su Repubblica (http://www.repubblica.it/
GLI ULTIMI E GLI EMARGINATI CANTA FABRIZIO
Siamo innamorati di Fabrizio? Siamo rapiti dalla sua musica? Ci struggiamo realmente nel suo ricordo? E allora commemoriAmolo nell’unica maniera vera e autentica. Abbandoniamo le nostre certezze borghesi, le nostre ideologie da perbenisti e benpensanti, le nostre comodità da materassi di piume in cerca di poltrone e tivù. Fabrizio era autenticamente Fabrizio accanto agli ultimi, agli emarginati, ai barboni, alle puttane delle “vecchie case” di Genova, ai disgraziati di ogni tipo. Ma mai con la carità pelosa e assistenziale di chi si crede migliore e guarda dall’alto in basso. No, Fabrizio viveva con loro, li ammirava, apprezzava la loro umanità. La migliore. Molti sono colpiti, ancora oggi, dalla precisione, dalla minuziosa ricerca, dall’attenzione di De André nelle parole e nelle musiche. Era tutto messo nel descrivere, nel raccontare, nel far conoscere quella umanità. Ma saremmo mai capaci noi di andare alla ricerca di un barbone o in una comunità di una prostituta, di un ex tossico, di un ex carcerato? E ascoltarli, lasciarci arricchire dall’incontro, apprezzarli? E ci andremo mai con “l’abito bello”, il vestito da cerimonia e a festa? Si, quelli che utilizziamo per le pompose commemorazioni, i matrimoni e i salotti buoni? Fabrizio era questo. L’uomo che viveva a disagio nelle sacrestie dell’ordine borghese, nei salotti delle vuote chiacchiere e delle certezze dell’ipocrita alta società. Faber tutta la vita si è ribellato alla piramide sociale, l’ha vissuta rovesciandola. Trovando la meglio società lì dove i ricchi e benpensanti giudicano e disprezzano.
E’
un interrogativo anche troppo facile e scontato quello su cosa avrebbe
detto e come cantata, la società degli ultimi vent’anni, la crisi
economica e la guerra sociale, economica, politica, tra Stati,
permanente. Ma la risposta è, probabilmente, ancor più scontata. Faber
avrebbe continuato a cercarne le vittime, a guardare con loro questo
mondo, a non arrendersi ad un ordine sociale sempre più ingiusto e
disumano. Denunciando che i colpevoli della povertà sono in alto, che
non sono i poveri e gli emarginati, i deboli e i sofferenti i
responsabili. Ma coloro che vanno elemosinando voti e poi dichiarano
guerra alle vittime delle loro politiche, delle loro condanne, del loro
ordine costituito. Ma, alla fine, non è probabilmente questa la domanda
da porci, che avrebbe senso. La vera questione, mi sia permesso
scriverla, è cosa facciamo, diciamo, cantiamo noi. Ieri, oggi, domani.
Mattina, pomeriggio, sera, notte. Viviamo il disagio e il dolore di
questa ingiusta società? Ci indigniamo, ci incazziamo, stiamo male di
fronte alla violenza contro i più deboli, alle lacrime di chi soffre le
guerre e le crisi, l’impoverimento e la brutalità di chi sta in alto?
Riusciamo quotidianamente a non lasciarci andare al disprezzo per un
barbone o all’indifferenza per le sorti di una ragazza costretta ai
bordi delle strade o nei bordelli frequentati dalla “brava gente”? Come
diavolo si può dormire la notte, restare tranquilli e vivere la propria
vita senza sentire questo dolore, quest’ingiustizia, questa disumanità
sulla propria pelle, nelle proprie carni, che dilaniano le viscere? Come
si può rimanere più o meno indifferenti, non uscire pazzo, trovare
pace, non sentire l’obbligo, il dovere, la necessità anche fisica di
indignarsi, muoversi, attivarsi, ribellarsi?
L’IPOCRITA PERBENISMO BORGHESE E GLI ULTIMI CONDANNATI
Mai
come oggi queste domande dovremmo porcele quotidianamente, ogni giorno,
ogni ora. Perché mai come ora sono tempi bui per le classi meno
abbienti, gli impoveriti, coloro costretti ai margini e alla fragilità. E
in cui il perbenismo, i benpensanti, l’ottuso bigottismo pre-medievale
dominano e imperversano quotidianamente. E c’è chi rimane senza casa e
senza lavoro, chi vive per strada e nelle stazioni. Chi viene uccisa,
violentata, stuprata, oppressa dal branco. Chi lucra sulle spalle dei
poveri, facendola spesso franca e anzi trovando titoli, microfoni,
ribalta e chi viene gettato nelle moderne “discariche sociali”. I
Miché, i Geordie, gli incarcerati di Fabrizio erano i derelitti, i
disgraziati, chi non aveva nulla e nessuno. No, e questo andrebbe
spiegato al salottiero ex direttore kommunista, non c’era nessun
garantismo e nessuna attenzione per i forti e i potenti nelle canzoni di
De André. L’ordine sociale che lui denunciava e condannava era quello
che distrugge e condanna i poveracci, chi non ha santi in paradiso.
Quelli davanti i quali tu e i tuoi colleghi ogni giorno mostrate
indifferenza e condanna. No, Don Raffaè non è una canzone che si schiera
con i camorristi e i criminali della loro risma. Nossignore,
cianciarone borghese sempre alla ricerca di nuovi padroni da servire,
Fabrizio denunciava l’ipocrisia del suo tempo (che è poi quella di oggi)
di chi fa finta di indignarsi e di impegnarsi e poi si accorda, scende a
patti, costruisce l’ordine economico con i peggiori e più disumani
criminali. Mentre opprime e rinchiude, giudica e condanna nelle
“discariche sociali” fragili, indifesi e deboli. Perché lamentarsi che
tutto non va, che la politica fa schifo e non funziona nulla
alleggerisce la coscienza (per chi incidentalmente dovesse averla). Ma
se può essere utile l’amico dell’amico, l’amico dell’amico dell’amico,
l’amico dell’amico dell’amico dell’amico, diventa quasi un obbligo
sociale rivolgercisi. E se non vuoi rivolgerti al feudatario delle
clientele, se non vuoi accettare la raccomandazione, se non chiudi gli
occhi di fronte a “impicci e ‘mbrogli” sei tu sbagliato, sei tu che non
vuoi lavorare, sei tu che “ma chi cazz ti credi di essere?”. E se
toccano quella “brava persona”, quella che “ha trovato il lavoro a
tanti”, “fa tanto del bene”, la colpa diventa sempre del giornalista in
cerca di notorietà e fama, del magistrato che non si fa i cazzi suoi.
Mancano i soldi, siamo sempre più poveri. Ma i tossici fanno schifo e
sti cazzo di barboni, sto andando dalla parrucchiera e a farmi le
unghie, sto al bar a leggermi il giornale. Che cazz rompete i coglioni
che puzzate e date fastidio? La violenza è brutta, ma quella hai visto
come stava vestita? Che ci faceva a quell’ora in giro DA SOLA? Ma dai
che qualche segnale l’ha dato, altrimenti perché lui si è avvicinato? Ma
daii, è stata solo una ragazzata! E’ una brava persona, non farebbe mai
del male neanche ad una mosca, se è arrivato a tanto era esasperato,
chissà che gli era successo. Ma guardala, ma come fai a non fare certi
pensieri quando la vedi? Devi essere proprio un frocio di merda! Che
spreco, ma ti rendi conto, ma come fa ad essere lesbica? Dai che non ha
mai trovato un vero maschio … Questa carrellata non è un raptus del
momento, non me la sto inventando così per il gusto di scrivere qualche
cazzata. Basta rifletterci ed è cronaca quotidiana, lo sentiamo per
strada o al bar, nelle nostre tiepide case o sul posto di lavoro. Sono
il sistema patriarcale e maschilista, schifosamente sessista o
omo-lesbo-trans-fobo che ogni giorno viene alimentato da pensieri,
parole. E purtroppo anche fatti e omissioni.
LO SQUALLIDO MASCHILISMO DEL BRANCO DEI BENPENSANTI
Ecco, anche le canzoni di Faber lo
raccontano e denunciano. Il moralismo bigotto dei benpensanti è solo
schifosa, complice ipocrisia. E’ il nascondere dietro la facciata
perbene il peggior squallore oppressivo e perverso. Perché non è mai una
gonna ad essere troppo corta o un jeans troppo aderente, non è mai
colpa della vittima (https://www.
La bellezza può essere ammirata e apprezzata, le qualità e le virtù di una donna meritano rispetto. Ma nessuna avvenenza fisica, nessun vestito, nulla di nulla, è un biglietto da visita per i porci comodi. E la violenza è sempre violenza. E non è mai lei che provoca ma lui che è uno stronzo. Anche se davanti hai una donna più o meno costretta ed oppressa dallo sfruttamento dello prostituzione di un pappone (chiunque esso sia). Si, anche lei ha diritto al rispetto. Se dovesse essere spedita in ospedale o uccisa non è una “puttana di meno sulle strade e chissenefrega che si è fatto un po’di pulizia”. Così come chi muore per overdose non è un “tossico di merda” in meno. Ma una persona con dignità e umanità. E merita solo ammirazione e stima chi esce dal tunnel della tossicodipendenza, chi riesce a ricostruirsi una vita. E, statene certi, può essere una straordinaria madre, padre. Potrebbe persino diventare insegnante o dottore. E non c’è nulla da giudicare, anzi è una splendida persona molto ma molto ma molto di più, di ogni figlio di papà, di ogni arricchito borghese, di ogni benpensante vissuto nella bambagia dei materassi di piume.
Questo è il mondo che si è fermato per
“Il Principe Libero”, del record di ascolti per la mini serie su
Fabrizio De Andre, che per giorni e giorni sui social si è commosso ed è
stato colpito da Faber. Un po’ quel che accadde tre anni fa con la
fiera dell’ipocrisia di tanti, troppi “Je suis Charlie Hebdo” (http://www.telejato.it/home/
Alessio Di Florio
Alexander, dall’umanità ai margini per riparare il mondo
E’ ancora possibile fare politica insieme agli impoveriti e agli ultimi, ai piccoli e ai deboli, senza rimanere ingabbiati nei soliti rituali e nelle meschine dinamiche dei palazzi? Fare politica non per il potere ma solo per le vittime e gli sfruttati?
http://www.qcodemag.it/2017/
E sul precario della vita è sceso l’oblìo dell’ipocrisia. Ma le sue parole gridano ancora
Scendono la tristezza e la malinconia …
http://heval.altervista.org/
Col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi …
“Vi distruggano con le idee nate dalle vostre idee, l’odio nato dal vostro odio”
Don Gallo, 3 anni dopo traffichiamo ancora sogni
http://heval.altervista.org/
GLBT: la breccia aperta ai funerali di don Gallo
https://www.peacelink.it/
Abbattiamo tutti i triangoli rosa. Realmente, senz’ipocrisie
https://www.peacelink.it/
Blenda, assassinata dalla transfobia di Stato
https://www.peacelink.it/
Colpevoli d’amore
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Il volo negato di Sandra
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Nessun rispetto per Emuanuela
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6 anni dopo ci sia giustizia e rispetto per Emanuela. E per tutti noi
https://www.peacelink.it/
Aggressione Pescara: No all’intolleranza omofoba
https://www.peacelink.it/
Con Dino e don Tonino (e Vik Utopia) sogniAmo una Pasqua di liberazione da guerre e oppressioni
La Pasqua o è degli ultimi e degli impoveriti o non è
http://heval.altervista.org/
Lettera ad un condannato a morte
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Che non sia (stato) un Natale ipocrita e ingiusto
http://heval.altervista.org/
Tutti a difesa del Crocifisso ma ai crocifissi incarnati ci si pensa?
http://heval.altervista.org/
In ricordo di Fernanda Pivano. Ciao signorina Anarchia, ciao signora Libertà
http://heval.altervista.org/
Di ragliatori, cicisbei e galoppini nauseanti
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Siete solo ipocriti mafiosi borghesi di merda!!
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Pier Paolo Pasolini. L’Italia sta marcendo
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La repressione e la propaganda son strumenti dell’ordine delle classi dominanti
Il Pentagono documenta quel che i pacifisti denunciano
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Crimini contro l’umanità.
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Libia, l’infinita scelleratezza delle guerre occidentali
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Il diritto (calpestato!) di essere bambini gioiosi e giocosi
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