L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., centro socialista italiano all'estero, fondato nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a oltre 50mila utenti – Zurigo, 7 dicembre 2017 |
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Letzte Front Mostra zurighese dedicata alla vita e all'opera di Andy Rocchelli (1983-2014). Esposizione curata da Miklós Klaus Rózsa. Nel 120° dalla fondazione dell'ADL Ingresso libero. Orari: lunedì-sabato 12-21. domenica 12-18 Abbiamo promosso questa mostra per chiedere che si faccia luce sull'assassinio di Rocchelli e Mironov. Protestiamo contro la disumanità della guerra e contro l'uccisione dei giornalisti di guerra per mano di chi vuole negare il diritto di tutti a essere informati da fonti indipendenti su quel che realmente accade nei teatri bellici. – La red dell'ADL Organizzano: Collettivo Cesura, Coopi, Fabbrica di Zurigo, Famiglia Rocchelli, Fondo Gelpi Ecap Schweiz, Photobastei, Società Dante Alighieri, Syndicom Schweiz. Con il patrocinio dell'Istituto Italiano di Cultura Zurigo e della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera. Info: +41 44 2414475 - cooperativo at bluewin.ch |
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EDITORIALE
Giuliano se n'è ghiuto… di Andrea Ermano «Vittorini se n'è ghiuto e soli ci ha lasciato», così Togliatti titolava un articolo apparso su Rinascita, mensile del PCI, nell'agosto 1951 commentando, in modo estremamente polemico, la rottura del grande scrittore con il suo partito. «A dire il vero, nelle nostre file pochi se ne sono accorti. Pochi si erano accorti, egualmente, che nelle nostre file egli ci fosse ancora», aggiunge Togliatti irridente. Chi mai direbbe oggi lo stesso in occasione dell'uscita di scena annunciata da Giuliano Pisapia? Lui lo annunciava da mesi, che non aveva nessuna intenzione di candidarsi. Glielo si leggeva in faccia, che stava impersonando controvoglia una leadership poco confacente al suo carattere. Aveva governato Milano nella migliore tradizione amministrativa della metropoli lombarda. E da circa un anno, dopo la fine del suo mandato, teneva insieme la sinistra a sinistra del PD. Ora, con la nomination di Grasso, papa straniero alla guida di "Liberi e Uguali", si registra un cambio di fase. E Pisapia esce di scena. Con il che il panorama intorno al PD renziano si fa sempre più solitario. E ripropone la questione delle alleanze, questione antica e dimenticata, che la natura stessa di quel partito, fin dal suo atto di fondazione, rimuoveva come "obsoleta". Questione "obsoleta" in forza della vocazione maggioritaria agitata da ex-democristiani ed ex-comunisti nell'amalgama di codesta loro invincible armada. Ma "obsoleta" anche a causa della cornice giuridica statuita da leggi elettorali fatte per manipolare geneticamente talune minoranze elettorali in talaltre maggioranze parlamentari, affinché i cittadini potessero sapere chi governava la loro Repubblica (parlamentare) ancor prima di aver riunito le assemblee di Camera e Senato. La "vocazione maggioritaria", oggi, sta poco bene, dopo la bocciatura della Legge Calderoli operata dalla Consulta su istanza del pool guidato da Felice Besostri, che per altro ha portato a una (fatale) verifica di costituzionalità anche il cosiddetto Italicum.
Giuliano Pisapia con la presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini Al momento il livello di consenso "democrat" è quello noto, intorno al 25%. "Liberi e Uguali" si attesta al 6%, ma può rafforzarsi di qualche punto grazie all'effetto Grasso. Il Centrodestra assomma un 36%, a fronte del 26% attribuito al M5S. Allo stato attuale, dunque, e non diversamente da precedenti legislature, la guida del Paese dovrà essere affidata a un governo di coalizione. Tutti in qualche modo ne parlano già, persino i grillini. La retorica giornalistica sugli "inciuci" appartiene perciò al bipolarismo che fu. Non ha mai risolto nessun problema in passato e men che meno ne risolverà domani. Renzi sembra, dunque, condannato a quella solitudine nella quale il suo partito si è manovrato con troppa sicumera per troppi anni. E meriterebbe una seconda lezione. Ma il nostro spartiacque politico reale è l'Europa. Perché senza un'Unione forte, le nostre piccole nazioni, come diceva il vecchio Helmut Schmidt, verranno misurate "in Promille", espressione tedesca che significa "in millesimi", ma esprime anche il tasso alcolimetrico alla guida di un veicolo. La coalizione di centrodestra non fornisce alcuna seria garanzia in questo senso, anche se il partito di Berlusconi, riconciliatosi con la Merkel, cresce di qualche punto, attestandosi intorno al 15% dei consensi. Ma Lega e postfascisti (che insieme fanno il 20% circa dei consensi sondati) mantengono posizioni decisamente anti-europee. E lo stesso vale per parte consistente degli elettori grillini. Sicché, in tema d'Europa il paese è spaccato a metà. E ciò avviene in un passaggio cruciale per l'Europa stessa, che ha bisogno assoluto di un effettivo sostegno da parte italiana. Nessuna coesione europea appare possibile senza superare in senso "sociale" l'ideologia ordo-liberista, rivelatasi una mera variante del pensiero unico globale. Ma nessuna stabilità di consenso democratico, indispensabile a compiere questo superamento "sociale", sarà possibile nel nostro paese senza mettere in moto una vera politica d'integrazione capace di governare l'emergenza migratoria in una prospettiva di accoglienza, impegno civile e cooperazione internazionale. C'è poco da scherzare, e chi riveste alte responsabilità istituzionali non può non saperlo. È decisivo che prevalgano in Italia politiche europeiste, attive sul fronte sociale e impegnate nell'accoglienza. E perciò – repetita iuvant – occorre che le forze di centro-sinistra si coalizzino, pur mantenendo le ragioni delle loro differenti realtà, per non disperdere seggi e consensi preziosi in un passaggio d'epoca dai contorni abbastanza "weimariani".
Il presidente del Senato, Pietro Grasso, all'assemblea di fondazione di "Liberi e Uguali" |
SPIGOLATURE Nel silenzio e nell'indifferenza di Renzo Balmelli SCHIAVI. In un'epoca ormai remota, quando il telefono non si chiamava ancora smartphone, i ragazzi curiosi, anziché smanettare tutto il santo giorno, trascorrevano le ore libere tra le pagine di un romanzo famosissimo, La capanna dello zio Tom, che raffigurava la crudele realtà della schiavitù sullo sfondo della guerra civile americana. E poiché lo schiavismo, da quanto si evince dai rapporti più recenti, rimane ancora ai nostri giorni una ferita che non si rimargina, sarebbe forse consigliabile una rilettura del capolavoro di Harriet Beecher Stowe che rese più acuto il conflitto delle coscienze verso le inaudite sofferenze inferte alla popolazione di colore. Purtroppo di questi tempi poco gloriosi sovente trovano più posto nei media le sceneggiate di un ex leader avvizzito invece del dramma dei popoli e dei profughi schiavizzati che si consuma nel silenzio e l'indifferenza, senza che si riesca a porre fine allo scempio. Per questa e altre ragioni l'opera della scrittrice, abolizionista della prima ora, che si guadagnò l'ammirazione di Abramo Lincoln, ma anche l'odio perenne degli sfruttatori di ieri e di oggi, rimane un secolo e mezzo dopo la pubblicazione una voce forte ma non abbastanza ascoltata nel deserto della prevaricazione dell'uomo sull'uomo. VERGOGNA. Quando si parla delle tragedie imputabili alle follie dell'uomo nel corso delle guerre, non ci si sofferma con la dovuta attenzione sulle sofferenze inflitte dagli eventi bellici a milioni di bambini, vittime innocenti di conflitti sanguinosi di cui non hanno nessuna responsabilità. Se ne torna a parlare ora, attraverso svariate pubblicazioni, avendo come punto di riferimento la foto della ragazza vietnamita che urla di dolore mentre corre bruciata dal napalm. Sono passati gli anni, ma quella testimonianza iconografica più potente e raccapricciante di mille parole evoca con un solo scatto tutto l'orrore dell'infanzia dilaniata, rubata e travolta dalla brutale aggressività che la perdita del più piccolo barlume di umanità riesce a esprimere quando la ragione viene sopraffatta dai più bassi istinti. Ciò che si dipana sotto i nostri occhi è il resoconto di crudeltà inaudite che hanno nel lavoro e nella prostituzione minorile una delle sue forme peggiori di sfruttamento al servizio di regimi corrotti e ideologie bacate. La geografia della morte, per riprendere una definizione di uno storico contemporaneo, non ha confini, e tremano le vene ai polsi al pensiero che la logica della guerra possa finire nelle mani di personaggi inquietanti e inadatti al loro incarico come quelli che si muovono lungo le opposte sponde del Pacifico. NORMALI. Nell'italica destra prevale la tendenza a giudicare con molta benevolenza gli atteggiamenti che in vario modo rimandano al ventennio fascista. Episodi come l'irruzione degli estremisti a Como, la scritta "Bella ciao" a Milano cancellata da frasi inneggianti al duce, oppure l'esposizione di una bandiera militare del Reich tedesco in una caserma, vengono ridotti a una goliardia, al frutto dell'esuberanza giovanile nel contesto (sic) di una destra moderna. Al di là della vexata quaestio sulla possibilità che la destra riesca ad essere moderna, appare evidente il salto di qualità nel rivendicare pieno diritto di cittadinanza democratica a fatti che sono invece una provocazione e un vulnus dell'ordinamento repubblicano. Coloro che se ne fanno promotori agiscono ritenendo che le pregiudiziali etiche e culturali nei confronti del passato a cui si ispirano siano cadute e che il ritorno a comportamenti che si credevano sepolti dalla storia debba essere considerato normale. Proprio come accadde negli anni Venti, prima di accorgersi che tanto normali non erano. STRATEGIA. Se dovessimo stabilire una graduatoria degli avversari che possono dare filo da torcere alla sinistra, la lista comprenderebbe il movimento 5Stelle, Forza Italia, la Lega e i vari cespugli dell'opposizione. Ma sarebbe una lista scontata e comunque ampiamente incompleta poiché non vi figura il competitore più insidioso. Il competitore interno il quale fa dire a chi osserva da fuori che il vero nemico della sinistra, in virtù di un paradossale ossimoro, è purtroppo la sinistra stessa che ora vediamo dibattersi nella ragnatela delle beghe e nelle tortuosità della non meglio definita " cosa rossa". Nella confusione dei ruoli i vari attori anziché dialogare vanno avanti ognuno per la loro strada, giusta o sbagliata che sia, rendendo in tal modo ancor più più traballante il percorso di un'idea che non può essere sacrificata sull'altare delle ripicche. Per evitare il disastro nelle urne occorre dunque avere il coraggio di gettare lo sguardo oltre l'ostacolo .Se il partito laburista di Jeremy Corbyn ad esempio vola nei sondaggi magari potrebbe essere utile dare un'occhiata da vicino alla sua strategia se non altro per arginare la guerra fratricida che di questo passo finirà col favorire soltanto la destra e il populismo. EVENTO. A dispetto del quadro a fosche tinte dipinto dall'opposizione per racimolare voti facendo leva sulla paura, non tutto va male in Italia. Nonostante i ritardi, le inadempienze, la disoccupazione e altri difetti strutturali, nel Paese, oltre ai segnali di una timida ripresa dell'economia, esistono ancora, e sempre esisteranno, quelle punte di eccellenza che gli hanno consentito di occupare un posto non secondario al tavolo del G8. In ordine di tempo l'ultimo progetto andato in porto grazie al lavoro italiano è l'entrata in servizio del primo treno merci diretto tra il polo logistico integrato di Mortara e la località cinese di Chengdu. Si tratta di collegamento che aggiunge un altro tassello alla Via della Seta, il solo di tale ampiezza tra l'Europa e l'Asia, che ha avuto ampio risalto sui media internazionali per le prospettive che apre nello sviluppo del commercio mondiale e la velocizzazione dei trasporti. Il viaggio ripropone in chiave moderna la leggendaria impresa di Marco Polo in un contesto che grazie al Mortara Express fa sentire a chi ne è protagonista di essere parte attiva di un grande evento. AFFRONTO. Dopo la grande Brexit con Londra, forse già l'anno prossimo , qualora la diplomazia non riuscisse ad appianare le divergenze , Bruxelles potrebbe trovarsi a dovere fare fronte a una piccola, ma non meno laboriosa Brexit con la Confederazione Elvetica.Pur non facendo parte dell'UE la Svizzera è comunque già adesso al centro di regolari negoziati per non guastare le relazioni di buon vicinato con Berna. Di sicuro però non contribuirà a rischiarare l'orizzonte la decisione dell'Ecofin di non inserire il Paese nel libro nero dei paradisi fiscali,ma di collocarla comunque nella lista grigia, meno severa ma recepita altrettanto male, assieme alle nazioni da tenere sotto sorveglianza fino a quando non verranno realizzati ulteriori e sostanziali progressi nella lotta all'evasione. Inutile dire che l'UDC dell'ex ministro Christoph Blocher, refrattario anche quando era nell'esecutivo a tutto ciò che sa di europeo, è già sul piede di guerra per promuovere altre iniziative destinate a far saltare il banco dell'intero pacchetto di accordi bilaterali e in secondo luogo per mobilitare l'opinione pubblica contro un provvedimento che viene considerato un vero e proprio affronto alla sovranità nazionale. E con la brutta aria a livello popolare che tira anche nella patria di Tell nei confronti dell'UE non è escluso che una Brexit in salsa bernese possa essere prima di quanto si creda all'ordine del giorno. MICCIA. Fra annunci roboanti, tweet sparati in ogni direzione e iniziative dettate più dalla frenesia che da scelte ponderate , Donald Trump nel suo operato presidenziale, sul quale pesa il macigno del Russiagate, appare sempre più simile a quel tale che una la fa e l'altra la pensa. In quest'ordine di idee rientra la proclamata volontà di spostare l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Si tratta di una entrata a gamba tesa nel già precario equilibrio del Medio Oriente che getta il mondo nel caos ed è fonte di gravi preoccupazioni nelle Cancellerie internazionali, da Roma a Pechino. Gerusalemme è una città unica, sacra per le tre religioni monoteiste, e con una vocazione speciale alla pace. Minarne lo status quo con la promessa di riconoscerla come capitale d'Israele apre scenari inquietanti dalle conseguenze incalcolabili. Qualora venisse concretizzata in tempi brevi, l'ultima mossa del Presidente , lontana da ogni criterio razionale, potrebbe avere l'effetto di una miccia ad accensione di un nuovo ciclo di guerra in una delle questioni più complicate e controverse della geopolitica: quella delle crisi israelo-palestinesi che costituisce un azzardo permanente per gli sforzi volti a consolidare la distensione. Di ben altra sostanza dovrebbe essere invece il ruolo di commander in chief della maggiore potenza mondiale. Disattenderlo in modo così plateale può essere fonte di grossi guai per tutti. |
LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it Accordo: Natuzzi ritira i 170 licenziamenti Dal 1° gennaio 2018 i lavoratori, insieme ai 35 della New Confort, saranno impiegati direttamente nella produzione dei divani all'interno dei siti operativi aziendali, utilizzando gli ammortizzatori sociali Ritiro dei 170 licenziamenti già annunciati, avvio di un confronto con le Rsu e rilancio del piano industriale: sono gli importanti risultati ottenuti nella vertenza Natuzzi dopo l'incontro al ministero del Lavoro tra i vertici dell'azienda, i tecnici del dicastero e del Mise, i funzionari della Regione Puglia, le segreterie nazionali, regionali e territoriali di Puglia e Basilicata di Feneal, Filca, Fillea, le Rsu e le segreterie nazionali dei sindacati del commercio Filcams, Fisascat e Uiltucs. "Siamo estremamente soddisfatti dell'esito del vertice – dichiarano Feneal, Filca, Fillea –, perché l'azienda ha preso atto della nostra determinazione e ha accettato le nostre richieste. In particolare, Natuzzi ha ritirato la comunicazione del 23 novembre scorso, richiamando i 170 lavoratori licenziati, per far posto ad altrettanti reintegrati, a seguito della sentenza del Tribunale di Bari. Dal 1° gennaio 2018, i lavoratori, insieme ai 35 della New Confort, saranno dunque impiegati direttamente nella lavorazione del divano all'interno dei siti operativi aziendali, utilizzando gli ammortizzatori sociali attualmente in essere, come la cassa integrazione straordinaria e i contratti di solidarietà, evitando però ripercussioni sui colleghi attualmente impiegati. Inoltre, Natuzzi ha preso l'impegno di ripartire dal confronto presso il Mise, per il rilancio del piano industriale che coinvolga tutti gli stabilimenti, compreso quello di Ginosa, con un progetto sulla lavorazione della gomma, e infine ha annunciato d'intensificare il confronto con le Rsu di sito, sulla gestione dell'accordo e sull'organizzazione del lavoro. Molto importanti anche le iniziative annunciate dalla Regione Puglia su formazione e riqualificazione professionale e sulla convocazione di un tavolo di confronto tra le parti, che avrà il compito di valutare eventuali strumenti di sostegno al reddito a livello regionale. "Ovviamente – proseguono le sigle delle costruzioni – non abbassiamo la guardia, e al contempo chiediamo il massimo impegno dell'azienda e delle istituzioni per il rilancio delle produzioni in tutti gli stabilimenti del gruppo. Già ieri, abbiamo inviato una richiesta d'incontro al Mise e alle Regioni Puglia e Basilicata per continuare la nostra azione sindacale e per garantire il rispetto degli impegni, salvaguardando i livelli occupazionali di questo importantissimo presidio industriale, che rappresenta un'eccellenza del made in Italy nella produzione di elementi d'arredo e una delle poche realtà imprenditoriali che ancora operano nel Sud del Paese". Insomma: un primo importante risultato per una lunga vertenza. La vicenda inizia il 13 ottobre 2016, con l'allontanamento di 330 lavoratori. Di questi, gran parte esce volontariamente mediante l'esodo incentivato, una quarantina accetta il trasferimento nella nuova società "New Comfort srl" che dovrebbe insediarsi nello stabilimento di Ginosa (che però ancora non ha iniziato l'attività, e il progetto sembra ormai naufragato), mentre i restanti 173 (da anni in cassa integrazione a zero ore) decidono di fare ricorso. Il Tribunale del lavoro di Bari, con sentenza poi confermata dalla Cassazione, per 154 dispone il reintegro in azienda, stabilendo l'illegittimità del licenziamento collettivo. Attualmente i 154, pur percependo lo stipendio, non sono stati reinseriti all'interno del ciclo produttivo. E arriviamo a oggi. La Natuzzi, avvalendosi della legge 223 del 1991 (art. 17), dichiara anzitutto di procedere, dovendo reintegrare i 154 lavoratori, a licenziarne altrettanti. Inoltre, sospende il piano industriale e gli accordi per la ricollocazione nella newco di Ginosa, che prevedevano la riapertura dell'impianto e nuovi investimenti. Decisione che è stata formalizzata con una lettera inviata a ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico, Regioni Puglia e Basilicata, sindacati generali e di categoria territoriali, associazioni industriali di Bari, Taranto e Matera. In un comunicato l'azienda ha precisato che non si può parlare di "nuovi licenziamenti", perché i 154 rientreranno "nel perimetro dei 1.918 collaboratori concordato con le organizzazioni sindacali negli accordi siglati il 3 marzo e il 10 ottobre 2015". Poi, fortunatamente, l'accordo al Mise. |
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ANDARE AVANTI di Ginevra Matiz Oggi il centrosinistra sembra essersi ristretto e non allargato, dopo le defezioni di Pisapia e di Alfano. "Non tutte le frittate finiscono con il venir bene…". Lo dice Romano Prodi a un incontro a Roma riferendosi alla situazione del centrosinistra dopo gli sviluppi e la rottura all'interno di Campo Progressista. A chi gli chiede se Pisapia abbia fatto bene, il fondatore dell'Ulivo risponde "non lo so". E ancora: "non mi pronuncio" a chi gli chiede se la coalizione di centrosinistra sia finita. "I cambiamenti sono troppo recenti per dare un giudizio definitivo. Aspettiamo". Ma poi continua il ragionamento. Quella di Giuliano Pisapia "non è stata una defezione, perché Pisapia non aveva deciso. Aveva studiato il campo e poi ha concluso che non era cosa". "Il processo va avanti. Si tenterà di nuovo perché è un processo importante ed utile al Paese. Pisapia ha esplorato e non ha trovato in se stesso o nel gruppo di riferimento motivazioni per andare avanti. E questo mi dispiace", afferma l'ex premier che osserva che d'altra parte, "la stessa crisi c'è anche a destra". "Il problema – sostiene – è che bisognerebbe ricominciare da capo. Io a suo tempo non ho inventato un granché ma c'era un disegno preciso di mettere insieme forze e contenuti. Mi criticarono per il programma di 400 pagine, ma quello di 140 lettere non è molto più soddisfacente. Un programma politico può anche essere di sei volumi… Ma con una coalizione ampia si deve scrivere. È senso di realismo. Perché i tedeschi ci mettono sei mesi a fare il programma di governo? Pensate non sappiano né leggere né scrivere?", conclude. Ma ormai il processo di riorganizzazione dei centrosinistra è in corso. "Ha ragione Prodi". È il commento di Riccardo Nencini, segretario del Psi. "Nonostante il ritiro di Pisapia il processo va avanti perché utile all'Italia. I socialisti non si arrendono al rischio che il paese venga messo nelle mani di una destra che non ha avuto nemmeno la forza di condannare in modo netto i rigurgiti neofascisti". "Il mio – prosegue Nencini – è un appello alle forze ambientaliste, laiche, di cultura civica e ulivista perché si apra, qui e subito, il cantiere della sinistra riformista italiana. Sono certo che saremo in campo in men che non si dica" conclude il segretario del Psi. All'interno di Campo progressista non ci si rassegna. "Chiediamo a Giuliano Pisapia – afferma il deputato di Campo progressista, Michele Ragosta – la convocazione nazionale di tutte le Officine delle idee e dei comitati di Campo Progressista. In tanti hanno creduto e credono ancora nel suo progetto politico. Nell'ultimo incontro romano, al quale hanno partecipato solo i vertici di Campo progressista, gli è stata rappresentata una situazione che non corrisponde al vero. Da ieri sono sommerso di telefonate da parti di esponenti politici e semplici attivisti di molte regioni italiane, che ci stanno esortando ad andare avanti. Appare piuttosto evidente che i "big" di Campo progressista – o chi si sente tale – stavano già lavorando per raggiungere altri approdi, a sinistra come al centro. Tutte le compagne e i compagni di Campo progressista vogliono essere ascoltati da Giuliano. Ci deve almeno questo, poi sarà libero di scegliere il suo percorso". Vai al sito www.avantionline.it/ |
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/ Malta: perplessità sull'omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia di Federico Marcangeli Lunedì scorso sono state arrestate 10 persone implicate nell'omicidio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia. La storia aveva fatto il giro del mondo per la brutalità dell'attentato, che aveva provocato l'esplosione della vettura della donna, provocandone la morte il 16 Ottobre. Tra i 10 arrestati, due sarebbero gli esecutori materiali; due pregiudicati locali legati ad ambienti della malavita maltese e noti con i soprannomi di "Cinese" e "Fulu". I due fratelli, Alfred e George Degiorgio, ed i loro complici sono stati catturati attraverso una delle operazioni di polizia più grandi della storia dell'isola: 40 corpi speciali, marina, poliziotti, FBI, Europol e una squadra di 10 agenti scelti finlandesi. Il gruppo sarebbe stato intercettato per giorni e gli investigatori non hanno dubbi sulla colpevolezza materiale del gruppo. Il radiocomando per attivare l'ordigno sarebbe stato attivato proprio da uno dei due fratelli, ma ancora non ci sono certezze sui capi d'accusa. La giustizia maltese ha infatti 48 ore (a partire dall'arresto) per poterli formulare, altrimenti gli arresti non saranno più validi. I dubbi dei media e della comunità internazionale riguardo la vicenda rimangono comunque elevati. Le ovvie perplessità sono presenti per quanto riguarda il reale (o reali) mandati dell'atto. Appare difficile credere che la banda abbia orchestrato in autonomia l'atto, anche considerando la sua "spettacolarità". Inoltre in molti hanno dubbi riguardo la bontà delle indagini, visto che il governo maltese è stato più volte accusato di boicottare le indagini, soprattutto da persone vicine alla giornalista. Lo stesso magistrato che per primo condusse le indagini si dimise perché precedentemente attaccato dalla Caruana. Le polemiche tra il figlio della giornalista ed il governo non si sono placate nemmeno dopo gli arresti. "Muscat (primo ministro maltese, ndr) fa marketing politico. Abbiamo saputo degli arresti solo dalla conferenza stampa, nessuno ci ha detto qualcosa. È la polizia che investiga, non il premier. Siamo preoccupati, questo risultato non ci rassicura. Tanta gente, che potrebbe essere implicata, continua a ricevere coperture politica" le parole di Matthew Caruana. Dai Panama Papers (in particolare i Malta Files), al riciclaggio di denaro, passando dai traffici nel Mediterraneo: le inchieste della giornalista non l'avevano certo portata nelle simpatie della criminalità organizzata (maltese e non), il che rende le testimonianze degli arrestati l'unica chiave di volta (probabilmente) delle indagini. Chi si sarebbe potuto immaginare che nel 2017 ci saremmo dovuti imbattere in una storia del genere nel cuore dell'Europa. |
Freschi di stampa, 1917-2017 (27) Il delitto Il delitto del "social-patriottismo" in Russia è un testo che rivendica alla Rivoluzione di Febbraio quel carattere genuinamente socialista e democratico, nonché pacificatore, che però, proprio per questo imprinting, avrebbe richiesto una conduzione di governo conseguente, capace di far procedere la rivoluzione "per la stessa via", la strada di una "vita nuova". Invece, non è stato né fatto né risolto niente di fondamentale: «La questione delle terre? Dell'espropriazione delle industrie? Tutto rinviato all'Assemblea Costituente. E l'Assemblea Costituente? Anche quella rinviata.» A questo punto, allora, «ben venga Korniloff, la reazione, la contro-rivoluzione», prosegue il testo E non chiedeteci come mai l'esercito tedesco ha ripreso l'avanzata, perché «la risposta è purtroppo, unica e sola. La Russia aveva ripreso l'offensiva». Riferimento trasparente: «Questo è il delitto di Kerenski, è il delitto del social-patriottismo.» Ecco, dunque formulata la tesi di cui al titolo, ribadita e rafforzata poco sotto: «Kerenski ha tradito la patria. Il social-patriottismo russo ha tradito la patria russa» (ADL 15.9.1917). Il livello dello scontro tra "patrioti" e "internazionalisti" si riassume ormai in accuse ad alto potenziale delegittimatorio: «Ed ora? Ora l'imperialismo tedesco cinicamente abusa della situazione, tende arrivare a Pietrogrado, ove spera vincere il nemico belligerante e debellare nel medesimo tempo la minacciante rivoluzione europea. Se questo avviene, lo dobbiamo al social-patriottismo» (ADL 15.9.2017). Dopo il fallimento della Conferenza "social-diplomatica" di Stoccolma, dove "social-patrioti" e "internazionalisti" avrebbero dovuto trovare una linea comune, la Grande guerra sta assumendo i contorni di un conflitto combattuto non solo con le armi della metafora anche all'interno del movimento operaio organizzato: «Ma la lezione serve: grandiosa, tragica, funesta. Nella storia, situazioni simili, aprono gli occhi ai popoli di tutto il mondo. Oggi gli altri popoli vedono nell'esperimento russo il pericolo del naufragio di una rivoluzione: il social-patriottismo, che genera la guerra, che si avvale della collaborazione di classe, che non risolve i fondamentali problemi sociali, che tradisce la rivoluzione» (ADL 15.9.2017). Qui la parola "rivoluzione" trae ancora i suoi significati dal 14 luglio francese e dalle idee liberali del 1789 che animarono la Presa della Bastiglia – liberté, egalité, fraternité – e che attraverseranno l'Ottocento marcandone le spinte emancipatorie, in modo ambivalente. La Francia rivoluzionaria sarà così un riferimento neo-umanistico universale nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, ma sarà anche il modello iper-patriottico della Grande Nation che tutti i popoli d'Europa saranno indotti a imitare realizzando il affrancamento dall'età dell'assolutismo. Il Febbraio russo è "ancora" tutto dentro questo schema nazional-democratico. Solo con la Presa del Palazzo d'Inverno, che si offre sul piano simbolico quale pendant pietrogradese della Bastiglia, la sostanza politica muta in un rovesciamento "di classe" del fronte di guerra. E allora la parola "rivoluzione" muterà il proprio significato nella sua accezione compitamente novecentesca. L'ecumenismo liberal-democratico del Febbraio, d'altronde, muore con l'Offensiva Kerenskij e viene sepolto dal tentato golpe del generale Kornilov. Ora tutte le acquisizioni democratiche "borghesi" sono rimesse in discussione. E allora, tanto peggio, tanto meglio: «Perché la rivoluzione non naufraghi occorre: Abbattere la classe dominante, completamente. Nel suo dominio politico come in quello economico. Strappare i denti della vipera; abolire la proprietà privata d'un colpo. Al primo momento. Fare sparire le classi livellandole in una, e creando nelle masse proletarie, rese signore di questa conquista, le armi formidabili decisive, spontanee, naturali, che impediscano un ritorno alle separazioni delle classi ed al privilegio di classe. Questa opera in Russia non si è fatta: contro la volontà dei bolscewiki, per volontà dei social-patrioti. La storia raccoglie, accerta, e condanna.» (ADL 15.9.2017). Il "tanto peggio, tanto meglio" è un salto di qualità della violenza, non solo verbale, che avviene in senso contrario al progetto politico, sotto la pressione degli eventi bellici e in un clima di crescente psicosi di massa. Questa questione è inestricabile dal contesto in cui si svolge l'anno assiale 1917. Giunti sin qui non possiamo non citare un testo dedicato a Friedrich Adler, fisico e matematico austriaco, amico di Albert Einstein, figlio del presidente del partito socialdemocratico, Victor Adler, e dell'esponente socialista Emma Braun Adler. «Adler ha rivoluzionato la psicologia delle masse proletarie in Austria. Ha parlato per primo». E perciò, Friedrich Adler avrebbe dovuto finire sul patibolo, se l'imperatore d'Austria-Ungheria non lo avesse graziato «evitando che il marxista, rivoluzionario, l'internazionalista Adler penzolasse dal tragico strumento di morte: la forca!». (ADL 15.9.2017) La pena capitale è commutata in diciotto anni di carcere duro. Ma, caduto l'impero austro-ungarico, Friedrich Adler verrà, di lì a un anno, amnistiato dalle autorità della neonata Repubblica e diverrà uno dei principali esponenti della socialdemocrazia austriaca, attraversando per lungo tragitto l'opposizione alla guerra, l'impegno repubblicano e poi la guida dell'Internazionale Socialista, l'opposizione antifascista e l'esilio statunitense dopo lo Anschluss, fino al rientro in Europa nel 1946 e alla morte nel 1960.
Friedrich Adler (1879-1960) sull'ADL del 15 settembre 1917 Recependo il resoconto anonimo di «un amico bosniaco, che visitò in questi giorni la cella del grande prigioniero politico», l'ADL descrive le condizioni in cui Adler si trova nel momento in cui deve affrontare l'esecuzione, dinanzi alla cui prospettiva efli si mantiene per altro del tutto imperturbabile. «Per dare un solo esempio dell'eroico stato d'animo in cui Adler si trovò, prima ancora della commutazione della sua pena, il su lodato amico mi disse che Adler conduceva una vita attiva e serrata dentro la sua cella, senza preoccuparsi della propria sorte. Alle sette del mattino Federico era già in piedi e fino alle sette di sera, leggeva, scriveva e studiava. (…) Questo amico (…) presenziò anche l'ormai celebre processo (…): È invitato dai giudici a parlare colle spalle voltate al pubblico. Egli parla. La voce di Adler è sonora. Rimbomba nella sala. Molti piangono. Così passano sei ore. In ultimo Adler si volta improvvisamente verso il pubblico e grida: "Evviva l'Internazionale Rivoluzionaria!" Un brivido acuto di commozione passa sugli astanti, che elettrizzati dalla forza di volontà di Federico, rispondono spontaneamente: "Evviva l'Internazionale Rivoluzionaria! Evviva Federico Adler!"» (ADL 15.9.2017). Leggendo il testo dell'ADL si sarebbe indotti a pensare a un intellettuale pacifista, incarcerato a causa delle sue idee da un regime liberticida. In realtà Adler ha ammazzato il premier austriaco Karl Stürgkh, freddandolo a colpi di pistola il 21 ottobre 1916 nella sala da pranzo dell'Hotel Meissl & Schadn. Dapprima, la stampa di partito condanna l'assassinio come "estraneo e inconcepibile per l'intero universo ideale socialista", atto del "seguace di una folle illusione" che nel "fanatismo dell'autodistruzione" annienta crudelmente anche se stesso e "ciò che avrebbe contenuto una ricca promessa di fioritura", si legge sulla Arbeiter Zeitung. Ma Adler va a processo e riesce a rovesciare l'accusa contro la componente riformista "socialcristianizzata, nazionalizzata, piccoloborghesizzata" del suo stesso partito, cioè quella componente "social-patriota" considerata rea di complicità con la guerra nonché impermeabile a qualunque tentativo di aprire una discussione interna. Di qui la risoluzione di compiere un attentato "contro la morale austriaca", apertamente votato a una "professione di violenza" che non pretende di sostituire né di scatenare la lotta di massa, ma solo di "creare le condizioni psicologiche per azioni di massa a venire", argomenta Adler, il cui atto di "giustizia proletaria" trasforma l'attentatore in un vero e proprio eroe popolare da contrapporsi come "professione di violenza" alla violenza di guerra. Di fronte a questo imputato che non recede, e miete anzi l'entusiasmo generale, l'establishment socialdemocratico prima e poi quello imperiale tot court pare pronto a riconoscere se non proprio uno statuto di "martire del movimento operaio", certo almeno quello di "martire del suo proprio convincimento". E così, a furor di popolo, arriva la grazia del "beato" Carlo I d'Asburgo. Un gesto effettivo di clemenza? O il tentativo di depotenziare l'eclatante tendenza al martirio che in Friedrich Adler è sfida aperta all'establishment austro-ungarico? (27. continua) Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell'anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté "coprirle" entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami sviluppatisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS svizzero, nella grande campagna di "guerra alla guerra". Campagna lanciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre. |
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ZANDA (PD) SU PISAPIA: "MI DISPIACE LA SUA DECISIONE" La decisione di Giuliano Pisapia di gettare la spugna mi dispiace veramente, non solo perché incide sulle prospettive della coalizione elettorale, ma soprattutto perché ho sempre considerato il suo un buon progetto... di Luigi Zanda, capogruppo PD al Senato Sono tra quanti hanno sempre dichiarato che, con Pisapia, l'alleanza l'avrebbero fatta ad occhi chiusi. Della sua decisione, mi stupisce in particolare la motivazione. Perché i due provvedimenti cui Campo progressista tiene sono stati fortemente voluti anche dal Pd, senza il cui apporto, in questi anni, non avrebbero potuto mai raggiungere l'attuale avanzamento nei lavori in Parlamento. Ieri, sia il "fine vita" che lo Ius soli sono stati calendarizzati per l'Aula del Senato, come auspicato da Campo progressista, su iniziativa del Pd, con l'obiettivo di farli approvare nelle prossime due settimane. Il 'fine vita' verrà approvato martedì prossimo. Lo ius soli è stato calendarizzato dopo i testimoni di giustizia e gli orfani di femminicidio (tutti provvedimenti di alto valore istituzionale e civile) in quanto - immaginando possibile il voto di fiducia a causa delle migliaia di emendamenti presentati - è necessario avere la certezza assoluta dei voti dell'Aula, anche per non mettere a rischio l'approvazione della Legge di Bilancio. Comunque, ancora questa mattina, ho dichiarato che di fronte al possibile ostruzionismo dell'opposizione, il gruppo dei senatori del Pd avrebbe chiesto una nuova modifica del calendario dei lavori d'aula con l'evidente obiettivo di anticipare lo Ius soli e impedirne l'affossamento. |
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Napolitano: "Serve più Europa" Conclusa la prima sessione dell'Assemblea di Libertà Eguale. Tonini e Napolitano: "Serve più Europa. Sosteniamo il disegno di Macron" di Vittorio Ferla "Gli Stati nazionali europei sono, oggi, l'epicentro della crisi della sovranità. Emblematica di questa crisi è la questione della spesa pubblica. Quella europea è la più grande del mondo, perché è la percentuale più alta del pil più grande del mondo. Ma il 98% di questa enorme quantità di ricchezza è gestito dagli Stati nazionali, ossia ad una scala dimensionale strutturalmente inadeguata a fornire risposte ai problemi primari dei popoli: difesa e sicurezza, crescita e occupazione". Lo dice Giorgio Tonini, senatore Pd e Presidente della Commissione Bilancio del Senato, introducendo stamane i lavori dell'Assemblea. "Il Presidente Macron – continua Tonini - è la grande novità di questa fase storica. La dottrina di Macron sulla sovranità è il mutamento di paradigma che può consentire all'Europa di superare lo stallo attuale. Se la sovranità appartiene ai cittadini e non più agli Stati, essa va esercitata mettendo in comune la sovranità negli ambiti nei quali essi non sono in grado di dare risposte efficaci ai problemi. A cominciare da difesa e sicurezza e crescita e occupazione". Chiede Tonini: "Vogliamo che ci sia un tavolo con Germania e Francia su questo obiettivo? E noi vogliamo starci con la necessaria credibilità? Io credo che dobbiamo coltivare questa alleanza per evidenti ragioni sia di interesse nazionale sia di interesse europeo. Ma per farlo dobbiamo curare le necessarie coerenze, in particolare nelle politiche di bilancio e nelle riforme strutturali". "Il PD – avverte Tonini - non può collocarsi in una posizione ambigua. Deve rivendicare i meriti di una linea di governo che comincia con Monti, dopo il fallimento del centrodestra a causa in particolare della irriducibilità della Lega ad una politica seriamente europeista, e arriva fino a Gentiloni. Una linea politica che – rivendica Tonini - in particolare nei mille giorni del governo Renzi, ha prodotto grandi risultati per il Paese e va riproposta e rilanciata, semmai con ancora più coraggio e determinazione, contro le follie populiste di chi propone il referendum sull'euro o la doppia moneta". All'inizio dei lavori è stato diffuso il saluto dell'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Il caso estremo del secessionismo catalano ha rappresentato una regressione dall'integrazione europea e dell'esperienza storica degli Stati nazionali. Il rilancio da operare, la via d'uscita da tentare – spiega Napolitano - consiste in una sempre più condivisa sovranità europea. E possiamo dirlo grazie alle idee audacemente innovative e alla capacità di trascinamento del Presidente Macron". "Fuori dalla Francia – incalza Napolitano - ancora si sottovaluta quel che di straordinario ha rappresentato l'elezione, e l'irruzione sulla scena europea, di un Presidente francese che, con la storia di grandezza e orgoglio nazionale che ha alle spalle, dichiara di riconoscersi in una sola sovranità, quella europea". "Lo sforzo che tocca compiere all'Italia – aggiunge l'ex presidente - è pertanto quello di contribuire con proprie proposte di ripensamento e rinnovamento delle attuali istituzioni e politiche comunitarie di dialogo europeo. Di qui il mio grande apprezzamento per l'impostazione e l'impegno di questa Assemblea di Libertà Eguale". Napolitano chiude con una sfida: "Non potrebbe esservi anche una proposta a cui lavorare, dinanzi a un larghissimo malessere sociale, per una messa in questione e radicale trasformazione del welfare europeo?". |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti. |
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