L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., centro socialista italiano all'estero, fondato nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a oltre 50mila utenti – Zurigo, 2 novembre 2017 |
18 novembre 2017 Cooperativo Zurigo, St. Jakobstrasse 6, 8004 Zürich Una giornata di studi e dibattiti nel 120° dalla fondazione dell'ADL Ore 10.00 - Libri e autori Mattia Lento, Giovanni Battista Demarta e Viviana Meschesi al confronto con il pubblico zurighese Il Dr. Demarta illustrerà l'edizione italiana, da lui curata, di Per un'economia umana di Julian Nida-Rümelin (Milano, 2017). Il Dr. Lento parlerà de La scoperta dell'attore cinematografico europeo, (Pisa 2017). La Dr. Meschesi parlerà di Sistema e Trasgressione. Logica e analogia in Rosenzweig, Benjamin e Levinas, (Milano 2010). Moderatore: Francesco Papagni, teologo e giornalista. Ore 11.00 - Anima, mondo ed esperienza L'eredità kantiana in Helmut Holzhey Il prof. Pierfrancesco Fiorato (Sassari) discute con Helmut Holzhey (professore emerito presso l'Università di Zurigo, foto sotto) la sua opera Il concetto kantiano di esperienza, riedita nell'ottantesimo compleanno dell'Autore. / Moderatore: Dr. Andrea Ermano, direttore dell'ADL. Ore 12.15 - Pausa dei lavori e rinfresco
L'opera "Il concetto kantiano di esperienza" di Helmut Holzhey verrà discussa da P. F. Fiorato e A. Ermano, allievi dell'Autore, che presenzierà all'incontro. Ore 13.15 - Il "Caso Englaro" otto anni dopo Ricordi e riflessioni di Beppino Englaro e Renzo Tondo Beppino Englaro, padre di Eluana Englaro, e l'on. Renzo Tondo, Governatore della Regione Friuli Venezia-Giulia all'epoca del "Caso Englaro", verranno intervistati dal decano dei giornalisti italiani in Svizzera, Giangi Cretti. Ore 14.15 - Grande Riforma? Ma l'Italia ha bisogno di grandi riforme? E, se sì, di quali? Il sen. Paolo Bagnoli (Università Bocconi di Milano e Università di Siena), l'on. Felice Besostri (costituzionalista autore dei ricorsi contro il Porcellum e l'Italicum) e il Dr. Andrea Ermano, direttore dell'ADL, verranno "moderati" dal Dr. Mattia Lento (Innsbruck). Ingresso libero Info: 044 2414475 / cooperativo at bluewin.ch < > 23 novembre - ore 18.00 Photobastei - Sihlquai 125 - 8005 Zürich Letzte Front Vernissage della mostra dedicata alla vita e all'opera di Andy Rocchelli (1983-2014) Intervengono: Miklós Klaus Rózsa (Syndicom, fotografo, curatore della mostra), On. Beppe Giulietti (Presidente Federazione Nazionale Stampa Italiana), Giangi Cretti (Direttore Comunicazione Camera Commercio Italiana). Finissage: 13 gennaio 2018, ore 18.00. Ingresso libero. Orari di apertura: lunedì-sabato 12-21; domenica 12-18. Info: www.photobastei.ch - cooperativo at bluewin.ch Organizzano: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Collettivo Cesura, Fabbrica di Zurigo, Famiglia Rocchelli, Fondo Gelpi Ecap Schweiz, Photobastei, Società Cooperativa Italiana, Società Dante Alighieri, Syndicom Schweiz. Con il patrocinio dell'Istituto Italiano di Cultura Zurigo e della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
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EUROPA / MondOperaio http://www.mondoperaio.net/la-rivista/ Sovranità È uscito il numero dieci di "mondoperaio" contenente saggi e contributi di Emmanuel Macron, Paolo Pombeni, Stefano Ceccanti, Mario de Pizzo, Luigi Capogrossi, Cesare Pinelli, Salvo Andò, Gianfranco Polillo, Stefano Rolando, Edoardo Crisafulli, Aldo Forbice, Luigi Iorio, Nicola Zoller, Gennaro Acquaviva, Ugo Intini, Mario Abis, Marco Cammelli, Vito Panzarella, Francesco Giacobone, Claudio Negro, Luigi A. Armando, Corrado Ocone e Lino Rossi. Di seguito riportiamo l'editoriale del direttore. di Luigi Covatta Confesso che l'intervento della Guardia civil davanti ai seggi catalani, il 1° di ottobre, non mi ha turbato più che tanto. Eppure le prime manganellate della mia vita, nel remoto 1962, le presi davanti al Consolato spagnolo di Milano. Manifestavamo – tutti i movimenti giovanili, dalla Gioventù liberale alla Fgci – per ottenere la revoca della condanna a morte di un militante separatista catalano, Jordi Conill, accusato di avere attentato alla vita di Franco. Ed era la sua sorte a turbarci, non quella del viceconsole spagnolo Isu Elias, che per lo stesso motivo un gruppo di anarchici teneva sotto sequestro da alcuni giorni. Del resto per Conill (e non per Elias) gli studenti della Fuci indussero ad intervenire perfino Montini, che chiese a Franco – ed ottenne – la revoca della pena capitale. Quando ce n'era davvero bisogno, cioè, in molti non abbiamo mancato di solidarizzare – non solo con pensieri e parole – coi separatisti catalani (ed anche coi baschi, che adottavano forme di lotta più sbrigative): ma dopo la conclusione positiva della transizione dal franchismo alla democrazia non ci siamo mai sognati di solidarizzare col terrorismo dell'Eta, e non si vede perché ora dovremmo solidarizzare con chi, in Catalogna, prosegue la battaglia separatista come se fossimo ancora nei primi anni '70 ed in Spagna non fosse in vigore una Costituzione. Una Costituzione, fra l'altro, che va trattata col rispetto che si deve a un documento che ha consentito un pacifico cambio di regime in un paese in cui la guerra civile era durata quarant'anni: un miracolo che allora ci impressionò tutti, e che ancora pochi anni fa un intellettuale non sospettabile di nostalgie borboniche come Michele Salvati portava ad esempio perfino rispetto alla transizione italiana degli anni '40. Ma non solo per questo la Costituzione spagnola va rispettata. Va rispettata anche perché funziona: tanto che ha consentito di sanare un conflitto, quello con l'Eta, ben più esplosivo della vertenza fra Madrid e Barcellona; e che non ha impedito di costringere Juan Carlos all'abdicazione nel momento in cui il peso degli scandali di Corte è apparso insostenibile. Certo: la Costituzione non poteva garantire che a Juan Carlos succedesse un erede dotato della stessa capacità politica di cui diede prova suo padre quando aveva la sua età. Sono i limiti della monarchia, e nessuno meglio di noi li conosce. Ma la monarchia, quarant'anni fa, fu l'inevitabile fulcro di quella ruptura pactada di cui, riprendendo un'espressione di Santiago Carrillo, parla Stefano Ceccanti nelle pagine che seguono. E non serve che ora il governo catalano riproponga l'opzione repubblicana per dare un senso all'avventura separatista. Così come non serve che a Madrid lo facciano gli arruffapopoli di Podemos: i quali, ormai clandestini alle masse ma noti nei corridoi dei palazzi, pensavano di approfittare della crisi istituzionale per rovesciare il governo Rajoy. Per fortuna il giovane leader del Psoe non è caduto nella trappola, ed anzi ha offerto, con la proposta della riforma costituzionale, sia a Rajoy che a Puigdemont una via dignitosa per uscire dall'impasse in cui entrambi si trovano. Peccato invece che nel corso della campagna elettorale tedesca non sia stato altrettanto saggio il più navigato Martin Schulz: il quale, come spiega Paolo Pombeni qui di seguito, ha rinunciato a valorizzare i risultati della Grande Coalizione per inseguire il sogno dell'alternanza, gettando così Angela Merkel nelle fauci di qualche rettile giamaicano e riducendo la Spd a contendersi le prerogative dell'opposizione con l'Afd. Tutto questo, ovviamente, non fa bene all'Europa: per giunta proprio nel momento in cui la crisi catalana da un lato ne evidenzia l'imprescindibilità e dall'altro ne postula il ruolo politico. La fuga delle imprese da Barcellona sta a dimostrare –oltre all'avventurismo degli indipendentisti – l'impraticabilità di ogni separatismo in seno all'Unione europea. D'altra parte il forzato silenzio di Bruxelles sul conflitto di sovranità che riguarda uno dei principali Stati dell'Unione induce a qualche riflessione ulteriore. E' quella che proponiamo ai nostri lettori pubblicando il testo del discorso di Emmanuel Macron alla Sorbona: dal quale si evince che senza la graduale costruzione di una sovranità europea è la stessa nozione di sovranità che evapora, nel rimpallo delle simmetriche impotenze degli Stati nazionali e delle autonomie regionali. Sono temi, questi, che purtroppo restano estranei al nostro dibattito pubblico. I separatisti di un tempo si accontentano di convocare – a spese del contribuente – i referendum sul nulla che illustra più avanti Cesare Pinelli. Gli altri scatenano una gazzarra sulla legge elettorale pari solo a quella che ebbe luogo nel 1953 contro la "legge truffa". Allora, peraltro, si violava per la prima volta il tabù del proporzionale (il cui ripristino in forma "pura, anzi purissima" pretese poi Saragat, dopo che "il destino cinico baro" non aveva fatto scattare il premio di maggioranza). Ora invece si procede all'ennesimo tentativo di dare forma razionale ad un sistema politico logorato per vent'anni dalle leggi elettorali precedenti.
Il direttore di "mondoperaio" Luigi Covatta Lo scetticismo è d'obbligo, così come è consigliabile non ignorare mai la legge dell'eterogenesi dei fini se si scommette sull'ingegneria elettorale. Quando si fece la legge Mattarella, per esempio, si dava per scontato che la Lega avrebbe fatto il pieno dei voti nei collegi del Nord, il Pds in quelli del Centro e la Dc in quelli del Sud (e pazienza se poi a Napoli, nel 1993, la Dc non trovò di meglio che mandare allo sbaraglio Massimo Caprara). Tanto che per questo Stefano Rodotà propose di aggiungere la quota proporzionale, in modo da evitare una rappresentanza troppo sbilanciata dal punto di vista territoriale. Ma non ci si accorse che la legge aveva un baco ben più pericoloso: quello che consentì a Berlusconi di vincere sommando due diverse coalizioni, quella con Bossi al Nord e quella con Fini al Centrosud (niente male per una legge che mirava a riconoscere il capo del governo la sera stessa del voto). A nessuno, invece, venne in mente di mantenere le preferenze, considerate – dopo il referendum del 1991 – la matrice di tutte le corruzioni. Quanto alla "forzatura" del voto di fiducia, ben altre forzature si fecero nel 1953: ma la "legge truffa" non funzionò lo stesso. La vera forzatura, comunque, è che sulle leggi elettorali (sulle regole, cioè, che definiscono il rapporto fra elettore ed eletto) si possa votare a scrutinio segreto: è come chiedere ai capponi come e quando si deve celebrare il Natale. Con le buone o con le cattive, in ogni modo, una legge elettorale va fatta: specialmente dopo che a suo tempo venne incautamente promulgato l'Italicum, dando per scontata la riforma del Senato poi bocciata dagli elettori nel referendum dello scorso dicembre. Per il resto, sarà bene tenere memoria lo sciocchezzaio plebeista che nelle ore in cui scrivo circola in qualche piazza romana, oltre che nell'aula di Montecitorio. I cinque stelle, alludendo alla crisi catalana, hanno scritto sui cartelli Hablamos, in castigliano. Avrebbero fatto meglio a scrivere Parlem, in catalano, e soprattutto a meditare sulle contorsioni con cui Puigdemont ha "proclamato" l'indipendenza. Degli altri meglio tacere. MondOperaio http://www.mondoperaio.net/la-rivista/ |
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/ Besostri: "Il Rosatellum 2.0? Un'altra legge truffa incostituzionale"* L'intervista a Felice Besostri, di Giacomo Russo Spena, è apparsa sul sito di MicroMega. Il titolo dell'intervista è quello originale. "Col Rosatellum 2.0 stanno partorendo l'ennesima legge elettorale anticostituzionale". Felice Besostri, classe '44, avvocato amministrativista, docente di diritto pubblico comparato ed ex Senatore dei Ds, ha proposto ricorsi contro le leggi elettorali adottate per il Parlamento europeo e le regioni Lombardia, Campania, Umbria, Sardegna e Puglia. Ma, soprattutto, è stato protagonista dei ricorsi, parzialmente vinti, contro il Porcellum e l'Italicum. Ora, da rappresentante del coordinamento degli Avvocati Antitalikum, sta affilando le armi per la prossima battaglia giuridica, quella contro il Rosatellum 2.0. Il prossimo 12 dicembre la Corte stabilirà l'ammissibilità del ricorso. "Già l'aver chiesto la fiducia rende questa legge incostituzionale, la Consulta la riterrà incompatibile coi valori della nostra Carta", afferma.
Una riunione degli "Avvocati Anti-Italikum" Besostri, il Parlamento ha varato la terza legge elettorale consecutiva che verrà considerata incostituzionale? Siamo alla violazione dell'art 54 della Carta, il quale prevede che "i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore". Qui, invece, non c'è limite alla decenza. In nessun altro Paese d'Europa sarebbe consentita una cosa del genere. Secondo l'editorialista del Corsera Aldo Cazzullo "lei è diventato un personaggio di culto come distruttore di leggi elettorali". Si riconosce in tale affermazione? Oltre ad essere un avvocato, sono un socialista e mi sta a cuore la nostra Costituzione. La gente ha combattuto per ottenere questa Carta ed è giusto difenderla con ogni mezzo. Al di là che il Rosatellum è passato con il voto di fiducia, quali sono i punti incostituzionali L'aspetto fondamentale è la violazione dell'art 48 della Costituzione che stabilisce che il voto debba essere segreto, libero, uguale e personale. Se tali caratteristiche del voto erano già negate con l'Italicum, ora lo sono negate in maniera persino maggiore. Il voto congiunto (tra collegio uninominale e liste per il proporzionale), le liste bloccate e le pluricandidature, sono questi gli altri elementi che vanno a minare i principi costituzionali? La prima e più importante ragione di incostituzionalità del Rosatellum 2.0 riguarda la impossibilità di esprimere la preferenza. I cittadini, in base alla nostra Carta, hanno il diritto di scegliere i loro rappresentanti. Ma non sarà così: due terzi dei parlamentari, deputati e senatori, saranno nominati da capi-partito con liste bloccate. Inoltre, un'altra cosa grave: nel sistema misto, stabilito dal governo, non scorporano gli eletti con i voti presi all'uninominale. In poche parole, i consensi all'uninominale vanno ad incrementare, alterandola, la quota proporzionale. Però è stato tolto il premio di maggioranza, considerato incostituzionale dalla Consulta, che invece era previsto con l'Italicum. Non è un buon segno? Siamo ad una truffa, il premio di maggioranza c'è ma è nascosto. Il partito che ottiene la maggioranza relativa nei collegi uninominali, otterrà un premio nella parte proporzionale. A differenza dell'Italicum non è quantificabile, però esiste eccome. Ci faccia un esempio concreto, per far capire i lettori… In base ai sondaggi, il M5S è dato al 25% al proporzionale mentre nel complesso, in Parlamento, dovrebbe avere il 20% degli eletti perdendo così quel 5% di differenza che andrà al partito che otterrà più voti nella parte uninominale. Come lo chiama questo se non premio di maggioranza? Per il costituzionalista Gaetano Azzariti questa legge tradisce l'elettore "facendogli credere che si sono costituite delle alleanze mentre i partiti rimangono tra loro separati, tanto è vero che il giorno dopo le elezioni potranno liberamente concordare governi e maggioranze con i partiti di qualsiasi altra parte politica comprese quelle avversarie rispetto al voto espresso". È d'accordo? Era così anche prima. È la combinazione tra voto congiunto e liste bloccate che porta questa legge fuori dall'alveo costituzionale. I parlamentari non rappresenteranno, infatti, la Nazione senza vincolo di mandato, come chiede l'art. 67 della Costituzione, ma chi li ha nominati. Praticamente, col Rosatellum 2.0 si decide di sacrificare la giusta rappresentanza con l'obiettivo di una stabilità di governo che non si raggiungerà. Si sacrifica inutilmente la rappresentanza. Il presidente Mattarella non dovrebbe firmare la legge? Già il fatto d'esser stata approvata col voto di fiducia, dovrebbe spingere Mattarella a non firmarla. Tra l'altro, l'unico modo per salvare questa legge elettorale consiste nel rimandarla alle Camere con alcune osservazioni. Il Parlamento potrebbe accogliere i suggerimenti di Mattarella modificandola sotto alcuni aspetti per renderla costituzionale. E se Mattarella la promulgherà? Verrà ricordato come il Presidente della Repubblica che ha avallato un'ennesima truffa per gli italiani. Spero vivamente che la legge verrà bocciata dalla Consulta. Del Tedeschellum cosa ne pensava? Senza l'inserimento del voto disgiunto, era anticostituzionale. Mentre la soglia di sbarramento, se identica sia alla Camera che al Senato, può essere compatibile con la nostra Carta. Nel Porcellum, invece, era prevista la follia di soglie differenti per i due rami del Parlamento. In passato Lei si è schierato a favore di un sistema proporzionale. Solo questo è compatibile con la nostra Carta? Essendo un difensore della Costituzione, sono favorevole al proporzionale perché i nostri Padri costituenti avevano stabilito la forma parlamentare e questo sistema elettorale. Ma, attenzione, il proporzionale non è il solo legittimo: ho già ribadito più volte, ad esempio, che un sistema maggioritario, sul modello inglese ad esempio, sarebbe totalmente compatibile con la Costituzione. Nella sua crociata contro il Rosatellum 2.0, ha avuto rapporti con qualche partito? Nell'ultima audizione al Senato sono stato invitato a Palazzo Madama sia dal M5S che da Sinistra Italiana. Per un certo periodo sono stato anche candidato alla Corte Costituzionale in quota M5S, però resto un giurista e mi tengo alla larga dalla politica. I gruppi parlamentari facciano la loro battaglia contro il Rosatellum ed io la mia. Nel caso in cui la Corte non riterrà ammissibile il ricorso, sta pensando ad altri strumenti? C'è un altro organo dello Stato a cui appellarsi che è il "popolo sovrano" e capire se c'è o meno conflitto di attribuzione. In base alle recenti sentenze della Corte di Cassazione (8878/2014) e della Consulta (1/2017 e 25/2017), in nuce la giurisprudenza dovrebbe elevare il livello di tutela riconoscendo al popolo sovrano cioè al corpo elettorale di poter sollevare il conflitto di attribuzione. Il diritto, cioè, di votare secondo la Carta. Principio che questa classe politica continua costantemente a violare. |
SPIGOLATURE New York reagisce compostamente di Renzo Balmelli PAURA. Chi in cuor suo aveva sperato che la caduta di Raqqa tagliasse l’erba sotto i piedi non soltanto al sedicente e declinante stato islamico, ma soprattutto al suo crudele braccio armato, ha dovuto amaramente ricredersi. Il terrorismo di matrice jihadista non è stato debellato ed è sempre pronto a colpire nel mucchio. Nell’autoproclamata capitale dell'ISIS non sventola più la bandiera nera, questo è vero, e di pari passo il califfato sta perdendo buona parte dei suoi territori: però l’attacco omicida di New York dell’altro giorno evidenzia che il gruppo può ancora avvalersi di una rete di terroristi decisi a uccidere innocenti e passanti inermi. Sono elementi infidi perché spuntano improvvisamente dall’ombra dopo essere passati inosservati, più o meno come l’attentatore uzbeko con quell’aspetto inquietante alla Rasputin. Per la prima volta dopo l’11 settembre, New York è di nuovo teatro di un sanguinoso gesto di follia e l’episodio apre un altro, drammatico e doloroso capitolo nella storia di tutto il mondo. Un gesto che riporta la paura nella metropoli, dove ancora sono visibili le cicatrici del precedente trauma. Ma nel contempo la città manda pure un coraggioso segnale di resistenza e reagisce con compostezza alla sfida del terrore, ossia con l’unica maniera per non cedere al ricatto e per non darla vinta a chi intende impadronirsi delle nostre vite. SCONTRO. Parafrasando il titolo di un famoso romanzo di Osvaldo Soriano, pare proprio che l'aspra contesa tra Barcellona e Madrid si stia avviando verso un "Triste, solitario y final". Verso una conclusione incattivita dalle divergenze che nessuno, qualunque sia la sua posizione nel merito della questione, si sarebbe mai augurato. Non fa bene alla Catalogna, non fa bene alla Spagna e non fa bene all' Europa , già di suo attraversata da inquietanti fermenti, questo scontro a muso duro tra le opposte fazioni . E tanto per complicare la vicenda, nel vortice dei colpi di scena si inserisce pure l'Aventino in terra belga di Puigdemont. Un atto desueto dal sapore antico, quasi un vago segnale di resa, come ai tempi lontani dei regnanti in esilio. Per arrivare all' ordine europeo nel quale viviamo ci sono voluti milioni di morti. Il solo pensare non di scardinare, ma anche soltanto di incrinare le basi di questo tanto delicato quanto insostituibile edificio comune avrebbe conseguenze difficili da riassorbire. CONVERGENZA. Quando si legge che il futuro Cancelliere austriaco, destinato a diventare il più giovane capo di governo al mondo, si appresta a coalizzarsi con l'estrema destra, ossia quanto di più vecchio vi sia in circolazione, è lecito chiedersi in che direzione intenda muoversi l'esecutivo viennese. La contraddizione in termini tra il dire che il prossimo governo " sarà europeista o non sarà " e la prevista convergenza con alleati radicalmente eurofobici è in effetti talmente palese da rendere ardua la ricerca di similitudini nei rispettivi programmi. In queste condizioni il comune desiderio di un cambiamento fondamentale dell'Austria da parte di schieramenti che nulla dovrebbe unire, porta a citare Beuamarchais quando diceva di affrettarsi a ridere di tutto per la paura di essere costretto a piangere. Che è poi quanto aveva già intuito in tempi non sospetti quel genio insuperabile di Mozart che ne musicò l' opera sulla folle giornata delle nozze di Figaro PATRIE. Non soltanto nella penisola iberica, ma anche in Italia sono tornate a manifestarsi spinte autonomiste che hanno trovato il loro sbocco nei due referendum lombardo-veneti. Ora che le urne hanno parlato ed espresso un verdetto inoppugnabile, sorge immediata una domanda delle cento pistole: e adesso? Adesso i promotori della consultazione che uso faranno del mandato, seppur consultivo, uscito dalle urne? Da voci che si odono in giro pare che le richieste autonomiste non bastino a coloro che si proclamano vincitori e sembrano determinati a ottenere altri poteri ancora tutti da definire. I fermenti avvertiti nel Verbano Cusio Ossola per passare con armi e bagagli dal Piemonte alla Lombardia se non altro per la vicinanza geografica sono a questo proposito un indicatore da non sottovalutare mentre cresce la voglia delle piccole patrie. Voglia che non è garante di federalismo e maggiore democrazia. Se l'Italia anziché proclamare l'unità si fosse smembrata non sarebbe oggi la “settima potenza”. ESCALATION. Negli Stati Uniti, stando ai sondaggi, pare che il numero di coloro che svegliandosi al mattino si mettono le mani nei capelli al pensiero di avere Trump come presidente stia aumentano in modo vertiginoso. E di riflesso in modo altrettanto vertiginoso cala la popolarità dell'inquilino della Casa Bianca che a un anno dalla sua elezione ha toccato il punto più basso con percentuali mai registrate prima dai suoi predecessori. Adesso con la pesante irruzione del Russiagate, che potrebbe scavare solchi più profondi del Watergate e soprattutto l'escalation nella crisi tra Stati Uniti e Nord Corea il vento sta cambiando per il peggio mettendo a dura prova la leadership del Presidente. In realtà nessuno vuole la guerra., ma intanto gli esperti concordano nel ritenere che il punto di non ritorno di uno scontro nucleare non sia soltanto una mera ipotesi. E dal capo della maggiore potenza gli americani si aspettano che quel punto non venga mai raggiunto, pena l'indecorosa uscita di scena dalla Storia. Per la verità non soltanto loro. SEXIT. Altro che Le allegre comari di Windsor di shakespeariana memoria che fecero ballare il rubicondo Falstaff. In questa fase non proprio "very british" per i sudditi di Sua Maestà a tenere banco sotto il cielo di Londra, più grigio del solito, sono gli allegri compari di Westminster che ne hanno combinato di tutti i colori allungando troppo le mani. Tra molestie sessuali e altri comportamenti indecenti di ministri, sottosegretari e deputati, l'austero palazzo del Parlamento non ha nulla da invidiare alle alcove hollywoodiane. Sembra di essere tornati al caso Profumo e la squillo che gli stroncò la carriera. Nel momento meno opportuno per la povera Theresa May, lo scandalo investe in pieno il suo governo già traballante, mettendone a rischio la tenuta. I vizietti di taluni personaggi pubblici, virtuosi solo in apparenza, e che invece di occuparsi dei dossier si concentravano sulle scollature e le gambe delle collaboratrici sono tutto oro che cola per chi ha in animo di destituire la premier. Tanto da far dire ai soliti buontemponi che per il futuro politico dell'inquilina di Downing Street più della BREXIT poté la SEXIT. |
LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it Ilva, ineludibile la questione ambientale Passi avanti nel negoziato, ma per la Camera del lavoro di Taranto "gli abitanti dei Tamburi, di Paolo VI o Statte così come tutti i cittadini del capoluogo ionico, pesano nella discussione esattamente quanto gli operai". Fiom: le scelte vanno condivise di Massimiliano Martucci La disponibilità di Mittal a congelare la procedura ex articolo 47 è un piccolo passo avanti verso le posizioni dei sindacati. Ma la strada da compiere è ancora lunga, soprattutto perché non si conosce né il piano industriale né quello ambientale. Sui dettagli e sulla mancanza di essi si gioca una delicata trattativa che tiene col fiato sospeso un territorio intero: "Per noi le discussioni sul piano industriale e quello ambientale non potevano viaggiare su binari disgiunti e oggi è inevitabile alzare i termini di confronto per evitare che un piano decisionale pesi sull'altro o ne pregiudichi l'integrità", commenta Paolo Peluso, segretario generale della Cgil di Taranto. Salvare condizioni occupazionali e salariali, a giudizio della Camera del lavoro del capoluogo ionico, non basta più. "Gli abitanti dei Tamburi, di Paolo VI o di Statte così come tutti i cittadini di Taranto, pesano nella discussione esattamente quanto tutti gli operai Ilva – prosegue Peluso –. Si anticipino pertanto i tempi per l'attuazione degli interventi ambientali, a cominciare dalla copertura parchi e dalle nuove tecnologie, unica possibilità residua per ristabilire un clima di fiducia in questa comunità verso le istituzioni e la vita scelta dal Governo, ma si faccia finalmente chiarezza anche su tutte le posizioni in campo, perché quell'alleanza che si auspica a livello nazionale, quel sostegno che Regione e Comune vorrebbero dare alla trattativa sindacale, si può e si deve perseguire a partire dal livello locale". Alla chiarezza e alla responsabilità auspicati da Peluso fanno eco le parole di Giuseppe Romano, segretario della Fiom Cgil di Taranto, che sebbene da un lato riconosce il dato positivo del congelamento della procedura ex articolo 47 e il mantenimento del livello salariale, dall'altro punta il dito verso la mancanza di condivisione del piano industria e ambientale, oggetto della discussione degli appuntamenti del 9 e del 14 novembre prossimi: "O si mettono sul tavolo tutte le carte, oppure no. Alcuni atteggiamenti sono discutibili". Inoltre, secondo Romano: "Si deve analizzare la situazione stabilimento per stabilimento, impianto per impianto. E sono convinto che dopo aver fatto questo di esuberi non si potrà più parlare". Nel frattempo, visti gli impegni a breve termine, lo sciopero previsto per il 3 novembre sembra essere sospeso, ma la comunicazione non potrà avvenire prima di giovedì prossimo. |
Da Avanti! online www.avantionline.it/ Opportunità per lista laico-riformista I commenti di Emma Bonino (Radicali italiani), Nencini (PSI), Bonelli (Verdi) e Della Vedova (Forza Europa). di Ginevra Matiz Il Rosatellum è stato fatto "come il vestito di Coco Chanel per il chi c'è c'è e chi non c'è non c'è", quindi visto l'alto numero di firme da raccogliere "andare da soli non ci è permesso". Lo ha detto Emma Bonino, al congresso radicale aggiungendo anche un invito a "esplorare" due possibilità in vista delle politiche: un'intesa con il Pd ma, avverte, "non siamo in svendita né in vendita, l'idea del Re sole e le costellazioni, caro segretario Pd, non fa per noi". "Si apre – è il commento del segretario del Psi, Riccardo Nencini – l'opportunità di costruire una lista laico-riformista che renda il centro sinistra italiano competitivo e vincente alle prossime elezioni politiche". Per Nencini "il minimo comun denominatore deve essere l'Europa, deve essere la lotta al bisogno, devono essere i diritti civili". "Una lista forte di storie che hanno reso l'Italia più libera è più civile. I socialisti – ha concluso Nencini – colgono volentieri l'appello lanciato da Emma Bonino". Una risposta positiva all'appello di Emma Bonino è arrivato anche dal leader dei Verdi Angelo Bonelli: "Le preoccupazioni che Emma Bonino ha espresso oggi al congresso dei Radicali Italiani sono anche le nostre. Come Verdi – ha detto Bonelli – ribadiamo la disponibilità ad esplorare insieme un percorso che possa dare agli italiani una proposta politica, non a scadenza e che prosegua in un progetto anche dopo le elezioni, di una lista europea, ecologista, dei diritti e della democrazia per elevare il dibattito, la proposta e i programmi al di fuori delle miserie e dei particolarismi che hanno occupato lo scenario politico e l'informazione. Il tema dell'Europa è fondamentale, lo diciamo da ecologisti. Perché è necessario vincere insieme le sfide globali per immaginare e creare un futuro sostenibile che possa preparare le nuove generazioni a un progetto che dia più diritti e più democrazia. Questa è quindi una occasione importante e irripetibile – prosegue il leader dei Verdi – e per questo propongo ai Radicali, a Campo Progressista e tutti coloro che condividono questi temi d'incontrarci per verificare le condizioni di un'azione comune e per dare all'Italia una proposta politica innovativa, moderna, popolare e all'altezza della sfida che abbiamo di fronte: Europa, ecologia e diritti". Una opportunità che per il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, promotore di Forza Europa, il Pd vede cogliere: "Una lista europeista, liberale, radicale, riformatrice, per partecipare a sfida vera, anche in coalizione. Pd colga disponibilita' Bonino", scrive su Twitter. Vai al sito www.avantionline.it/ |
Freschi di stampa, 1917-2017 (23) Zimmerwald va a Stoccolma L'ADL del 25 agosto 1917 ospita un articolo – Intorno alla terza conferenza di Zimmerwald – che Angelica Balabanoff ha inviato il 15 agosto da Stoccolma, e che programmaticamente non tratterà della conferenza "social-diplomatica" promossa dal Soviet di San Pietroburgo nella capitale svedese in quei giorni. Di ciò parlano già tutti i giornali, riferisce la Balabanoff. E la maggior parte dei commentatori non tiene nel dovuto conto la situazione russa, altamente instabile. Sicché i problemi all'orizzonte stanno assumendo la forma dell'aut aut: o pace o guerra, o rivoluzione o contro-rivoluzione, o Lenin o Kerenskij.
Dettaglio di prima pagina dell'ADL del 25 agosto 1917 con la lettera da Stoccolma di Angelica Balabanoff Gli "internazionalisti" si riuniranno a Stoccolma anch'essi, ma separatamente dai "social-diplomatici", in una Terza Conferenza di Zimmerwald che si celebrerà «lontano dal rumore, lontano dalle strombazzature della stampa» al seguito del tour che il Soviet di San Pietroburgo, qui ancora in formazione politica filo-Kerenskij, sta svolgendo in Europa. Sulla tappa italiana dei rappresentanti russi la Balabanoff si astiene da giudizi definitivi: «E questo riserbo è tanto più indicato in quanto gli stessi giornali si vanno contraddicendo e smentendo a vicenda. Mentre gli uni narrano di un telegramma di solidarietà, di auguri mandato a Kerensky dai ministri ed interventisti italiani e dagli ospiti russi, gli altri raccontano che questi ultimi si sono rifiutati di firmare il telegramma» (ADL 25.8.1917). Di che cosa stiamo parlando? Di come circolavano le notizie cento anni fa: «Ancora non conosciamo la risposta dei delegati russi al brindisi di Bissolati coll'augurio di "schiacciamento del nemico esterno ed interno". Tutti questi particolari li sapremo con precisione al ritorno dei delegati del "Soviet", i quali dovranno naturalmente rendere conto esatto del loro viaggio anche alla minoranza, non ancora incarcerata, del "Soviet"». Dunque, stiamo parlando anche della minoranza bolscevica, in parte incarcerata e clandestina, ma lanciata in splendida solitudine nella causa della “pace subito”. Intanto è in corso un tentativo di golpe dello Stato Maggiore, al seguito del generale Lavr Georgievič Kornilov. Fallirà, com'era da poco fallita la "Offensiva Kerenskij", anch'essa guidata da Kornilov. Entrambi i fallimenti, l'Offensiva a luglio come il Golpe ad agosto, accadono non da ultimo a causa dello scarsissimo entusiasmo, diciamo, che i propositi delle élites mietono presso il popolo dei soldati e dei lavoratori russi.
Il generale Kornilov nel luglio 1917 In tutt'Europa infuriano la guerra e (ovviamente) la propaganda di guerra, che però non cancella milioni e milioni di ragazzi morti inutilmente sul "campo d'onore". Una grande spaccatura, segnala la Balabanoff, si sta consumando «fra i Zimmerwaldiani ed i social-diplomatici», investendo con forza le fila del movimento operaio. Percorrerà tutto il secolo breve, fino alla caduta del Muro di Berlino. L'anno 1917 è il momento a partire dal quale si può comprendere come questa faglia sia potuta nascere e come essa poi abbia assunto una traiettoria a dir poco inaudita. Gli uni «parlano bensì a nome di 250 milioni di proletari organizzati, ma non a nome di coloro che per la volontà del dittatore della nuova Russia (…) vengono condannati a morte, perché guidati da criteri certo non meno rivoluzionari di coloro che animano i "compagni" al potere, e perché ritengono l'offensiva essere un delitto nonché uno sfacelo» (ADL 25.8.1917). Angelica si mostra sprezzante sulla catastrofica "offensiva" che porta il nome del premier laburista e soprattutto sugli "entusiasmi" suscitati da Kerenskij presso i grandi opinionisti "intesofili", grazie ai quali è «diventato una persona celeberrima da un giorno all'altro per il telegramma col quale egli chiedeva d'urgenza la reintroduzione della pena di morte» (ADL 25.8.1917). Quello della dignità personale, che include l'intangibilità della vita di ciascuno, è un tema fondamentale per il quale siamo tutti debitori del movimento per la pace di cent'anni fa. Allo scopo di illustrare questo punto, la Dottoressa Angelica disegna il ritratto di un esponente dei "guerraiuoli" russi, Savinkoff: «Anni fa scrisse un romanzo a tesi, in cui esprimeva i dubbi ed i rimorsi di un terrorista che toglie la vita a chi egli considera nemico ed ostacolo della libertà e della felicità delle moltitudini oppresse». Il terrorista qui è Savinkoff stesso, pentito. Il sentimento morale antiterrorista della Balabanoff non fa velo all'apprezzamento letterario per il libro: «era scritto bene da chi aveva sentito evidentemente gli scrupoli ed i conflitti di cui parlava. I terroristi si preparavano a rivedere ed a ritoccare quella parte del programma che riguardava l'inviolabilità della vita umana, quando ecco questa revisione viene fatta da una fonte autentica. Chi sentiva tanti scrupoli di fronte alla soppressione di un individuo solo (…) si emancipa da ogni scrupolo quando si tratta di condannare al capestro intere moltitudini ree di non aver voluto uccidere i loro fratelli proletari» (ADL 25.8.1917). L'allusione è nuovamente alla pena di morte reintrodotta nell'esercito russo dal governo Kerenskij contro l'opposizione di Lenin, che viene accusato di ogni nefandezza: «Dicono bensì certi giornali che uno dei delegati dei "Soviet" abbia dichiarato essere Lenine un uomo onesto (affrettandosi però di aggiungere che le teorie di Lenine sono pericolose, come è pericoloso il suo "entourage", nel quale si sono infiltrati degli agenti tedeschi…)». Queste insinuazioni proverrebbero, scirve Angelica, dalla più infame delle coalizioni, che sta «complottando contro l'onore, la libertà e la vita stessa» del leader bolscevico: «bisogna pur dire che in un momento in cui tutti gli interessati, tutti i prezzolati, tutti i pettegoli si accaniscono a dimostrare che i fautori dell'Internazionale sono dei venduti, non bastano quelle dichiarazioni, non basta dire che Lenine è "onesto", "idealista", ecc., bisogna pure dire di quante insinuazioni egli è vittima perché lo è, e bisogna "difenderlo"» (ADL 25.8.1917). Insomma, se il movimento Zimmerwald deve decidere tra la pena di morte restaurata e la minoranza leninista perseguitata, il dado è tratto. Peccato che Lenin e i leninisti disprezzino la dignità e la vita individuale non meno dei loro persecutori. Peccato che la trasfusione di solidarietà da parte zimmerwaldiana sia destinata a una delle più tragiche, plateali e cocenti delusioni della storia. Peccato che nella fossa comune delle vittime del regime nascente debbano finire di lì a pochi anni numerosissimi esponenti bolscevichi e compagni di strada internazionalisti, che formavano l'"entourage" leniniano del 1917, e che nell'anno assiale delle due rivoluzioni russe affrontavano la più grande prova del fuoco, colpiti dall'accusa di spionaggio e tradimento che gli apparati filo-governativi massicciamente andavano diffondendo. «Non c'è nessuno che ignori che, soprattutto negli ambienti rivoluzionari russi (…), si sono sempre intrufolati dei traditori, degli agenti provocatori (…). Ma – e qui comincia la colpa imperdonabile della maggioranza del "Soviet" e di chi parla in suo nome – (…) nelle sfere bene informate si sa benissimo distinguere fra i rivoluzionari e le spie», sostiene Balabanoff. «Il "Soviet" avrebbe dovuto insistere che si facesse anche per Lenine [una campagna di stampa a risarcimento dell'immagine, ndr] e per tutti i compagni internazionalisti, il cui onore non può essere messo in dubbio da nessun galantuomo» (ADL 25.81917). Invece contro "Lenine" vengono portate avanti accuse "malvagie" da parte dei nemici dell'internazionalismo, nonostante che persino la stampa ufficiale sia costretta a riconoscere che si tratta di una manovra: «D'altra parte dalla lunghissima serie di telegrammi che l'istituto di spionaggio, la "Controrasvedka", sta pubblicando, comincia a diventare chiaro ed inoppugnabile che non solo non c'è neppure mezzo documento che permettesse la supposizione che Lenine si trova in qualsiasi rapporto col governo o con denari tedeschi, ma risulta bensì che al suo "entourage" altro non si può rimproverare che di avere avuto dei rapporti commerciali… colla Russia! Difatti risulta che tutti i famosi telegrammi si riferivano a rapporti commerciali con uno dei correligionari di Lenine, il quale forniva alla Russia, lapis e medicinali… tant'è vero che già si manifestano malumori negli ambienti ufficiali contro i responsabili della pubblicazione per aver fatto tanto rumore per nulla» (ADL 25.8.1917). È da supporre che Angelica ignori i dati, allora top secret, sia del flusso di finanziamenti in corso dalla Cancelleria del Kaiser verso la minoranza bolscevica (di cui la Balabanoff stessa non fa parte), sia dell'uso indubbiamente efficace che Lenin fa di quei denari per sparigliare le strategie editoriali della stampa russa. La conclusione logica che la Dottoressa imbocca in anche seguito all'emergere di eclatanti dossier innocentisti, le appare evidente, anche se non sempre le cose sono come appaiono: «Certo per dichiarare che Lenine è al di sopra di ogni sospetto, i socialisti al potere non avevano bisogno di aspettare che il pallone si sgonfiasse in modo tanto ridicolo», mentre invece «hanno affidato l'inchiesta allo stesso funzionario che sotto lo czarismo era incaricato di inchieste antirivoluzionarie» (ADL 25.8.1917). La direzione inaudita che gli eventi imboccheranno nel giro di poche settimane, nasce dal ciclone di contraddizioni che già di qui inizia a infuriare, in rapporto per esempio alla questione centrale della dignità umana. Dopodiché, c'è una completa saturazione di tutte le astuzie e di tutte le tattiche: umanitarie o geo-strategiche, rivoluzionarie o contro-rivoluzionarie, plateali o segrete, sublimi o prezzolate. C'è una gigantesca opacità oscillante, nella quale si prepara il trionfo cieco della Fortuna. Nessuno può sapere più quel che sta realmente accadendo. Anche perché tutto, ma proprio tutto, è possibile. (23. continua) Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell'anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté "coprirle" entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami sviluppatisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS svizzero, nella grande campagna di "guerra alla guerra". Campagna lanciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre. |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti. |
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