[Diritti] ADL 170216 - Forse



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., centro socialista italiano all'estero, fondato nel 1894

Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo

Direttore: Andrea Ermano

 

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e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 16 febbraio 2017

  

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IPSE DIXIT

 

Forse dobbiamo scegliere - «Ho letto che in Nuova Zelanda quat­tro­cento balene si sono spiaggiate. Forse perché il capo branco ha perso l'orientamento. E ne hanno salvato una parte con una catena umana che portato dell'acqua in attesa di una buona marea che le riportasse al ma­re. Forse dobbiamo scegliere chi siamo, se ci tocca la parte delle balene o di quelli che riempiono i secchi». – Gianni Cuperlo

 

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    L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

    

    

EDITORIALE

 

Il tempo delle valige

 

Si è celebrata in diretta streaming la Direzione na­zio­nale del PD, scre­ziata da avvertimenti obliqui e dalle inevitabili tat­tiche pre-elettorali. Gianni Cuperlo ha evocato quat­tro­cen­to balene spiaggia­te in Nuova Zelanda, con trasparente allusione ai quat­tro­cento parla­men­tari Pd, molti dei quali perderanno il seggio. Lo perderanno per­ché "il capo bran­co ha per­so l'orientamento", come nel caso delle balene.

    Alle prossime elezioni l'ex premier, laddove riuscisse a rac­cogliere gli stessi consensi del 2013, "nominerebbe" circa 185-190 de­putati, contro i 340 della tornata precedente. Circa 150 seggi, oggi collocati alla Camera nel centro-sinistra, pas­seranno dunque di mano, dicono gli esperti. La soprav­vi­venza politica individuale di mol­te/i onorevoli dipenderà perciò dalla loro collocazione in lista, dal "potere di no­mina" del Segre­tario. Di conseguenza, riveste una certa importanza, per co­sto­ro, sapere chi sarà il Segre­ta­rio nel momento in cui il "potere di nomina" verrà effetti­va­mente eser­citato.

    Il "potere di nomina" del Segretario dipende dal congresso e dalla data delle elezioni. Ma in certa misura l'esito del congresso dipende dalla data delle elezioni, che dipende dalla durata del governo, che a sua volta dipende dalle decisioni del Segretario, che a loro volta dipendono dalle prospettive del congresso: e qui il cerchio dell'autorefe­ren­zialità si chiude sulla certezza, o quasi, del marasma prossimo venturo. A meno che l'Esecutivo non riesca a navigare molto bene. Ma non è facile che ciò accada, data l'inquietudine profonda che scuote i parlamentari del maggior partito italiano.

    Giunti a questo punto, che cosa dovrebbe fare un leader responsa­bile? Dovrebbe assumersi le proprie responsabilità e semplicemente farsi da parte. Renzi, del resto, lo aveva ripe­tu­tamente preannunciato in caso di sconfitta referendaria. Ogni altra soluzione, per quanto astuta e "vincente" nel breve periodo, non potrà che fare male al Partito democratico, al Go­ver­no e all'Italia.

    Ma un passo indietro del Segretario farebbe altrettanto male al suo entourage, nonché al sistema d'interessi attualmente formatosi intorno a lui. Perciò i "suoi" si attendono tutti quanti dal leader che resti dov'è, a tutela del loro particulare.

 

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Dal nostro modesto osservatorio in emigrazione possiamo forse dare una mano a focalizzare questa autoreferenzialità.

    Numerose persone in cerca di lavoro – che in Italia facevano chi la contabile, chi il disegnatore, chi la programmatrice, chi il garagista e altro ancora – approdano, oggi più di ieri, alle varie metropoli europee. Non conoscendo bene la lingua del posto, si offrono di lavare finestre, di pulire uffici, di aiutare nelle cucine dei ristoranti e di darsi da fare nei cantieri. Alle spalle storie simili: tutto procedeva abbastanza bene finché non è arrivata la crisi economica, poi la perdita del lavoro, un mutuo impervio, ora infine il rischio di perdere la casa…

    Non tutti si trovano in questa difficile situazione. Per esempio le ragazze e i ragazzi del­l'Era­smus, quelle/i che hanno sgobbato sui libri e che si fanno largo nei la­boratori di ricerca degli atenei o delle grandi imprese. Non inferiori a nessuno.

    Naturalmente, si può fare un sacco di sociologia su questo doppio fenomeno mi­gra­torio, ma al fondo il sentimento comune a tutti i migranti, si tratti di accademici o di neo-proletari, è che si sono lasciati alle spalle un "mondo della vita".

    Nella miseria affettiva delle città in cui sono "spiaggiati" non sempre sperimentano il soccorso dei volontari. Talvolta li aspetta l'ostilità dei populisti locali. Oggidì, la madre degli xenofobi è ovunque incinta. Ma non ovunque oggi c'è altrettanta gente co­stret­ta a fare le valige quanta ce n'è nel nostro Paese.

                

       

SPIGOLATURE 

 

Viltà sessista della trivialità

 

di Renzo Balmelli 

 

VOLGARITÀ. Poco alla volta, ma inesorabilmente, stiamo finendo nel gorgo della volgarità senza filtri. Sempre più abbiamo l'impressione che l'argine della decenza si sia perduto nel vortice di offese sessiste veicolate da testate orfane della deontologia o dai blog, spesso ricettacolo delle peggiori oscenità. L'epiteto irripetibile contro Virginia Raggi e quello non meno gretto indirizzato a Giorgia Meloni evidenziano a che punto è arrivato il degrado che col suo effetto a valanga porta all'emulazione e determina comportamenti ai margini della convivenza civile. Poi magari arrivano le scuse a scoppio ritardato, ma intanto l'escalation della trivialità prosegue senza sosta, mostrandoci il lato oscuro delle umane viltà nel discorso pubblico.

 

APOLOGIA. Un tempo le minacce correvano sul filo, oggi viaggiano sul web. Per avere sollevato alcune legittime preoccupazioni sul dila­ga­­re dell'odio che finisce in rete, Laura Boldrini si è vista piombare ad­dosso una valanga di improperi, tra i quali spicca, per "l'eleganza" del­lo stile, l'ossessivo ricorso all'insulto di "sboldrina". La qual cosa con­ferma quanto l'allarme abbia toccato un nervo scoperto. Certo, la re­spon­sabilità del fenomeno non ricade direttamente sui social, bensì sul­l'uso sconsiderato che se ne fa. Simili turpiloqui hanno infatti nei mo­der­ni network un veicolo di diffusione potenzialmente universale. Tre­cento pagine in cui si rimpiange il fascismo, combinate con una ondata di revanscismo nostalgico, non sono soltanto lo sfogo di quattro balordi.

 

PIRATERIA. Come nella vecchia DDR, non c'è angolo della nostra esistenza al riparo dalla malsana curiosità del Grande fratello. Rispetto ad allora, la criminale ingerenza nella "Vita degli altri" ha registrato un preoccupante salto di qualità. E oggi può avvalersi di un armamentario tecnologico super sofisticato in grado di falsare il corretto funzionamento della democrazia. Elezioni presidenziali e politiche sono gli appuntamenti più delicati, occasioni per destabilizzare gli equilibri con il largo impiego di hacker governativi al servizio di vari progetti egemonici. Se Mosca è nel mirino dei sospetti, per la verità va detto che nessuno può proclamarsi innocente per gli atti di pirateria informatica che finiscono quasi sempre col fare il gioco delle peggiori ideologie autoritarie.

 

TIMORI. "I dieci giorni che sconvolsero il mondo". Rubiamo il titolo al socialista americano John Reed, autore di una delle più diffuse cronache della rivoluzione russa, per chiederci se anche gli Stati Uniti usciranno sottosopra, rivoltati come un guanto, dopo i primi giorni di quella che Trump chiama la sua rivoluzione. A rinfocolare timori e indizi, che quando si assommano diventano una prova, concorre l'invadenza della Casa Bianca nelle prerogative di cui sono gelosi custodi gli Stati e gli altri organi federali, Congresso incluso. La grande forza dell'America risiede proprio in questo, nel delicato meccanismo dei pesi e contrappesi volto a impedire abusi di potere. Calpestarlo senza riguardi potrebbe aprire una crisi istituzionale che non garantirebbe al Presidente la certezza di completare il suo mandato.

 

SBERLA. Mentre cresce la voglia di muri nel clima di insofferenza anti immigrati, non era affatto scontato che la Svizzera accettasse di rendere meno rigorose le procedure per l'ottenimento del passaporto rosso crociato. Per contrastare la cittadinanza agevolata dei giovani stranieri di terza generazione, i pannelli elettorali degli oppositori erano stati tappezzati dall'immagine di una donna col burqa, una sorta di "islam ban" copiato dall'America, che avrebbe dovuto dispensare paure e sospetti con cui incassare consensi a buon mercato. Stavolta però la rozza propaganda xenofoba non ha funzionato e il SI al progetto ha avuto l'effetto una sberla alla destra oscurantista che incassa una sconfitta esemplare. Resta da sperare che non sia l'ultima nella Confederazione e nel resto del continente.

 

PATRIMONIO. Mai come quest'anno le ricorrenze che l'Unione europea di accinge a commemorare possono diventare l'occasione che non aspetta altro che di essere colta. L'occasione per ricucire i legami con l'eredità dei padri fondatori nel solco dei 60 anni dei Trattati di Roma e dei 25 dell'accordo di Maastricht, primo tassello dell'UE. Da tempo si va ripetendo che l'Europa è a un bivio: o si investe sull'Unione o si rischia di perire. Nel destino del continente non c'è più soltanto la crisi economica che ha diviso i governi, ma anche il processo di erosione col quale la brutta, bruttissima destra paladina delle barriere e delle "exit" prova a cancellare un patrimonio culturale e politico ispirato e motivato da forti ideali. In tal senso le elezioni francesi e tedesche diranno se alla lungimiranza di chi posò la prima pietra si è sostituita la miopia.

 

SAN LUIGI. Se provate a chiedere a un musicista di suonare "La tristezza di San Luigi" a meno che non sia nato prima della guerra vi sono cento possibilità su cento che non ne abbia mai sentito parlare. Invece il brano con quel titolo esiste, ed è addirittura uno dei pezzi più famosi del jazz di New Orleans. Soltanto che lo si conosce con il suo vero nome, ossia "St. Louis Blues" e non con la tragicomica traduzione in italiano voluta dai gerarchi del ventennio che pretendevano solo ritmi autarchici. Il siparietto è stato rievocato mentre al festival di Berlino veniva proiettato il film su Django Reinhardt, il leggendario chitarrista tzigano che sperimentò l'ossessione dei nazisti contro quella che definivano "musica degenerata" e non ariana. Che imbecilli!

 

EFFIMERO. Può cascare il mondo, ma San Remo è sempre lì, al suo posto, coi sui riti immutati e tutt'al più adeguati ai gusti delle nuove generazioni fin dai tempi delle prime edizioni in bianco e nero. Oggi le scenografie sono un tripudio di effetti speciali, ma dal palco dell'Ariston, rutilante teatro canoro dell'effimero nazional-popolare, il festival continua a dispensare emozioni un tanto al chilo. Sulla Riviera soffia un refolo di verità gattopardesca: tutto cambia, perché nulla cambi. Un po' come succede nella realtà. Per cinque giorni 12 milioni di spettatori a serata rimangono incollati davanti al televisore finché cala il sipario en attendant il prossimo San Remo, un fenomeno di massa che offre commenti per tutti, anche a chi, esagerando, lo considera lo specchio dell'Italia. Ma l'Italia è fatta di altre cose.

    

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Il 2017 sarà l'anno dell'India

 

Uno sguardo a 360 gradi per comprendere le sorti dell'economia mondiale. L'Europa abbandoni la strada dell'austerità se vuole mantenere la leadership. Crescono piccoli Paesi come Yemen e Myanmar, ma a pagare il prezzo sono i lavoratori

 

di Fausto Durante - Coordinatore Politiche europee e internazionali Cgil

 

Nella competizione che ogni anno ha luogo tra le grandi aree economiche del mondo, il 2017 sarà – secondo i principali istituti internazionali di analisi economica e di statistica – l'anno dell'India. Con un aumento previsto del 7,5% del prodotto interno lordo, largamente derivante dagli effetti dei massicci investimenti in infrastrutture, il governo guidato da Narendra Modi metterà a segno il tasso di crescita più consistente nel contesto dei sistemi economici rilevanti a livello globale, contribuendo all'incremento del 5,2% complessivo nel continente asiatico e al rafforzamento della posizione di locomotiva dell'economia mondiale dell'Asia. Un continente che presenta un unico punto di grave sofferenza, il Giappone, che era l'anno scorso e rimarrà anche quest'anno il paese con la crescita più bassa e lenta, uno striminzito +0,4%. La politica economica del premier giapponese Shinzo Abe, quella “Abenomics” tutta concentrata su riforme d'impianto liberista nelle scelte monetarie e di bilancio, non sembra in grado di imprimere a Tokyo il cambio di passo necessario ad agganciare il trend di crescita che nel resto del continente asiatico prosegue impetuoso. Una malattia, quella del paese del Sol Levante, che pare aver contagiato tutti i paesi che abbiamo imparato a considerare come i soli e incontrastati leader e che, invece, si confrontano con una ridefinizione degli assetti globali destinata a proseguire nei prossimi anni e a cambiare gli equilibri e i rapporti tra paesi e aree geografiche.

    Brics e Mint a velocità alternata - Tutti i paesi dalle economie emergenti e di nuovo protagonismo sono avviati a segnare tassi di crescita nettamente superiori a quelli di Usa, Canada, Ue pre e post Brexit, oscillanti tra l'1 e il 2 per cento di previsione di aumento del Pil per il 2017. Alle stesso tempo, continuano a divergere i percorsi interni al gruppo conosciuto con la sigla Brics. La Cina mantiene la sua marcia con una previsione di crescita di +6%, dell'India abbiamo detto, mentre Brasile (+1%), Russia (+0.7%) e Sudafrica (+1,4%) restano nel solco delle difficoltà degli ultimi tempi. Il Brasile, in particolare, è alle prese con il cortocircuito democratico prodotto dal procedimento di rimozione della presidente Dilma Rousseff, che mantiene un effetto negativo sull'economia del paese insieme all'incertezza sulle prospettive politiche e al peso di scandali e corruzione.

    Fenomeni che riguardano, in proporzioni e gradi diversi, anche il Sudafrica dove l'African national congress sconta un calo di consenso dovuto alle misure economiche impopolari, calo avvertito già nelle elezioni amministrative locali. Il permanere delle sanzioni e le difficoltà economiche interne non scalfiscono, invece, la popolarità di Vladimir Putin, nonostante la Russia sia al secondo anno consecutivo di contrazione nella crescita. Anche tra i paesi dell'acronimo Mint (Messico, Indonesia, Nigeria, Turchia), per i quali le previsioni degli esperti parlavano di un possibile exploit paragonabile ai fasti del gruppo Brics di qualche anno fa, le strade hanno cominciato a prendere direzioni diverse. Se l'Indonesia – il più grande paese islamico del mondo, con i suoi 260 milioni di abitanti – va avanti nel suo sviluppo economico con una previsione di crescita di +5,3%, Messico e Nigeria devono registrare una frenata nelle previsioni, che restano comunque superiori al 2%. Una frenata dovuta alle turbolenze persistenti e alla diminuzione delle entrate nel mercato petrolifero, con in più le tensioni razziali e da fondamentalismo religioso per la Nigeria e i problemi della sicurezza, della pacifica convivenza, dei cartelli criminali per il Messico. Discorso a parte merita la Turchia. Se, da un lato, il paese vede confermato il trend di crescita economica con un +3,3% di previsione, dall'altro deve affrontare una situazione politica di grande tensione dopo il presunto tentativo di colpo di stato e le massicce purghe del presidente Recep Tayyip Erdogan, che – oltre alle conseguenze politiche contro l'opposizione e alla torsione autoritaria rispetto ai diritti sociali e civili – hanno creato difficoltà nella macchina della pubblica amministrazione e rischiano di ripercuotersi negativamente sull'economia.

    Europa maglia nera. Italia e Finlandia ultime in classifica - Nel quadro generale, l'Europa è l'area economica con la previsione più bassa di crescita per il 2017, un poco rassicurante +1,1%. Il dato conferma l'affanno dell'Ue nella competizione globale e la inefficacia delle politiche economiche attuate dalla Commissione europea e dai governi dei diversi stati membri. È evidente che se queste politiche non cambiano, se non si abbandona la strada dell'austerità, se non si imbocca la direzione di un piano straordinario di investimenti per la crescita e l'occupazione, se non si procede con una strategia efficace di sostegno e difesa dell'euro, se non parte un progetto di condivisione del debito e di lancio di obbligazioni o bond europei, l'Unione europea non riuscirà a mantenere a lungo il ruolo di area economica che più contribuisce alla creazione di ricchezza al mondo, primato che ancora l'Ue detiene.

    In questo contesto, spicca il caso italiano. Il nostro paese, nonostante gli interventi di riforma del mercato del lavoro e la mole enorme di incentivi destinata alle imprese per l'attivazione dei rapporti di lavoro definiti nel Jobs Act, ha una previsione di crescita per il 2017 di +0,9%, il dato più basso, condiviso con quella Finlandia che sconta gli effetti delle politiche economiche messe in campo dal governo composto dalle forze di destra e dagli euroscettici. Come si può intuire, le scelte adottate nel corso degli ultimi anni da Roma non hanno prodotto risultati, se è vero che la crescita rimane inferiore a quella della media Ue e dei paesi più forti, Germania in primis, e che la disoccupazione tende a crescere così come le disuguaglianze e le distorsioni nella distribuzione del reddito.

    È interessante notare come anche in altri paesi del vecchio continente in cui il sentimento antieuropeo tende a crescere – e dunque le scelte politiche ed economiche dei governi lo assecondano – le previsioni di crescita siano modeste. Per l'Olanda e la Francia, chiamata a breve al voto, si prevede un modesto incremento dell'1%, come per l'Austria. Di mezzo punto percentuale superiore è la previsione di incremento per la Danimarca, dove le forze politiche euroscettiche soffiano sul fuoco dei presunti rischi del fenomeno migratorio per la coesione sociale e il sistema di welfare. Gli stessi argomenti che dominano il discorso politico nei paesi dell'Europa dell'est, nei quali però – paradossalmente proprio in virtù degli sforzi finanziari per favorire l'allargamento e consentire l'integrazione, da parte di quella Europa lì tanto criticata – il trend di crescita prosegue con dati in qualche caso doppi (Repubblica Ceca, Slovenia, Estonia, Ungheria) e in altri casi tripli (Bulgaria, Polonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Lettonia) rispetto ai paesi dell'Europa occidentale.

    Grecia e Portogallo svoltano a sinistra - Andranno considerate con attenzione, anche rispetto al dibattito che si è aperto in Europa sulla necessità di un profondo rinnovamento politico e culturale della sinistra, le sorti degli esperimenti in atto in Grecia e in Portogallo. In entrambi i paesi il ruolo di governo è svolto da forze politiche di chiara connotazione a sinistra (Syriza in Grecia, i partiti socialista e comunista più il Blocco di sinistra in Portogallo). Sia in Grecia sia in Portogallo i governi in carica stanno cercando di contemperare i vincoli contratti con l'Europa e con le istituzioni internazionali (cioè con la vecchia troika) e le esigenze di modificare le politiche economiche e sociali precedenti, che hanno provocato conseguenze in alcuni casi drammatiche per i livelli di vita e di lavoro dei cittadini. Per i due paesi le previsioni di crescita per il 2017 sono migliori della media europea, Grecia +1,5% e Portogallo +1,3%. C'è da augurarsi un successo degli sforzi che il governo greco e quello portoghese stanno mettendo in campo. La rottura dello schema europeo in voga negli ultimi decenni (austerità, occhiuta disciplina di bilancio, contrazione della spesa pubblica, privatizzazioni e liberalizzazioni, attacco ai diritti sociali e del lavoro, ritiro della dimensione pubblica dalla sfera dell'intervento in economia) può aprire la strada a una fase nuova della vicenda europea, assolutamente necessaria per evitare il deperimento e il tramonto dello stesso sogno europeo.

    Un sogno dal quale si è tirato fuori il Regno Unito, con effetti che si vedranno meglio nel corso del tempo ma che di sicuro non stanno facendo bene all'economia, ai mercati, al sistema produttivo britannico. La sterlina resta in grande sofferenza e continua nel graduale deprezzamento rispetto alle principali valute e anche le previsioni di crescita per il 2017, con un +0,6%, collocano la Gran Bretagna all'ultimo posto in Europa. A ciò, vanno aggiunte le incertezze derivanti dai tempi di uscita dall'Ue, dai contenuti dell'eventuale accordo per l'uscita, dal livello di accesso al mercato unico che verrà definito, dalle possibilità legate alla libera circolazione delle persone. Insomma, non è di certo maturo il tempo per giudizi definitivi ma si può senza dubbio dire che, almeno al momento, i timori di chi si è opposto alla Brexit trovano sempre più ragioni e fondamento.

    Non è questa la sede per una analisi approfondita, ma già dai primi passi della nuova presidenza si comprende in tutta evidenza come si stiano materializzando i rischi di una nuova stagione di protezionismo economico, di isolazionismo politico, di ritorno a una dimensione nazionale e domestica. Rischi che, considerato il ruolo degli Stati Uniti d'America nello scenario mondiale, avranno un impatto sull'intero ordine mondiale, sul commercio internazionale e sul governo della globalizzazione, sul futuro di accordi globali come il Ttip, il Tpp, il Tisa, sulle possibilità concrete che i conflitti di tipo economico e commerciale possano sfociare in conflitti di natura generale. Siamo di fronte a uno scenario mondiale nella cui geografia economica, come si intuisce, stanno verificandosi fenomeni di scomposizione e di cambiamento degli antichi assetti.

    Crescono i piccoli, ma il prezzo per i lavoratori è alto - Basta guardare l'elenco dei primi dieci paesi che, secondo le previsioni, avranno i più consistenti incrementi della ricchezza prodotta e della crescita interna. Yemen +9%, Myanmar +8,6%, Costa d'Avorio +8,3%, Mongolia +7,8%, Laos +7,6%, Ghana e India +7,5%, Cambogia +7,2%, Bhutan e Gibuti +6,8%. Certo, con l'eccezione dell'India si tratta di piccoli sistemi economici e di paesi che non svolgono un ruolo di primo piano nel contesto economico internazionale, dalla struttura produttiva e manifatturiera non paragonabile a quella dei paesi più sviluppati e dalla ricchezza prodotta che, seppur in crescita, rappresenta una quota marginale su scala mondiale. E, tuttavia, questa graduatoria lascia intuire uno spostamento, lento certamente, ma graduale e dal tratto che tende alla strutturalità, dell'asse attorno al quale si è sviluppata negli ultimi anni l'economia del pianeta. Un processo che vede un progressivo ridimensionamento del peso dei big del passato e l'emergere di nuovi protagonisti. Si può dire che è uno dei risultati accessori della globalizzazione e del processo di integrazione delle economie e dei mercati. Così come si deve dire, da chi come noi è parte della grande comunità del movimento sindacale internazionale, che in questi nuovi soggetti dell'economia mondiale le condizioni del mondo del lavoro sono tra le più difficili e lo sviluppo economico avviene all'insegna di difficoltà enormi nell'organizzare i lavoratori in sindacati, di fenomeni gravissimi di sfruttamento e di degenerazione nell'attività lavorativa, di salari e trattamenti economici totalmente inadeguati. Una globalizzazione, cioè, che ha spalancato le porte della massima libertà di circolazione ai capitali e alle imprese ma che non ha riguardato i diritti sociali e le garanzie contrattuali e giuridiche per il mondo del lavoro.

   

        

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Slitta PDL su Testamento biologico

 

L’Italia rinvia ancora la discussione di una legge sul Testamento biolo­gico. È stato infatti rimandato di una settimana l’arrivo in aula del pro­getto di legge sul testamento biologico e, giovedì sera, in commissione Affari sociali alla Camera, seduta notturna dalle 16 a mezzanotte per chiudere l’esame del provvedimento. È quanto stabilito dall’ufficio di presidenza della XII commissione di Montecitorio. “Speriamo che il rinvio in Aula della discussione sulla legge sul testamento biologico sia l’ultimo”. Ha detto Pia Locatelli, Capogruppo del Psi alla Camera. “Non vorremmo che fossimo di fronte a un tentativo di prolungare il più possibile i tempi della discussione nella speranza di evitare l’approvazione di un provvedimento, voluto da oltre il 70 % del Paese, che si limita a rendere accessibili a tutti pratiche che già esistono e vengono applicate, come dimostra il recente caso di Montebelluna”. Lo ha detto Pia Locatelli presidente del Comitato Diritti umani della Camera e coordinatrice dell’Intergruppo per il testamento biologico. “Non si tratta di eutanasia, ma semplicemente di permettere che il paziente possa decidere sempre e comunque a quali cure sottoporsi e di far sì che la sua volontà venga rispettata anche quando non sarà più in grado di esprimerla”, conclude la deputata socialista.

 

Continua la lettura sul sito dell’avantionline

       

   

Da l’Unità online

http://www.unita.tv/

 

23 miliardi di euro

 

La Protezione civile ha trasmesso a Bruxelles la stima

dei danni provocati dagli eventi sismici che hanno

colpito il Centro Italia dal 24 agosto

 

Arriva a Bruxelles, tramite la Rappresentanza permanente d’Italia, la stima dei danni causati dagli eventi sismici che hanno colpito il Centro Italia. Una cifra superiore ai 23 miliardi di euro, 23 miliardi e 530 milioni di euro.  Il fascicolo completo relativo alla stima dei danni e dei costi causati dagli eventi sismici è stato inviato al fine di attivare il Fondo di Solidarietà dell’Unione Europea (FSUE).

    Nel complesso per l’intera sequenza sismica, dal 24 agosto scorso ad oggi, i danni ammontano a 23 miliardi e 530 milioni di euro, di cui 12,9 miliardi si riferiscono ai danni relativi agli edifici privati e 1,1 miliardi di euro agli edifici pubblici. La stima comprende danni diretti, sia pubblici sia privati – vale a dire quelli che hanno provocato la distruzione di edifici, di infrastrutture, di raccolti e anche quelli che hanno colpito industrie e imprese, il patrimonio culturale, le reti di distribuzione dell’energia, del gas, dell’acqua – e i costi eleggibili, sostenuti dallo Stato per far fronte all’emergenza; questi ultimi in particolare comprendono i costi per il ripristino delle funzionalità delle infrastrutture e degli impianti nei settori dell’energia, dell’acqua, delle acque reflue, delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità, dell’istruzione, per gli alloggi provvisori e per i servizi di soccorso rivolti alla popolazione colpita, per la messa in sicurezza delle infrastrutture di prevenzione e per la protezione del patrimonio culturale, nonché per il ripristino delle zone danneggiate.

    L’Italia aveva presentato la richiesta di attivazione del Fondo il 16 novembre, in ottemperanza al regolamento, fornendo una prima stima dei danni e dei costi calcolati fino al 25 ottobre 2016; a causa del protrarsi dell’emergenza per le nuove e continue scosse negli stessi territori – con particolare riferimento a quelle del 26 e del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017 – il Dipartimento della Protezione Civile si era riservato di produrre una integrazione alla documentazione per rappresentare il quadro completo riferito all’intera sequenza sismica.

    Nella prima parte del dossier erano stati stimati danni e costi pari a 7 miliardi e 56 milioni di euro, di cui 4,9 miliardi riferiti ai danni agli edifici privati e 350 milioni agli edifici pubblici. Inoltre, secondo l’analisi effettuata in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, i danni al patrimonio culturale ammontavano a oltre 541 milioni di euro. La Commissione europea il 29 novembre ha pertanto concesso l’anticipo massimo consentito sul contributo finanziario del Fondo per sostenere le operazioni di emergenza e recupero nei territori interessati per un importo di 30 milioni di euro.

    Il Dipartimento, in accordo con le Regioni colpite e con tutti gli at­to­ri coinvolti a vario titolo nell’emergenza, ha prodotto quindi l’integra­zio­ne del documento di istanza al Fondo di Solidarietà, che è stato tra­smesso a Bruxelles. La seconda parte del fascicolo, per il periodo ri­compreso dal 26 ottobre 2016 ad oggi, ha evidenziato un notevole ag­gravamento della situazione emergenziale, calcolando i danni diretti e i costi della prima emergenza pari a 16 miliardi e 470 milioni di euro circa, di cui 8 miliardi si riferiscono ai danni agli edifici privati e 750 milioni agli edifici pubblici. E’ stato inoltre rilevato un incremento dei danni al patrimonio culturale pari a 2 miliardi e 500 milioni di euro. Le stime tengono conto anche dell’ultima integrazione effettuata dalle Regioni in seguito agli eventi sismici del 18 gennaio 2017.

 

Vai al sito dell’Unità

       

   

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

La libertà

eguale

 

Liberismo e socialdemocrazia. "Il principio di differenza prescrive che siano giuste e accettabili, e quindi eque, solo quelle inegua­glian­ze che vadano prioritariamente a vantaggio dei gruppi più svantag­giati della società". Pubblichiamo di seguito uno stralcio dal saggio di Salvatore Veca apparso sul numero 1 / 2017 di Mondoperaio.

 

di Salvatore Veca

 

In questo intervento mi propongo di illustrare una varietà di possibili interpretazioni della legittimazione dello Stato e del patto di cittadi­nanza (inteso nel senso del contratto sociale o dell’accordo di base a proposito dei modi della convivenza), entro una forma di vita demo­cra­tica. Le possibili interpretazioni sono ordinate in sequenza: nel senso che definirò una sorta di condizione soglia per il patto di citta­dinanza, soddisfatta la quale sarà possibile esaminare interpreta­zioni alternative e al centro della controversia politica. In particolare metterò a fuoco il contrasto fra una versione liberista della legittimazione (o giusti­ficazione) dello Stato, e una versione alternativa di tipo liberaldemo­cratico, o più semplicemente – come eredi alla Tony Judt del consenso socialdemocratico del secolo scorso – una versione che fa perno sull’idea esigente di eguale cittadinanza democratica.

    Lo sfondo qui coincide con la costellazione nazionale, entro cui han­no preso corpo le interpretazioni familiari della teoria politica sia nor­mativa sia descrittiva dello Stato, della politica e delle istituzioni. E’ su questo sfondo che mi propongo un esercizio di analisi di discorsi po­li­ti­ci fra loro alternativi a proposito di legittimazione dello Stato. Un e­ser­cizio elementare di analisi di distinte visioni politiche delle agenda e delle non agenda dello Stato. Altra e differente questione è quella che concerne non il discorso quanto piuttosto il provvedimento politico o il funzionamento effettivo delle istituzioni. La mia analisi, in parole po­ve­re, mette a fuoco lo spazio dei fini, e non già quello dei mutevoli mez­­zi.

    La condizione soglia è quella grazie alla quale un qualche ordina­men­to politico, un qualche assetto delle istituzioni fonda-mentali di una società, soddisfa una richiesta elementare di legittimità o di le­git­ti­mazione. Se questa condizione non è soddisfatta – e lo può essere in vari modi e sulla base di differenti requisiti –, nessuna interpretazione del patto di cittadinanza è possibile. Perché si possa offrire una particolare interpretazione dei fondamentali per la legittimazione di una forma di convivenza politica che sia inclusiva rispetto a cittadini e cittadine, la condizione soglia deve essere soddisfatta.

    Chiamiamo per convenzione la condizione soglia la condizione hobbesiana, e asseriamo che una qualsivoglia interpretazione dello status e del patto di cittadinanza la presuppone. Si osservi che nel soddisfare la richiesta elementare di legittimazione lo Stato genera fiducia, favorendo la convergenza delle aspettative sociali. Questa considerazione elementare è il promemoria della importanza della condizione base dell’ordine politico, in cui l’esercizio di potere di persone su altre persone non può essere mera coercizione, ma ha bisogno di avvalersi di risorse di legittimità. E così come il potere politico può acquisire tali risorse di legittimità, allo stesso modo può perderle e dissiparle.

    Nel caso sfortunato di perdita e dissipazione non è possibile in alcun modo formulare una interpretazione del patto di cittadinanza, né formulare argomenti alternativi a proposito del tipo di legittimazione dello Stato, perché si è in presenza, per così dire, di una sorta di ritorno allo stato di natura. Bernard Williams ha ribadito la priorità e l’importanza della risposta alla richiesta di legittimazione, fondamentale nella prospettiva del suo realismo politico, in contrasto con il moralismo politico.

    Assumiamo quindi che la condizione soglia sia soddisfatta. Ed esaminiamo almeno due interpretazioni alternative e confliggenti del patto di cittadinanza, che cadono entrambe entro lo spazio di una forma di vita democratica. Cominciamo da quanto è, almeno prima facie, condiviso dalle due interpretazioni alternative: e diciamo che coincide con l’assegna-zione di priorità alla libertà o al sistema delle libertà delle persone, considerate come cittadini e cittadine, rispetto ad altri valori politici… >>> Continua la lettura sul sito di Mondoperaio

 

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FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

Forum Giovani:

domani parte Go Beyond

 

Si chiama “Go Beyond. Youth Culture Labour Democracy”, un ciclo di alta formazione in dodici tappe, dodici tappe per formare giovani che intendano svolgere o già svolgono funzioni politico-istitzionali, per fornire strumenti e metodologie di analisi per leggere al meglio la realtà del lavoro, delle dinamiche sociali, della cultura e dell’uni­ver­so giovanile; per fornire un luogo di incontro e discussione. A pro­muovere l’iniziativa hanno provveduto la Fondazione Pietro Nenni, la Feps (il think tank pro­gressista europeo), il Forum Nazionale dei giovani (piattaforma che riunisce 75 organizzazioni che aggregano quattro milioni di giovani) e la Uil.

 

Il primo appuntamento è fissato per venerdì, 17 febbraio, a Roma nelle sale delle Carte Geografiche, in via Napoli 36; l’ultimo il 21 luglio nella sala multimediale presso la sede nazionale della Uil, in via Lucullo 6. Venerdì 17 si parte. Al primo seminario parteciperà anche il presidente della Feps, Massimo D’Alema che con Giorgio Benvenuto, presidente della Fondazione Nenni, Maria Pisani (presidente Forum Giovani) e Pierpaolo Bombardieri, segretario confederale della Uil, sarà impegnato sul tema: “Conoscenza, partecipazione, Opportunità per le nuove generazioni. Obiettivo: Futuro”.

    Cesare Salvi provvederà a delineare il percorso che si dipanerà su 12 seminari. Il progetto formativo si rivolge agli studenti universitari; agli operatori di organizzazioni non governative o impegnati nelle fondazioni, nelle associazioni, nei partiti e negli istituti culturali; ai sindacalisti e agli iscritti al sindacato; ai giornalisti (professionisti e pubblicisti). Gli organizzatori non hanno posto limiti di età. L’unica condizione è il possesso di un diploma, di una laurea (triennale e magistrale) senza distinzione di facoltà ed è aperto a coloro che stanno accumulando esperienza nel mondo politico, sindacale, dell’associazionismo e culturale.

 

Continua la lettura sul sito della FONDAZIONE NENNI

       

            

Dall'Associazione Libero Pensiero “Giordano Bruno”

 

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Ricordando Giordano Bruno

 

Roma, 17 febbraio 2017 - Campo de’ Fiori - ore 17.00

Deposizione corone e saluti istituzionali -  Esibizione della Banda Musicale del  Corpo di Polizia Municipale del Comune di Roma

 

Convegno

 

Jean-Marc Schiappa – indirizzo di saluto

Giuliano Montaldo - La fiamma della libertà

Maria Mantello - Né dogmi Né padroni

Alvaro Belardinelli - A scuola di laicità

Ferdinando Imposimato - Libertà dal bisogno e Costituzione

      

   

Socialisti europei

 

Sosteniamo

Martin Schulz

 

di Aldo Ferrara

 

Ci rivolgiamo a tutte le Amiche ed Amici, Compagne e Compagni affinché, al di sopra di ogni differenza partitica, si possa dare vita ad un Comitato di sostegno a Martin Schulz. Non ci muove certo una valenza di antitesi ma il convincimento della necessità della politica inclusiva e di cambiamento che Martin ha indicato:

    Inclusiva, perché mentre dalla sponda dell’Atlantico e dall’estremo Est dell’Europa si registrano segnali non confortanti sia per la democrazia sia per l’economia globale, avvertiamo il bisogno di un’Europa che liberi le sue risorse con una sinergia coinvolgente senza tentazioni di esclusioni, specie nell’era delle grandi migrazioni

    Di cambiamento, perché è giunto il momento storico, confortato dalle contingenze economiche, di porre fine ad una politica europea restrittiva che sta strangolando alcuni paesi, ponendo in essere asincronie che vanno den al di là dell’Europa a due velocità. 

Siamo sicuri che Martin Schulz darà nuova vitalità ad una politica non condizionata da forze esterne e che possa coagulare un processo di crescita europea e di risoluzione delle questioni del Mediterraneo da troppo tempo irrisolte.

    Chiediamo appoggio simbolico con la firma, con un possibile contributo di idee da sottoporre al Candidato e la necessità che questa iniziativa coinvolga le Famiglie Italiane residenti in Germania, le più idonee a darci un supporto elettorale.

 

Info: aldoferraramassari at gmail.com

               

   

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

                

CULTURA - Tu e Aristotele 3/3

 

Significato del tu

 

«Il signore di cui è l'oracolo, quello in Delfi,

non dice, non nasconde, ma significa.» - Eraclito

 

«All'egoismo può essere opposto soltanto il pluralismo,

cioè il modo di pensare per cui – non contenendo tutto

il mondo nel proprio sé – ci si considera e bensì comporta

come semplici cittadini del mondo.» - Immanuel Kant

 

Terza e ultima parte del saggio di Andrea Ermano in omaggio critico al grande pensatore greco di cui ricorre in que­sti mesi il 2400.mo dalla nascita.

 

di Andrea Ermano

 

Quali cose ci sono? Quali essenti esistono? C'è, per esempio, un essere umano? E, posto che – come appare del tutto evidente – esista un uomo individuale, esistono anche gruppi di esseri umani? E una società? Ma, in tal caso, che cosa significa "tu sei, tu esisti"?

    Qui finora abbiamo dato per scontato che ci siano 'sostanze', ed em­blematicamente che ci sia un essere umano; èstin anthropos, annota qua e là Aristotele, paradigmaticamente: "Esiste un uomo". Ma che cos'è un essere umano? Nelle Vite e dottrine di filosofi illustri Laerzio racconta che: «Platone aveva appena proposto dell'uomo la definizio­ne: "L'uomo è un essere vivente bipede e implume", ed era stato ap­plaudito. Allora Diogene spennò un gallo e lo portò nella sala dicendo: "Ecco l'uomo di Platone"».

    Diogene! Pare non credesse – "vero figlio di Zeus e cane celeste" – in un dogma ingenuo circa l'esistenza… dell'uomo. Forse reputava che un essere umano, potendo agire e ragionare, dovrebbe possedere la ca­pacità di dire e fare con sincerità e bontà.

    Ma lo vedi tu un siffatto animale? Diogene non lo vedeva. E di con­se­guenza si pose alla ricerca di un… anthropos.

 

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Johann H. W. Tischbein, Diogene cerca l’uomo,

part., olio su tavola (anni 80 del XVIII secolo)

 

Atene esterno giorno, Diogene si fa largo nell'agorà dell'antica me­tro­poli lumeggiando con la lanterna un'abbacinante estate mediterranea: "Cerco l'uomo!", esclama. E tutt'intorno la folla brulicante. Ma lui non riesce a vederne neanche uno solo.

    C'è un uomo?!

    La domanda suona completamente assurda e forse perciò la gente riteneva che Diogene fosse mainomenos, "un folle", o meglio: Socrates mainomenos, "un Socrate folle" (D.L. VI, 54).

    Ma cerchiamo per una volta di essere onesti. Non sappiamo quando veniamo al mondo né quando dobbiamo andarcene. Non sappiamo chi siamo. Da dove dovremmo sapere che siamo? Pindaro denunciava in noi una doppia irrealtà: «Progenie d'un giorno! Che cos'è qualcuno? Che cos'è nessuno? Sogno di un'ombra l'essere umano» (Pitiche, VIII, 135). La vita è "rêve d’une ombre", traduce Leopardi: "image sublime" che dipinge tutto il nulla dell'uomo (Zibaldone, 10.2.1823). Immagine certo "sublime", ma anche affollatissima, questa dell'uomo-ombra pindari­co: "Fantasma di un'ombra" dirà Eschilo (Agam., 839), "polvere e vana ombra" ribadirà Sofocle (El., 1159), mentre per i Salmi i giorni dell'uomo "vanno via come l'ombra" (143, 4). E Renzo Tosi ri­porta un sillogismo medievale di gusto oraziano (Carm., 4, 7, 16): "Siamo polvere e ombra, la polvere non è che fumo; ma il fumo è nulla, quindi noi non siamo nulla" (Walther, 22889). Dopodiché ecco il Petrarca del "sogno lieve" e del "fugacissimo fantasma" (Canz., 1, 14), nonché, scendendo per li rami, Shakespeare: "Life is but a walking shadow" (Mac­beth, 5, 5); giù giù fino a Calderon de la Barca (La vida es un sueño) e Grill­patzer (Der Traum ein Leben) per non tacere di Giosuè Carducci: «Con­tes­sa, che mai è la vita? / È l'ombra d'un sogno fug­gen­te» (Rime e ritmi, 3, 73 sg.).

    E dimmi tu se questa non è un'ossessione.

    Plutarco, richiamato da Vegetti, parafrasava così: «Considerato rettamente, l'essere umano non ha nessuna parte nell'essere. Ogni natura umana, infatti, sta presa in mezzo tra il venire all'essere e l'andare al non essere, rivelandosi un'apparenza umbratile e instabile di sé. Se tu però orienti il tuo pensiero al tentativo di coglierla [questa natura umana], ti accadrà proprio come se volessi contenere e comprimere l'acqua con le mani. Uscirà dalle fessure tra le dita. E così, in fondo, s'inganna la nostra sensazione, non sapendo che il nostro essere è solo parvenza.» (Plut. De E, 18.)

    Oltre all'uomo-ombra pindarico in queste parole risuona anche l'essere in divenire di Eraclito e il non essere del gran padre Parmenide: tutti ignari facitori di formule amletiche ante litteram immerse nel flusso dell'essere e del non essere in un teatro dell'auto-inganno di chiaro gusto cacciariano.

    E, dunque, non possiamo dire che cosa saremmo? Dovremmo poterlo. Altrimenti donde vorremmo essere certi che saremmo?

    Proviamo a rivolgerci, allora, al dio che più di tutti amava la sapienza, Apollo. All'entrata del suo tempio nell'isola di Delfi troneggiavano parole alate: «Conosci te stesso!» (gnothi seauton), e poi anche «Niente di troppo!» (meden agan).

    Ah! Devo conoscere me stesso!? Va bene, ma ogni conoscenza determinata è anzitutto conoscenza di una determinazione, e a una determinatio essa deve quindi necessariamente riferirsi, a un qualche limite, o a un qualche confine (horos, horismos).

    Senonché, le determinazioni confinarie, per poter essere conosciute, richiedono un gesto azzardoso. Ciò che le mie determinazioni, i miei limiti e i miei confini sono davvero, questo io posso esperirlo solo nel loro superamento, allorché io sia andato "oltre", e mi trovi nella condizione di considerare me stesso da una sorta di "al di fuori". Altri­menti rimarrò confinato entro una prospettiva limitata. Ma il por­mi al di fuori dei miei confini, dei miei limiti, delle mie determina­zioni vuol dire all'incirca "essere fuori di me". E se sono fuori di me, "indeter­minato", potrei essere allora un po' come Diogene, preda di una qualche 'mania'.

    Mi sorge un dubbio: potrei essere folle.

    Platone dice che la follia è portatrice di grandi doni per gli uomini. E distingue quattro tipi di 'mania', attribuendoli a quattro istanze divine: «l'ispirazione profetica ad Apollo, quella misterica a Dioniso, quella poetica alle Muse e un quarto tipo… il più alto, il delirio d'amore, ad Afrodite ed Eros» (Pl. Phaidr. 265 a-c).

    La conoscenza di sé viene anch'essa dalla follia? Se sì, do­vremmo qui aggiungere ora ai quattro succitati un quinto genere della 'mania' perché per conoscermi devo oltrepassare i confini della mia identità, andare "oltre" in qualche modo e misura: uscire fuori di me.

    Ma: meden agan! "Niente di troppo". Anche questo sembra averci voluto significare il dio. E, quindi, nella mia delirante autoconoscenza, nella mia divina possessione profetica, nella mia mania poetica e nella pazzia d'amore io devo essere… meden agan… Devo essere misurato. Il limite – prima 'tolto' – è ora 'posto': ma dove? E dove mai e in qual modo troverò adesso il metro esatto di questa mia evasione, ben calcolata, da me stesso? A queste strane questioni sono condotto da un'esegesi dei due antichi imperativi apollinei. E qui uno davvero vorrebbe potersi rivolgere al "Se­gretariato generale per la Precisione e l'Anima" di cui scriveva Musil.

    Conosci te stesso: fa' qualcosa di folle, fuoriesci dalla tua fissazione narcisista, per Bacco! Ma… niente di troppo: non esagerare.

    C'è un "impulso trattenuto" al fondo della riflessione (Colli, RE [40]). Il dio di cui è l'oracolo in Delfi ci comanda, dunque, di oltre­passare la linea d'indeterminazione, di farlo con determinatezza, ma non senza ponderazione?

    Un po' come ne I promessi sposi il gran cancelliere spagnolo Ferrer ordina al suo cocchiere: "Pedro, adelante con juicio" (cap. XIII).

    Un po' come Augusto imperatore ammonisce i suoi comandanti che gli appaiano troppo irruenti con le parole: "Festina lente!" (Svetonio, Vita di Augusto, 25, 4).

    Forse in questo modo si possono riassumere i due imperativi del dio cui appartiene l'oracolo. E però in Delfi le formule erano tre, a quanto pare. Perché, oltre al gnothi seauton e al meden agan, sembrerebbe essercene stata ancora una, d'iscrizioni sacre. Era la più breve di tutte, consisteva di un'unica parola, e quest'unica parola di un'unica lettera, una epsilon maiuscola. Si tramanda che all'entrata del tempio stesse inscritta nel frontone: una grande ed enigmatica "E". La quale suscitò ovviamente sempre innumerevoli interpretazioni.

    Di ciò riferisce Plutarco nei Moralia: «Né per un numero né per un rango credo che stia l'iscrizione, né per una congiunzione e neppure per una parte omessa del discorso. Essa è piuttosto un saluto in sé perfetto al dio, e insieme un'invocazione che comunica il proprio suono al par­lante nella nozione di potenza del dio. Infatti, il dio accoglie ciascuno che a lui si avvicini con la formula di saluto: "Conosci te stesso!" (...) E inversamente noi rispondendogli pronunciamo la formula: "Tu sei". Tributando in tal modo il saluto vero e senza menzogna e il solo che a lui solo spetta in rapporto al suo essere» (Plut., De E, 18).

    Tu sei! Vero essere è solo l'essere del "Tu sei". Quest'interpretazione della Grande Epsilon riflette probabilmente una certa posizione teolo­gica prevalente in Delfi verso la fine del primo secolo. Essa proviene dalla penna di un sacerdote apollineo, quale Plutarco fu a partire dal 95 d.C. fino alla morte avvenuta intorno al 125. Erano gli anni in cui ve­niva redatto, in lingua greca, il Vangelo secondo Giovanni, che si apre con il famoso "Inno al Logos".

    Che cos'è il logos? Senza entrare nei tormenti lessicali faustiani, diciamo che il logos in quanto linguaggio si struttura intrinsecamente in una sintattica, aperta però a un certo uso, a una certa pragmatica. Ma – poiché un certo uso del linguaggio non può che sfociare elementarmente nel consenso su un certo nome – allora il logos stesso, nel suo complesso, deve sfociare in un "nome", che per sua natura rinvierà a un significato.

    Però, il "nome" del linguaggio ha un'intenzionalità originaria che non si risolve nel carattere nominativo o accusativo di una designazio­ne, vuoi del soggetto, vuoi dell'oggetto, vuoi nella prima, vuoi nella terza persona. Questo significato del "nome" del linguaggio si "mostra" originariamente nella datività della seconda persona: e cioè un "tu" al quale il linguaggio s'intende rivolto e senza il quale esso appare mu­ti­lato, tanto quanto un soliloquio. Senza questo "significato" reale, inteso nel senso fregeiano di Bedeutung, e quindi dato (non posto) nella sua datività originaria di un "tu", il linguaggio sarebbe senza "senso". Per­ciò tu sei, tu esisti: questo ci significa il linguaggio.

    Un "tu", nelle parole scolpite a Delfi, è già implicato nell'imperati­vità del "Conosci te stesso" dove la seconda persona singolare possiede una connotazione umana. Un tu esistenziale divino riappare nella Grande Epsilon: "Tu sei". Che questo "Tu" delfico impersoni l'essere inteso in un senso molto forte, proprio e primario – che esso cioè si riferisca ad Apollo – doveva apparire evidente a un suo sacerdote del primo secolo d.C.

    Ma anche per me oggi non è inintelligibile, da un punto di vista concettuale, che io non potrei essere un "Io" assunto in termini assoluti. La mia limitatezza non reggerebbe a un siffatto "Io". Dunque, se questo "Io" assoluto non sono io, tuttavia io non posso neppure ridurlo a una terza persona, a un "esso", a una mera cosa. E così questo "Io" assolutamente essente non può essere pensato che come un esistente alla seconda persona: "Tu".

    Fin qui ho solo cercato di risillabare in termini di intelli­gi­bi­lità, e sia pure molto riassuntivamente, quel che scrive Plutarco. Ma la struttura di questo "Tu" intelligibile, noi possiamo – se vogliamo – vederla impersonarsi concretamente in ogni tu 'minuscolo' che ci capiti d'incontrare: a una serata conviviale, camminando per le vie di una città, eccetera.

    È questo l'homo mensura che cercavamo? È questo tu il "metro" di quell'evasione "estremamente misurata"? Direi di sì. Perché nel "tu" si annuncia una Curvatura dello spazio intersoggettivo nella cui reciprocità l'altro, e l'altro dell'altro, stanno come una "relazione sociale", secondo la fondamentale scoperta di Levinas rispetto all'etica in quanto philosophia prima.

    Ora, se noi riconsideriamo la grande causa del pensiero filosofico da quest'angolo visuale, dal vertice dell'ontologia intesa in quanto attitudine pratica, di fronte a noi si staglia sorprendente un'opposizione tra due razionalità. All'apice dell'antico logos sta la parola "tu sei". All'inizio della razionalità moderna – "io sono".

    Ma se io sono un cogito, potrà eventualmente parermi chiaro che un essente auto-pensante "è" in quanto pensa. Però, non è per nulla chiaro che cosa ci sia poi "là fuori". Quali cose ci sono al di là della mia auto-determinatio solipsista?

    Tutto qui ci riconduce alla casella zero del gioco dell'oca dell'es­sere. Di nuovo tutto potrebbe essere o non essere: scena di un auto-inganno, sogno di un'ombra, illusione senz'evasione e senza speranza.

    Tutt'altrimenti, il punto di vista "altro" che si dà ripensando il logos che «non dice, non tace, ma significa» (DK 22, 93) – che mostra cioè una "relazione sociale". E dentro di essa io vengo fatto "ostaggio" dal tu levinassiano, laddove però questo tu di cui sono ostaggio attua la mia evasione nell'esteriorità. E questa esteriorità in atto non può essere "sogno di un'ombra": l'impossibilità è etica. Perché negare questa esteriorità costituirebbe una minaccia assurda, una rimozione. È l'errore categoriale più fatale e il più arbitrario di tutti, in quanto vorrebbe poter disdire ciò dice e mentre lo dice. Vorrebbe, ma non può, per la contradizion che nol consente.

    Inversamente, nel "tu sei" è sostanziata una promessa di mondo. Pa­radossale quant'altre mai, perché vincola il passante che è lì a sen­tirla.   (3/3. Fine)

 

Dedicato alla cara memoria di

Ernst Erdös (Vienna, 1919 - Zurigo 1998)

            

   

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

     

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