L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., centro socialista italiano all'estero, fondato nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 19 gennaio 2017 |
LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it Solidarietà con le popolazioni colpite dal sisma nel Centro Italia
Cgil: "Aiuteremo cittadini e lavoratori" Dopo le scosse di ieri per il sindacato di Corso Italia "è necessario un programma straordinario per il potenziamento delle presenze dei corpi preposti. Bisogna destinare maggiori risorse alle comunità colpite". “Ci stringiamo attorno alle popolazioni coinvolte in un’emergenza che sembra non finire. Sarà cura della nostra organizzazione portare aiuto immediato ai cittadini e ai lavoratori dei centri ulteriormente colpiti dal sisma e sostenere le necessarie esigenze di quelle comunità presso le autorità di Governo, la Protezione Civile e il Commissario Straordinario”. È quanto si legge in una nota della Cgil nazionale. All’emergenza abitativa e occupazionale dovuta ai due sismi del 24 agosto e del 30 ottobre, non ancora mitigata, prosegue la Cgil, si sono aggiunti il disagio di una stagione invernale molto rigida e, da oggi, le conseguenze di quello che sembra essere un terzo episodio grave di movimento tellurico”. Per il sindacato di Corso d’Italia “è necessario un programma straordinario che preveda il potenziamento delle presenze dei corpi preposti e la destinazione di maggiori risorse alle comunità colpite”. Infine, aggiunge la Cgil “rinnoviamo anche a tutte le nostre strutture l’invito alla solidarietà diretta nei confronti delle aree terremotate mettendo a disposizione risorse economiche e umane non occasionali”. "In questa situazione di emergenza bisogna potenziare la rete di assistenza. Ora è il tempo di farlo per dare risposte adeguate". Ad affermarlo è il segretario generale, Susanna Camusso, che spiega: "Il nostro paese sta soffrendo terribilmente, stretto nella morsa tra neve, maltempo, terremoti e povertà". Per Camusso "è necessario dare subito risposte serie, potenziando l'organico del personale di soccorso e sicurezza, anche temporaneamente, per garantire alle popolazioni interessate un'assistenza adeguata. Si sommano, infatti, in queste ore emergenze ad emergenze e occorre farsi carico di mettere in sicurezza le popolazioni e i territori interessati". Interventi straordinari, sottolinea il segretario della Cgil, "possibili anche in ragione delle affermazioni della Commissione europea sulla possibilità di scomputare queste spese dai vincoli di bilancio”. “Va fatto immediatamente tutto il possibile per garantire risposte adeguate alle popolazioni che in queste ore stanno soffrendo" conclude. |
IPSE DIXIT Inseguire un centro - «Si insiste a voler inseguire un centro che non esiste più, perché il ceto medio è oggi tutto dentro la crisi... Polemizzo con un’idea di sinistra che si aggrappa ancora alle gloriose parole d’ordine della fase d’avvio della globalizzazione: flessibilità, merito, eccellenze. Basta.». – Pier Luigi Bersani Un nuovo fatto politico che conta - «Sono stato dispiaciuto dalla Brexit ma non stupito. Il fatto nuovo è che c’è l’incoraggiamento americano alla Brexit. Una interferenza inedita, secondo me, di poco stile. Dal punto di vista politico conta il fatto che il futuro presidente degli Stati Uniti ritenga la mossa della Gran Bretagna un fatto positivo… Ci vorrebbe un leader vero che si mettesse nei panni di tutti. Chi guida una coalizione politica e una unione di Paesi si deve rendere conto degli interessi di tutti. Mi riferisco alla Merkel». – Romano Prodi |
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EDITORIALE Ombre e luci di un inizio d’anno inquieto di Andrea Ermano Pessime notizie dal Centro Italia. La neve, il freddo, le ulteriori scosse sismiche, gli ulteriori crolli: come in guerra si contano morti e dispersi. Forse la notizia più brutta, però, è l’avvilimento delle popolazioni che attendevano un nuovo inizio. Non quest’altro disastro. Dopodiché, certo, la protezione civile, le forze armate e il volontariato mostrano ancora una volta di sapere affrontare l’emergenza. È tempo di solidarietà, non di molte parole. Ma “dopo”? Bisognerà discutere sulle politiche di lungo periodo. Solo un “Servizio civile nazionale” in grande stile potrà allora innescare quegli interventi che da decenni andrebbero affrontati, ma che poi vengono sempre rinviati perché lo Stato non ha i soldi e il Mercato se ne disinteressa. In questo contesto, l’istituzione di un grande “Servizio civile” costituirebbe una doppia buona azione rivoluzionaria, perché assorbirebbe un bel po’ di disoccupazione giovanile e metterebbe finalmente in opera le misure necessarie al governo del territorio. È una buona notizia che i richiedenti asilo (i quali hanno dietro di sé situazioni umane analoghe a quelle di chi subisce un terremoto) verranno impegnati in lavori socialmente utili, come ha detto il ministro Minniti. Una buona notizia, a patto che essa preluda all'istituzione di un vero e proprio "Servizio civile migranti". Solo un'accoglienza effettiva, cioè umana e ben organizzata, ci salverà. L'Italia, del resto, ha tutto l'interesse a tramutare le spinte migratorie in apporti per la compensazione del proprio deficit demografico nonché in un volano di buone relazioni con i popoli dell'Africa e del Mediterraneo. L'istituzione di un "Servizio civile migranti" potrebbe essere la risposta giusta alle pulsioni populiste che dilagano. In tema di populismo, veniamo a Trump. Dopo oltre trent'anni di speculazioni finanziarie che si sono assommate in migliaia di miliardi tolti al popolo americano tramite la delocalizzione e il dissanguamento dell'economia reale, un signore di nome Donald, sceso in campo dal suo mega-grattacielo a Ovest di Paperino, è riuscito a intercettare la rabbia della gente e a farsi affidare la valigetta con i codici nucleari: da domani deterrà un reale potere di vita e di morte su tutti noi. Speriamo bene. Per intanto, The Donald attacca la Nato e l'Europa dichiarando che l'America non sa che farsene di questa UE. Al netto del tono inaudito, c'è da comprendere, tuttavia, che esiste un sentimento profondo nelle famiglie e nelle classi dirigenti USA (e UK). Potranno, gli anglo-americani, accettare di avere pagato un così alto tributo di sangue al nostro continente, sui campi di battaglia di due guerre mondiali, per stare ora a guardare la grande potenza economica europea che si allinea alle esigenze della bilancia commerciale tedesca in un potenziale contrasto con gli interessi dell'Occidente?
Inquadratura di Salvate il soldato Ryan, celebre film di Steven Spielberg del 1998 No – liebe Freunde der Vernunft – questo scenario, gli anglo-americani non potranno accettarlo facilmente. E non l'accetteranno nemmeno i russi (di qui, tra parentesi, si vede bene in quale tenaglia geopolitica va pilotandosi l'UE di oggi, UE che Romano Prodi giudica "morta"). Di questi sentimenti anglo-americani profondi il vecchio cancelliere socialdemocratico Helmut Schmid era ben consapevole. In Italia la questione è stata recentemente riportata alla memoria da Carlo Galli, filosofo prestato alla politica, in un dibattito con il professor Gian Enrico Rusconi sul libro di quest'ultimo dedicato all'egemonia tedesca in Europa. La fragilità di questa egemonia è ben riassunta dalle parole dell’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer: “Ci siamo svegliati e improvvisamente ci siamo accorti di avere un ruolo da leader, almeno in Europa, ma senza averne la voglia. Il paese non aveva la minima idea di che cosa volesse dire avere un ruolo egemone” (vedi scheda del libro al sito, Egemonia vulnerabile. La Germania e la sindrome Bismarck, Bologna 2016). Quanto a Trump, e stavolta con riferimento alla Nato, alleanza che egli definisce "obsoleta", par di capire che i partner europei, secondo il presidente eletto, dovrebbero mettere mano al portafogli e impegnarsi di più. Come no. Tutti vorremmo poterci impegnare di più. Ma qui stiamo parlando di guerra. Laddove il diritto internazionale sancisce che la guerra è sempre illegale, fatta eccezione per la legittima difesa o per gli interventi militari autorizzati dal Consiglio di sicurezza dell'ONU. Invece, la Nato si è distinta in una serie di operazioni e interventi non motivati dalla legittima difesa del territorio di propria pertinenza né autorizzati dal Consiglio di sicurezza. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, e basti pensare al caos sanguinario provocato dalle guerre civili attualmente in corso lungo le coste del Mediterraneo con tragici contraccolpi "asimmetrici" nelle metropoli dell'Occidente. Un catalogo impressionante di violazioni compiute da stati dell'Alleanza Atlantica contro l'ordine pacifico mondiale sancito dall'ONU è stato raccolto dallo storico svizzero Daniele Ganser nel suo volume Illegale Kriege ("Guerre illegali", vai al sito della pubblicazione). La situazione è quella che papa Bergoglio ha più volte riassunto: "Una terza guerra mondiale a piccoli pezzi".
Heri dicebamus… L’ADL del 15 maggio 1944 con un appello del Socialist Vanguard Group di Londra sull’Europa e la pace mondiale Certo, noi ci accorgiamo poco di tutto ciò, anche perché i nostri organi d'informazione osservano una certa autodisciplina mediatica di guerra, diciamo, fatta di autocensure e di manipolazioni. Così, un terrorista è definito "ribelle" (o un ribelle "terrorista") a seconda delle convenienze del caso, non per quel che fa o dice, ma in base alla sua momentanea (e talvolta casuale) accidenza rispetto alle strategie di questa o quella parte belligerante. Ciclicamente, partono appelli un tanto al chilo per "salvare" Bengasi o qualche altra città coinvolta in conflitti belluini, provocati, alimentati e armati da paesi Nato. Cioè da noi stessi. Prima istighiamo al caos più atroce. Poi ci proponiamo come "soccorritori", scrive lo storico Ganser. L'odierna autodisciplina mediatica di guerra prevede che, in nome della Pace e della Civiltà, si debbano inviare qua e là truppe "con gli stivali sul terreno", Boots on the Ground, come si usa dire. Pace. Cioè altra guerra. Civiltà. Cioè altri vecchi, donne e bambini morti, bombardati, gasati. E mai nessuno che si domandi da dove venga il gas. Non mancano, invece, dozzine di commentatori lesti a prendere la palla al balzo, dopo la sparata di Donald Trump sulla Nato "obsoleta": pronti a disquisire sul fatto che sì, in effetti, in quest'Europa panciafichista si spende "oggettivamente" troppo poco per andare in giro per il mondo a fare… la guerra. E allora ripetiamolo: la guerra è illegale, lo è sul piano del diritto internazionale e, per il nostro Paese, anche su quello della legittimità costituzionale. La nostra Costituzione, confermata dalla volontà popolare in due recenti referendum, stabilisce, infatti, che: "L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (Art. 11). In tema di Costituzione repubblicana, infine, c'è che tra qualche giorno la Consulta si pronuncerà sul cosiddetto "Italicum". Si tratta di una legge elettorale fondata sul pio(?) desiderio per cui la sera delle elezioni occorrerebbe sapere chi ci governa per un'intera legislatura. A parte che in questo modo si bypasserebbero allegramente le funzioni di rappresentanza, mediazione e controllo politico del Parlamento, la Presidenza del Consiglio verrebbe affidata a un uomo solo al comando, capo di capilista bloccati, catapultato a Palazzo Chigi da un premio di maggioranza incongruente. Come era già accaduto nell'azione contro il Porcellum – cui l'Italicum somiglia moltissimo – è Felice Besostri, avvocato socialista, a coordinare i ricorsi di costituzionalità. A lui e a tutto il pool di giuristi democratici anti-Italicum i nostri migliori auguri di successo: "Se le leggi elettorali sono costituzionalmente necessarie, devono essere necessariamente costituzionali".
Felice Besostri |
Premio Marco Rossi 2016 I “Viaggiatori” di Lento e Ruggeri Il luna park, soggetto letterario e cinematografico per eccellenza, luogo di melanconiche riflessioni e di romantico stordimento dei sensi. Ma chi fa muovere questo mondo? Chi sta dietro alla macchina del divertimento? In occasione della festa paesana di Lissone, cittadina brianzola nel cuore dell’Insubria, ospita tutti gli anni il luna park temporaneo più grande della Lombardia, Mattia Lento e Manuela Ruggeri, sono andati a conoscere i numerosi “viaggiatori” dell’intrattenimento, più comunemente conosciuti come “giostrai”, e… Il servizio radiofonico di Mattia Lento e Manuela Ruggeri è stato insignito nel 2016 il “Premio Marco Rossi”, destinato a programmi, servizi, reportage e documentari radiofonici dedicati al tema del lavoro, ai suoi molteplici significati e in tutte le sue possibili declinazioni.
Vai al Podcast della trasmissione su ReteDue Il “Premio Marco Rossi” è organizzato da RadioArticolo1 (con il patrocinio della Federazione Nazionale della Stampa Italiana) e vuole essere un riconoscimento all'impegno di chi racconta attraverso il mezzo radiofonico un tema tanto vasto e complesso e spesso oscurato dai grandi media. |
SPIGOLATURE Il cambio della guardia alla Casa Bianca di Renzo Balmelli CIRCO. Fino a dove ci porteranno gli stravaganti volteggi di Trump è l'interrogativo che terrà il mondo col fiato sospeso a partire da domani, quando sarà andato in scena il burrascoso cambio della guardia alla Casa Bianca che qualcuno, con una punta di sarcasmo, ha definito come il Barnum della politica. Con la non trascurabile differenza però che il circo prima di chiudere ha divertito milioni di persone per un secolo e mezzo, mentre sotto il tendone del vincitore, tranne il ridicolo spettacolo dei compagni di merenda che sgomitano per conquistarsi anche solo un misero strapuntino alla corte del tycoon, per il resto, stando agli indizi, non c'è molto di cui stare allegri. Lasciamoci sorprendere incrociando le dita. Basteranno le prime mosse dell'eletto per capire se l'enorme cambiamento in atto a Washington segnerà l'inizio di un incubo politico, economico e sociale. Ma soprattutto etico. Lecito è quindi il dubbio che il 20 gennaio non sia una giornata fausta. Ne per l'America ne per il mondo. IPOTESI. Non sappiamo se gli americani conoscono il verbo rottamare, ma ben presto dovranno imparare a convivere con un fenomeno che dalle nostre parti non ha lasciato grandi ricordi. Scardinare non soltanto la riforma sanitaria del suo predecessore, ma anche rivoltare come un guanto l'intero impianto della politica estera americana è ormai diventata una vera e propria ossessione per la destra repubblicana. Con questi verbi in testa, e sospinto da un incontenibile furore iconoclasta, Trump ne ha per tutti: i media, i migranti, la NATO, la Merkel, l'ONU. Dell'Unione europea, poi, non sa che farsene. Salva soltanto la Brexit, vellicando le nostalgie revansciste degli schieramenti nazionalisti. Ma è soprattutto sui rapporti con il Cremlino, rapporti che sembrerebbero ruotare attorno al concetto di una "nuova Yalta" a due, che si giocherà una partita decisiva per i futuri assetti internazionali, riservando agli altri il ruolo di spettatori. Per ora è soltanto un'ipotesi, ma abbastanza realistica, e comunque da contrastare per non alimentare tentazioni autoritarie, nella consapevolezza che la democrazia partecipativa non è un valore negoziabile. IDENTITÀ. La nuova ripartizione delle sfere di influenza a cui guardano con malcelato interesse le due superpotenze - una di stampo neo zarista e l'altra tentata dal protezionismo -sarà una spina nel fianco, una in più, del Vecchio Continente in concomitanza con il cambio di governo in alcuni dei maggiori Paesi sui quali soffia il vento gelido del populismo. In questo difficile e scivoloso contesto, il 2017 si preannuncia come l'anno più tormentato dell'UE stretta tra i due grandi duellanti e chiusa nella morsa di chi ne auspica il funerale. Ne va infatti della sua identità come mito e come realtà all'interno di una storia, la storia delle idee, che si pone in contrapposizione al clima di odio fomentato dal terrorismo e dalle spinte neofasciste visceralmente ostili alle ragioni e le conquiste per cui vale la pena di vivere e lottare. L'unità nella diversità che ci ha donato il più lungo periodo di pace a cavallo di due secoli è l'argomento più valido a sostegno dell'Unione. GARANTE. Sulla vocazione europeista e super partes di Antonio Tajani non dovrebbero esserci dubbi. L'ha dimostrato in varie occasioni e sicuramente saprà fornirne altre prove tangibili proprio adesso, mentre va ad occupare lo scranno di Presidente dell'Europarlamento. Non si dimentichi infatti che il candidato dei popolari succede a Martin Schulz che subì una ingiuria oltraggiosa ad opera di Berlusconi, protagonista di gaffe incendiarie alle quali Tajani riuscì in qualche modo a mettere una pezza. Sfortunatamente la sua elezioni non cade in un periodo felice. L'Europa è nella sua peggior forma. È la situazione più difficile da quando vennero firmati i trattati di Roma. Quindi più il primo cittadino europeo starà alla larga dalle beghe di casa e meglio saprà affrontare da garante delle istituzioni le sfide che si pongono al Parlamento in un momento che richiede doti di mediatore. Sarebbe perciò riduttivo parlare di un derby italiano tra lui e il socialista Pittella. Se derby dev'essere sia quello per l'Europa vincente. DISUGUAGLIANZA. Di comici e miliardari prestati alla politica se ne potrebbe fare volentieri a meno. I primi saranno pure bravi e simpatici, ma poco in sintonia con l'arte del governare. Gli altri, alle spalle imperi economici gestiti dai clan famigliari, tendono più che altro a preservare i loro interessi. I risultati quasi sempre sono deludenti. Deludenti, ma non per la categoria dei super ricchi che da soli (il loro numero si conta su due mani) possiedono la stessa ricchezza (426 miliardi di dollari) della metà più povera della terra, vale a dire 3,6 miliardi di persone. L'annuale rapporto sulla disuguaglianza mondiale evidenzia un fenomeno che anziché diminuire diventa sempre più drammatico. Di fronte a queste condizioni estreme, la necessità di un ripensamento profondo dell'economia mondiale ha ormai un carattere d'urgenza, anche perché – come afferma Obama – "ora è il tempo migliore per essere vivi". E per reagire! ENIGMA. Comunista, capitalista o celestiale impero, la Cina resta ancora oggi un enigma irrisolto. Cosicché questo millenario laboratorio, culla e ospite di grandi civiltà e di non meno dolorosi stravolgimenti continua a interpellarci senza svelare i suoi misteri. Per una curiosa e forse non casuale concomitanza, la prima volta di un Presidente della Repubblica popolare al forum di Davos, coincide con la settimana inaugurale di Donald Trump. Il segnale non è sfuggito alle Cancellerie tanto più che Xi Jinping è arrivato nei Grigioni fermamente intenzionato a rivendicare per il suo Paese un ruolo guida in alternativa a Mosca e Washington. Nella moderna versione della lunga marcia rappresentata dalla fantasmagorica skyline di Shanghai, la leadarship cinese parla di progresso e di valori condivisi. Ma la svolta epocale non sarà mai realmente compiuta fino a quando dietro le luci della ribalta si agiteranno le ombre del maggior problema insoluto: il problema dei diritti umani sacrificati alla ragion di stato. E non è cosa da poco! |
ECONOMIA Le agenzie di rating e le responsabilità della Bce di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi) e Paolo Raimondi, Economista Come prevedibile, le agenzie di rating sono tornate al centro della scena in modo irritante. Seguendo l’esempio delle famose ‘tre sorelle’, la Standard & Poor’s, la Moody’s e la Fitche, anche la Dbrs canadese si è autonomamente assunta l’autorità morale e politica e ha declassato il sistema Italia al livello BBB. Allo stesso tempo l’americana Moody’s sta patteggiando con il dipartimento di Giustizia americano il pagamento di una multa di ben 846 milioni di dollari per aver gonfiato le sue stime sui titoli tossici, a suo tempo legati ai mutui immobiliari, che contribuirono alla grande crisi finanziaria. È noto che in precedenza la stessa S&P aveva patteggiato una multa simile per 1,37 miliardi di dollari. La decisione della Dbrs, già Dominion Bond Rating Service, è stata motivata con la solita “lista della spesa”: incertezza politica, debolezza del sistema bancario, alto livello delle sofferenze creditizie, crescita bassa e alto debito pubblico, ecc. L’analisi negativa è infarcita anche di semplicistiche e banali riflessioni sulla nuova legge elettorale e sulle future elezioni. Ovviamente avrà un ulteriore e concreto impatto negativo sulla credibilità dell’Italia. In particolare, quando le banche italiane chiederanno un prestito alla Bce dovranno portare in garanzia beni, titoli di stato, in quantità maggiore rispetto a prima. Il declassamento certifica l’aumento del “rischio paese” con conseguenti effetti sui mercati, sui titoli obbligazionari e sulla propensione a investire. In verità, la cosa più irritante è il comportamento della Bce e delle altre istituzioni europee che tacciono sulle nuove evoluzioni delle suddette agenzie. Negli anni passati si è molto parlato della necessità di creare un’agenzia di rating europea indipendente. Alla fine non se ne è fatto niente. Nonostante il fatto che varie commissioni d’indagine del Congresso americano avessero denunciato le tre grandi agenzie di rating americane per complicità, corruzione, conflitto di interesse e per tante altre malefatte in relazione alla bolla dei mutui subprime e a quella dei derivati finanziari ad alto rischio, la Bce non ha mai volute mettere in discussione la credibilità delle “tre sorelle”. Ha solo deciso nel 2008 di affiancare loro la Dbrs, volendo forse farci illudere che, in quanto canadese, essa avrebbe potuto essere realmente indipendente. Niente di più errato. Purtroppo è proprio la Bce a conferire alle quattro agenzie di rating l’autorità di interferire pesantemente con l’andamento economico dei paesi europei. Per qualche ragione inspiegabile la Bce e altri istituti europei sono stati e sono ancora meno critici e più tolleranti verso l’operato delle agenzie di rating rispetto alle stesse autorità americane. È il momento che Francoforte dia qualche spiegazione. La Dbrs, creata nel 1976, ha il suo quartier generale a Toronto, in Canada, ma oggi è forse la più americana di tutte. Dal 2015 essa è controllata da un consorzio di interessi, guidato dal The Carlyle Group di Washington e dalla Warburg Pincus di New York. La Carlyle è il più grande private equity al mondo coinvolto soprattutto nei settori della difesa e degli investimenti immobiliari. Si ricordi che il private equity è un fondo che di solito raccoglie capitali privati con l’intenzione di acquisire imprese non quotate in borsa. La Carlyle è impegnata in numerosi fondi di investimento e anche in hedge fund speculativi. Fino al 2008 era conosciuta come la multinazionale che vantava stretti rapporti politici, in particolare con la famiglia Bush e con la casa reale saudita. Una sua controllata, la Carlyle Capital Corporation, che si era specializzata nella speculazione finanziaria con derivati emessi sui mutui subprime e sulle ipoteche, nel 2008 divenne insolvente (in default) per oltre 16 miliardi di dollari! Anche Warburg Pincus è un fondo di private equity frutto della fusione di due banche. Esso è grandemente impegnato nei settori dei servizi finanziari, dell’energia e delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni. Il suo presidente attuale è Timothy Geithner, già ministro del Tesoro dell’Amministrazione Obama, che ha coordinato tutte le operazioni di salvataggio finanziario delle banche e delle assicurazioni in crisi dopo il 2008. È doveroso chiedere alla Bce di rendere conto delle ragioni della grave decisione di sottoporre governi e istituti creditizi alla valutazione di agenzie di rating non affidabili, forse politicamente condizionate e sicuramente interessate agli andamenti di borsa. |
Da Avanti! online www.avantionline.it/ Una pietra a Venezia per Bonaventura Ferrazzutto di Fabrizio Ferrari Venerdì prossimo, a Venezia, in Calle dei Fabbri, nel sestiere di San Marco, sarà posta una pietra d’inciampo davanti al numero 4741, il luogo dove nacque e visse Bonaventura Ferrazzutto, un uomo che dedicò tutta la vita ai più deboli, alla libertà e all’antifascismo. Fu amministratore del quotidiano socialista Avanti!, dal 1920 al 1926 allorquando il giornale fu bruciato cinque volte, e per il suo giornale condusse una battaglia con grande generosità e abnegazione. Passato alla Angelo Rizzoli Editore nel 1928, partecipò alla costruzione del grande complesso editoriale con grande impegno e molte geniali intuizioni. Tra il 1930 e il 1940 fa la spola tra Milano e Parigi per portare risorse finanziarie affinché il Comitato di Unità Antifascista potesse sopravvivere in Francia. Nel 1934 spinge Angelo Rizzoli nell’avventura cinematografica e realizzerà uno dei primi film parlati in lingua italiana “La signora di tutti”. Sarà lui che vorrà nella casa editrice Mosca, Enzo Biagi e molti nomi prestigiosi del giornalismo italiano. Nel 1943 fonda con Lelio Basso il Movimento di Unità Proletaria. Per una delazione verrà arrestato il 26 novembre dalla Gestapo e portato a S. Vittore e dopo novantanove giorni, il 4 marzo, trasferito a Mauthausen dove giungerà il 13 marzo. Il suo numero di matricola 57579. Stremato ma indomito, nel campo parteciperà all’organizzazione della rivolta, poi detta "dei Russi". Gli italiani lo indicheranno come un loro rappresentante nel comitato di liberazione internazionale. Il 4 ottobre del 1944 sarà ucciso in camera a gas nel Castello di Hartheim. Come tanti uscirà per il camino.
Bonaventura Ferrazzutto (Venezia, 5.3.1887 – Hartheim, 4.10.1944) Il primo maggio 1945, il suo giornale, l’Avanti! uscirà con la sua fotografia in prima pagina. Venezia, dopo settantatré anni, ricorda un uomo che ha lottato per la libertà di ciascuno di noi pagando con la vita il suo generoso impegno. La pietra davanti alla sua porta ricorderà il suo sacrificio ad ogni ignaro passante così non sarà mai più dimenticato. Vai al sito dell’avantionline |
Da l’Unità online http://www.unita.tv/ Pier Luigi Bersani avverte Renzi: “Così si va a sbattere di nuovo” La sintesi dell’intervista rilasciata al la Repubblica lunedì scorso. “Se il punto di partenza della sua analisi è che il referendum è stato perso a destra ‘ perché tanto i compagni ci sono’, cominciamo male. Il renzismo non ha capito la lezione, si rischia di tornare a sbattere”. Così, in un’intervista a la Repubblica, Pier Luigi Bersani replica al segretario Pd Matteo Renzi che aveva rilasciato un’intervista alla stessa testata. Sui motivi della sconfitta del referendum, Bersani osserva che è stato perso “nell’idea schematica e datata che per la vittoria dei Sì bisognasse fare affidamento su una fantomatica maggioranza silenziosa. Si insiste a voler inseguire un centro che non esiste più, perché il ceto medio è oggi tutto dentro la crisi. Sta cambiando la geografia dell’esclusione. Polemizzo con un’idea di sinistra che si aggrappa ancora alle gloriose parole d’ordine della fase d’avvio della globalizzazione: flessibilità, merito, eccellenze. Basta”. Sulla legge elettorale Bersani dice: “Non capisco la passione di Renzi per il ballottaggio. Ragioniamo su un sistema elettorale con due pilastri: un incentivo ragionevole alla governabilità e la possibilità del cittadino di scegliere e i parlamentari. E non sottovalutiamo le virtù del Mattarellum nel compattare i soggetti politici”. Questione alleanze, Renzi rilancia la ‘vocazione maggioritaria’ ma Bersani ha un’idea diversa. “Sul piano politico dobbiamo fare inversione a ‘U’ sull’idea che il centrosinistra si riassume nel Pd e il Pd si riassume nel capo. Costruiamo un campo di idee e un fronte largo e plurale, anche slabbrato ai margini, come fanno a destra. E mettiamoci idee buone: il ritorno ai diritti del lavoro troppo umiliato, raro e precario, il ruolo dello Stato negli investimenti, la lotta alle disuguaglianze con il rilancio del welfare e la fine dei bonus. Prenda il fisco. Si dice: meno tasse. Ma a chi? Per fare cosa?“. In vista del congresso, i dati sul tesseramento non sembrano ottimi e Bersani chiosa: “C’e’ una emorragia. Tanti compagni si sono disamorati, ma si vuol continuare a negare l’evidenza”. Dello stesso avviso anche l’ala del Pd Sinistra Riformista, guidata da Roberto Speranza: “La minoranza Pd non crede all’autocritica di Renzi”. “Nessun esame di coscienza – proseguono -. La consapevolezza che dagli errori si impari Matteo Renzi, che ha parlato con il quotidiano La Repubblica, cerca di mostrarla. Ma, quando spiega i motivi della disfatta referendaria attribuisce le responsabilità non ai contenuti della sua politica ma alla forma e alla comunicazione adottata nei mille giorni”. Vai al sito dell’Unità |
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/ Ora, i socialisti tornino a fare i socialisti Pittella battuto dall'ex monarchico Tajani alla testa di una gande coalizione della destra conservatrice, inglesi inclusi di Blogghino Antonio Tajani, ex giornalista, ex monarchico, amico di Previti e di Berlusconi, grazie al sostegno delle destre europee (britannici compresi che pure per coerenza al voto non avrebbero dovuto partecipare visto che nelle stesse ore la May annunciava l’uscita da tutto quello che ha a che fare con Bruxelles) è diventato presidente del Parlamento dell’Unione. Ha battuto il socialista Gianni Pittella che alla conta ci è andato in maniera un po’ garibaldina, senza avere le spalle coperte, sbagliando evidentemente tattica e strategia. Ma non è detto che questa sconfitta sia un fatto negativo. Anzi. Tajani e le destre hanno fatto quello che avrebbero dovuto fare i socialisti: chiudere i conti con una “grande coalizione” che li ha trasformati in donatori di sangue, un po’ ovunque. Adesso i socialisti possono tornare a fare i socialisti, a essere realmente progressisti, ad animare all’interno di un Parlamento di anime morte un dibattito serio e una opposizione dura e determinata perché questi sono tempi duri che richiedono determinazione. Contro un progetto che ha tradito gli ideali dei padri fondatori, contro un’istituzione sempre più “serva” della Germania, della Merkel, di Schaeuble, guidata da cavalier serventi come Jean Claude Junker, Donald Tusk e Jeroen Dijsselbloem. Se ci siete, battete non uno ma molti colpi. |
LETTERA DALLA SICILIA Appello per un ragionamento comune Vi invio una riflessione ed un appello a non tornare a dividerci sulle nostre rispettive contingenze, ma al contrario a tentare di fare tutti ed ognuno un salto di qualità per contribuire utilmente a questa fase. Mi scuso anticipatamente per la lunghezza, (ho sintetizzato il più possibile per non annoiarvi) spero di essere compresa nel ragionamento. Usciamo tutti da un lunghissimo periodo che ci ha visti impegnati nel promuovere in un anno ben due referendum, contro le trivelle e contro le riforme costituzionali, che hanno comportato mobilitazioni senza precedenti nel fare deliberare le regioni, nel raccogliere le firme per abrogare l'Italicum e promuovere il No costituzionale, per promuovere i referendum sociali e la petizione sull'acqua. Infine abbiamo affrontato una lunga campagna per il NO dei territori, dei movimenti e delle reti sociali con l'obiettivo di mantenere aperti quegli spazi di democrazia e partecipazione ai processi locali che la modifica del titolo V e le altre modifiche avrebbero chiuso definitivamente, e con esse la nostra possibilità di avere alcuna rilevanza a fronte dell'accentramento dei poteri previsto da Renzi. Contestualmente in ogni territorio e per ogni vertenza sociale ed ambientale abbiamo continuato a batterci sul piano delle singole rivendicazioni. Con la vittoria del NO abbiamo contribuito a porre l'ennesimo argine, certamente il più importante, alla deriva autoritaria necessaria a conseguire il risultato auspicato da J. P. Morgan e Co., la mercificazione del Paese. Le "forze" esterne ai vari governi che in questi anni si sono succeduti continueranno a premere per una accelerazione neo-liberista verosimilmente incarnata dal tentativo di Renzi di continuare a controllare governo e segreteria del pd per assicurarsi una sopravvivenza legata a doppio filo con le politiche liberiste, mentre avanza da un canto la destra xenofoba dell'altro un m5s permeato da una serie di ambiguità sia sul piano programmatico che su quello democratico e sullo sfondo i tentativi di aggregazione e disgregazione delle cosiddette sinistre radicali. Eppure quello che è uscito dalle urne è un prorompente desiderio di partecipazione alla vita democratica del Paese, un rifiuto dell'irrilevanza che si voleva cucire addosso ai cittadini privandoli anche del diritto al voto, una netta ed inequivocabile scomunica delle politiche che Renzi, meglio di Berlusconi, è riuscito ad incassare a colpi di fiducia ed in forza di una maggioranza parlamentare illegittima come la legge elettorale che gliel'ha consegnata. Il Renzi bis senza Renzi verosimilmente tenterà di blindare le riforme già approvate, tenterà di rimettete mano a quella già bocciata dalla Consulta (Madia), al contempo manovrando a tutto campo per presentarsi alle prossime politiche con il partito della nazione col quale tentare nuovamente di metterci a tacere. Oltre alla stanchezza, tutti noi portiamo addosso anche una responsabilità che è quella di avere prefigurato in questi anni attraverso le nostre pratiche partecipative e le nostre lotte un modello alternativo di concepire l'agire politico fuori dall'agone politico, radicale negli obiettivi diametralmente opposti a quelli della finanza globale. Un modello che potrebbe sintetizzarsi nell'aspirazione alla conversione ecologica dell'economia e della socialità, nella giustizia sociale ed ambientale, nel mutualismo, che ha tenuto come faro la Pace, costruito l'accoglienza, combattuto la militarizzazione dei nostri territori. I nostri NO (tav, triv, inc, muos, ponte, ttip, guerra, privatizzazioni di servizi pubblici, scuola, sanità, cassa depositi e prestiti, svendita del territorio, dei beni pubblici e delle risorse, precarizzazione sistemica del lavoro, etc.) si accompagnano ad una "visione" complessiva, sociale ed economica, sostanziata da una capacità analitica, programmatica, propositiva e concreta come le nostre lotte, di cui le forze politiche raccolgono a fasi alterne e spesso per mero opportunismo la portata, che poi difficilmente si traduce in azione politica. A fronte dell'impegno profuso fino ad oggi, e della fase confusa e pericolosa che si sta aprendo, credo che non ci si possa sottrarre dal fare un ragionamento comune tra noi e dal prendere parola e ruolo, senza per questo tradire ma al contrario rafforzando la nostra natura movimentista. Noi, nella meravigliosa, a volte contraddittoria e multiforme complessità, nelle nostre articolazioni tematiche e territoriali, siamo le donne e gli uomini che hanno negli ultimi anni posto le questioni politiche più rilevanti al Paese, praticando una vera e propria Resistenza civile al liberismo e al malaffare, costruendo e ricostruendo argini di democrazia partecipativa laddove venivano erosi o demoliti. Alle nostre reti, da movimenti inclusivi, hanno preso parte forze politiche, sindacali, associative, amministratori e sindaci, intellettuali, professori e costituzionalisti, che hanno condiviso con noi percorsi e obiettivi. Questa trasversalità, aldilà delle singole appartenenze, ha favorito la capacità di costruire relazioni di reciprocità e crescita collettiva delle nostre comunità. Rientrare oggi nei nostri ambiti, nelle singole lotte, sarebbe ancora una volta lasciare alla politica politicante quello spazio spesso costruito da noi più che da altri che verrebbe come sempre frazionato dalle pulsioni identitarie e incapaci a mio vedere di rispondere all’emergenza sociale ed ambientale di cui siamo ostaggio con l’acuirsi dei conflitti artatamente posti in essere per farci rinunciare alle libertà in cambio della sicurezza e smarrendo definitivamente ogni barlume di umanità. In questi giorni molte sono le realtà che si attivano e si convocano mosse dall’urgenza di trovare risposte politiche alternative al quadro esistente. Sicuramente positiva la spinta a non sciogliere i comitati per il No per lavorare all’attuazione della Costituzione, ma i veri temi che andrebbero affrontati per avviare un cambiamento reale sono quelli legati alla formulazione di un programma politico chiaro e non compromesso con i sistemi di potere ed un cambio radicale della modalità di concepire l’agire politico. Una sfida che mette alla prova per primi noi stessi nell'essere ed appartenere solo a quello per cui lottiamo, con la capacità di comprendere una buona volta che il potere, o i poteri che combattiamo non possono essere sostituiti da altri poteri più "buoni" o meno disumani. Affrontando quindi in linea teorica e pragmatica una vera e sincera destrutturazione del concetto stesso di potere che deve dissolversi, per mutare in servizio al bene ed ai beni comuni, alle comunità ed al nostro pianeta. Una destrutturazione che passa, per essere tale, dalla discontinuità con ogni potere costituito; che riconosca nel conflitto d’interesse che ogni governo ha finora incarnato il vulnus all’interesse collettivo, che sappia finalmente riconoscere ed espungere ogni contiguità con gli affari leciti ed illeciti e con la corruzione di una classe politica che ha celato e continua a celare, senza riuscirvi, i suoi rapporti di interdipendenza con i poteri economici e le criminalità organizzate, ammantando la nostra storia di segreti di uno Stato che non è il nostro. Mi piacerebbe che fossimo in grado collettivamente di imprimere un cambiamento concreto al dibattito politico assumendoci la responsabilità di sollecitare tutti, a partire da noi stessi, a non dividerci per discutere in mille contesti diversi dei possibili, nascenti o nascituri nuovi soggetti politici che dovrebbero rappresentarci e rappresentare le nostre istanze per opporsi alla prevedibile bordata liberista che ci attende, né a snobbare la discussione lasciandola ai “professionisti” della politica per poi osservare come sempre come di "soggetto" in "soggetto" nulla cambia. Al contrario Noi, l'organismo collettivo, reticolare e multiforme che sa sognare ed immaginare un futuro a misura delle persone e non della finanza, questo futuro dovremmo pretendete di cominciare a scriverlo nero su bianco da subito. Per concepire, sollecitare e promuovere un grande cantiere programmatico, aperto ed inclusivo, senza padrini né padroni al quale tutti possano contribuire, in cui tutte le nostre elaborazioni, ideali ed aspirazioni trovino spazio, nel quale tutte le innumerevoli e straordinarie competenze rivolte al bene comune al nostro interno ed esterne a noi si facciano progetto concreto e non soggetto. Per lavorare tutti su un piede di parità ad un programma politico per la rivoluzione etica, culturale, sociale, ambientale ed economica indispensabile alla nostra stessa sopravvivenza ed a quella delle generazioni future, guardando ad una prospettiva di salubrità e benessere del Paese nel contesto europeo e globale, anziché al suo inesorabile progressivo degrado. Per sperimentare in via processuale una innovata modalità per dare riconoscimento e sostanza alla democrazia partecipativa che dovrebbe affiancare per esserne espressione quella rappresentativa prevista dalla nostra Costituzione. Non abbiamo difeso la Carta perché convinti che essa sia immutabile, ma per poterne domani rafforzare ed attuare quei principi di uguaglianza, libertà e salvaguardia dei diritti universali che si volevano cancellare. Il momento per porre con forza tutti i nostri punti programmatici è ora. Nelle nostre città, nelle nostre regioni, nel Paese. Vogliamo provarci? Sarei felice se a questo invito rispondeste numerosi e ne volessimo ragionare tutti insieme. Antonella Leto Forum siciliano dei movimenti per l'Acqua ed i Beni Comuni |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti. |
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