[Diritti] ADL 160929 - Uno



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894

Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo

Direttore: Andrea Ermano

 

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e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 29 settembre 2016

 

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IPSE DIXIT

 

Uno vale uno, ma io farò il capo - «Io farò il capo politico, prenderò delle decisioni, perché alla fine qualcuno deve prendere delle decisioni.» - Beppe Grillo

 

 

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Chiaroscuro - «Renzi fa bene a tenere le sue posizioni con Bruxelles e Berlino. Non vuol dire che ritengo giusta ogni scelta del premier, ma se lui le ritiene tali fa bene a essere fermo con gli interlocutori continentali. Non tutto ciò che dicono loro è il Verbo… M5s è un movimento importante perché solleva questioni cruciali come i cambiamenti climatici e la corruzione, ma è un movimento non un partito. Bisogna avere una organizzazione politica. Essere critici è diverso dall'essere propositivi. Una cosa è individuare le buone politiche, un'altra i politici in grado di attuarle.»  - Joseph Stiglitz

 

   

Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24).

    L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

    

    

Il GRUPPO DI VOLPEDO

rete dei circoli socialisti e libertari del nord ovest d’Italia

invita tutti i socialisti ovunque essi siano al

 

NONO FORUM DEI CIRCOLI SOCIALISTI

 

VOLPEDO, Piazza Quarto Stato, Domenica, 9/10/2016

 

09,30   La Germania e l’Europa

           Marco BRUNAZZI, Istituto Salvemini, Torino

           Gian Enrico RUSCONI, Professore Emerito UniTo

           Valerio CASTRONOVO, Presidente Istituto Salvemini, Torino

           Moderatore Andrea ERMANO, L’Avvenire dei lavoratori

 

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12,45 La Fiumana 2016 -  13,00 Pranzo

 

15,00   Dal Referendum alla Consulta

           passando per Volpedo

           Felice BESOSTRI, Presidente Gruppo di Volpedo

           Carla NESPOLO, Vice-Presidente nazionale A.N.P.I.

           Bobo CRAXI, Presidente Comitato Socialista per il NO

 

18.00    Conclusioni

           GianLuca CHIESA, Portavoce Gruppo di Volpedo

 

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socialisti per il no

https://www.facebook.com/socialistixilno/?fref=ts

   

    

EDITORIALE

 

Rompicapo

curioso e raro

 

C'è un passaggio, curioso e raro, nell'intervista rilasciata ieri da Carlo De Benedetti al Corriere, un passaggio in cui l'intervistatore domanda all'Ingegnere se, per trovare i soldi necessari ad abbattere le imposte sul lavoro e a rilanciare la crescita, non ci voglia una patrimoniale... Una patrimoniale?!?

 

di Andrea Ermano

 

Già se n’era parlato, in effetti, di patrimoniale alcuni anni fa, ma ormai neppure questo basterebbe più. Ai patrimoni dovrebbero aggiungersi, secondo l’Ingegnere, anche i grandi redditi ("non da lavoro"). E non è tutto. Anzi, non è ancora niente. Il punto vero sta là dove, con scarto repentino, l'intervistato aggiunge che "l’energia umana è molto più importante del petrolio".

    Vi domandate che cosa c'entra qui il petrolio?

    Qui l’intervistato ci soccorre con un "esempio", l'esempio di Israele, un Paese dove c'è "un’intelligenza per centimetro quadrato che non esiste in nessun’altra parte del mondo; con il servizio militare che serve a educare i cittadini, a farli studiare, a formarli all’uguaglianza. Un Paese naturalmente socialista".

    Curioso e raro rompicapo!

    Ricordate quel che insegnava Umberto Eco e cioè che, quanto più infrequente appare una certa sequenza di parole, tanto più elevato risulterà il suo contenuto d'informazione? Ebbene, se questo è vero, bisogna allora ammettere che il passo merita una certa applicazione. Perché in esso si manifesta, dall'interno della classe dirigente italiana, un sorprendente cambio di paradigma a fronte della catastrofe cui ci sta conducendo la globalizzazione neo-liberale.

 

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Carlo De Benedetti: "In gioco la

sopravvivenza della democrazia"

 

"L'Occidente è a una svolta storica. È in gioco la sopravvivenza della democrazia", dice De Benedetti. In effetti assistiamo alla distruzione dei ceti medi, nella prospettiva del vedersi avverare la previsione di Larry Summers, ex segretario al Tesoro di Clinton: "Stagnazione secolare". Il che può mettere seriamente a rischio la pax europaea uscita dalla Seconda guerra mondiale: "In Francia non si può escludere che diventi presidente Marine Le Pen. Il padre non poteva farcela: troppo legato a Vichy e all’Algeria francese; lei sì. Hollande si è sciolto al sole, Sarkozy è un déja-vu che i francesi non vogliono più. La Spagna è senza governo da un anno, il Portogallo in bilico, la Grecia è ancora lì perché nessuno ha interesse a fare davvero i conti. In Polonia vige un nazionalismo di destra. L’Ungheria è già passata all’estrema destra, l’Austria no, ma solo grazie alla colla delle buste che ha causato il rinvio delle presidenziali. Una situazione da anticamera del fascismo".

    Ci troviamo in una situazione da anticamera del fascismo?! E, se sì, basterebbe allora una patrimoniale?

    Certo, il premier Renzi – quando avrà auspicabilmente perso il referendum costituzionale, venendo per altro rispedito dal Capo dello Stato di fronte alle Camere per chiedervi un rinnovo della "fiducia" – farebbe anche bene a licenziare una grande operazione di verità fiscale focalizzata sulle grandi ricchezze e finalizzata ad alleggerire la pressione contributiva che grava sul lavoro.

    Ma non sarebbe che l'inizio.

    Perché di qui in poi occorrerebbe davvero guardare all'esempio d'Israele che, grazie all'energia dell'intelligenza umana e pur privo di significative risorse naturali, è riuscito a raggiungere un elevato standard di benessere, di crescita e di democrazia.

    In tal proposito De Benedetti pone in evidenza lo strumento egualitario dell'esercito israeliano in "un Paese naturalmente socialista".

    Evviva il Socialismo. Troppa grazia.

    E però ci si contenterebbe anche con meno, in questa nostra Italia attuale, la cui Costituzione per inciso "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (Art. 11).

    A che cosa ci servirebbe l'esercito israeliano? Con tutto il rispetto, ci basterebbe introdurre una leva civile, dato che le varie "emergenze" da noi sono sismiche, idro-geologiche, migratorie ecc. Su di esse il Mercato per altro continua una sua splendida latitanza (c'è ben poco da arricchirsi evitando inondazioni).

    Un servizio civile (obbligatorio e universale, come lo immaginava Ernesto Rossi nel suo saggio "Abolire la miseria") offrirebbe il punto archimedeo su imperniare anche un discorso serio – cioè fatto di diritti e doveri – circa il reddito di cittadinanza. 

    Lo stesso, fatte le debite proporzioni, dicasi a livello continentale, dove servono migliori rapporti di comunicazione e coordinamento tra le forze armate esistenti, ma certo non i grandi eserciti europei di cui tanto si favoleggia ultimamente (fermo restando che per noi è sempre valida l'esortazione di Sandro Pertini: "Svuotate gli arsenali, riempite i granai!").

    Anche l'UE si gioverebbe non poco dall'istituzione di un servizio civile europeo all'interno del quale poter ricombinare esperienze di formazione, quali l'Erasmus, con la solidarietà sociale e il lavoro di pronto intervento ovunque esso sia necessario.

    Soprattutto, una grande organizzazione del servizio civile europeo potrebbe rivelarsi lo "strumento degli strumenti" più adatto a valorizzare l'energia umana delle giovani generazioni umiliate e offese per causa di una disoccupazione strutturale dilagante.

 

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Ernesto Rossi: "Abolire la miseria"

   

        

SPIGOLATURE

 

Eccezion fatta…

 

di Renzo Balmelli

 

MURI. "E' stato detto che la democrazia è la peggior forma di go­ver­no, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora". Quando Winston Churchill, caustico come soltanto lui sapeva essere, pronunciò il suo famoso aforisma, l'umanità si leccava le ferite della guerra procurate dalla sospensione della democrazia, sacrificata sull'altare delle più bacate ideologie. A distanza di anni la democrazia resta, per fortuna nostra, un valore insostituibile, l'unico degno di essere vissuto, ma anche costantemente esposta alle minacce ed ai ricatti dei suoi acerrimi nemici. Gente rimasta a lungo nascosta nell'ombra e che ora non esita a uscire dalle catacombe per minarne i gangli vitali. Nei loro confronti anche solo abbassare di un tono la resistenza potrebbe avere conseguenze nefaste, tanto più che la così detta terza guerra mondiale se davvero esiste si combatte con il dialogo e la tolleranza, non costruendo muri. Chi li erige isola solo se stesso.

 

PAURA. Non si scopre l'acqua calda nel dire che la paura è una pessima consigliera. La questione non è nuova. Già trent'anni fa il sociologo tedesco Ulrich Beck analizzava il dato con queste parole: " Viviamo in un'epoca in cui la solidarietà della paura nasce e diventa una forza della politica". Col passare degli anni tale tendenza ha finito con l'accentuarsi e col concretizzarsi in manifestazioni sempre più rozze e demagogiche. Le vediamo ad ogni tornata elettorale. La martellante, insidiosa campagna dei movimenti ultra nazionalisti ha trovato nelle inquietudini della gente la piattaforma per scalare il potere grazie ai consensi ottenuti attraverso la lettura strumentale e fuorviante dei problemi. Magari c'è una nota di pessimismo in queste considerazioni, ma tant'è. Ennio Flaiano direbbe che "la situazione è grave, ma non seria". Non ci resta che constatarlo.

 

UOMINI. Ci risiamo. Quando dalle urne, come si è verificato lo scor­so week-end in Ticino con l'iniziativa contro i frontalieri, esce un ver­detto volto a colpire indiscriminatamente una determinata categoria di persone, in prevalenza straniere, sembra che il tempo si sia fermato. La memoria corre alle punitive proposte di James Schwarzenbach che ne­gli anni settanta si accaniva contro gli emigranti italiani indicandoli co­me la causa di tutti i mali. Ci pensò Ezio Canonica, autorevole leader sindacale, a contrastare l'insana deriva verso la furibonda ricerca del ca­pro espiatorio. Sulla stessa linea si mosse il ticinese Dario Robbiani, esponente di punta del partito socialista, che dando prova di straor­di­na­rio coraggio civile non esitò a mettere in gioco tutto se stesso impe­gnan­­dosi nella battaglia per l'iniziativa "Insieme". La famosa "Mit­e­nand" che mirava a promuovere in Svizzera una politica degli stra­nie­ri dal volto umano. Fu una battaglia persa, ma nobile, e addirittura im­pensabile oggi in questa Europa. La scelta del Ticino, cantone di lingua e cultura italiana, deve fare riflettere in quanto sembra dettata da un riflesso di paura teso a sua volta a identificare il capro espiatorio negli onesti lavoratori, assunti con regolare contratto dagli imprenditori lo­ca­li. Oggi come ieri risuona il monito di Max Frisch, quando lo scrittore ammoniva che "cercavamo braccia e sono arrivati uomini". Ma chi se ne ricorda!

 

ODISSEA. "Affonda un barcone con 600 migranti e ormai – ammo­nisce la deputata socialista al Parlamento di Berna, Marina Carobbio - la notizia è relegata in una pagina interna. Ci stiamo paurosamente abituando all'emergenza". Le fa eco, dalle colonne del Corriere della Sera del 27 settembre, il filosofo Bernard-Henri Lévy quando chiede all'Europa di salvare il suo onore "impedendo la fine di Aleppo". Giu­stis­simo. In quel cumulo di macerie i civili continuano a morire e la vita vale meno di zero. Quanto alla tregua in cui ciascuna delle tante forze in campo è riuscita a dare il peggio di sé, è stata solo una atroce beffa per civili. Ormai si spara sui convogli umanitari e quando si ar­riva a un tale punto di abominio e si pensa di poter rinverdire antiche ambizioni con la prevaricazione dell'uomo sull'uomo, cresce purtroppo il timore di non vedere tanto presto la fine delle due maggiori sfide del­la nostra epoca: quella siriana e l'odissea dei migranti.

 

DUELLO. Nel clima infuocato della vigilia elettorale, i due contendenti per la corsa alla Casa Bianca sono passati dai duelli a distanza al confronto a tu per tu davanti alle telecamere che è stato seguito da oltre 100 milioni di spettatori negli Stati Unti e molti altri nel resto del mondo. Come durante la storica sfida tra Kennedy e Nixon che inaugurò la serie dei grandi scontri televisivi, anche Hillary Clinton e Donald Trump si sono sfidati senza esclusioni di colpi. Il primo round è andato con largo margine all'ex segretaria di stato che ha costretto all'angolo il rivale dopo avere esibito quanto di meglio ha in serbo, dalla determinazione alla straordinaria preparazione. Forse la moglie di un ex Presidente non sarà un mostro di simpatia, ma Trump è apparso privo di mordente. Trump vince solo se fa Trump, populista e guascone. Un po' pochino per guidare gli Stati Uniti. Nel finale di partita dopo questo primo faccia a faccia i sondaggi e la platea erano in maggioranza per la Clinton, come si conviene a un futuro Presidente. La Presidente!

   

        

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Pensioni: governo e sindacati firmano

 

Camusso: "Abbiamo affrontato una parte dei problemi, ma la piattaforma di Cgil, Cisl e Uil continua a vivere". Pedretti (Spi): "Primo risultato importante frutto della nostra determinazione". Il tavolo proseguirà su Ape e lavoratori precoci

 

Governo e sindacati hanno firmato un verbale condiviso (SCARICA IL PDF) sul sistema pensionistico. L'intesa è stata raggiunta nel corso di un incontro presso il ministero del Lavoro (qui le foto). Il verbale è la sintesi del lavoro fatto con i sindacati negli ultimi mesi. "È stata affrontata una parte dei problemi. Molte più cose e risorse sarebbero state necessarie e perciò la piattaforma di Cgil, Cisl e Uil continua a vivere". Questo il primo commento su Twitter del segretario generale della Cgil Susanna Camusso: "È iniziato un buon lavoro che però deve proseguire. Ciò che la Cgil non condivide – ribadisce Camusso – è lo strumento dell'Ape", cioè il prestito pensionistico.

    Con il verbale si individua in sostanza la road map che porterà l'esecutivo a introdurre la possibilità di andare in pensione di vecchiaia con 3 anni e 7 mesi di anticipo attraverso il prestito pensionistico (Ape), a erogare la 14esima alle pensioni basse, estendendone la platea precedentemente individuata, a elevare la no tax area, a prevedere i ricongiungimenti contributivi pro quota gratuiti e a includere i lavoratori precoci e quelli usuranti in questo nuovo percorso di anticipo pensionistico.

    Il documento, come annota Giuliano Poletti "fotografa le condivisioni ma anche le diversità espresse nel corso del confronto". Per questo è stata al momento rinviata a un approfondimento l'individuazione delle platee dei beneficiari dell'Ape agevolata, il prestito 'gratuito' previsto per alcune categorie di lavoratori disagiati, e quella dei lavoratori precoci a cui poter consentire di andare in pensione con 41 anni di contribuzione. Anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini conferma che il confronto proseguirà su Ape sociale e lavoratori precoci.

    "Dopo quattro mesi di confronto – scrive su Facebook il leader dello Spi Cgi Ivan Pedretti – abbiamo sottoscritto un protocollo d'intesa con il governo sulle pensioni. Erano dieci anni che non ci riuscivamo e per questo penso che oggi sia un giorno importante. Finalmente si danno risposte ai pensionati e ai pensionandi con interventi sulla quattordicesima, sulla no tax area, sui lavori usuranti, sui lavoratori precoci e sulle ricongiunzioni onerose. Nessuno ci ha regalato niente – aggiunge il sindacalista – e questa intesa è il frutto della nostra determinazione e della lotta dei pensionati e dei lavoratori. Non portiamo a casa tutto e ci vorrà ancora del tempo per riuscire a fare a pieno quello che vorremmo. Ma penso che quello di oggi sia davvero un buon punto di partenza. Per il sindacato e per le persone che ogni giorno cerchiamo di rappresentare".

   

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

 

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

ECONOMIA

 

Banche e multe miliardarie,

ma mancano le regole

 

Quanto hanno incassato le banche negli anni della

‘bonanza’, se sono disposte a pagare decine di miliardi?

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

La recente richiesta del Dipartimento di Giustizia americano alla Deut­sche Bank di pagare una multa di 14 miliardi di dollari per chiu­de­re il contenzioso negli Usa sulla ‘frode’ dei mutui subprime, e dei relativi derivati finanziari, ha una rilevanza che va ben oltre la cifra stessa.

Nel frattempo, sempre sulla stessa questione, quasi tutte le banche in­ter­nazionali too big to fail sono state chiamate a pagare altrettante mul­te miliardarie: nel 2013 la JP Morgan per 13 miliardi di dollari, nel 2014 la Citi Bank per 7 miliardi e la Bank of America per circa 17 mi­liardi, e poi la Goldman Sachs per 5,1 miliardi, la Morgan Stanley per 3,2 miliardi…

    Sono cifre importanti che pongono una serie di domande pressanti e inquietanti. Quanto hanno incassato le banche negli anni della ‘bonanza’, se sono disposte a pagare decine di miliardi? Si può presumere che abbiano incassato centinaia di miliardi, ingigantendo a dismisura i loro bilanci tanto da superare persino quelli di molti Stati. Non solo dei più piccoli o meno industrializzati.

    Inoltre, il danno prodotto all’intero sistema economico e finanziario globale è stato devastante. Si stanno ancora pagando gli effetti della recessione che ne è derivata. E’ ormai convinzione diffusa che sia stata proprio la grande speculazione sui mutui sub prime e sui derivati connessi a scatenare la più grande crisi finanziaria della storia.

    Con spregiudicatezza e arroganza le grandi banche hanno giocato forte ai ‘casinò della speculazione’ usando fiches non di loro proprietà, ma quelle dei risparmiatori, delle imprese e persino dei governi. E dopo il disastro hanno chiesto di essere salvate dalla bancarotta con i soldi pubblici!

    Quanto ci sono costate la speculazione e la crisi? E’ molto compli­cato cercare di quantificarne i danni e le perdite che hanno prodotto alle economie e alle popolazioni di tutti i Paesi colpiti. Sono sicu­ramente immensi, tanto quanto le responsabilità dei principali attori.

    Se si tratta di frodi conclamate, come è possibile che, con il semplice pagamento di una multa, i responsabili vengano sollevati da qualsiasi condanna civile e penale? Perché non vi è mai una responsabilità anche personale dei manager implicati? D’altra parte le multe sono di fatto pagate dai correntisti e dai clienti delle banche in questione.

    Tutto ciò fa sì che i cittadini perdano ulteriormente fiducia nella giustizia percependo, come nelle società prima delle repubbliche sovrane, l’esistenza di due o più mondi: uno per i semplici mortali sottoposti e spesso tartassati da una miriade di leggi e l’altro, quello degli ‘dei dell’Olimpo’, dove si fanno regole e leggi su misura.

    La questione più importante ovviamente riguarda la riforma del siste­ma bancario. La propensione ad un rischio incontrollato e illimitato è stata la molla della degenerazione dell’intero sistema. Le domande fondamentali, quindi, non riguardano solo il passato, ma soprattutto il presente e il futuro. Sono stati solo comportamenti sbagliati? Sono state introdotte nuove regole più virtuose? Sono stati messi a punto controlli opportuni? Purtroppo non ci sembra che si possano dare risposte incoraggianti a tali semplici domande.

    Anche l’Unione bancaria europea non sembra andare a fondo nella questione. Garantire maggiori capitali e riserve per far fronte ad eventuali nuove crisi è giusto, ma non affronta la questione alla radice.

    Fintanto che non si decide di introdurre una netta separazione ban­caria, come quella della Glass-Steagall Act negli Usa dopo la crisi del ’29, che distingua le banche commerciali da quelle d'investimento, proi­bendo alle prime di operare sui mercati speculativi, e fino a quando non si stabiliscono limiti ferrei ai derivati finanziari, le grandi banche too big to fail, purtroppo, si sentiranno autorizzate ad operare come sempre, business as usual.

    Tutto ciò non depone bene anche per le grandi manovre bancarie che riguardano il nostro Paese, non solo il Monte Paschi di Siena ma anche la Banca Popolare di Vicenza, la Veneto Banca, la Banca Etruria, ecc.

    In Italia purtroppo non si fa mai tesoro delle esperienze del passato. Si ha memoria corta. Eppure solo qualche decennio fa si verificarono i dissesti del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli. E agli inizi del 2000 vi furono le vicende della Parmalat, dei bond argentini, della Banca 121. Nonostante il puntuale documento finale della Commissione di Indagine parlamentare, nessuno ne ha tenuto conto: né la Banca d’Italia, né la Consob, né i governi.

    

     

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Da Avanti! online

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UN UOMO DI PACE

 

"L’ottimista e il pessimista muoiono allo stesso modo. Semplicemente vivono due vite diverse. Io preferisco essere ottimista". Così diceva Shimon Peres, morto a 93 anni. La morte dell’ex presidente israeliano, premio Nobel per la pace nel 1994 è stata riferita dalla radio militare, che ha interrotto la normale programmazione. Peres era stato colpito due settimane fa da un ictus che lo aveva costretto al ricovero in ospedale. Dopo le prime cure i medici avevano parlato di una condizione critica ma stabile. Poi d’improvviso il peggioramento delle condizioni di salute, seguite dall’arrivo in ospedale dei familiari e stanotte dalla morte.

 

di Redazione Avanti!

 

La sua eredità è il domani. Lo ha detto il figlio Chemi: "Ci ha ordinato di edificare il futuro di Israele con coraggio e saggezza, e di spianare sempre strade per un futuro di pace". I funerali di Shimon Peres dovrebbero svolgersi venerdì a Gerusalemme, forse alla presenza del presidente statunitense Barack Obama, secondo quanto anticipano i media locali. Domani la sua salma dovrebbe essere esposta alla Knesset, il Parlamento di Gerusalemme. Il Capo dello Stato Reuven Rivlin ha interrotto una visita ufficiale in Ucraina e sta rientrando in patria. I ministri stanno intanto convergendo verso Gerusalemme per partecipare alle ore 10:00 locali (le 9:00 in Italia) ad una seduta straordinaria di lutto del governo.

 

 

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Shimon Peres (1923 – 2016)

 

"Un uomo di pace, un socialista, un patriota convinto che ha lasciato una traccia indelebile nella coscienza del mondo libero ben oltre i confini del suo Paese", è quanto scrive Pia Locatelli, presidente dei deputati socialisti, in un messaggio inviato all’Ambasciata israeliana. "Nel momento in cui facciamo le nostre condoglianze al popolo israeliano – prosegue la parlamentare socialista – gli rivolgiamo un augurio che estendiamo anche al popolo palestinese, quello di poter lavorare tutti assieme affinché la scomparsa di Shimon Peres, dopo quella di Yitzhak Rabin e Yasser Arafat, non segni il tramonto definitivo degli accordi di Oslo, di quel processo negoziale che a oggi resta l’unica strada percorribile per portare la pace nella cornice di ‘due Stati per due popoli’. Il modo migliore per onorare oggi la memoria di Shimon Peres – conclude Locatelli – è quella di dimostrare con i fatti, che il cammino di una vita al servizio della pace, può essere ripreso e che le sue idee e la sua passione non sono stati inutili".

    Una delle figure più eminenti della travagliata storia recente: "Un uomo – ha detto Bobo Craxi – che ha cercato con la sua azione politica di difendere innanzitutto le ragioni della pace ed oggi ne piangiamo la mancanza. Fu un leader della Sinistra Israeliana ed un uomo di Stato che seppe trovare le ragioni dell’Unione anche coi propri avversari politici di un tempo come Sharon".

     "Ricordo – ha aggiunto – il suo discorso a noi Socialisti al Congresso dell’Ansaldo in quell’89 che cambiò la Storia del Mondo e suscitò molte speranze per la Pace in Medio Oriente. Ho avuto l’onore di incontrarlo nel dicembre del 2001 a Gerusalemme proprio all’esordio della Seconda Intifada.

    Ricordò con parole di sincera stima mio padre Bettino e disse di aver apprezzato i suoi sforzi per il dialogo con i palestinesi. Ironizzò, ormai con Arafat sembriamo vecchi amici, ma la sua visione delle cose era votata al pessimismo".

     "Rimangono di lui – ha concluso Bobo Craxi – le esperienze straordinarie di un uomo del Nostro Tempo che merita l’ammirazione di noi tutti. Esse sono illustrate e conservate nel Centro per la Pace a lui intestato ad Haifa (che ha voluto fosse costruito dall’italiano Massimiliano Fuksas) ed è un luogo di riflessione e di pace. Che la terra gli sia lieve".

    Con Shimon Peres, se ne va uno degli ultimi protagonisti della nascita d’Israele. Nato in Polonia nell’agosto 1923, Peres era giovanissimo nel 1948 quando Yitzhak Ben Gurion lo nominò capo della marina durante la guerra d’indipendenza che seguì alla proclamazione dello Stato d’Israele. Da allora è stato leader laburista, primo ministro, ministro degli Esteri, della Difesa, dei Trasporti e delle Finanze. Premio Nobel per la Pace, Peres fu anche il nono presidente d’Israele e fino all’ultimo, grazie al suo prestigio internazionale, ha svolto un ruolo di ambasciatore ufficioso del suo Paese.

    Nato con il nome di Shimon Perski, nel 1934 Peres emigrò con la famiglia nella Palestina sotto mandato britannico. Fra i fondatori del kibbutz Alumot, entrato nel 1947 nell’esercito della Haganah, il giovane Peres divenne un protetto del fondatore d’Israele, Ben Gurion. Dopo aver guidato la marina nel 1948, diventò direttore generale del ministero della Difesa con l’incarico di acquistare armi per l’esercito del nuovo Stato. Fu lui ad avviare il programma nucleare bellico, la cui esistenza Israele non ha mai confermato o negato.

    Peres è sempre stato un politico pragmatico orientato su posizioni a favore del negoziato con i palestinesi, senza però mai arretrare sulla sicurezza d’Israele. Fra i fondatori del partito laburista nel 1967, ne assunse la guida nel 1977 e in questa veste fu sconfitto per due volte alle elezioni. E’ diventato primo ministro nel 1984 in un governo di unità nazionale con il Likud, nel quale si alternò alla guida dell’esecutivo con il conservatore Yitzhak Shamir. Nel 1992 fu sconfitto nelle primarie interne laburiste da Yitzhak Rabin. Quando questi diventò primo ministro lo stesso anno, Peres assunse la guida degli Esteri. Fu quello il governo degli accordi di pace di Oslo con i palestinesi, grazie ai quali Rabin, Peres e il leader palestinese Yasser Arafat ottennero il Nobel per la pace nel 1984.

    Peres divenne primo ministro dopo l’assassinio di Rabin nel 1995 da parte di un estremista di destra israeliano. Ma fu poi sconfitto di misura alle elezioni del 1996 dal leader del Likud, Benjamin Netanyahu. Tornò al governo nell’esecutivo di unità nazionale guidato da Ariel Sharon, del Likud, con incarichi di ministro degli Esteri (2001-2002) e vice primo ministro (2002-2005).

    Nel 2005 lasciò i laburisti per partecipare al partito centrista Kadima di Sharon, che aveva come obiettivo la ripresa del negoziato di pace con i palestinesi. Nel 2007 Peres fu eletto capo dello Stato, mandato che ha esercito fino al luglio 2014 cercando di favorire il più possibile il dialogo con il mondo arabo e i palestinesi.

    Una delle sue ultime missioni fu la preghiera in Vaticano assieme al leader palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), su invito di Papa Francesco.

    Malgrado l’età avanzata – è stato uno dei capi di Stato più anziani del mondo – Peres si è mantenuto attivo fino all’ultimo come ambasciatore ufficioso d’Israele, curando le attività del suo Peres Center for Peace, fondato nel 1996.

 

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Da l’Unità online

http://www.unita.tv/

 

E ora per i sindacati

si parla un’altra lingua

 

C’è l’intesa, 6 miliardi in 3 anni. Nel vertice di ieri è stato raggiunto un importante accordo sugli impegni che l’esecutivo dovrà assumere

 

di Stefano Minnucci - @StefanoMinnucci

 

Governo e sindacati hanno firmato un verbale condiviso sul sistema pensionistico. A siglare il testo è il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, insieme ai tre leader di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo.

    L’intesa di ieri, raggiunta grazie alla regia di Poletti e con il costante contributo del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, assume un significato politico molto rilevante in primo luogo perché arriva dopo un lungo confronto, aperto, durato diversi mesi (il dialogo è cominciato a maggio). E in secondo luogo in quanto certifica la fine di una fase in cui i rapporti tra le due parti non sembravano più attraversare momenti di serenità.

    L’intesa si traduce in un verbale finale di 5 pagine che riassume gli impegni dell’esecutivo. "Abbiamo rappresentato l’intenzione del Governo di rendere disponibili sei miliardi in tre anni – aggiunge inoltre Poletti parlando di risorse – e questa previsione fa i conti con il quadro generale di finanza pubblica e siccome sono interventi strutturali, avremo una distribuzione che parte più bassa e cresce nel tempo".

    Il dialogo tra le parti comunque proseguirà. Restano infatti alcuni dettagli da stabilire. Ad esempio sull’Ape (anticipo pensionistico) agevolato – si legge nel verbale – le categorie, "nonché l’ammontare del reddito ponte agevolato, saranno individuate dopo un confronto tra governo e sindacati".

    Ma i capitoli generali sono ormai definiti: Ape fino ad un massimo di tre anni e sette mesi, bonus per i precoci (coloro che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni, che potrebbe però essere limitato ai ‘super-precoci’, a chi cioè ha cominciato a lavorare prima dei 16 anni), aumento della cosiddetta quattordicesima: verrà riconosciuta ai pensionati con redditi complessivi personali fino a mille euro al mese (2 volte il trattamento minimo) con la platea dei beneficiari che sarà così elevata dagli attuali 2,2 milioni a 3,3 milioni di pensionati.

    Già in mattinata Poletti aveva ribadito che in questi mesi di dialogo è stato fatto un "buon lavoro e pensiamo di essere vicini a una sintesi". E la sintesi alla fine è arrivata, soprattutto dopo aver sciolto il vero nodo su cui si doveva discutere ieri, quello sulle risorse: non a caso l’appuntamento è arrivato soltanto dopo il varo della Nota di aggiornamento del Def, dunque con un quadro più definito delle risorse che il governo metterà a disposizione per le varie misure.

    La soddisfazione dei sindacati - "È stato fatto un buon lavoro ma non si può dire che sia concluso", afferma la leader della Cgil, Susanna Camusso, al termine dell’incontro. Il verbale sugli interventi previdenziali, sottolinea comunque Camusso, dà atto anche di "ipotesi non condivise". In particolare, ha sottolineato, "rispetto alle aspettative iniziali sarebbero state necessarie più risorse e più cose". Ad esempio per i giovani e le loro pensioni, per i quali "sono stati definiti i titoli ma non c’è la traduzione in una soluzione".

    Secondo il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, il confronto "ha portato a dei risultati, anche se restano ancora delle questioni da chiarire e la discussione continua". Anche per Barbagallo in ogni caso "è stato fatto un buon lavoro, in particolare con l’estensione a 1,2 milioni di pensionati della quattordicesima".

    Ancora più ottimista la reazione della leader della Cisl, Annamaria Furlan, "Finalmente i pensionati vedono un po’ di giustizia dopo tanto anni di manovre sempre in negativo" afferma al termine del vertice, osservando come ci sia stato un "cambio di paradigma. Ora si usa un linguaggio di coesione sociale e non di spaccatura tra generazioni. Non ci accontentiamo, il lavoro va avanti ma il dialogo con il governo è stato produttivo, cosa che fino a un anno fa era difficilmente immaginabile".

 

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FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

La trasparenza di Grillo?

Ricorda il Politburo…

 

"Ringrazio di cuore tutti i portavoce M5s che non faranno né dichiarazioni né interviste su Roma nei prossimi giorni. Grazie di cuore a tutti". L’autore di questo ironico ordine (rivolto ai parlamentari del suo partito) è Beppe Grillo, il fondatore del Movimento 5 stelle, l’uomo che accusa i giornalisti (con le conseguenze che si sono notate a Palermo) di produrre informazione edulcorata, l’uomo che da anni ci parla di democrazia diretta, di trasparenza, di una politica che si svolge all’interno di una casa di vetro con interni a vista come le cucine dei ristoranti. Ma da "uno vale uno" siamo direttamente passati al Politburo di scuola veterostalinista. Un bel passo in avanti.

         

             

Da vivalascuola riceviamo

e volentieri pubblichiamo

 

La "Buona Scuola" di Renzi…

 

Un colabrodo che fa acqua da tutte le parti. Ma nessuna legge ci impedirà di impostare il nostro lavoro con impegno, esperienza, empatia, passione e spirito democratico.

 

di Giorgio Morale

 

In questa puntata di vivalascuola Carmelo Palladino dà conto dei disastri che la legge 107 sta provocando nelle scuole.

 

https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2016/09/19/vivalascuola-211/

 

Adolfo Scotto Di Liuzio collega la legge 107 all’esaurirsi delle motivazioni ideali della scuola democratica del Novecento, Marina Boscaino esprime lo stato d’animo che si respira nelle scuole, Mauro Presini ci fornisce le parole per l’augurio iniziale:

    "Nessuna legge, per quanto ingiusta e "sbagliata", ci impedirà di impostare il nostro lavoro con impegno, esperienza, empatia, passione e spirito democratico, facendo del nostro meglio per dimostrare che i cambiamenti si realizzano dal basso partendo dalla comunità-classe, a prescindere da tutti i disincentivi che ci vengono imposti dall’alto".

"Buon anno scolastico", quindi, "a chi insegna e non si rassegna"!

   

                    

LETTERA  (CLANDESTINA)  DA MILANO

 

La "grande riforma" di Craxi non

c’entra nulla con la deforma Boschi

 

Cari compagni, arcistufo di sentir tirare in ballo Craxi

a proposito della deforma Boschi, ho scritto questo testo.

 

Il dibattito sul referendum costituzionale del prossimo autunno è accompagnato dalla pubblicazione di numerosi saggi nei quali si ricostruisce la storia dei ripetuti tentativi di riformare la nostra Costituzione che, nel corso dei decenni e con alterne fortune, hanno visto impegnati esponenti politici, commissioni bicamerali e governi.

    Tra i più recenti è il caso di menzionare il libro di Nadia Urbinati e David Ragazzoni "La vera Seconda Repubblica - l’ideologia e la macchina" e quello di Antonio Ingroia "Dalla parte della Costituzione - da Gelli a Renzi: quarant'anni di attacco alla Costituzione".

    Ho l’impressione che nessuno di questi autori si sottragga al vizio di inserire Craxi e la sua idea di Grande Riforma dello Stato in un indistinto calderone con tutti gli altri che nei decenni hanno mirato a stravolgere la nostra Carta fondamentale e questo mi induce, da socialista impegnato per il No alla deforma Renzi-Boschi, a proporre qualche considerazione critica.

    Se si vuole evitare di fare di tutte le erbe un fascio, di appiattire disegni molto diversi tra loro in un coacervo senza tempo, nella classica notte in cui tutte le vacche sono nere, occorre tracciare alcune nette linee di demarcazione.

    La prima è di carattere storico, giacché il diverso contesto politico nel quale le proposte di riforma si sono via via inserite è di decisiva importanza.

    Fino alla caduta del muro di Berlino la nostra democrazia ha vissuto in una condizione patologica.  Eravamo una democrazia bloccata perché, essendo l'opposizione di sinistra egemonizzata dal più grande partito comunista dell'occidente, non è mai stata possibile quella fisiologica alternanza tra diverse coalizioni di governo che invece altrove era la regola.  Questo ha fatto sì che durante tutto il corso della cosiddetta Prima Repubblica vi fosse un gruppo di partiti permanentemente al potere, la Dc ed i suoi alleati, e che di conseguenza si creasse quella commistione insana tra partiti ed amministrazione pubblica che è stata chiamata partitocrazia.   Anche la cronica instabilità dei governi di quell'epoca deriva principalmente dalla stessa patologia, visto che le normali fibrillazioni prodotte dalla dialettica politica, non potendo mai trovare sfogo in una vera alternanza, si traducevano in crisi governative foriere ogni volta di balletti di poltrone e limitati aggiustamenti programmatici, ma nell'ambito di una stabilità sostanziale tale da rasentare il rigor mortis.

    L'idea di Craxi, peraltro rimasta a livello di ipotesi politica e mai trasfusa in definite proposte di revisione costituzionale, era quella che per forzare questa situazione di paralisi di cui all'epoca – si parla del 1979! – nessuno vedeva la fine, potesse servire una riforma del sistema politico tale da imporre una competizione tra proposte di governo (e non solo tra singoli partiti come accadeva allora) e così stimolare una vera alternanza, una democrazia compiuta. Il sistema semipresidenziale francese, che proprio in quegli anni vedeva l'impetuosa crescita del partito socialista e del suo leader Mitterrand (che nel 1981 sarebbe stato eletto per la prima volta presidente), pareva il modello più adatto allo scopo.

    È innegabile che dentro questa riflessione vi fosse anche un calcolo di parte perché solo un netto cambiamento dei rapporti di forza tra comunisti e socialisti avrebbe potuto consentire, proprio come stava accadendo in Francia, di rendere rassicurante e dunque competitiva una coalizione di sinistra; però la diagnosi del male italiano e la strategia per curarlo erano corrette.

    Di tutt'altro segno sono i progetti di "Grande Riforma" che hanno accompagnato la nascita e poi il corso della cosiddetta Seconda Repubblica.  Essi non hanno avuto più lo scopo di creare le condizioni dell'alternanza, che dopo la fine della guerra fredda e la trasformazione del Pci erano ormai acquisite, bensì quello di produrre un prosciugamento della democrazia, attraverso la trasformazione dei partiti in ectoplasmi, la personalizzazione forsennata della politica, lo svuotamento del parlamento e delle assemblee politiche locali, la concentrazione illimitata del potere negli esecutivi, la sterilizzazione della sovranità popolare attraverso leggi elettorali incostituzionali che stravolgono il principio di rappresentanza.

    La seconda linea di demarcazione riguarda il merito dei disegni riformatori.  Altro è delineare a viso aperto una riforma in senso presidenziale, riprendendo proposte che furono avanzate all'assemblea costituente da personaggi del calibro di Piero Calamandrei e Leo Valiani e che comprenderebbero sia nel modello statunitense sia in quello semipresidenziale francese tutti i pesi e contrappesi del caso, e altro è tentare di introdurre surrettiziamente adulterazioni del nostro modello costituzionale attraverso forme di premierato assoluto instaurate de facto da inediti e selvaggi meccanismi ultramaggioritari.

    Quest'ultima tendenza, che è davvero eversiva sia nei metodi sia negli obiettivi, raggiunge l'apoteosi nella Grande Riforma prodotta dal governo Renzi e sulla quale saremo chiamati, prima o poi, ad esprimerci nel referendum.  In essa, alcune mirate manomissioni della funzione legislativa, presentate come innocenti razionalizzazioni a fini di efficienza e risparmio, sono funzionali al solo scopo reale di portare a compimento lo stravolgimento della democrazia parlamentare innescato dall'Italicum, senza ahinoi portarci al vero presidenzialismo con la sua accurata separazione dei poteri.

    No, obiettivamente Craxi non merita di essere annoverato tra i progenitori di questo scempio.

   

Luciano Belli Paci, Milano

 

       

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

 

 

Allegato Rimosso
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