L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 22 settembre 2016 |
Il GRUPPO DI VOLPEDO rete dei circoli socialisti e libertari del nord ovest d’Italia
invita tutti i socialisti ovunque essi siano al NONO FORUM DEI CIRCOLI SOCIALISTI VOLPEDO (AL) Domenica, 9 ottobre 2016, dalle ore 9.30 PIAZZA QUARTO STATO (in caso di maltempo la manifestazione si terrà presso la struttura del mercato coperto) Programma 9,30 Inizio dei lavori 1. La Germania e l’Europa La storia Marco BRUNAZZI, Istituto Salvemini, Torino L’avvenire Gian Enrico RUSCONI, Professore Emerito UniTo Valerio CASTRONOVO, Presidente Istituto Salvemini, Torino Moderatore Andrea ERMANO, Direttore de L’Avvenire dei Lavoratori, Zurigo Segue discussione aperta
Gian Enrico Rusconi La Germania è stata una potente locomotiva di traino dell’Europeismo. Fino al cancellierato del socialdemocratico Helmut Schmidt (1918-2015) è prevalsa una politica che potremmo definire di una Germania Europeista. Successivamente, dopo la Caduta del Muro e in particolare in questi ultimi anni, la politica tedesca ha cambiato segno, assumendo i tratti di un tentativo di germanizzare l’Europa. Gli atteggiamenti dei leader tedeschi si sono fatti sempre più scettici nei confronti dei partner europei e in particolare verso quelli del sud. Le scelte lassiste di molti paesi dell’Europa meridionale hanno accentuato questa propensione, e non aiuta la comprensione reciproca il reiterato tentativo di proseguire lungo strade dimostratesi perdenti, ma non aiuta neppure la politica di un Paese che pervicacemente rifiuta qualsiasi scelta che anche lontanamente ricordi le lezioni di Keynes, oggi più che mai utili per superare la crisi. La paura di non essere compresi dal proprio elettorato nazionale, appropriatasi del Governo Merkel, blocca ogni prospettiva di avvio di politiche economiche sovranazionali, uccidendo la possibilità di creare un blocco pro euro stabile e favorendo in tal modo i movimenti euroscettici e populistici. È sempre più urgente una presa d’atto da parte dei socialisti tedeschi ed europei che non si possono più ripetere gli errori d’inizio Novecento, e che è giunto ormai il tempo di avviare l’unico progetto politico-organizzativo in grado di battere conservatori e populisti: la costituzione di un nuovo PARTITO SOCIALISTA EUROPEO SOVRANAZIONALE. Noi del Gruppo di Volpedo lo diciamo ormai da otto anni. 12,45 La Fiumana 2016 13,00 Pranzo 15,00 Ripresa dei lavori 2. Dal Referendum alla Consulta passando per Volpedo Interventi di: Felice BESOSTRI, Presidente Gruppo di Volpedo Carla NESPOLO, Vice-Presidente nazionale A.N.P.I. Bobo CRAXI, Presidente Comitato Socialista per il NO 18.00 conclude i lavori GianLuca CHIESA, Portavoce Gruppo di Volpedo Nel pomeriggio di Volpedo 9 si discuteranno due questioni politiche di grande impatto sul futuro della Democrazia in Italia: 1) la nuova legge elettorale e 2) la revisione della Costituzione. Il nono Forum dei Socialisti avrebbe dovuto collocarsi appena dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sui ricorsi sulla legge elettorale presentati dal Presidente del Gruppo di Volpedo, Felice BESOSTRI. “Avrebbe dovuto”… se la Consulta non avesse rimandato il pronunciamento. La speranza resta comunque che, dopo la precedente sentenza 1/2014, per la seconda volta il nostro Presidente veda riconosciuta la sua determinazione nel mettere in discussione una politica che da dieci anni disconosce il buon diritto di tutti gli elettori nel vedere rappresentato il proprio voto in rapporto alla formazione del Parlamento.
Felice Besostri Il ballottaggio previsto dall’Italicum è un trucco atto a esonerare dal conseguimento della soglia che sola darebbe loro diritto a un premio di maggioranza. I capilista bloccati ripetono tutti i difetti del Porcellum, con l’effetto di un Parlamento che sarebbe composto da una Camera fatta per il 60% da “nominati” e un Senato che, nel “combinato disposto” tra legge elettorale e revisione costituzionale, si vedrebbe formato da membri a mezzo servizio. A quel punto, l’unica speranza di salvezza per la Democrazia sarà lasciata alla bontà democratica del Presidente del Consiglio. I socialisti che stanno costituendo Comitati per il NO in tutta Italia continueranno a battersi per il ritorno a un sistema che riconosca piena rappresentatività a tutte le idee politiche, nel nome della Democrazia Costituzionale, da sempre tratto distintivo del socialismo. Dov’è Volpedo Dalle autostrade A21 Torino-Piacenza-Brescia e A7 Milano-Serravalle-Genova si esce al casello di Tortona. Usciti dallo svincolo, a metà del viadotto sulla ferrovia TO-GE, sulla destra c'è la deviazione per Volpedo, si gira verso Tortona, si supera lo Scrivia e, prima di entrare in città, si svolta a sinistra, di li in poi la strada è ben indicata da segnali turistici color marrone con la dicitura Volpedo o Val Curone. Superati gli abitati di Viguzzolo e Castellar Guidobono si giunge a Monleale, al semaforo si gira a sinistra, oltre il ponte sul Curone c'è il centro abitato di Volpedo. Un grazie al Sindaco Giancarlo CALDONE e all’Amministrazione comunale per la disponibilità dimostrata, nonché a Riccardo BRERO e allo staff degli Orti di Alessandria per gli ottimi manicaretti che ogni anno allietano i nostri incontri.
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SPIGOLATURE Fatti e misfatti di cui siamo testimoni Dire che stiamo vivendo in un periodo difficile della nostra democrazia è quasi un'ovvietà… di Renzo Balmelli MEMORIA. Al cospetto dei fatti e misfatti di cui siamo testimoni, dire che quello che stiamo vivendo è un periodo difficile della nostra democrazia è quasi un'ovvietà. Stretta tra due pericoli maggiori, il terrorismo di matrice jihadista da una parte, il neo fascismo nazional populista dall'altra, la società sta attraversando una profonda crisi dalle molteplici sfaccettature etiche, politiche e culturali. A volte pare addirittura in affanno nel produrre gli anticorpi atti a contrastare le malsane pulsioni oscurantiste. Fortunatamente c'è la sinistra che assieme agli altri schieramenti progressisti tiene il punto per non darla vinta a chi trama nell'ombra. Sotto tiro sono finiti i valori che affondano le radici nel nostro comune vissuto e che non sono retorica, ma lo strumento indispensabile per crescere e per guardare avanti nel rispetto della memoria troppo manipolata e troppo poco condivisa. Contro i ripetuti attacchi impregnati di razzismo e xenofobia, l'Europa può e deve offrire una risposta forte attraverso solide forme di resistenza morale che però, per non fallire, non consentono di abbassare la guardia anche soltanto per un secondo. GALASSIA. Non è la prima volta, e non sarà nemmeno l'ultima, che l'estremismo di destra, imbevuto di sconsiderate ideologie, prova a conquistare spazio col suo linguaggio vieppiù esplicito e aggressivo. In questa galassia tenuta assieme non da un programma ma da un impasto di volgarità e slogan fallaci, non passa giorno senza che vengano aggiunti altri mattoni al muro dell'odio eretto contro il mondo e la civiltà. E non è difficile immaginare quale potrebbe essere lo scenario se la corrente eversiva a furia di cavalcare la paura tra le pieghe della sfiducia e dell'insoddisfazione, dovesse moltiplicare i consensi ai prossimi grandi appuntamenti elettorali in Austria, Germania, Francia. La deplorevole tendenza di indicare un capro espiatorio ha individuato la causa di tutti i mali nei migranti, facendoli diventare la facile preda e il comodo pretesto per procacciare consensi. In quest'ottica, senza un deciso cambio di passo si finirà col correre verso una tragedia umanitaria di proporzioni bibliche, mentre già adesso più non si contano le fosse in quell'orrendo cimitero in cui si è trasformato il Mediterraneo. SFIDE. Neppure il più fervente europeista poteva restare indifferente di fronte alla scarsità di proposte uscite dal vertice di Bratislava che ha disatteso clamorosamente le aspettative della vigilia. Sola voce fuori dal coro del conformismo di facciata a farsi sentire è stata quella dell'Italia. L'Italia che dopo avere dato tante dimostrazioni di generosità non vuole più essere lasciata sola a gestire l'emergenza dei profughi, ma esige che la crisi venga affrontata e risolta nei luoghi di provenienza. Giustamente, viene da dire. A Palazzo Chigi si possono rimproverare molte cose, ma non di essere rimasto inoperoso nel dare la sveglia ai 27 che non sono riusciti ad andare oltre il proprio orticello. La sfuriata sarà stata anche il frutto di impellenti urgenze elettorali legati al referendum costituzionale. Ma se non tutto è inganno vogliamo credere, una volta tanto, che il messaggio fosse invece indirizzato a tutti coloro i quali hanno a cuore l'uomo e il suo destino. Porsi domande serie di fronte alle sfide del nostro tempo è l'unico modo possibile d'altronde per preparare degnamente i 60 anni dello storico Trattato di Roma della prossima primavera prima che la sua eredità si disperda ai quattro venti. NODI. L'attuale capo del Cremlino, confortato dal risultato delle legislative, non si è tolto né mai si toglierà le scarpe all'ONU brandendole in segno di sfida all'occidente come fece Nikita Kruscev. Non è nel suo stile. Qualcosa di simile tuttavia lo accomuna nell'immaginario collettivo al suo lontano predecessore. Parliamo della forte identificazione nel mito della grande e allegorica Madre Russia che tra la gente non è mai venuta meno neanche nelle circostanze più drammatiche. Se quel gesto clamoroso e così poco diplomatico non salvò l'ex segretario del Pc dall'epurazione, non di meno, anni dopo, grazie a un sondaggio che fece molto discutere, lo riabilitò agli occhi dell'opinione pubblica, appunto sempre molto sensibile su questo argomento, quale vigoroso interprete dell'orgoglio patriottico. Se ora Putin naviga indisturbato verso altri traguardi, potendo disporre alla Duma di un docile strumento al suo servizio, una delle ragioni è data proprio dal fatto che la maggioranza degli elettori ha visto in lui, forse per effetto di fascinose e nostalgiche analogie, l'alfiere del ritorno alla grandezza della Russia sul piano internazionale. Ovviamente fino a quando l'incanto durerà. |
Da CRITICA LIBERALE riceviamo e volentieri pubblichiamo L’addio a Carlo Azeglio Ciampi L’addio a Carlo Azeglio Ciampi è particolarmente doloroso per chi ostinatamente ancora partecipa della cultura laica e risorgimentale di matrice liberale in senso lato. di Giovanni Vetritto Ciampi è stato un personaggio decisivo dell’ultimo scorcio del ‘900 italiano; si è reso protagonista di scelte ancora discusse, non prive di lati oscuri e ragioni di critica; ma al netto di tutto è stato l’ultimo grande protagonista della vita politica italiana per il quale non solo il passato, ma anche la pratica quotidiana, lasciavano trasparire un livello culturale e una gestione dei temi politici in continuità con la grande tradizione del riformismo borghese, problemista e laico. Il passato, innanzitutto. Ciampi si formò alla Normale di Pisa, dove divenne un convinto seguace di Guido Calogero; l’uomo che lo riparò, in Abruzzo, quando, giovane militare, Ciampi finì sbandato dopo l’8 settembre. Con Calogero Ciampi entrò nella resistenza e nel Partito d’Azione, diventando il diffusore del “Catechismo liberalsocialista” nel Sud, assieme a Tommaso Fiore. Una discendenza alta, dunque; una filiazione intellettuale che ritroveremo nella fase della Presidenza della Repubblica, quando una vena ancor più risorgimentale che resistenziale animò un forte tentativo di rilanciare simboli e sostanza della “religione laica” delle istituzioni e della democrazia; a partire da quell’inno scritto da un giovane repubblicano anticlericale, massacrato dalle pallottole francesi nella vana difesa della Repubblica romana del 1849. Entrato al servizio delle istituzioni in una carriera tra le più prestigiose, quella della Banca d’Italia, Ciampi rimase visibilmente legato al mondo della sinistra democratica, con frequentazioni e atteggiamenti riservati e non sempre noti; uno per tutti l’adesione pluriennale alla CGIL. Vai al sito di Critica liberale |
LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it ROSSO VIVO La Cgil fa 110 anni, il 29 settembre festa a Piazza del Popolo La Cgil compie 110 anni e il 29 settembre festeggerà a Roma in Piazza del Popolo a partire dalle ore 17. Una festa, spiega il sindacato, che coincide con il termine della raccolta firme per la Carta dei diritti universali del lavoro iniziata il 9 aprile scorso. La serata di musica e spettacolo vedrà vari artisti alternarsi sul palco: Enzo Avitabile, Paolo Hendel, Med Free Orkestra feat Kutzo e Leo Pari, Modena City Ramblers, Fabrizio Moro, Andrea Perroni. Lo spettacolo sarà presentato da Natasha Lusenti. Ai festeggiamenti parteciperà il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. |
ECONOMIA A Vladivostok Russia e Giappone lavorano insieme. E l’Europa? Il continente euroasiatico è per metà europeo, come dice il nome stesso. E’ lecito domandarsi quando l’Europa assumerà il ruolo che dovrebbe naturalmente svolgere rispetto ai nuovi scenari economici e geopolitici che si stanno profilando? di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi) e Paolo Raimondi, Economista Non deve sorprendere se la dichiarazione finale del recente summit del G20 tenutosi a Hangzhou in Cina è la solita retorica piena di belle parole e buone intenzioni. Come al solito sono gli Usa, anche con il sostegno non sempre entusiasta dell’Ue e dei Paesi europei, a dettarne il contenuto. Ciò stride non poco con gli interventi propositivi e concreti di alcuni altri attori, non ultimi la Cina, la Russia e il Giappone. Il presidente cinese Xi Jinping, alle mere enunciazioni, ha contrapposto i grandi progetti in corso di realizzazione, i corridoi di sviluppo infrastrutturale della Silk Road Economic Belt, che collegheranno l’Oceano Pacifico a quello Atlantico e all’Europa, e quelli della 21st Century Maritime Silk Road, la strada marittima che collegherà la Cina all’India e oltre. E’ importante rilevare che in merito l’Asian Infrastructure Investment Bank è già molto attiva con le sue grandi linee di credito. Nelle sue parole Xi ha legato la realizzazione di questi grandi progetti e la costruzione di numerose zone di libero scambio sul territorio cinese con l’intenzione di rendere il renminbi una forte moneta internazionale nel quadro di un necessario miglioramento della governance economica globale. Presentando il programma “Blueprint on Innovative Growth” ha delineato con chiarezza i settori prioritari del nuovo sviluppo globale, tra cui “l’innovazione, una nuova rivoluzione scientifica e tecnologica, la trasformazione industriale, l’economia digitale e l’interconnessione delle reti infrastrutturali”. Per chiarire lo stato reale dell’economia produttiva cinese egli ha ricordato che, nel primo semestre dell’anno, essa è cresciuta del 6,7%. La pochezza e la scarsa portata del summit balzano con netta evidenza se si considerano i risultati del Forum Economico di Vladivostok tenutosi il giorno prima tra il presidente Putin, il primo ministro giapponese Shinzo Abe, il presidente della Corea del Sud, la signora Park Geun-hye, e l’ex premier australiano Kevin Rudd. Putin ha presentato il suo programma più ambizioso, quello di trasformare il Far East nel centro dello sviluppo sociale ed economico della Russia. Tra i progetti illustrati ci sono la realizzazione congiunta di un “super ring” di infrastrutture energetiche che metterà in relazione Russia, Cina, Corea e Giappone, la costruzione di infrastrutture di trasporto trans-euroasiatiche e regionali, quali i corridoi Primorye 1 e 2 che collegheranno le regioni cinesi del nord e i porti russi, nonché la costruzione della sezione russa della nuova Via della Seta che dovrebbe collegare la Cina all’Europa. Putin ha lanciato ai suoi interlocutori l’idea di realizzare un polo internazionale per le scienze, l’istruzione e le tecnologie sull’isola di Russky di fronte al porto di Vladivostok dove si prevede anche una grande zona di libero scambio. Sono progetti concreti di indubbia rilevanza che sollecitano ulteriori coinvolgimenti, anche europei, per accelerare la ripresa della crescita globale. Per simili grandi lavori la Russia ha già creato un Far East Development Fund che concederà prestiti al tasso di interesse del 5%, meno della metà del tasso di sconto della Banca centrale russa. Certamente è importante l’accordo siglato con la grande Japan Bank for International Cooperation per finanziare i progetti relativi al porto di Vladivostok che vedono la partecipazione di imprese giapponesi. Tra le altre iniziative concrete c’è il fondo di sviluppo russo-cinese per investimenti nel settore agroalimentare. L’importanza delle joint venture russo-coreane, in particolare quelle negli investimenti di Vladivostok, è stata sottolineata dalla presidente coreana Park, anche in vista dell’apertura del passaggio artico della Northen Sea Route. Park ha ricordato inoltre che la politica di isolamento è fondamentalmente sbagliata. Lo dimostrano le esperienze del passato come quella della Grande Depressione quando l’aumento dei dazi da parte di molti Paesi provocò una riduzione del 40% del commercio in quattro anni. Dal resoconto del Forum emerge tuttavia che l’intervento politico più pregnante sembra quello pronunciato da Shinzo Abe: “Trasformiamo Vladivostok nella porta che unisce l’Eurasia con il Pacifico”. I rapporti e le joint venture tra i due Paesi si sono fortemente consolidati, tanto che il governo giapponese ha creato uno specifico Ministero per la cooperazione economica russo-giapponese. Al Forum di Vladivostok l’UE e i Paesi europei erano totalmente assenti, evidenziando ancora una volta, come sottolineato anche da Romano Prodi, che siamo giunto al “momento più basso del cammino dell’Europa verso il processo di armonizzazione tra gli Stati”. Il Giappone, invece, sta dando una grande lezione di politica, non solo economica. Certo, ha aderito, sotto pressione americana, alle sanzioni contro la Russia, ma ora Tokyo si muove in modo assai indipendente. Il continente euroasiatico è per metà europeo, come dice il nome stesso. E’ lecito domandarsi quando l’Europa assumerà il ruolo che dovrebbe naturalmente svolgere rispetto ai nuovi scenari economici e geopolitici che si stanno profilando? |
Da Avanti! online www.avantionline.it/ E’ MOZIONE L’Aula di Montecitorio ha approvato la mozione della maggioranza con cui la Camera si impegna ad avviare una discussione sull’Italicum. di Ginevra Matiz Respinte mozioni di Sinistra Italiana, M5s e centrodestra. La mozione di Si ha avuto 207 voti contrari, 101 favorevoli e 72 astenuti. Il documento dei pentastellati ha avuto 314 voti contrari e 74 favorevoli. Infine quella del centrodestra è stata respinta da 315 voti, ha avuto 43 voti a favore mentre 124 si sono astenuti. Il documento presentato da Pd e firmato anche da Ap e componenti del gruppo Misto, ha ottenuto 293 sì e 157 no. La maggioranza è pronta a discutere eventuali proposte di modifica all’Italicum “nelle sedi competenti”. Nella mozione si dà dunque la disponibilità ad aprire “una discussione al fine di consentire ai diversi gruppi parlamentari di esplicitare le proprie eventuali proposte di modifica della legge elettorale attualmente vigente e valutare la possibile convergenza sulle suddette proposte”. Tra le mozioni poste al voto ci sono, oltre a quella della maggioranza e quella di Sinistra Italiana, la prima ad essere stata presentata, anche quella di FI-Lega-FdI. Maria Elena Boschi, ministro per le riforme, ha espresso parere contrario su tutte le mozioni all’infuori di quella di maggioranza. La minoranza del Pd ha fatto sapere che non voterà a favore della mozione di maggioranza. La mozione di maggioranza - La maggioranza, come si legge nella mozione, valuterà le possibili “convergenze” ma non indica, come invece era stato chiesto da alcuni, anche della minoranza dem, un modello che rappresenti la base del dibattito. Lo stesso premier Matteo Renzi ieri, da New York, aveva auspicato che, dopo la posizione dei Cinquestelle, venissero messe sul tavolo anche quelle di “Berlusconi e Salvini”. Nel documento di maggioranza si ricorda che l’Italicum è entrato in vigore l’11 luglio di quest’anno ed “è attualmente in corso un ampio dibattito politico su possibili e articolate ipotesi di riforma”. La firma di Ap - Insomma alla fine Pd e Ap hanno trovato una intesa sulla mozione. Una mozione che però non entra nei dettagli dei cambi sul sistema di voto e quindi lascia liberi “i diversi gruppi parlamentari di esplicitare le proprie eventuali proposte di modifica della legge elettorale attualmente vigente e valutare la possibile convergenza sulle suddette proposte”. “Con la firma della mozione di maggioranza – ha detto il capogruppo di Ap Maurizio Lupi – si riporta finalmente il dibattito nel luogo deputato a discutere delle modifiche all’Italicum, cioè il Parlamento. La strada che noi di Area popolare abbiamo individuato, annunciando la presentazione di una mozione, ha portato infatti alla stesura di un testo comune delle forze di maggioranza che ha come conseguenza la calendarizzazione in Aula”. “In modo da dare attuazione procedurale alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio nonché segretario del Pd che più volte si è detto disponibile a modifiche dell’Italicum e a rimettersi alla volontà del Parlamento. Adesso, aspettiamo di vedere le proposte di ogni schieramento, noi di Area Popolare abbiamo la nostra che articoleremo durante la discussione oggi in Aula”. Le richieste dei socialisti - I socialisti hanno presentato in Aula le proprie richieste per una revisione dell’Italicum. Le ha avanzate da Pia Locatelli, capogruppo del Psi alla Camera, nel corso della dichiarazione di voto sulle mozioni per la riforma della legge elettorale. Queste riguardano l’introduzione del premio di coalizione, la verifica dell’opportunità del ballottaggio, l’aumento della vicinanza tra elettori ed eletti, l’introduzione di un certificato antimafia per le liste. “Insistiamo – ha sottolineato Pia Locatelli – sulla proposta per il premio alla coalizione: i partiti, in particolare quelli che hanno fatto la storia del nostro Paese, non si aboliscono per legge, al massimo li aboliscono gli elettori e le elettrici con il loro voto”. “Per quanto riguarda il ballottaggio – ha aggiunto Pia Locatelli – riteniamo che il tema debba essere ‘verificato’ perché è cambiata la situazione nel paese: un sistema tripolare è molto diverso da un sistema politico dove si confrontano due blocchi contrapposti. Va garantita la stabilità dei governi ma non può essere gettata in un cestino la rappresentanza. Va considerata, inoltre, l’esigenza di avvicinare di più eletti ed elette con il corpo elettorale, siamo pronti a dare il nostro contributo per trovare i modi per favorire una ulteriore vicinanza. Infine evidenziamo ancora una volta che il testo attuale non affronta il tema della disciplina del conflitto di interessi e l’introduzione di un certificato antimafia per le liste, un filtro preventivo alle candidature per togliere alibi ai partiti che a volte fingono di non sapere”. Le reazioni della minoranza - Le prime reazioni che arrivano dalla minoranza del Pd alla mozione sono tutt’altro che positive. Miguel Gotor definisce la mozione una “divertente presa in giro. Credo che tutta l’Europa ce la invidierà presto”. Molto duro l’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani: “La mozione della maggioranza dà l’idea che non si voglia far nulla”. “Il governo prenda un’iniziativa – ha aggiunto – come fece con l’Italicum”. E su Renzi aggiunge: “Prima diceva che l’Italicum era una legge perfetta, ora che si può migliorare. Si decida, ammetta che ha fatto un errore, si apra un confronto vero”. E attacca: “A tutto c’è un limite, voglio ricordare che le volpi finiscono in pellicceria…”. La minoranza Pd non parteciperà al voto sulle mozioni, lo ha detto Roberto Speranza, nonostante con la mozione finalmente si riconosce “la non intangibilità dell’Italicum”. Una mozione che per Speranza non serve però a “fare concreti passi avanti. Il massimo che posso fare per dignità è non votare contro una mozione che ritengo debolissima”. Da Rosato un appello all’unità del Pd - Il capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato ha invece definito la mozione “concreta che apre un percorso” per migliorare l’Italicum. E lancio un appello all’unità del partito: “Ci sono molte proposte e le condizioni perché il Parlamento assuma un’iniziativa al di là dei tatticismi dei partiti. Se il Pd è unito il lavoro sarà più facile e vi chiedo fiducia reciproca ad un percorso vero”. E ancora: “Il Pd lavori con coesione separando i destini del referendum dalla legge elettorale. Io penso che l’Italicum vada bene ma se c’è una legge che può tenere più unito il mio partito facciamo uno sforzo”. Il no della minoranza lascia perplesso il presidente del Pd Orfini: “È curioso che la minoranza non voti la mozione, mi sembra una decisione incomprensibile”. E a Bersani che ha detto che la mozione è “polenta” perché non entra nel merito, Orfini replica che “non ci può essere un giudizio sull’Italicum, non si può entrare nel merito perché non siamo d’accordo”. “Se vogliamo cambiare l’Italicum – ha concluso – smettiamo di giocare con le dichiarazioni e lavoriamo sul merito”. Vai al sito dell’avantionline |
Da l’Unità online http://www.unita.tv/ E stavolta Bush voterà Clinton Lo dice Politico.com, citando un post Facebook di Kathleen Kennedy, l’ex assistente del governatore del Maryland e figlia di Bob Kennedy di Giacomo Rossi - @instagiac Bush sarebbe pronto a voltare le spalle a Donald Trump e al suo partito. A dirlo è il sito Politico.com che cita un post su Facebook di Kathleen Hartington Kennedy Townsend, la figlia di Robert F. Kennedy. Nel post si vede la Hartington fotografata con l’ex presidente americano e una descrizione eloquente “The President told me he’s voting for Hillary!!“. Jim McGrath, il portavoce di George H.W. Bush, non ha confermato la notizia e ha precisato che l’ex presidente non intende commentare la campagna elettorale. Così come ha fatto finora. Specialmente da quando l’avventura elettorale di suo figlio Jeb nelle primarie di quest’anno si è conclusa fin troppo rapidamente. George H. W. Bush e i suoi figli, tra cui l’ex presidente George W. Bush, non hanno partecipato alla convention repubblicana. Così come hanno fatto molti altri esponenti di punta del partito che avrebbe dovuto sostenere la corsa di Donald Trump. Se l’indiscrezione fatta trapelare dalla Hartington fosse confermata, sancirebbe l’ennesima palese frattura tra l’establishment repubblicano e lo spericolato Trump. Bush padre è stato presidente degli Stati Uniti dall’89 al ’93 e suo figlio George W. Bush ha guidato gli Stati Uniti negli anni del terrorismo globale e del post 11 settembre. La sua famiglia ha segnato in maniera profonda la storia del Paese e le sorti del partito repubblicano. Se fosse stata una campagna elettorale normale, forse una notizia simile avrebbe potuto avere un qualche impatto nei sondaggi, ma l’ascesa di Trump sembra dimostrare il contrario: ogni volta che il milionario di New York si è ritrovato ad essere “rifiutato” dal suo stesso partito, ha consolidato la sua immagine da outsider. Ruolo che finora lo ha premiato con la nomination repubblicana per la Casa Bianca. Negli ultimi giorni poi, Trump sta godendo di uno slancio inaspettato. Il grande divario che lo separava da Hillary Clinton nemmeno un mese fa, è stato quasi completamente colmato. Ormai i due viaggiano sulla stessa media nazionale. La battaglia di novembre dovrà essere combattuta stato per stato, ma il fatto che la Clinton abbia perso circa cinque punti percentuali nel giro di un mese è un segno evidente di quanto l’opinione pubblica americana possa essere volubile. Nonostante le mille gaffes confezionate da Trump, i due fatti principali delle ultime settimane – il malore della Clinton nel giorno dell’anniversario per l’11 settembre e gli attentati di questo weekend a New York e nel New Jersey – hanno praticamente spazzato via ogni previsione a lungo termine. Vai al sito dell’Unità |
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/ La riforma costituzionale e il senato nuovo Uno degli argomenti maggiormente sbandierati dai sostenitori della riforma costituzionale targata Boschi consiste, con particolare riferimento a quello che ne è il fulcro, cioè la modifica del Senato della Repubblica e delle sue prerogative, nell’affermare che, con la vittoria del “Sì”, si risparmierebbe una gran quantità di denaro e si manderebbe a casa una vasta parte del tanto deprecato ceto politico. Sorvolando sul fatto che spesso i neo-costituenti hanno favoleggiato, e in molti casi lo fanno tuttora, di abolizione del Senato (quando invece quest’ultimo rimarrà vivo e lotterà più che mai insieme a noi), per parlare con costrutto del merito del testo occorre immediatamente sgomberare il campo da simili corbellerie. Capitolo risparmi: secondo la Ragioneria Generale dello Stato, infatti, quelli certi derivanti dal taglio del numero dei senatori (con conseguente abolizione delle indennità e delle diarie) ammonterebbero a circa 50 milioni di euro. Ora, anche ammettendo, come sostiene la Ministro Boschi, che, includendo ciò che al momento non è quantificabile, si possa mettere da parte un gruzzoletto da 150 milioni annui – compiendo peraltro uno sforzo estremo di ottimismo, dal momento che, ad esempio, la titolare delle Riforme conta di ricavare 70 milioni dalle minori spese per le commissioni e dalle riduzioni nei trasferimenti ai gruppi, voci che però, secondo l’ultimo bilancio, ammontano a poco più di 22 milioni – e anche ammesso che tutta la riforma possa produrre 500 milioni di risparmi, stiamo sempre parlando di somme comprese, all’incirca, tra lo 0,01 e un po’ più dello 0,03% del Pil. Tenendo conto che ogni anno ragioniamo di manovre che vanno dai 20 ai 30 miliardi, è evidente come non si tratti di risparmi epocali e come il “Sì” alla modifica della Carta costituzionale dovrebbe necessariamente reggersi su altre argomentazioni. E no, neanche quella anti-casta è buona, dal momento che, per circa i tre quarti (74 dei 100 componenti), il nuovo Senato si andrebbe a comporre di consiglieri regionali (non proprio coloro che negli ultimi anni hanno dato il più fulgido esempio di rettitudine morale) che, detto per inciso, dovendo svolgere (come i 21 sindaci che entrerebbero a Palazzo Madama) sostanzialmente un doppio lavoro, con tanto (per la quasi totalità) di trasferte e spese di soggiorno in quel di Roma, dovranno essere dotati di strutture di supporto o di qualcosa che gli somigli e prevedibilmente finiranno per godere di una qualche forma di rimborso spese (al momento, va detto, non prevista), con tanti saluti a parte dei suddetti celebrati risparmi. Superate queste argomentazioni più che altro demagogiche, così come demagogico è il richiamo (e anche di esso si è ampiamente abusato) al 6% di aumento di Pil in dieci anni che secondo l’Ocse produrrebbe la riforma (sia perché previsioni così a lungo termine lasciano il tempo che trovano, sia, e soprattutto, perché l’organizzazione parigina, pur non disprezzando l’operato del governo in materia, ha sempre citato solo le riforme economiche come quelle in grado si spingere in quel modo la crescita), ci si può porre una domanda più seria: un Senato siffatto, con soli 100 componenti (compresi i 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica – che resterebbero in carica sette anni e non potrebbero essere nominati una seconda volta) che svolgerebbero questo ruolo part-time, sarebbe in grado di funzionare? Per ricevere qualche insegnamento dalla storia, infatti, non dovremmo dimenticare che il numero dei senatori, alla fine degli anni ’50 e poi nel 1963, fu aumentato (da circa 240 – numero variabile in rapporto alla popolazione delle Regioni – agli attuali 315) proprio perché spesso era impossibile formare le commissioni e procedere ad un lavoro parlamentare accurato. Perché ora dovrebbe andare in maniera diversa? Si dirà: “Venendo privato della facoltà di dare e togliere la fiducia al governo, il Senato non sarà più una camera politica. Inoltre, con il nuovo assetto istituzionale, il peso di Palazzo Madama sul procedimento legislativo sarà decisamente inferiore rispetto al passato; di conseguenza, la mole di lavoro sarà più leggera e non ci saranno problemi”. Possibile, ma per niente scontato, vista la proliferazione dei procedimenti legislativi, la conseguente, prevedibile, difficoltà di distinguere quale di essi applicare ad una data proposta di legge e visto il peso che il Senato inevitabilmente continuerebbe ad avere sull’intero processo. >>> continua la lettura sul sito della Fondazione Nenni |
Cultura DANTE PER TUTTI A ROMA TORNA LA “LECTURA DANTIS” E SI RICOMINCIA DALL’INFERNO ROMA\ aise\ - Per il terzo anno “Dante per tutti” e le letture della Divina Commedia tornano nel centro di Roma. L’appuntamento dantesco della Capitale ritorna con uno speciale appuntamento, patrocinato dalla Società Dante Alighieri che, per celebrare il successo di “Dante per tutti” e l’inizio della nuova stagione, ospiterà l’evento introduttivo della stagione 2016 / 2017 nella sua sede a Palazzo Firenze. Appuntamento a partire da oggi, 22 settembre, dalle ore 18:00: a Palazzo Firenze sarà presentato il progetto “Dante per tutti: Lectura Dantis per Roma” a cui seguirà la lettura ed esegesi del Canto I dell’Inferno: l’ingresso di Dante nella selva oscura e l’incontro con Virgilio. Gli appuntamenti successivi si svolgeranno ogni giovedì alle ore 19:30 presso l’Associazione Culturale Febo (Vicolo delle Vacche 26A, 00186 Roma). Il programma prevede giovedì 29: Inferno III - Gli ignavi; giovedì 6 ottobre: Inferno V - Paolo e Francesca; 13 ottobre: Inferno VI - I golosi; 20 ottobre: Inferno VII - Gli avari; 27 ottobre: Inferno X - Gli eretici. (aise)
Domenico Peterlini, Dante in esilio (olio su tela, ca. 1860) |
Lettera / Segnalazione LA CULTURA DELLA POLITICA IX COLLOQUIO MAZZINIANO Le ragioni del SI' e del NO Riforma Costituzionale e Referendum Associazione Mazziniana Italiana Sabato 24 settembre 2016, ore 17,30 IX Colloquio Mazziniano Luigi Compagna e Peppino Calderisi Riforma Costituzionale e referendum: le ragioni del SI' e del NO Roma, Mazzini Society, via degli Spagnoli 28 |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti. |
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