[Diritti] Fwd: L’oscena ipocrisia di fronte al Sultano
- Subject: [Diritti] Fwd: L’oscena ipocrisia di fronte al Sultano
- From: Alessio Di Florio <lalocomotivajoe at gmail.com>
- Date: Wed, 3 Aug 2016 14:49:16 +0200
L’oscena ipocrisia di fronte al Sultano
Se non fosse che sono
avvenimenti drammatici e disumani, e che siamo di fronte al rischio di un
velocissimo precipitare nella peggior china che la storia abbia mai conosciuto,
potremmo quasi scambiarla per una moderna versione comica dello smemorato di
Collegno. La narrazione, o presunta tale, del “fallito golpe” in Turchia e
degli eventi successivi di larga parte della classe politica e dei grandi media
sta portando avanti un vero e proprio teatrino. E che può essere definito solo
nella maniera più negativa consentita dalla lingua italiana. Un teatrino che
sarebbe già grave se fosse animato solo da incapacità di lettura e di
conoscenza. Ma che purtroppo è ancor peggiore, perché guidato da ben precisi
interessi speculativi, economici e politici. Nella notte del “fallito golpe”
abbiamo sentito giornalisti annunciare che Erdogan era finito, che apparteneva
al passato, malcelando la soddisfazione per la vittoria degli alfieri della
libertà e della laicità. Tempo qualche ora e si è passati alla celebrazione
della vittoria della democrazia e di Erdogan. Ora, sono giorni e giorni che ci
raccontano delle retate, delle preoccupazioni per i diritti umani violati,
delle torture, del timore che Erdogan possa portare la Turchia verso un suo
dominio assoluto.
Quest’indignazione
prêt-à-porter, questo improvviso stupore per quanto sta accadendo in Turchia, è
una delle apoteosi del teatrino. Erano il 1998 e il 1999 quando vennero pubblicati
due libri (oggi quasi introvabili), L'Utopia incarcerata, Diyarbakir,
Kurdistan: le "loro" prigioni e Se questa è Europa. Viaggio nell'inferno carcerario turco. L’autore
è lo stesso, Dino Frisullo, così come identica è la vicenda che vi viene raccontata:
i quaranta giorni nelle carceri
turche dopo l’arresto durante le celebrazioni del Newroz (il capodanno kurdo)
1998. La repressione del popolo kurdo e degli oppositori, il divieto persino di
parlare la lingua curda (basti pensare a quel che ha subito Leyla Zana negli
anni), la brutalità carceraria erano già quotidianità della Turchia in quegli
anni. Ma l’Italia, e le cancellerie europee, hanno sempre poco più che ignorato
quel che stava accadendo. Continuando a raccontare la favoletta della Turchia grande
alleato “moderato” che presto sarebbe anche entrato nell’Unione Europea. Eppure
basta scorrere le rassegne stampa per scoprire che chiusure di televisioni e
giornali, arresti di oppositori e giornalisti indipendenti, non sono certo
iniziati dopo il “fallito golpe” ma sono quotidiani esercizi del potere
politico turco.
Mentre Dino alzava la
voce della denuncia dal carcere di Diyarbakir, ci fu un “alto esponente” del
nostro Paese che chiese al governo turco “tenetevelo quel comunista” con
disprezzo. Qualche mese dopo l’Italia permise l’arresto di Ocalan, il più
rappresentativo leader curdo. Un anno dopo, tra i commenti sprezzanti e
offensivi di parte della classe politica italiana, fu concesso l’asilo politico
al leader curdo. Ma chi lo ha letteralmente tradito, permettendone l’arresto,
non è mai stato chiamato a risponderne. Oggi Ocalan, dopo che per anni i suoi
legali hanno denunciato le condizioni in cui sopravvive nel carcere di Imrali,
è detenuto in un isolamento sempre maggiore. Per 5 anni non ha potuto ricevere
visite neanche dalla famiglia, per 2 dai suoi avvocati. I kurdi sono gli unici
finora che combattono (e hanno battuto) l’ISIS sul campo. Ma la Turchia che li
bombarda e reprime è sempre rimasta un “alleato fedele e moderato” (senza dimenticare
che esistono inchieste e documentazione del sostegno e appoggio verso l’ISIS
stesso dal territorio turco …), e il principale partito kurdo nella lista nera
del “terrorismo internazionale”. A
gennaio Istanbul è stato teatro di un attentato, immediatamente condannato dal
leader dell’HDP Demirtas. Eppure per ore e ore stampa e televisioni italiche
ogni “treperdue” hanno nominato e tirato in ballo i curdi, il PKK, i
marxisti-leninisti (mancavano solo gli anarchici… ), senza mai citare le
dichiarazioni di Demirtas. L’unico concetto che si è saputo esprimere è che
forse (ma senza molta convinzione) l’attentato non è opera di terroristi curdi,
del PKK o marxisti-leninisti e che sono tra i nemici della Turchia, alleato
NATO a rischio destabilizzazione per colpa del “Califfato” ma anche dei curdi
(perché l’ISIS e chi li combatte per lor signori pari sono). Tornando al dopo
“golpe fallito” è da notare che le “preoccupazioni” e gli “allarmi” per la
“deriva autoritaria” di Erdogan non è ancora stata seguita (in nessuno dei
parlamenti nazionali, Italia compresa, e in quello europeo) da alcun atto col
quale chiedere la fine dell’accordo col quale l’Unione Europea sta regalando
alla Turchia oltre 6 miliardi per fare da gendarme dei migranti.
E proprio il comportamento di certi esponenti “politici” italiani nei confronti del terrorismo ISIS è un’altra faccia della stessa medaglia. Continuano, per meri interessi politici di piccola bottega, a ripeterci lo stesso mantra dal 2001 ad oggi. Ma la loro “guerra permanente” non ha fatto altro che alimentare il terrorismo, massacrare milioni di persone nel mondo e renderlo più insicuro. Anche se non lo ammetteranno mai, gli unici in questi anni ad aver preso decisa posizione contro i terrorismi e ad aver cercato di impegnarsi nell’opposizione sono stati i pacifisti, i difensori dei diritti umani, coloro che si impegnano contro le guerre e le sue criminali conseguenze. Continuano a chiedere al “mondo musulmano” di prender posizione, ignorando le tantissime che in questi anni ci son state eccome (una delle prime voci contro il massacro di Rouen è stata del locale imam che ha ricordato gli ottimi rapporti, e le collaborazioni, con il sacerdote assassinato). Posizioni così numerose che in queste settimane la “Giorgio Pozzi Editore” (http://www.giorgiopozzieditore.it/ ) ha pubblicato un libro che raccoglie solo fatwe “delle autorità religiose musulmane contro il califfato di Al-Baghdadi”. Offendono e denigrano tutti coloro che non si arruolano nella loro pseudo-guerra santa, soprattutto cattolici, che accusano di tacere sui massacri di cristiani nel mondo. Eppure continuano ad affermare, dopo l’assassinio brutale di padre Jacques Hamel, che per la prima volta il “terrorismo islamico” ha colpito una Chiesa e un sacerdote. Ignorando quel che accusano altri di ignorare. Nel dicembre scorso fu arrestato un militante francese di estrema destra (pare ex iscritto al Front National) con l’accusa di aver fornito alcune delle armi della strage a Charlie Hebdo. Perché non è mai stato chiesto a Marine Le Pen e alla destra francese di dissociarsi? I grandi sponsor e finanziatori di Daesh sono da cercarsi anche tra le petromonarchie alle quali Stati Uniti e stati europei (Italia compresa) vendono armi a tutto spiano. Quando un’interrogazione parlamentare mesi fa sollevò il caso al ministro Pinotti, la risposta fu che è tutto legale e regolare. E finì là. Nessuna indignazione, nessuna richiesta di dissociarsi, nulla di nulla. Diritti umani, violazioni della libertà, repressione, sostegno al terrorismo, a nulla fu dato peso. E’ tutto “legale e regolare”. Come con la Turchia in questi anni.
Ha destato indignato scalpore l'intervista di Erdogan a Rainews24, nel quale è arrivato anche a pretendere l'intoccabilità giudiziaria del figlio ... da ieri mattina è tutto un diluvio di commenti contro il Sultano. Da ieri appunto. Perché prima di parlare al 98% della "classe politica" italiana, e all'incirca pari percentuale del "giornalismo", bisognerebbe ricordare tutto quanto è riportato in questo articolo, e moltissimo altro ancora. Prima di indignarsi per le pretese di Erdogan in "difesa" del figlio andrebbe notato che in Italia la notizia, vecchia in realtà nel tempo, finora è stata data da Left e alcuni siti indipendenti. Silenziata per il resto da tutta la stampa mainstream in ossequio alla "amicizia" dei governi italiani a Erdogan...
Ultima postilla: lungi da me lo sminuirne il lavoro, più che apprezzabile, ma Lucia Goracci non ha fatto nulla di eccezionale. La sua è stata nulla più di una intervista che dovrebbe essere all'incirca quasi normale ... o almeno lo era, quando il giornalismo italiana aveva tra gli altri i cognomi di Fava, Siani, Impastato, Spampinato, Francese, Fallaci, Terzani, Marrazzo, Pasolini ... se oggi i loro "eredi", coloro che continuano a portare avanti quello straordinario lavoro e servizio civile, sono sempre più emarginati, confinati, messi in difficoltà, attaccati, irrisi, non considerati qualche domanda bisognerebbe porsela ... e solo allora le lamentazioni verso gli erdogan di oggi e di domani non appariranno - da parte di tanti, troppi - pura ipocrisia ...
Alessio Di Florio
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