[Diritti] Torino. Un normale Primo Maggio di lotta



Torino. Un normale Primo Maggio di lotta

Piove a dirotto e fa freddo in piazza Vittorio, dove parte il corteo del
Primo Maggio. La piazza è spezzata in due, come sempre da qualche anno. La
polizia si schiera all'inizio di via Po per bloccare il passaggio alle
componenti più radicali, centri sociali, no tav, sindacati di base e lo
spezzone anarchico.
Siamo in piena campagna elettorale e alcuni candidati giocano le loro
carte anche nel giorno simbolo delle lotte dei lavoratori.
Il Partito Democratico per la prima volta da anni deve affrontare una
partita difficile: i sondaggi confermano che la candidata pentastelluta
Appendino, avrebbe un buon margine di consenso.
Appendino fa a gara con Fassino nel ballare con gli anziani di Barriera e
nel promettere lo sgombero dei campi rom, che l'amministrazione di centro
sinistra non ha ancora raso al suolo.
A fianco del candidato della “Sinistra”, Airaudo, passato dal sindacato di
Stato alla caccia alla poltrona sono quelli di Terra del Fuoco, una delle
associazioni che hanno fatto bottino sullo sgombero dei rom.
Sfileranno tutti in coda assieme al partitino comunista di Rizzo, a caccia
di improbabili verginità dopo l'assenso alle bombe sulla ex Jugoslavia e
le cariche a Torino contro chi si opponeva alla guerra.

Quando ormai la parte istituzionale del corteo è lontana, il cordone di
polizia si apre e gli spezzoni più radicali attraversano via Po. In piazza
Castello nuovo schieramento della celere per bloccare l'ingresso in via
Roma. Due brevi cariche e qualche manganellata sono la risposta della
questura a chi protesta e spinge per andare avanti.
Quest'anno CGIL CISL e UIL, organizzatori della manifestazione, hanno
chiesto che nessun contestatore potesse entrare in piazza finché la
manifestazione istituzionale non fosse terminata.
Nel parapiglia due manifestanti vengono fermati: uno dei due, uno studente
diciottenne, finisce alle Vallette.
Quando il corteo riparte Fassino e i suoi hanno ormai lasciato la piazza.
Questa volta sono riusciti ad evitare i fischi, che in altri anni avevano
dato voce ai tanti che a Torino fanno fatica ad arrivare a fine mese,
lottando contro precarietà e sfratti.
Un risultato ottenuto con l'ausilio della polizia e dei picchiatori
prezzolati, che proteggono lo spezzone del PD da chi non è disponibile a
piegare la testa, non è disponibile a rassegnarsi alle regole feroci del
capitale.

Buona la partecipazione allo spezzone anarchico, aperto dallo striscione
“Né Stato né padroni. Azione diretta!”. Sul furgone di testa è stato
appeso lo striscione “PD, CGIL, CISL, UIL nemici dei lavoratori”.
Non ci stupiamo quindi che la questura abbia disposto un blocco per
impedire che voci dissonanti turbassero la campagna elettorale.
Nonostante la pioggia i tanti torinesi assiepati a lato del corteo hanno
ascoltato e plaudito i lunghi interventi dei compagni e delle compagne che
hanno dato vita allo spezzone rosso e nero. Interventi in cui si sono
intrecciati i fili delle lotte contro le fabbriche d'armi, la
militarizzazione della città, il Tav, le leggi che tutelano i padroni e
ammazzano i lavoratori.
La crisi morde sempre più forte, specie nelle nostre periferie, dove solo
le pratiche di autogestione, riappropriazione e solidarietà pongono un
argine alla guerra contro i poveri che i governi di centro sinistra e
quelli di centro destra hanno promosso negli ultimi vent’anni.

L’affermarsi di una democrazia autoritaria è il necessario corollario a
politiche di demolizione di ogni forma di tutela sociale. Se i meccanismi
violenti della governance mondiale impongono di radere al suolo ogni
copertura economica e normativa per chi lavora, la parola passa al
manganello, alla polizia, alla magistratura. Se la guerra è l’orizzonte
normale per le truppe dei mercenari tricolori dall'Afganistan alla Val
Susa, la repressione verso chi si ribella non può che incrudirsi.
Ogni giorno cerchiamo di coniugare autogestione e conflitto, per costruire
lottando e lottare costruendo. In una tensione che non si allenta ogni
zona liberata, è una base per incursioni all’esterno. Parimenti ogni
momento di conflitto oltrepassa la mera dimensione resistenziale quando si
innesta in pratiche di riappropriazione diretta di spazi politici e
sociali.
La crisi della politica di Palazzo ci offre una possibilità inedita di
sperimentazione sociale su vasta scala di un autogoverno territoriale che
si emancipi dai percorsi istituzionali.
Il Primo Maggio torinese ha mostrato nei fatti la distanza tra chi pratica
l'autogestione e il conflitto e chi fa il gioco delle poltrone.
Anche questo Primo Maggio i supermercati erano aperti, anche in questo
primo maggio ci sono case vuote e gente in strada, anche in questo primo
maggio c’è chi lavora troppo per molto poco e chi non lavora affatto,
anche in questo primo maggio truppe tricolori sono in guerra dal
Mediterraneo ai quartieri popolari delle nostre città.

In piazza abbiamo ricordato le lotte durissime degli operai di Chicago che
nel lontano 1886 si battevano per le otto ore.
Cinque di loro vennero impiccati per stroncare quella lotta. Ma i padroni
e i governanti dovettero pentirsene, perché la loro morte accese fuochi in
ogni dove. Quei fuochi ardono ancora.

Dopo il corteo pranzo e festa alla FAT, per un benefit lotte sociali, dove
ciascuno ha contribuito secondo le proprie possibilità: un pizzico di
anarchia.

Qui qualche foto dello spezzone anarchico

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