[Diritti] Arabia Saudita, quelle cose che Renzi non dice al Re Salman - Famiglia Cristiana



Arabia Saudita, quelle cose che Renzi non dice al Re Salman
di Stefano Pasta

http://www.famigliacristiana.it/articolo/di-che-cosa-parlera-il-premier-al-re-saudita.aspx

09/11/2015  Forse della lotta al terrorismo. Tantissimo dei rapporti commerciali tra i due Paesi. Di certo non gli parlerà di diritti umani, dei 30.000 prigionieri politici nelle carceri saudite, del blogger Raif Badawi incarcerato e frustrato in pubblico e dei dissidenti crocifissi. E chissà se gli parlerà delle armi che l’Italia vende all’Arabia Saudita, primo compratore al mondo. Come le bombe made in Italy Mk84 e Blu109, ritrovate inesplose in diverse città yemenite.


Matteo Renzi è in Arabia Saudita per una visita lampo di 24 ore. Due grandi temi in agenda: lotta al terrorismo, da alleati nella coalizione internazionale anti-Isis, e rapporti commerciali. Il premier incontrerà il re e il principe ereditario, visiterà il cantiere della metropolitana “driverless” (con vagoni senza autista) di Riad, realizzata da un consorzio italiano. Di certo non parlerà di diritti umani, dei 30mila prigionieri politici nelle carceri saudite, del blogger Raif Badawi incarcerato e frustrato in pubblico e dei dissidenti crocifissi. Chissà se invece parlerà delle armi che l’Italia vende all’Arabia Saudita, primo compratore al mondo. Come le bombe made in Italy Mk84 e Blu109, ritrovate inesplose in diverse città yemenite. O le tonnellate di ordigni caricate sul Boeing 747 decollato il 29 ottobre dall’aeroporto di Cagliari con destinazione la base militare di Taif della Royal Saudi Armed Forces. È il mercato, bellezza! 

Peccato che da sette mesi l’Arabia, con l’appoggio dei paesi sunniti della regione, bombarda lo Yemen per contrastare il movimento sciita Houthi, senza mandato internazionale e con l’esplicita condanna dell’Onu. Finora il conflitto ha causato almeno 4mila morti (400 bambini), 20mila feriti (di cui almeno la metà civili), un milione di sfollati e 21 milioni di persone che necessitano di aiuti umanitari. «La Farnesina – dice Giorgio Beretta dell’osservatorio Opal – non ha mai smentito che le forze militari saudite stiano impiegando anche ordigni prodotti in Italia». Invece la nostra legge 185 parla chiaro: «Vieta espressamente l’esportazione di armamenti “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite»

Dopo un appello di Amnesty International, Rete Disarmo e Opal, sono state depositate in Parlamento alcune interrogazioni per chiedere se l’Italia venda armi agli sceicchi impegnati nella guerra contro lo Yemen. Il ministro degli Esteri Gentiloni continua a trincerarsi dietro il silenzio. Nel frattempo definisce il viaggio in Arabia l’occasione «per rendere più forte e vitale l'antica amicizia», che nel 2014 ha fruttato un interscambio da 9 miliardi di euro. Proprio in occasione dell’arrivo di Renzi a Riad, alle proteste pacifiste si è aggiunta la voce della Comunità Papa Giovanni XXIII. «Siamo indignati – dice Giovanni Ramonda, responsabile generale del movimento cristiano – contro la politica del Governo italiano che, aggirando la legge 185 e disattendendo le richieste dell'Onu di cessare i bombardamenti, alimenta questo dramma con i suoi carichi di morte. Chiediamo l'immediato blocco di ulteriori consegne». 

Siamo nel momento storico in cui nel mondo ci sono più rifugiati (60 milioni) dal 1945, Papa Francesco parla di «Terza guerra mondiale a pezzi». Alimentare la violenza vendendo armi nel Medio Oriente in fiamme è ipocrita: «L'Italia – continua Ramonda – con una mano siede ai tavoli negoziali, operando a parole per la cessazione delle ostilità, mentre con l'altra attraverso la vendita di armi consente al conflitto di proseguire. Quanti altri morti, feriti, sfollati, rifugiati, a quanti drammi ancora dovremo assistere, prima che il nostro governo inizi a contribuire concretamente alla fine di questa strage?». Da decenni, dal sostegno al terrorismo in Cecenia fino al finanziamento dell’Isis in Siria, gli “amici” sauditi sono in prima linea nel fomentare l’estremismo, seguendo la corrente di Islam, quella wahabita, che fa da religione di Stato ed è la più intransigente di tutta la galassia musulmana. Ma l’impunità garantita ai sauditi ha radici lontane, economiche e politiche. All’inizio degli anni Settanta, l’alleanza con il primo estrattore al mondo di greggio ha messo l’Occidente al riparo dalla crisi petrolifera del 1973. E dalla fine dello stesso decennio, l’asse con l’Arabia Saudita (e gli alleati sunniti) è stato funzionale a contrastare l’Iran sciita, soprattutto dopo la rivoluzione khomeinista del 1979.

Prima o poi bisognerà fare i conti con il prezzo – molto caro – pagato ai petrodollari: terrorismo, instabilità, indifferenza ai diritti umani di cui, per altri Paesi, così tanto ci preoccupiamo. Pare essersene accorto Barack Obama, insistendo per l’accordo sul nucleare con l’Iran, che tanto ha fatto arrabbiare i sauditi. In ogni caso, che qualcosa della strategia occidentale in Medio Oriente non abbia funzionato, è sotto gli occhi di tutti. Sicuri che vendere armi agli sceicchi in guerra sia la mossa giusta? Per firmare l’appello di Amnesty International “Stop ai trasferimenti di armi in Yemen!” http://appelli.amnesty.it/conflitto-yemen/