L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a 44219 utenti - Zurigo, 12 marzo 2015 |
IPSE DIXIT Numeri reali - «Non c'è forma repubblicana se non c'è una partecipazione democratica reale, se non c'è rispetto sostanziale dei diritti fondamentali... Se uno depura i numeri attuali del Parlamento dal premio di maggioranza previsto dal Porcellum e dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, quella maggioranza che si è avuta martedì alla Camera non esiste... Con i numeri corrispondenti ai consensi reali espressi nelle urne, la "maggioranza" che ha votato questa "riforma" non esisterebbe». – Massimo Villone |
Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24). L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà. |
EDITORIALE Non si sentì rassicurato di Andrea Ermano Non si sentì rassicurato, sentì invece una grande nostalgia, di cosa non saprebbe dirlo, ma era una grande nostalgia di una vita passata e di una vita futura, sostiene Pereira. Voto riforme ok alla Camera. Un Paese più semplice e più giusto. Brava Maria Elena, bravo Emanuele, bravi tutti i deputati della maggioranza, sostiene Renzi. Sulla riforma dell’Italicum, gli avversari di Renzi nel Pd sanno di giocarsi la sopravvivenza come candidati alle elezioni, sostiene Franco. In realtà l'ex segretario del Pd, oggi figura di riferimento della minoranza anti-Renzi, racchiude in sé tutte le contraddizioni di un fronte che un passo dopo l'altro sta perdendo la guerra, sostiene Folli. C'è un paradosso: dobbiamo rispettare un patto che non c'è più... La disciplina di partito vale su tantissime cose, ma quando è in gioco l'equilibrio democratico credo che ci siano cose più rilevanti della disciplina di partito, sostiene Bersani. La situazione è quanto mai complessa e frammentata. Si spaccano Lega, FI, M5S e PD. Nasce il PdR, il Partito di Renzi. Si torce ulteriormente la torsione autoritaria in atto; prima o poi si ritorcerà.
Annarella Schiavetti Rotter, L’Italia brucia (1985-1987, dettaglio) Ma qual è il punto? Lo ha riassunto molto bene qualche settimana fa il Presidente del Consiglio dicendo che in Europa lo considerano uno di sinistra, ma in Italia uno di destra… Alt! Fermo immagine. Per favore apprezziamo più lentamente questo severo e profondo trilemma travestito da cazzeggio ministeriale praecox. Esso dice molto più di quanto non sembri. Uno di sinistra in Europa, uno di destra in Italia… Ecco il trilemma: 1. Si sbaglieranno in Europa? 2. O si sbaglierà l’Italia? 3. Oppure abbiamo un problema Houston? Abbiamo un problema, naturalmente. Anzi, più d’uno, ahinoi. Il Mediterraneo va in fiamme. E nemmeno l'Europa si sente tanto bene. In Grecia c'è chi accusa di nazismo la Germania. E in Germania c'è chi invoca lo psichiatra per la Grecia. Analogamente ai bei tempi eroici della Serbia e dell'Austria-Ungheria i tedeschi e gli ellenici si stanno oggi trasformando in punto di cristallizzazione dell'odio populista reciproco in un contesto di guerra finanziaria senza quartiere. È molto pericoloso. Quando i nodi arriveranno al pettine, speriamo non tutti insieme, sarebbe assai utile per l'Italia farsi trovare munita almeno d'istituzioni democraticamente riconosciute, sostenute dai cittadini. Oggi non è così. Il flusso legittimatorio del consenso popolare appare oramai debolissimo, tendenza zero. Occorre un intervento riformatore, ma non ha senso rottamare l'assetto dello Stato nel modo raffazzonato che sta sotto gli occhi di tutti. Le approssimazioni-improvvisazioni cui assistiamo da vent'anni – mosse da ragioni ben note ancorché inconfessabili – non sono idonee a migliorare le cose. Anzi, rischiano di alimentare ancora l'universale senso di repulsione antipolitico, a prescindere da chi vincerà la partita tattica in corso o le battaglie parlamentari ed elettorali a venire. Ci vuole buon senso. Un Parlamento di “nominati” sbaglierebbe sicuramente a licenziare nuovi assetti elettoral-costituzionali sotto la dettatura dell'esecutivo. E per giunta a colpi di maggioranza… variabile. Senza contare che qui la parola "maggioranza" esprime una nozione contraria al vero. Il PD non ha ottenuto alcuna "maggioranza", ma semmai un "premio" di maggioranza, e lo ha ottenuto non da ultimo (ricordate?) sulla parola d'ordine della "Costituzione più bella del mondo". Il tutto dentro a una coalizione elettorale che noi abbiamo votato, ma che ora non esiste più. Apice d’italico trasformismo. Non stanchiamoci, dunque, di buttare parole al “vento che gira sotto il sole” dicendo e ribadendo di quanto più saggio sarebbe bypassare i ricatti, i poteri di candidatura, gl’intrighi di palazzo, i patti sottobanco, i cambi di casacca e tutto il resto, per aprire un percorso costituente in senso proprio. Un'assemblea di costituenti eletti dal popolo italiano su base rigorosamente proporzionale potrebbe consegnare in pochi mesi al Paese una riscrittura equilibrata e coerente della reformanda pars. A che serve strapazzare oltre ogni sopportabilità gli attuali equilibri parlamentari, l'azione del governo, la pazienza del pubblico pagante per giungere infine a un aborto mostruoso? |
LETTERA AL GOVERNATORE DI KYOTO Fukushima, quattro anni dopo Cari amici, volendo fare qualcosa per il quarto anniversario del disastro nucleare di Fukushima, stamani abbiamo avviato una nuova petizione indirizzata al Governatore di Kyoto Mr. K. Yamada: “Stop the restart of the reactors in Takahama Nuclear Power Plant” e vorremmo chiederti di aiutarci aggiungendo il tuo nome e condividendo le informazioni con gli amici e conoscenti tuoi che potrebbero essere interessati.
Il nostro primo obiettivo è quello di raggiungere 1.000 firme e abbiamo bisogno del tuo sostegno. Puoi saperne di più e leggere la petizione qui. A ogni firma parte una mail (del contenuto che trovi qui in calce) all'ufficio del Governatore e ai suoi stretti collaboratori in materia. Sul sito trovate una traduzione della lettera in inglese, italiano e francese (forse fra poco possiamo aggiungere anche spagnolo). Grazie! da Yukari Saito, Pisa <> Il testo della lettera indirizzata al Governatore di Kyoto e ai suoi collaboratori TUTELARE KYOTO Le calamità naturali succedono. Dopo piangiamo i morti, raccogliamo i pezzi, ricostruiamo e andiamo avanti. Poi ci sono le calamità causate dall'uomo. In passato la città di Kyoto fu distrutta molte volte a causa di scontri tra fazioni. Risulta abbastanza ironico per una città il cui nome in origine era Heian-kyo – la capitale della pace e tranquillità. Durante la Seconda Guerra Mondiale le fu risparmiata la bomba atomica grazie alla sua bellezza. La città di Kyoto è nota nel mondo come un centro culturale straordinario, un luogo pieno di monumenti storici e sede di ben diciassette siti del patrimonio dell'umanità dichiarati dall'UNESCO. Il turismo a Kyoto è, infatti, in crescita: le statistiche del il 2013 mostrano una cifra mai vista prima - oltre 51 milioni di presenze. Il fascino di Kyoto sta anche nella sua cultura, che ci insegna come convivere con la natura senza la presunzione di dominarla. Con la riattivazione di due reattori nel comune di Takahama, situato ad alcune decine di chilometri a nord di Kyoto, la minaccia di una calamità causata dall'uomo si presenta di nuovo. Un'altra ironia della sorte: Kyoto fu risparmiata dalla bomba atomica dai suoi nemici di allora, ma adesso è minacciata di nuovo dal governo del proprio Paese, in stretto rapporto con la lobby nucleare. Dopo una calamità naturale raccogliamo i pezzi, ma dopo un incidente nucleare, come sappiamo bene attraverso l'esperienza di Fukushima, ai pezzi non possiamo nemmeno avvicinarci per anni e anni. Naturalmente, speriamo con tutto il cuore che non succeda nulla con la riattivazione dei reattori. Siccome non esiste, però, nessuna garanzia, non sarebbe preferibile per tutti, abitanti, turisti e future generazioni, evitare ogni rischio e TUTELARE KYOTO da qualsiasi minaccia? Per questo chiediamo al Governatore di Kyoto, sig. Yamada, di fare quanto è in Suo potere per fermare la riattivazione dei reattori di Takahama. I beni del territorio di cui lei è il governatore sono stati tramandati da secoli, non si può rischiare di comprometterli. Centro di documentazione
Semi sotto la neve Via Gentileschi, 6 - 56123 Pisa / Italia HP: www.semisottolaneve.org E-mail: info#semisottolaneve.org sostituire # con @ Blog (italiano): http://semisottolaneve.blogspot.it/ facebook: http://www.facebook.com/yukinoshitanotane |
SPIGOLATURE Alla faccia dei nazional-populisti di Renzo Balmelli IDEE. Alla faccia dei suoi più feroci detrattori, tutti attivi nella peggior destra nazional-populista americana ed europea, Obama ha mostrato di non essere diventato per caso Presidente degli Stati Uniti, rieletto per un secondo mandato. In testa al corteo sul ponte di Selma per commemorare i cinquant'anni dell'insurrezione della gente di colore, il discorso del capo della Casa Bianca verrà ricordato come uno dei suoi più vibranti, un inno all'America non compiaciuta per la potenza di fuoco, ma come terra crogiolo di mille diversità. L'America che alla spietatezza arcaica del terrorismo sa contrapporre l'unica, vera arma per venirne a capo: la forza delle idee e della libertà. Quella forza che dallo "I have a dream" di Martin Luther King allo "Yes we can" è l'antitesi al disfattismo reazionario. ODIO. Ha il sapore disgustoso della provocazione, l'uccisione nel giro di poche ore di tre afroamericani disarmati ad opera della polizia statunitense. Non può infatti sfuggire la concomitanza dell'insano gesto con le celebrazioni indette nel Paese contro la segregazione razziale che a dispetto di tutti gli sforzi resta una piaga irrisolta. La strada da percorrere è ancora lunga e per capire quanto sia impervia basti il video choc che è stato diffuso da una confraternita studentesca dell'Alabama, la Sigma Alpha Epsilon, pieno di insulti, frasi di istigazione all'odio, ai linciaggi e addirittura la terribile minaccia di impiccare i " negri" a un albero. Comportamenti di questo tipo , degni del famigerato Ku Klux Klan, sono indici di una mentalità radicata anche fra i giovani che non sarà facile da estirpare. PRODEZZE. Tra processi, condanne, servizi civili, "feste eleganti" e gossip da riempire un intero volume, il curriculum di Berlusconi più che quello di un politico investito di gravi responsabilità, sembra il copione di una commedia dell'assurdo. Di un intreccio irreale durato un ventennio che però molto realisticamente ha inciso sui destini dell'Italia nel modo che sappiamo non tanto per gli atti di governo memorabili, bensì per tutta una serie di vicende personali incompatibili con la carica. L'assoluzione definitiva nel caso Ruby è una sentenza che si accetta e non si discute nel pieno rispetto dello stato di diritto, ma che ciononostante non è un colpo di spugna sulle prodezze invero poco edificanti che hanno trasformato il bunga bunga in una barzelletta di cui ha riso tutto il mondo causando non pochi guasti all'immagine e alla credibilità del Paese. OCA. In un'azienda sanitaria napoletana, qualcuno ha avuto la " brillantissima idea" di recuperare una citazione gozzaniana per ribattezzare la giornata della donna in giornata dell'oca. Che poi sia stata una donna l'autrice della trovata non fa che aumentare le perplessità, tanto più che per completare l'opera l'immagine della mimosa è stata sostituita con quella di una papera. Come la maggior parte degli uomini , ai suoi tempi Gozzano aveva il mito della donna tranquilla e sposa zelante. Riproporre oggi certi stereotipi è l'espressione di una totale stupidità da collocare tra le cose di pessimo gusto care al poeta crepuscolare di Torino. E nella giornata a loro dedicata significa anche mostrare nessun riguardo per tutte le donne nel mondo per le quali il pozzo a cui attingere l'acqua è sempre molto lontano. ORO BLU. Per noi sazi consumatori , che sugli scaffali ne troviamo a bizzeffe, di tutti tipi e di tutte le qualità, l'acqua è l'ultimo dei nostri problemi. Al punto da farne un uso sconsiderato che spesso sconfina nello spreco. E mentre scegliamo tra le innumerevoli marche quella che meglio si confà ai nostri gusti, raramente ci capita di pensare che nel mondo sono quasi 800 milioni le persone che non hanno accesso all'acqua potabile. E men che meno ci sfiora l'idea che la battaglia per il cosiddetto "oro blu" potrebbe diventare la causa di guerre globali ai quattro angoli del pianeta. E forse già lo è. Sicché ogni volta che apriamo il rubinetto e riempiamo la vasca, il liquido che vediamo sgorgare in realtà è un serio e bellicoso oggetto del contendere tra gli stati per la conquista e il controllo di sorgenti condivise. RIMPIANTO. Dopo San Remo, vista la modestia delle proposte, cresce il rimpianto dei cantautori di un tempo ormai quasi introvabili. Per dirla con le parole di Lucio Dalla" qualcuno è vivo per fortuna, qualcuno è morto" e nessuno sembra avere la stoffa per sostituirli. I loro erano poemi in musica, specchio di una società che invece al giorno d'oggi non sembra più in grado di ispirare nuovi talenti. Tranne De Gregori, che guida la pattuglia dei reduci, non si trova qualcuno capace di eguagliare l'ode di Dalla alla mamma-bambina che aveva sedici anni e che "restò sola nella stanza, nella stanza sul porto, con l'unico vestito ogni giorno più corto". E' tenero e struggente il ricordo di quell'atto d'amore "nell'ora più dolce sopra un bel prato". Poi venne la guerra a portarsi via lo straniero. SFIDA. All'epoca di Phileas Fogg e Passpartout l'unico oggetto volante era la mongolfiera. Al giorno d'oggi Bertrand Picard e Andrea Boschberg dispongono di un velivolo mosso da batterie, ma la loro missione che li porterà a circumnavigare il globo in cinque mesi ha lo stesso sapore antico e avventuroso della sfida affrontata dagli eroi di Jules Verne per compiere il giro del mondo in ottanta giorni. Se allora la posta in palio era una scommessa, ora la missione consiste nel volare da un continente all'altro senza carburante, per dimostrare che con l'energia solare si può raggiungere l'impossibile, anche cambiare il mondo. L'impresa di Solar Impulse 2, concepita per promuovere energie pulite, sembra un'utopia nell'epoca degli aviogetti. Ma sono proprio le utopie a dare un senso alla vita. |
LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it Tutte le contraddizioni del progetto liberista Anziché approntare scelte strategiche nelle politiche industriali, il governo si affida alla spontanea trasformazione in capitale della nuova grande liquidità di denaro messa in circolazione dal bazooka di Draghi di Michele Prospero Il buco nero delle politiche liberiste, che determina lo scoppio inevitabile della crisi, è la proiezione strategica delle attività economiche verso l’esterno. Cioè, ogni paese mira preliminarmente alla riduzione del salario e orienta i propri meccanismi produttivi verso l’esportazione. Questo puntare ogni risorsa verso i mercati esteri comporta un sacrificio della domanda interna e postula delle esasperate forme di flessibilità e precarietà del lavoro, celebrate quali condizioni della competitività. Il paradosso delle politiche liberiste è però che, se tutti i sistemi produttivi mirano a esportare, non si capisce a quale figura sia destinata la merce, il servizio, il bene. Per rispondere agli imperativi della concorrenza, e per conquistare fette sempre nuove di mercato, le aziende ricorrono all’ossessiva formula della produzione per la produzione. E, accantonato il tema del consumo, ordinano la contrazione dei diritti. Ma neppure questo basta, per cui decidono di dirottare altrove gli investimenti. Se da un lato questo volgersi al mercato globale comporta il coinvolgimento di sempre nuove aree del mondo nelle dinamiche della tecnica e della concorrenza, dall’altro proprio i bassi salari e la flessibilità comprimono le capacità di consumo. Il progetto liberista, che raccomanda austerità all’interno e dirottamento all’esterno dei consumi e degli investimenti, non funziona per via delle sue contraddizioni insolubili. I nuovi mercati forniscono certo manodopera a più bassi costi, ma proprio per questo non dispongono ancora delle risorse, delle infrastrutture, delle istituzioni per la certezza del mercato e dei soggetti cui rivolgersi per l’allargamento dei consumi. L’impresa raggiunge il suo obiettivo di rimarcare i segni della solitudine del lavoro, ma – con la disoccupazione e la recessione – il trionfo del mercato non trova più disponibile il consumo necessario per la valorizzazione del capitale. Le imprese italiane che meglio reagiscono alla crisi sono quelle che hanno un profilo volto all’esportazione. Le altre, quelle vincolate al mercato interno, stentano, perché i loro prodotti urtano con una disoccupazione ferma al 12,8 per cento che fa da ostacolo al rilancio dei consumi. Il liberismo ha un volto autodistruttivo perché con le delocalizzazioni (gli investimenti diretti all’estero sono quasi il 30 per cento del Pil in Italia, e solo in una minima parte queste uscite sono compensate dall’attrazione di investimenti di nuovi capitali stranieri) uccide proprio il suo presupposto ideologico, il mitico consumatore finale. Per curare questo forte scompenso tra l’esodo dei capitali e la modica attrazione di flussi di denaro estero, occorrono delle incisive politiche pubbliche, delle scelte strategiche nelle politiche industriali. E invece della progettazione di nuove politiche, il governo prosegue con la privatizzazione di ciò che resta di pubblico, confidando nella spontanea trasformazione in capitale della nuova grande liquidità di denaro messa in circolazione dal bazooka di Draghi. In attesa che il mercato corregga il mercato ci sono elevati costi umani che minacciano la tenuta delle stanche democrazie europee. |
Da Avanti! online www.avantionline.it/ Super dollaro L’effetto del “Bazooka” voluto dal presidente della BCE, Mario Draghi, inizia a farsi sentire e vede come prima conseguenza quella di un avvicinamento euro/dollaro: l’euro arriva all’affondo di un cambio che non si vedeva da almeno dodici anni e tocca i minimi di 1,06 dollari. di Maria Teresa Olivieri Sotto l’effetto della politica monetaria voluta da Draghi del QE, (quantitative easing) l’euro si è spinto fino a un minimo di 1,0561 dollari e si avvicina sempre di più alla parità che potrebbe arrivare prima del previsto. Ma la svalutazione monetaria non riguarda solo la valuta Usa perché l’euro si è spinto anche ai minimi degli ultimi sette anni contro la sterlina a 0,7010, e degli ultimi 18 mesi contro lo yen a 120,85. Mario Draghi raggiunge così uno dei suoi obiettivi più ambiziosi, riuscire a invertire la tendenza deflazionistica dell’Eurozona, evitando attraverso l’acquisto di titoli di Stato che la crisi finanziaria di un Paese contagi il resto del Vecchio Continente, creando condizioni favorevoli alla crescita. Ma ciò non può bastare se all’interno dei vari Stati non si procede con riforme strutturali, la politica monetaria deve procedere di pari passo con le riforme politiche. “Le recenti misure di politica monetaria sono uno strumento valido ed efficace per portare l’inflazione più vicino al nostro obiettivo del 2% – ha spiegato Draghi oggi all’Università di Francoforte – Possono sostenere un recupero più veloce e più sostenuto”. Il Governatore ha infine specificato che “ciò vale in particolare se come dei semi, cadono su un terreno fertile: i governi possono creare un ambiente più favorevole agli investimenti rapidamente, in modo credibile ed efficace tramite l’attuazione delle riforme strutturali”. Ma il Piano Draghi ha avuto già i primi effetti a fine gennaio sullo spread, “ad esempio – precisa il numero uno della Bce – da poco prima del nostro annuncio il 22 gennaio, il rendimento dei titoli tedeschi con scadenza 20 anni è sceso di quasi 25 punti base, e quelli italiani a 20 anni di quasi 35 punti base. Abbiamo anche visto un ulteriore calo dei rendimenti sovrani di Portogallo e altri paesi già in difficoltà, nonostante la nuova crisi greca. Questo suggerisce – aggiunge Draghi – che il programma di acquisto di asset può proteggere altri paesi dell’area dell’euro dal contagio, e ci aiuta anche a raggiungere i nostri obiettivi di politica monetaria in tutta l’area dell’euro”. Mario Draghi difende così il suo Piano di acquisti, anche se bisogna ricordare che l’inizio della settimana è stato abbastanza debole e fiacco per le borse europee. Oggi però i listini del Vecchio Continente si impennano, e a tenere testa è Parigi che sale al momento dell’1,8%, l’euro tocca il minimo e l’effetto dell’indebolimento della moneta unica spinge soprattutto il settore dell’auto: BMW guadagna il 3,1% e Renault il 2,7%. Per quanto riguarda l’Italia, Milano vede il Ftse Mib guadagnare l’1,46% a 22.674 punti, con la corsa continua di Telecom (+6,45%) per via delle prospettive per la rete e le trattative con Netflix. Forti anche Finmeccanica (+4,2%), e Campari (+3,3%) mentre Fca (Fiat Chrysler Automobiles, ndr) tocca nuovi massimi (+2,05%% a 14,4). Ma mentre l’Europa corre e l’Euro si svaluta, la Grecia resta indietro: torna alta la pressione sui titoli di Stato ellenici, che continua a mostrare un’inversione della curva dei rendimenti, tassi più elevati sui titoli a scadenza breve e tassi più bassi sulle scadenze più lunghe. Atene ha collocato questa mattina 1,3 mld di euro di Bill a 13 settimane. La corsa al rialzo dei rendimenti non si arresta. Il costo di finanziamento dei titoli greci è infatti salito al 2,7% dal 2,5% dell’emissione di un mese fa, mentre il rapporto di copertura è rimasto fermo a 1,3. Il mercato resta “scettico” rispetto alla soluzione del problema legato ad Atene. Anche se oggi Atene è riuscita a collocare tutti gli 1,3 miliardi di titoli a 3 mesi previsti. Il rendimento è salito al 2,7%, cioè 20 punti base in più rispetto all’ultima asta di febbraio. Tuttavia, la domanda è stata di 1,3 volte l’offerta e il rendimento sul secondario della stessa scadenza è molto più alto (5,4%). Lo Stato Ellenico poi sconta lo spettro della Grexit, tornata a farsi sentire in questi ultimi giorni, tanto che la stampa greca – a seguito dell’incontro tra il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble e il suo omologo greco Yanis Varoufakis – ha fatto trapelare che la Royal Bank of Scotland avrebbe inserito una clausola nel contratto collettivo firmato lo scorso 24 febbraio e relativo agli anni 2015 e 2016, dove si sancisce la conversione degli stipendi in dracme, nel caso estremo in cui la Grecia dovesse uscire dall’Eurozona. Atene nel frattempo gioca tutte le carte a disposizione, inclusa quella dei danni della seconda guerra mondiale, il ministro della giustizia greco, Nikos Paraskevopoulos, si è detto pronto ad autorizzare l’esecuzione della sentenza della Corte Suprema del Paese (Areios Pagos) che prevede il risarcimento dei parenti delle vittime delle atrocità naziste a Distomo, attraverso la confisca di vari beni di proprietà della Germania. Ma il nocciolo del problema resta quello di un’eventuale e sempre più vicina Grexit, oggi l’euro torna alle stesse quote delle origini e da un certo punto di vista potrebbe non essere certo un buon segno. Vai al sito dell’avantionline |
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/ Donne socialiste Anna Kuliscioff, Argentina Altobelli, Vittoria Nenni, Lina Merlin: alcuni cenni illustrativi dei personaggi femminili che la Fondazione Nenni ha ricordato l’otto marzo. Grandi donne che nella loro vita si sono battute per l’emancipazione, la libertà, la democrazia e il socialismo in Italia e in Europa. di Gianna Granati Ad Anna Kuliscioff, medico, russa ma partecipe interamente della vita politica italiana, dobbiamo la prima rivendicazione del diritto delle donne al voto, diritto che Anna vedeva come uno strumento della lotta di classe: Finchè lavorerà le dodici, le quattordici, le sedici ore sulle ventiquattro….la donna lavoratrice potrà diventare forse una buona macchina da lavoro, ma non potrà mai assurgere a dignità di donna e cittadina”. E’ l’ispiratrice della legge Carcano del 1902, prima legge di tutela del lavoro delle donne e dei minori. E sempre in difesa delle donne lavoratrici si batte Argentina Altobelli, prima donna a ricoprire la carica di segretaria generale della Federterra. L’Italia alla fine dell’Ottocento muove i primi passi sulla via dell’industrializzazione, ma è un paese prevalentemente agricolo e buona parte del lavoro nei campi è svolto dalle donne, basti pensare alle risaiole vittime di condizioni lavorative orribili. Proprio l’assoluta mancanza di tutela di queste donne, che in risposta alla loro richiesta di miglioramento delle condizioni salariali ricevettero fucilate, spinse Argentina Altobelli ad un impegno che durò ben venti anni, finché il regime fascista sciolse la Federazione dei lavoratori agricoli. Su Vittoria Nenni la Fondazione che porta il nome di suo padre ha scritto e non voglio aggiungere molto, se non sottolineare il coraggio e la dignità di una giovane donna che in nome della “sorellanza” nata tra oppositrici ai regimi totali affronta la deportazione ad Auschwitz, dove troverà la morte. Vorrei però qui ricordare un’altra Nenni, Giuliana, la figlia maggiore di Pietro Nenni alla quale dobbiamo la presentazione nella terza legislatura repubblicana del primo disegno di legge sul divorzio. Ancora due righe per ricordare un altro nome che oggi spesso è citato con connotazioni negative: mi riferisco a Lina Merlin. Oggi Lina Merlin è ricordata soltanto per la legge che chiudeva le case di tolleranza. E’ un po’ poco perché a Lina Merlin le donne debbono moltissimo. Basta soltanto notare che la maternità di una donna nubile che sceglie di diventare madre non è più contrassegnata da un infamante “figlio di N.N” sui documenti del nascituro. A lei noi donne dobbiamo la possibilità di accedere ad ogni carriera: l’ingresso delle donne in magistratura, ad esempio, fu difeso dalla Merlin in un infuocato dibattito parlamentare rintuzzando con feroce sarcasmo le osservazioni maschili contro questo provvedimento. |
Per un Mediterraneo di pace e di progresso (2/2) Una proposta per la politica estera dell’Italia: il ripristino della stabilità e dello sviluppo nel Sud del Mediterraneo. Pubblichiamo qui di seguito il testo introduttivo al Convegno promosso dalla Fondazione Socialismo e da MondOperaio e tenutosi a Roma il 3 marzo 2015 sul tema “Italia e Mediterraneo”. Il video integrale dei lavori del convegno è consultabile sul sito della Fondazione Socialismo (http://www.fondazionesocialismo.it/). di Antonio Badini [Seconda parte. - Continua dall’ADL del 5.3.2015] 6. La Frontiera sud: per l’Italia non solo peso e calamità ma anche grande opportunità di sviluppo. - I drammatici sconvolgimenti che hanno attraversato la riva sud del Mediterraneo, innescati dalla «Primavera araba», hanno dato vita alla peggiore crisi di rifugiati dall’ultimo dopoguerra. Dati dell’UNHCR indicano che dalla primavera del 2011 quasi metà della popolazione della Siria abbia abbandonato le proprie case per cercare rifugio nel territorio nazionale (7,6 milioni) ovvero all’estero (3,3 milioni). A livello mondiale, ma con punte altissime nell’area mediorientale e africana, gli sfollati e i rifugiati ascendono a 50 milioni. Una macchia sulla coscienza mondiale. Una buona parte dei flussi diretti verso l’Italia sono transitati dai paesi della Riva sud che in passato hanno svolto, più o meno bene, una funzione di cuscinetto, impedendo o riducendo l’immigrazione clandestina nel nostro Paese. Venute meno per tali paesi le necessarie condizioni di stabilità e quindi di sicurezza e di sviluppo, essi hanno avuto problemi ad accogliere i transfughi provenienti dall’Africa sub-sahriana. È evidente che iniziative di crescita e stabilità a favore dei Paesi della fascia dell’Africa settentrionale potranno recare un grande vantaggio all’Italia, soprattutto se collegate con politiche di promozione degli investimenti in Africa da parte delle Istituzioni finanziarie e per lo sviluppo, che sono molte ma agiscono a volte con azioni dispersive. Con un forte coordinamento ad iniziativa italiana, il Nord Africa potrebbe farsi veicolo molto importante per il sostegno dei nostri interessi economici. Non può non sorprendere al riguardo come in parallelo ai problemi importati, per cosi dire, dal nostro Paese, a farla da padrone nei benefici della crescita in Africa sia stata la Cina, Paese assai remoto, al riparo dal contagio di tensioni e crisi, ma che al contrario è oggi di gran lunga il principale partner commerciale dell’Africa. Dati UNCTAD del 2013 mostrano come su un totale di intercambio del continente africano pari a poco più di un triliardo di dollari, 156,4 miliardi si riferiscono alla Cina contro i 72 degli Stati Uniti e appena 40 dell’Italia (superata anche da India e Spagna, oltre che ovviamente dalla Francia). Situazione relativamente migliore per gli investimenti, ove l’Italia occupa il terzo posto dopo Gran Bretagna e Stati Uniti. Prospettive assai interessanti potrebbero riaprirsi, come sarà precisato più avanti, unendo gli sforzi nazionali (da rinvigorire con una strategia pubblicoprivata nei settori minerari e infrastrutturali) ad iniziative multilaterali: a partire dal nuovo Fondo europeo per gli interventi strategici (FEIS), appena stabilito con stanziamenti fino a 315 miliardi di euro nell’arco dei prossimi tre anni, dal 2015 al 2017. E tuttavia occorrerà fare pressioni sulle Istituzioni di Bretton Woods perché assumano atteggiamenti più costruttivi nei confronti del Continente africano per non essere spiazzati anche qui dalla Cina, che ha finora risposto più prontamente che non il FMI e la Banca Mondiale alle domande di aiuto che si levano da molti paesi della regione. È chiaro – ed è bene ripeterlo – come una nuova strategia per l’Africa non possa non passare per i Paesi della fascia settentrionale che, anche per i legami che hanno con il Golfo, costituiscono un ottimo collante per la rinascita dell’intero continente, e di riflesso per consentire un salto di qualità dell’area mediterranea. 7. Azioni da predisporre e realizzare ; bilaterali – multilaterali – nel quadro della politica europea. - Occorre innanzitutto che gli organi onusiani ricomincino a funzionare, a partire dal Consiglio di Sicurezza. Cina e Russia dovranno essere oggetto di specifiche ed efficaci azioni diplomatiche per recuperarle a una azione a favore della pace e della giustizia. Siamo oggi assai lontani dalla tesi, poi ritrattata dallo stesso autore, sulla fine della Storia e l’avvento di un solo dominus, l’Occidente. Le carte vanno dunque oggi messe tutte sul tavolo: da un lato dissipando la diffidenza reciproca; dall’altro portando le grandi potenze a decidere un reale embargo sulle forniture di armamenti ai paesi in guerra, in assenza del quale sarà difficile che riescano i tentativi di pace in Libia e altrove. Su di un piano più mirato al Sud del Mediterraneo andrebbero studiate, e superate, le cause del mancato successo di iniziative quanto mai pertinenti e lungimiranti come il Gruppo «5+5» e la successiva Iniziativa Mediterranea, con l’aggiunta di Egitto a Sud e della Grecia a Nord. La riflessione servirebbe a riprendere il filo di una convergenza Nord-Sud utile a tutti, fondata su di un mix di politiche intergovernative e comuni che la Germania dovrà essere convinta ad accettare. Bocciata per l’opposizione israelo-americana la proposta italo - spagnola del 1990 di una duplicazione a Sud-Est, con la CSCM (Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione nel Mediterraneo), della riuscita esperienza della CSCE, sorta per riconciliare le «due Europe» del pre-caduta del Muro di Berlino, una occasione di sviluppo nella stabilità della regione sembrava potesse essere offerta dalla sottoscrizione della Dichiarazione di Barcellona del novembre del 1995: una CSCM su scala ridotta, che creava un partenariato con tre cesti, politico, economico e socio-culturale. L’esercizio fu avviato molto bene dall’Italia nel semestre di sua presidenza – gennaio-giugno 1996 – ma fu poi azzoppato con la vittoria di Netanyahu alle elezioni in Israele dell’aprile di quell’anno, e costretto da allora a vivacchiare con il tecnicismo burocratico di Bruxelles, che infatti lo pose ai margini della vita politica e sociale della regione euro-mediterranea. La citata Conferenza di Palermo non venne purtroppo presa a modello dalla Commissione. Né miglior sorte ha avuto l’iniziativa di «Buon vicinato», che anzi ha dato risultati opposti a quelli attesi : non un anello di Paesi amici alle frontiere dell’UE, ad Est come a Sud, ma linee di fuoco, con forti rischi di contagio e venti di guerra che spirano da Est come da Sud. Anche qui le debolezze sono individuabili nelle forti carenze di democraticità nei processi decisionali. È decisamente sorprendente che nessuno Stato membro decida di alzare la testa dalle politiche di bilancio e richiami la necessità di affrontare insieme le minacce esterne che circondano l’UE. 8. L’UE deve riacquistare il suo ruolo politico e precisare i suoi obiettivi. - È evidente che l’Italia rischiava e continua a rischiare molto nel rappresentare, essa sola, un approdo di speranza per le migliaia di senza tetto in fuga dalla disperazione di Paesi ostaggio della violenza. Le richieste di solidarietà europea restano senza valide risposte: l’operazione «Triton» é quasi una beffa rispetto alle prime promesse dell’Ue di sostituirsi nel controllo dei confini marittimi a «Mare nostrum», senza poi eguagliarne efficienza e umanità. Aveva dunque una gran ragion d’essere la proposta, inascoltata, di Emma Bonino di nominare un Commissario per il Mediterraneo. Quella proposta andrebbe rivista e attualizzata mettendo allo studio una iniziativa europea, su impulso italiano, che miri allo stabilimento di un dialogo tra sciiti e sunniti come inevitabile passaggio per rilanciare una grande Conferenza di pace e di Cooperazione nel Medio Oriente. Con due obiettivi e una precauzione in mente. Gli obiettivi riguardano l’Irak e la Siria, mentre la precauzione riguarda le modalità di ripresa del processo di pace, che non deve ripetere l’errore della Conferenza di pace di Madrid del 1981. Quanto all’Irak, difficile pervenire ad una duratura riappacificazione del Paese senza la partecipazione attiva dell’Iran. Lo vediamo tutti i giorni nonostante le buone intenzioni del successore di El Maliki, Haider Al Abadi, che ha avuto il coraggio di introdurre importanti cambiamenti nella struttura del potere a favore di personalità sunnite. Egualmente in Siria, dove a tenere in sella Bashar El Assad sono gli Hezbollah con una struttura di comando e controllo integrata dalle Forze Armate degli Ajatollah. Conviene ricordare che Prodi fu il primo Capo di governo occidentale a ricevere Khatamì, il quale, lungi dall’essere il «Cavallo di Troia» dell’influenza sciita, tentava di mostrare i frutti positivi per il suo Paese di una collaborazione senza interferenze tra l’Iran e il mondo occidentale. Il problema centrale che dunque va posto è che bisogna intendersi sul futuro strategico e la stessa sopravvivenza dell’Europa, ciò che pretende una riconsiderazione anche degli obiettivi della spesa europea. Ciò non significa lasciare che i bilanci nazionali vadano in dissesto ma capire che senza una politica condivisa di sicurezza e di difesa l’Europa rischia di diventare una «non entity» Oggi é paradossale che la Nazione che più si impegna sul piano della sicurezza internazionale, cioè la Francia, sia sotto le lenti di osservazione dei «Tecnici» di Bruxelles per la conformità dei parametri del Fiscal compact: mentre la Germania, che manovra i «Tecnici», rinuncia in pratica ad assumere una responsabilità politica sul piano internazionale. Sarà inevitabile prima o poi scorporare una parte delle spese per la difesa dal computo del 3% per il deficit di bilancio consentito, estendendo la concessione oggi ammessa per le risorse nazionali da impiegare negli interventi del FEIS. 9. Mezzi e gli strumenti necessari. - Oltre alla strategia politica e di sicurezza sul piano nazionale, con la dovuta attenzione alla spesa per la difesa che non deve essere acriticamente posta sull’altare sacrificale del risparmio di bilancio, i mezzi e gli strumenti da attivare devono poggiare all’interno di un grande Partenariato pubblico-privato, scevro da un liberismo acritico. L’UE non ha portato avanti con coerenza quella costruzione politica che il Consiglio Europeo di Milano del 1985 aveva dischiuso. Si é invece proceduto senza bussola: con la rivincita dei conservatori, appoggiati dalla Tecnocrazia di Bruxelles, che hanno metodicamente orientato sull’economico-finanziario anziché sul politico-istituzionale, i progressi da realizzare; ci fu poca vigilanza da parte dei Parlamenti nazionali, tra i quali quello italiano, in nome di un europeismo divenuto quasi un pretesto per non affrontare temi sui quali le classi politiche e imprenditoriali degli Stati membri erano poco preparati. L’introduzione del FEIS, come avanti accennato, apre verosimilmente l’occasione per un recupero dell’iniziativa degli Stati membri rispetto a politiche comuni troppo influenzate dalla Germania: potrebbe essere strumento idoneo a realizzare un processo di revisione che restituisca maggiore potere alla politica, oggi scopertamente imbrigliata da parametri e condizionamenti pilotati da una Tecnocrazia uscita dai binari della sovranità popolare. Forse il caso della Grecia obbligherà l’Ue a rivisitare alcuni automatismi. Per quanto riguarda l’Italia va messo mano con urgenza alla definizione di un nuovo organigramma delle strutture pubbliche, perché esse siano in grado ad un tempo di interagire con il settore privato e consentano al Capo del governo di poter azionare leve di comando utili ad orientare la politica estera, l’economia internazionale e la politica della sicurezza verso obiettivi predeterminati: nel caso specifico necessari a fare del Sud del Mediterraneo una area di priorità nazionale con una funzione di ponte verso l’Africa a Sud del Sahara e con i Paesi mediorientali, inclusi quelli del Golfo e l’Iran. La nostra proposta è che per avviare e sostenere questo processo, siano creati presso la Presidenza del Consiglio due Comitati specifici. Il primo, sulle Politiche della globalizzazione, con una duplice funzione: da un lato monitorare gli effetti della globalizzazione e le loro cause sui mali interni, con analisi di pre- e post-impatto di decisioni a livello multilaterale, incluse le direttive comunitarie; dall’altro, con lo scopo di predisporre per il Governo opzioni sui possibili cambiamenti nelle Istituzioni internazionali, per ridurre gradualmente gli squilibri dovuti all’esistenza di una mediocre governance. La Segreteria dei due Comitati andrebbe affidata al MAE che dovrà essere sottoposto a un riordinamento finalizzato alla nuova funzione. Il MAE, nello svolgimento del servizio di segretariato sopra richiamato, dovrà assicurare il coordinamento dei Ministeri “tecnici” e,loro tramite, del settore privato, sia imprenditoriale che finanziario. A questo fine dovrà promuovere analisi da sottoporre all’esame del Governo e sostenerne l’azione per l’emanazione di linee direttrici per i grandi progetti capaci di trascinare anche le PMI, con la formazione di reti e gruppi e la ricerca di finanziamenti da parte dei Fondi sovrani. Può tornare senz’altro utile l’iniziativa di creare una Banca per lo Sviluppo, all’interno della Cassa Depositi e Prestiti, come previsto dalla legge n.125 del 2014, approvata forse senza quel dibattito che avrebbe meritato: ma é importante che la regia sia in raccordo con il MAE, cui l’ICE, debitamente ridimensionato, dovrebbe essere sottoposto. Vista inoltre la creazione della Banca di Sviluppo, la Simest dovrebbe esserne parte integrante come Ufficio dipendente, acquisendo così un rilevante risparmio sui costi complessivi di gestione del settore. Non si capisce d’altra parte la logica di continuare a tenere distinti i due strumenti per l’internazionalizzazione: quelli appunto offerti dalla Simest, con l’acquisizione temporanea di quote di capitale nelle Joint- venture con imprese estere, e quelli, ben più consistenti, offerti dall’ex art.7 della legge n.49 del 1987 che dovrà passare alla gestione della Cassa Depositi e Prestiti in seguito alla nuova citata legge che affida ad una Agenzia l’esecuzione degli interventi della Cooperazione allo Sviluppo sotto la direzione del MAE. Il più forte ruolo così acquisito dalla Farnesina, sgravato da compiti di esecuzione, consentirebbe di realizzare un efficace coordinamento con le azioni di politica estera e con la politica presso le Istituzioni multilaterali, fra cui quelle finanziarie, favorendo oltre alla unitarietà d’indirizzo il potenziamento sinergico della sicurezza e dello sviluppo. 10. Un Paese coerente con la sua storia, pronto a sostenere i suoi legittimi interessi. - Noi sappiamo bene che il nostro paese non è una grande potenza e non ha ambizioni da grande potenza. Abbiamo tuttavia la consapevolezza (e quindi anche la responsabilità) di comportarci come una grande Nazione quale siamo, in grado di esercitare appieno il proprio ruolo nelle varie sfere in cui siamo chiamati ad operare: quello più generale delle relazioni internazionali e dell’organizzazione della pace, e quello di portata regionale rispetto ai conflitti che più ci sono vicini. Rispetto a questi ultimi dobbiamo tornare a confermare – di fronte al mondo ma in particolare ai nostri amici della sponda Sud – la nostra volontà di percorrere la strada realistica dei negoziati pacifici, per giungere a soluzioni eque nel riconoscimento dei diritti degli Stati e dei popoli della Regione, secondo formule che sono quelle della tradizione dei governi democratici del nostro Paese e alle quali ci siamo sempre attenuti praticando linee di condotta e di comportamento coerenti con esse. Per questo intendiamo tornare ad impegnarci affinché l’Italia si riappropri, nel Mediterraneo, di un ruolo attivo e positivo, capace di garantire la pace e costruire al suo interno una grande area di cooperazione. Noi vogliamo concorrere e collaborare affinché il nostro sviluppo, la nostra cultura, le nostre ricchezze, le grandi competenze degli uomini e delle donne italiane, come anche la grande forza spirituale che essi sono in grado di esprimere, possa tornare ad essere a servizio di un progetto positivo ed utile: fare del Mediterraneo un mare di pace e di progresso. (2. Fine – La prima parte è apparsa sull’ADL del 5.3.2015) Il video integrale dei lavori del convegno è consultabile sul sito della Fondazione Socialismo (http://www.fondazionesocialismo.it/ e su YouTube). |
Dalla Fondazione Rosselli di Firenze http://www.rosselli.org/ Trame disperse Presentazione Nell’anniversario della Grande Guerra (1914-2018) Trame disperse - Esperienze di viaggio, di conoscenza e di combattimento nel mondo della Grande Guerra A cura di Marco Severini, Marsilio, 2015 intervengono · Alessandra Campagnano Circolo Fratelli Rosselli · Adalberto Scarlino Comitato fiorentino per il Risorgimento · Valdo Spini Presidente Fondazione Circolo Fratelli Rosselli Degli autori sarà presente: Costanza Geddes da Filicaia (Università di Macerata) Firenze - Mercoledì 27 maggio 2015, ore 17.00 Spazio QCR, via degli Alfani 101r |
Da CRITICA LIBERALE riceviamo e volentieri pubblichiamo #dilloinitaliano La sottoscrizione ha raggiunto il suo obiettivo di Claudio Marazzini, presidente dell'Accademia della Crusca https://www.change.org/p/un-intervento-per-la-lingua-italiana-dilloinitaliano Cari Sottoscrittori della petizione, sono il Presidente dell'Accademia della Crusca. So che si sono ormai quasi raggiunte le 70.000 firme. Vi ringrazio per l’attenzione che avete dimostrato alle questioni che riguardano la nostra lingua e per la fiducia riposta nell’Accademia della Crusca. Ringrazio anche Annamaria Testa per aver lanciato efficacemente una petizione che ha raccolto consensi così ampi e importanti. Tutte le vostre firme sono già idealmente sul mio tavolo, o meglio sul tavolo del Direttivo” dell’Accademia della Crusca, l’organo che ne assicura il funzionamento, assieme al Collegio di tutti gli Accademici (che però si riunisce solo due o tre volte l’anno, mentre il Direttivo viene convocato tutti i mesi, come un Consiglio di Amministrazione, per intenderci). Posso preannunciare quello che farò in quanto Presidente. Intendo accogliere le istanze espresse dalla petizione “Un intervento per la lingua italiana”. Non vogliamo fare la guerra all’inglese, ma vogliamo rammentare ai parlanti italiani che in molti casi esistono parole italiane utilizzabili, comode e trasparenti. Vogliamo provare a proporle a tutti come possibile alternativa, per promuovere la grande ricchezza lessicale ed espressiva della nostra lingua. Quando Annamaria Testa è venuta a Firenze per presentarci la petizione, abbiamo insieme immaginato un’iniziativa concreta, che può aprire una nuova prospettiva di partecipazione. Il Direttivo si riunisce nei prossimi giorni: se non porrà ostacoli, progetteremo un sito Internet di facile accesso e consultazione, per aiutare tutti a orientarsi tra vecchie e nuove parole straniere entrate nel nostro lessico, per capire quali sono i significati, gli usi, le alternative valide e possibili. In questo sito potranno anche trovare posto segnalazioni, suggerimenti, commenti e contributi che vengono da voi. Non si tratta infatti di imporre delle scelte, ma di cercare il consenso largo e la partecipazione attiva degli italiani e di tutti coloro che amano la nostra lingua. Vogliamo far partire al più presto questo sito. Contiamo anche di organizzare un “Osservatorio sui neologismi incipienti” a cui parteciperanno varie forze e organizzazioni che si sono ritrovate a Firenze nei giorni 23 e 24 febbraio 2015 (Coscienza Svizzera, Società Dante Alighieri, Accademia della Crusca, ecc.). In questo caso si tratta di compiere una verifica internazionale sulla circolazione di neologismi e anglicismi, verificando la possibilità di rimpiazzo in un continuo dialogo con i legislatori e con tutti gli interlocutori istituzionali e professionali. Inoltre l’ufficio Consulenza dell’Accademia lavora già a pieno ritmo, molte volte discutendo proprio di forestierismi (a proposito: vi invito ad andare a vedere il nostro sito). Il Direttivo stabilirà anche i modi più opportuni per sollecitare Governo, Pubbliche Amministrazioni, media e imprese a un più consapevole uso della lingua italiana. La visibilità e il consenso ottenuti dalla petizione che avete firmato hanno, di fatto, già acceso su questo tema un’attenzione che manterremo viva. Questo non è che l’inizio. Altre idee matureranno via via. Vi saluto con viva cordialità Claudio Marazzini Presidente dell'Accademia della Crusca Vai al sito di Critica liberale |
LETTERA-APPELLO L’accesso del cittadino ai documenti di Parlamento e Governo Manca una legge che consenta al cittadino l’accesso a tutti i documenti di Parlamento e Governo; al cittadino che nello Stato democratico detiene la sovranità, mentre Parlamento e Governo sono suoi rappresentanti e agiscono in suo nome; egli dunque ha il diritto di conoscere tutto ciò che Parlamento e Governo in suo nome decidono. Questa legge e questo accesso esiste in molti Stati, anche di quello che fu detto il Terzo Mondo, ma non esiste in Italia. Dove invece esistono leggi opposte: · come la legge 241 del 1990, art. 22-28, dove l’accesso ai documenti amministrativi è riconosciuto solo agli interessati, cioè a coloro che abbiano «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso»; · come il decreto giugno 2011 del Governo Berlusconi, che secreta gli atti e documenti governativi. Questa legge è necessaria, è urgente: · perché deve realizzare un diritto del cittadino; · perché lo rende partecipe del processo di gestione dello Stato; al contrario dell’impotenza e indifferenza attuale; · perché costituisce un controllo sulla gestione stessa – specie attraverso la stampa e i media –, che la può migliorare; · perché è un mezzo importante per combattere la corruzione, che proprio in questi mesi ha rivelato tutta la sua enorme e vergognosa presenza in Italia. · Lo dice anche Transparency International, l’organizzazione internazionale anticorruzione. Chiediamo questa legge, la chiediamo con urgenza. Prof. Arrigo Colombo, Lecce Movimento per la società di giustizia e per la speranza |
LETTERA Evidentemente B. Qualche considerazione dopo la sentenza della cassazione che in Italia ha mobilitato i mass media con postazioni notturne di inviati speciali davanti al palazzaccio di Roma, al parlamento, le case di Berlusconi etc. quasi si trattasse di evento decisivo per le sorti del paese invece di quelle di un politico (pregiudicato) ormai bollito. Evidentemente B. gode ancora di molto appeal, specie tra i mass media anche quando si tratta di giudicare le sue "cene galanti, a seconda degli schieramenti dei tifosi di parte. Al di là della sentenza emerge un quadro di grande ipocrisia nazionale (leggere i commenti di un paese diviso tra (finti) moralisti "del buon costume" (ma non di altre cose ben piu' importanti come p. es. la parità di genere...) e difensori ad oltranza (anche contro ogni piu' logica evidenza e buon senso) di un dispensatore di benefici a chi era convinto che Ruby fosse nipote d Mubarak. Un uomo politico si giudica in primis per le sue qualità di governo e di saper gestire con competenza la res pubblica a lui affidata e non tanto per la sua condotta personale (certo, tanto meglio se è irreprensibile, vedi De Gaulle, Adenauer, Churchill, Einaudi, de Gasperi etc.). Altrimenti cosa pensare di personaggi come J. F. Kennedy, re Juan Carlos o lo stesso Mitterrand, non propriamente esempi senza macchia , ma politicamente validi? Sempre secondo la sentenza della Cassazione, Berlusconi avrà ora diritto a un risarcimento per la 1. condanna, le spese sostenute etc., in base alla logica della nuova legge sul risarcimento civile da parte dei magistrati? O conta solo la sentenza definitiva che lo ha assolto? Peter Lorenzi, e-mail |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti. |
|