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[Diritti] Anarres-info. Profughi, affari e una buona stella
- Subject: [Diritti] Anarres-info. Profughi, affari e una buona stella
- From: "Federazione Anarchica Torinese" <fat at inrete.it>
- Date: Thu, 25 Dec 2014 14:17:57 +0100 (CET)
- Importance: Normal
- Reply-to: fat at inrete.it
Anarres-info. Profughi, affari e
una buona stella
25 dicembre. Per vederci bene serve la luce,
se la luce è troppa si rischia di restare abbagliati, di non vedere quello
che conta. E’ il caso delle recenti inchieste sugli intrallazzi miliardari
che hanno coinvolto l’amministrazione comunale romana, l’ex sindaco
(post)fascista Alemanno, e un giro trasversale di politici, malavitosi e
coop rosse, dall’ex Nar/banda della Magliana Carminati al democratico
Buzzi.
Il colore dei soldi unisce più di quello della politica.
L’inchiesta ha dato visibilità ad un malaffare diffuso, capillare,
sistemico, chiarendo quale grosso e lucroso affare sia la gestione
dell’accoglienza dei richiedenti asilo o “l’integrazione” di rom e sinti.
Occorre tuttavia guardare oltre il dito che indica la luna. Quando le
assegnazioni sono fatte seguendo le regole, i rifugiati e i rom sono
comunque un buon affare per chi gestisce l’accoglienza.
Ben poco, a
volte nulla, di quello che dovrebbe essere garantito viene davvero offerto
a chi fugge guerre e persecuzioni ed approda nel nostro paese per cercare
di ottenere asilo.
Il business sulla pelle degli immigrati, dei
richiedenti asilo, delle comunità rom e sinti è enorme. L'attenzione
mediatica si è concentrata sulle tangenti versate per accaparrarsi i fondi
destinati all'accoglienza, ma pochissimi si sono interrogati su quali
siano i meccanismi che permettono questi enormi affari sulle spalle dei
migranti e di noi tutti.
Partiamo da una considerazione banale ma
importante: qualsiasi spesa pubblica di grossa entità - in particolare ma
non solo, se affidata a enti esterni – ha un corollario di speculazioni,
ingordo appetito di individui privi di scrupoli, corruzione... Questa
regola vale per l’edilizia, assistenza o qualsiasi altro ambito.
I
meccanismi che regolano i contributi per l'assistenza a rom e richiedenti
asilo sono diversi ma con vari aspetti in comune e stesse tecniche per
poterne ricavare ingenti somme. Se per i rom una buona parte dei
contributi viene dall'Unione Europea, per “l'emergenza dei richiedenti
asilo” i soldi vengono tutti dal ministero dell'interno.
Vogliamo
capirne di più. Per questa ragione abbiamo sentito Federico, un compagno
di Trieste che conosce bene la questione.
Ascolta
la diretta con Federico
Vale la pena fare un passo
indietro.
Tutto comincia nel 2011: la guerra civile in Libia e la
fuga di migliaia di persone che si dirigono nel nostro paese sono
all’origine di una ennesima, sin troppo prevedibile, “emergenza”. La
prassi adottata ancora oggi è stata elaborata e sperimentata in
quell’occasione. Le prefetture, tramite i comuni, individuano nei vari
territori soggetti terzi (consorzi, cooperative, enti caritatevoli, ecc)
disposti a prendersi in carico (in strutture proprie o dei comuni stessi)
un certo numero di richiedenti asilo. Con questi soggetti terzi vengono
stipulate convenzioni. Niente gara di appalto al ribasso come nei CIE, ma
un’assegnazione diretta, che di fatto molto spesso ricade su cordate
amiche. Chi entra nell’affare riceve, per ogni giorno di permanenza nelle
strutture, un quota fissa di 35 euro a persona. Con questa quota devono
essere garantiti una serie di servizi: vitto, abbigliamento, spese
sanitarie, assistenza legale, mediazione culturale e interpreti, corsi di
italiano, ecc ed ovviamente le paghe agli operatori che seguono le persone
prese in carico. Di questi 35 euro ai richiedenti asilo rimangono in mano
solamente 2,50 euro al giorno (il cosiddetto pocket money) che in genere
viene dato a cadenza mensile.
È un meccanismo con numerosi punti
critici. Ecco i principali.
La scelta dei soggetti terzi a cui
affidare le convenzioni e quali servizi siano poi effettivamente
effettuati. È abbastanza evidente che una cosa è affidare l'assistenza a
soggetti che - nel bene e nel male e pur con mille limiti e criticità -
sono nati ed hanno esperienza nel lavorare coi migranti e in particolare
coi richiedenti asilo (pensiamo ad esempio a piccoli consorzi o
associazioni di base locali slegati dai grandi carrozzoni nazionali tipo
Caritas) e altro è darlo a cooperative o associazioni “amiche” che
normalmente fanno tutt'altro e che si improvvisano gestori di strutture di
accoglienza. Da questo al business sulla pelle dei migranti il passo è
breve. Perché - e qui veniamo al secondo punto - il lucro si costruisce su
quanti e quali servizi vengono effettivamente forniti ai richiedenti asilo
e sulle paghe degli operatori che vi lavorano. Il cibo scadente costa meno
di pasti dignitosi, come i corsi di italiano da burla, l’assistenza legale
fittizia. E la lista degli esempi si potrebbe ancora allungare. È ovvio
che pagare un operatore 700 euro al mese non è la stessa cosa che pagarlo
1300. La quota erogata è sempre la stessa e non ci sono controlli: i
margini per guadagnarci sopra sono enormi.
Il meccanismo partito nel
2011 non si esaurito con la fine di quel flusso di profughi (le
convenzioni si sono chiuse quasi tutte a fine 2013) ma è stato riproposto
pari pari con l'ondata iniziata nel 2013 di persone provenienti
soprattutto da Pakistan, Afganistan e Siria. Una nuova “emergenza”, un
nuovo enorme business.
Una macchina che rende ricco chi la manovra,
stritola le vite di chi già è fuggito a guerre e persecuzioni.
In
questi giorni hanno avuto una certa eco i dati diffusi dall’agenzia delle
Nazioni Unite sui morti nel Mediterraneo, che, alla faccia di Mare
Nostrum, nel 2014 sono state più che nei tre anni precedenti.
Nei
primi 10 mesi dell’anno sono arrivati sulle coste italiane circa 150mila
migranti, più del triplo rispetto al 2013, soprattutto eritrei e
siriani.
L’accoglienza dei profughi in Italia è trattata da media e
politici come eterna “emergenza”, per consentire operazioni “tappabuchi”
dove la grande abbuffata di soldi pubblici possa proseguire senza grossi
intoppi.
La Svezia, paese molto meno popoloso dell’Italia ha accolto
molti più rifugiati dell’Italia. In un solo weekend di ottobre, quando era
al culmine la crisi di Kobane, sono arrivati in Turchia oltre 150mila
profughi, più di quanti ne abbia accolti l’intera Unione europea
dall’inizio del conflitto a Damasco. Cifre che la dicono lunga sulle
frontiere serrate dell’Unione Europea.
Le cifre di chi non arriva ci
raccontano di una strage i cui responsabili siedono nei parlamenti e nei
governi dell’UE. In prima fila l’Italia.
Oltre 3400 morti in mare.
Una catastrofe umanitaria destinata ad aumentare ancora: I rifugiati sono
più del 60% di chi approda nel nostro paese. L’acuirsi e moltiplicarsi di
conflitti, in cui spesso il nostro paese è impegnato direttamente, rende
facile prevedere che sempre più persone cercheranno rifugio in Europa.
Molti, sempre più non arriveranno. La sostituzione di Mare Nostrum con
Triton, la missione UE con meno mezzi e meno soldi, non potrà che far
crescere la lista di chi affoga.
Mare Nostrum fu la risposta alla
strage del 3 ottobre 2013 di fronte a Lampedusa, quando le acque del
Mediterraneo inghiottirono 366 uomini, donne, bambini.
Una risposta
umanitaria – 150.000 persone intercettate – una risposta di polizia: il
nome stesso della “missione” ce lo racconta.
Con Triton, 2,9 milioni
mensili di budget contro i 9 di Mare Nostrum, ed il compito di pattugliare
entro le trenta miglia dalla nostra costa, resta solo la polizia. E non
avrebbe potuto essere altrimenti: Triton è una missione di Frontex,
l’agenzia europea per il controllo delle frontiere.
Chi affoga in
mezzo al mare lascerà traccia di se solo nei cuori chi lo ha visto partire
senza più dare notizie. Chi passa e viene immesso nel programma per i
rifugiati si apre la strada dell’accoglienza made in Italy. Tanti soldi
per chi gestisce, un lungo limbo per chi resta intrappolato in un paese
dove pochi vorrebbero restare.
Lungo una frontiera fatta di
nulla si consuma un’idea di civiltà fatta di sopraffazione, guerra, di
sfruttamento selvaggio.
Mentre scriviamo qualcuno muore in
carcere, sul filo spinato di un confine, qualcuno chiude gli occhi senza
aver mai mangiato a sufficienza, altri vivono raspando tra i rifiuti di
una discarica, qualcuno nasce in una baracca ed ha già il destino segnato.
Su quella baracca non c’è nessuna buona stella.
Oggi i
cristiani festeggiano l’anniversario della nascita di un dio che si è
fatto uomo e da uomo si è fatto torturare ed uccidere per una salvezza che
non è di questa terra.
Noi che abitiamo la terra e il tempo che ci è
capitato, sappiamo che quel poco di bene che potremo ottenere, dipende da
ciascuno di noi.
Un mondo senza padroni, governanti, galere,
sfruttamento, eserciti è possibile.
Un buon anno di lotta e
libertà a tutti e a tutte.
Prossimi appuntamenti:
Venerdì 23
gennaio
Rom e
sinti. La memoria che non c’è
Dai campi di sterminio ai campi
della democrazia
Interverrà Paolo Finzi
Ore 21 corso Palermo
46
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Informazioni e approfondimenti:
Chiara,
Claudio, Mattia e Nicolò ai domiciliari
Ex Moi.
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Spagna.
Tra ley mordaza e arresti per terrorismo
Turchia.
Arresti eccellenti
No Tav.
Cade l’accusa di terrorismo, tre anni e mezzo per il
sabotaggio
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conflitto
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Grecia.
L’ombra del fascismo
Tor
Sapienza. Discariche sociali
Esodo,
conflitto, autogestione
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www.anarresinfo.noblogs.org
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